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Il padre di Pal s’informava meticolosamente sugli sviluppi della guerra. Viveva nel terrore. Ogni volta che sentiva parlare di morti, pensava al figlio. Ascoltando la radio, i notiziari lo facevano trasalire. Poi consultava la carta dell’Europa e si chiedeva dove fosse il suo ragazzo. E con chi. E in nome di cosa combatteva. Si domandava perché la guerra dovessero farla i ragazzi. Spesso rimpiangeva di non essere partito al posto suo. Avrebbero dovuto scambiarsi i ruoli: Paul-Émile sarebbe rimasto a Parigi, al sicuro, e lui sarebbe andato al fronte. Non sapeva né dove né come, ma se fosse servito a trattenere suo figlio, l’avrebbe fatto.

A chi gli aveva chiesto dove fosse finito il figlio, aveva semplicemente risposto: “Paul-Émile è partito”, senza aggiungere nulla. Agli amici di Pal venuti a cercarlo a casa e alla portinaia stupita di non incontrarlo più, ripeteva sempre lo stesso ritornello: “Non c’è, è partito.” E chiudeva la porta o riprendeva a camminare, troncando una volta per tutte la conversazione.

Spesso rimpiangeva di non averlo chiuso a chiave nella sua stanza. Avrebbe dovuto rinchiuderlo lì per tutta la guerra, per non farlo andare via. Ma poiché l’aveva lasciato partire, non chiudeva più a chiave la porta dell’appartamento, per essere sicuro che potesse tornare. Ogni mattina, andando al lavoro, si accertava coscienziosamente di non aver chiuso a chiave. A volte tornava indietro per controllare. ‘Non si è mai abbastanza prudenti,’ pensava.

Il padre era un funzionario di basso livello: metteva timbri su documenti, si occupava di contabilità. Sperava che il figlio diventasse un uomo importante, perché lui, personalmente, non si trovava affatto interessante. Quando il suo capo rispediva indietro un documento per farglielo correggere, accompagnandolo con qualche appunto sgarbato, il padre imprecava – “Miserabile! Miserabile!” –, senza sapere se si rivolgesse al suo capo o a se stesso. Sì, il figlio sarebbe diventato una persona importante. Direttore generale, o ministro. Più il tempo passava, e più il padre era fiero di lui.

Nella pausa pranzo, si precipitava in metropolitana, tornava a casa e si avventava sulla cassetta della posta: Paul-Émile aveva promesso che gli avrebbe scritto. Il vecchio aspettava le sue lettere disperatamente, ma non arrivavano mai. Perché non gli scriveva? Si allarmava per quella mancanza di notizie e pregava che non gli fosse successo niente. Pallido, guardava di nuovo nella cassetta delle lettere per avere la certezza di non essersi sbagliato, poi abbassava tristemente gli occhi sul pavimento. Presto sarebbe stato il giorno del suo compleanno, e sicuramente il ragazzo si sarebbe fatto vivo. Non se ne era mai dimenticato, ed era sicuro che sarebbe riuscito a trovare un modo per contattarlo.