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A Nizza, nel caldo torrido di metà agosto, Pal aveva raggiunto Rear nel suo albergo: tornava da Lione, dove aveva incontrato Marie per affidarle una nuova busta. Nella piccola stanza, che gli ricordava in maniera impressionante i tempi di Berna, Pal osservava divertito Rear che, zuppo di sudore, armeggiava con una macchina fotografica in miniatura: una nuova creazione dei laboratori sperimentali del SOE. Pal sorrise: non era cambiato niente.

Si erano incontrati per caso durante un’operazione congiunta di due reti, e si erano dati appuntamento a Nizza soltanto per il piacere di rivedersi.

“Ho sentito parlare di te,” disse Rear, senza smettere di armeggiare con la macchina fotografica. “I partigiani sono impressionati dal tuo lavoro.”

“Bah. Si fa quel che si può.”

“Ho conosciuto anche uno dei tuoi coinquilini… Un tizio alto, con i capelli rossi.”

Il volto di Pal s’illuminò.

“Key? Ah, il grande Key! Come sta?”

“Bene. È un ottimo agente anche lui. Un’efficienza spaventosa!”

Pal annuì, contento delle buone notizie. Era dura non sapere mai niente di nessuno, e a volte pensava che Stanislas avesse ragione: non avrebbero dovuto legarsi. Cercava di non pensarci troppo – pensare era sempre un problema.

“Notizie di Adolf?” domandò.

“Doff? Sta abbastanza bene anche lui. Credo che adesso sia in Austria.”

“Fa il crucco?”

“Più o meno.”

Scoppiarono a ridere. “Heil Hitler, mein lieber!” mormorò allegramente Pal, tendendo il braccio nel saluto nazista, mentre Rear cercava di rimettere a posto il minuscolo obiettivo che, con un gesto maldestro, aveva staccato dall’apparecchio. Ma non ci riuscì: l’aveva rotto. Per consolarsi, andò a prendere una piccola bottiglia di liquore che aveva messo in fresco nel lavandino. Poi afferrò un bicchiere, lo riempì per un terzo e lo porse a Pal, prima di attaccarsi direttamente alla bottiglia.

“Hai saputo di stanotte?” chiese l’americano, dopo due sorsate.

“Stanotte? No.”

“È un segreto militare…”

“Segreto militare?!” ripeté Pal, facendo il gesto di cucirsi le labbra. Rear si strinse nelle spalle, come per nascondere le parole, e la sua voce si fece appena percettibile – l’altro dovette avvicinarsi per udire.

“Stanotte c’è stata l’operazione Hydra. I crucchi sono furiosi, e faranno di tutto perché nessuno ne parli.”

“L’operazione Hydra?”

“Un casino infernale…”

“Racconta!”

“Qualcuno dei nostri aveva individuato la base in cui gli ingegneri tedeschi stavano sviluppando un nuovo tipo di missili. Roba pazzesca, che rischiava di fargli vincere la guerra.”

“E poi?”

“Durante la notte, centinaia di bombardieri sono partiti dal Sud dell’Inghilterra e hanno raso al suolo l’impianto. Centinaia di aerei, te l’immagini? Credo proprio che non vedremo più missili…”

Pal esultò.

“Fantastico! Cazzo! Ben fatto!”

Guardò Rear negli occhi.

“E tu lo sapevi?” domandò.

“Forse…”

“Come mai?”

“Doff. Nell’operazione c’era il suo zampino. Una sera si è sbronzato e mi ha raccontato tutto. Quando si ubriaca, parla. Credimi, se i crucchi lo arrestano, basta che gli facciano scolare un buon vinello rosso, e lui è capace di smantellare tutto il SOE.”

I due agenti risero amaramente. Era un fatto grave. Ma riguardava Doff. Rear continuò:

“Stamattina ho avuto conferma che l’operazione è stata un successo.”

“Come l’hai saputo?”

“Lascia perdere. Non avrei neanche dovuto dirti il nome in codice. Bocca cucita, vero?”

“Contaci.”

L’americano si compiacque dell’ascendente che aveva ancora su quel ragazzo, e gli riconosceva le qualità che presto l’avrebbero fatto diventare un agente molto migliore di lui. Qualche informazione confidenziale poteva anche passargliela, tra l’altro Hydra era ormai cosa fatta. Bevvero di nuovo, brindando all’avvicinarsi della fine della guerra.

“Che altro prevede la tua missione?” domandò Rear.

Pal sorrise, perché in realtà l’aveva appena terminata.

“Mi hanno richiamato a Londra per le nuove consegne. Qui le mie reti sono pronte: armate e addestrate. Una licenza non mi farà male…”

“Settembre a Londra… La stagione migliore,” disse l’americano, con aria sognante.

Si congratularono a vicenda. La guerra stava andando bene. Confidavano nella vittoria finale. Rear si asciugò il sudore che gli colava dalla fronte. Poi uscirono a cena.