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Nel Nord, la missione di Laura volgeva al termine: aspettava solo che da Londra le arrivasse l’ordine di rientro. Non vedeva l’ora. Ritrovare Pal: ormai non pensava ad altro. Il suo solitario compito di marconista l’aveva spossata; la solitudine l’aveva segnata molto più che la paura della Gestapo e il timore per le unità radiogoniometriche dell’Abwehr. Voleva tornare a Londra, voleva vedere Pal, abbracciarlo e udire la sua voce. Non ne poteva più della guerra. Voleva andarsene via con Pal, sposarsi e metter su famiglia. Se lo erano promesso: se la guerra non fosse finita, sarebbero andati in America – e la guerra sembrava non volesse finire mai. L’America: ci pensava giorno e notte.
Quando il suo ritorno ormai era solo una questione di giorni, Baker Street trasmise un messaggio destinato a Hervé, l’agente del SOE che dirigeva la missione. Laura lo decifrò e non riuscì a trattenere le lacrime. Il suo rientro era rinviato: doveva spostarsi a Parigi, dove un agente necessitava di un marconista.
“Che succede?” le chiese Hervé, appostato alla finestra.
L’agente lasciò cadere la tenda e si avvicinò al tavolo dov’era seduta Laura. Lei spense la ricetrasmittente e si passò una mano sulle guance per asciugare le lacrime; Il capo-missione lesse il messaggio che Laura aveva appena trascritto.
“Mi dispiace,” disse. “So quant’eri ansiosa di tornare a Londra.”
“Siamo tutti sulla stessa barca,” gemette lei.
Le lacrime ripresero a sgorgare, nonostante cercasse di trattenerle.
“Ti prego di scusarmi,” disse.
“Per cosa?”
“Perché piango.”
Con un gesto paterno, Hervé le accarezzò i capelli.
“Laura, tu hai tutto il diritto di piangere.”
“Non ce la faccio più.”
“Lo so.”
Pur non essendo un tipo che si commuoveva facilmente, il capo-missione avvertì una stretta al cuore: quella ragazza bionda gli faceva pena. Quanti anni poteva avere? Al massimo venticinque. Sempre concentrata, sempre affabile. Lui aveva una figlia più o meno di quell’età: viveva con sua moglie e il loro ultimo bambino nei pressi di Cambridge. Non avrebbe mai tollerato che la figlia andasse in guerra, quell’impresa titanica che li sfiniva tutti. Qualche giorno prima, era stato contento quando gli avevano comunicato che la missione di Laura era finita: sarebbe tornata a casa sana e salva. Ora, invece, correva un grosso rischio: aveva il compito di andare fino a Parigi con una ricetrasmittente grossa come una valigia. Un semplice controllo alla stazione sarebbe stato sufficiente per smascherarla.
Ci vollero diverse ore prima che Laura si riprendesse. Aveva paura, perché non aveva mai affrontato una missione da sola. In qualità di marconista era stata sempre accompagnata da uno o più agenti. L’idea di attraversare in totale solitudine una parte della Francia la atterriva. Passarono alcuni giorni; la rete le fornì nuovi documenti falsi, insieme a un lasciapassare. La sera prima della partenza, la ragazza sistemò le sue poche cose in una valigia di pelle, con la ricetrasmittente già chiusa in un’altra. Hervé andò a trovarla nella sua stanza.
“Sono pronta,” gli disse lei, sull’attenti.
Lui sorrise.
“Di già? Parti solo domani.”
“Ho paura.”
“È normale. Cerca di essere il più naturale possibile, nessuno ti noterà.”
Laura annuì.
“Hai un’arma?”
“Sì, la Colt. Nella borsa.”
“Hai la pillola L?”
“Sì.”
“È solo per precauzione…”
“Lo so.”
Si sedettero fianco a fianco sul letto.
“Andrà tutto bene: ci rivedremo molto presto a Londra,” le disse Hervé, posando affettuosamente una mano sulle sue.
“Sì, a Londra.”
Come previsto dal messaggio del centro operativo, il capo-missione riepilogò alla ragazza le consegne. Aveva organizzato il suo viaggio a Parigi: alcuni partigiani l’avrebbero portata in camionetta fino a Rouen. Lì avrebbe passato la notte. L’indomani avrebbe preso il primo treno per la capitale. O il giorno seguente, o quello dopo ancora, in base alle condizioni di sicurezza: non doveva assolutamente muoversi, se avvertiva la minima possibilità di rischio o se intuiva che sarebbe andato incontro a qualche perquisizione. In ogni caso, doveva arrivare a Parigi prima di mezzogiorno: non importava di quale giorno, purché fosse prima delle dodici. Una volta lì, doveva recarsi direttamente all’ingresso della metropolitana di Montparnasse: vi avrebbe trovato un agente del SOE. Doveva aspettare che l’individuo si avvicinasse, senza prendere alcuna iniziativa. Lui le avrebbe detto: “Ho i suoi due libri, le interessano ancora?” E lei avrebbe risposto: “No, grazie: me ne basta uno.” Successivamente, l’agente l’avrebbe presentata al suo contatto, un certo Gaillot, a Saint-Cloud. In caso di problemi a Parigi, quest’ultimo sarebbe stato il suo tramite per tornare a Londra.
Hervé chiese a Laura di ripetere le istruzioni, poi le consegnò duemila franchi. L’indomani la ragazza partì con il camioncino dei partigiani, una coppia di contadini della regione di Rouen. Aveva il cuore a pezzi.