15.

NON METTERE MAI NELLA MEDESIMA TASCA UN OROLOGIO E UNA CHIAVE.

 

Il marchese di Lantenac non era lontano quanto gli altri credevano.

Non per questo, però, era meno perfettamente al sicuro e fuori portata.

Aveva seguito Halmalo.

La scala per dove Halmalo e lui erano discesi, dietro agli altri fuggiaschi, andava a sboccare vicinissimo al burrone e agli archi del ponte con un angusto corridoio a volta. Quel corridoio si apriva su una profonda spaccatura naturale del suolo, che dava adito, da una parte al burrone, e dall'altra alla foresta. Tale spaccatura, assolutamente defilata agli sguardi,serpeggiava sotto un impenetrabile groviglio di vegetazione. Riprendere là un uomo era impossibile. Giunto che fosse in quella spaccatura, un evaso non aveva più che da operare una fuga da rettile, ed era introvabile. L'entrata del corridoio segreto della scala era talmente ostruita dai rovi, che i costruttori del passaggio sotterraneo avevano ritenuto superfluo chiuderlo in altro modo.

Il marchese, adesso, non aveva più che da andarsene. Nessun bisogno di provvedersi un travestimento. Da quando era giunto in Bretagna, non aveva mai lasciato il suo costume da contadino, persuaso d'essere, con quello, tanto maggiormente gran signore.

Si era limitato a togliersi la spada, di cui aveva sfibbiato e buttato via il cinturone.

Quando Halmalo e il marchese sboccarono dal corridoio nella spaccatura, gli altri cinque, Guinoiseau, Hoisnard Ramo-d'oro, Amoruccio, Chatenay e l'abate Turmeau non c'erano già più.

Non hanno atteso molto a prendere il volo, - disse Halmalo.

Fai come loro, - disse il marchese.

Vuole che io la lasci, monsignore?

Certo. Te l'ho già detto. Non si evade bene che da soli. Dove uno passa, due non passano. Insieme, richiameranno l'attenzione. Tu faresti prendere me, ed io farei prendere te.

Conosce il paese, monsignore?

Sì.

Mantiene il luogo di convegno alla Pierre Gauvain, monsignore?

Domani. A mezzogiorno.

Ci sarò. Ci saremo tutti.

Halmalo si interruppe.

Ah, monsignore! quando penso che siamo stati in alto mare, che eravamo soli, che io volevo ammazzarvi, che voi eravate il mio padrone, che potevate dirmelo e non me lo diceste! Che uomo siete voi!

Il marchese disse ancora:

L'Inghilterra. Non ci sono altre risorse. Bisogna che fra quindici giorni gli inglesi siano in Francia.

Avrei un bel po' di conti da rendere a monsignore. Ho eseguito le sue commissioni.

Di tutto questo parleremo domani.

A domani, monsignore.

A proposito, hai fame?

Forse, monsignore. Avevo tanta fretta di arrivare, che non so neppure se abbia mangiato, oggi.

Il marchese si trasse di tasca una tavoletta di cioccolata, la spezzò in due, ne diede una metà ad Halmalo, e si mise a mangiare l'altra.

Monsignore, - disse Halmalo, - alla vostra destra c'è il burrone; alla vostra sinistra la foresta.

Sta bene. Lasciami. Vai dalla tua parte.

Halmalo obbedì. Si sprofondò nel buio. Si udì uno strepito di cespugli smossi, poi più nulla. Trascorsi alcuni secondi sarebbe stato impossibile ritrovarne la traccia. Quella terra della "boscaglia", irta e inestricabile, era l'ausiliaria del fuggiasco. Non si scompariva, si svaniva. Appunto questa facilità di rapide dispersioni faceva esitare i nostri eserciti davanti a quella Vandea sempre indietreggiante, e davanti ai suoi combattenti tanto formidabili nelle loro fughe.

Il marchese rimase immobile. Era uno di quegli uomini che si sforzano di non provar nulla; ma non poté sottrarsi all'emozione di respirare l'aria libera, dopo aver respirato tanto sangue e tanta carneficina.

Anche per un uomo come Lantenac, sentirsi completamente salvo dopo essere stato completamente perduto; prendere possesso dell'assoluta sicurezza dopo aver visto così da vicino la tomba; uscire dalla morte e rientrare nella vita, era una scossa; e sebbene ne avesse già provato di simili, non poté impedire che la sua imperturbabile anima si sentisse per un momento come vacillare. Confessò a se stesso d'essere contento. Comunque, quel moto che assomigliava quasi alla gioia, egli lo dominò immediatamente.

Si trasse di tasca l'orologio e fece scattare la suoneria. Che ora era?

Con suo grande stupore, seppe che erano soltanto le dieci. Appena subito una di quelle peripezie della vita umana, in cui tutto è stato a repentaglio, si è sempre stupefatti che minuti così pregni non siano più lunghi degli altri. La cannonata di avvertimento era stata sparata un po' prima del tramonto del sole, e la Tourgue era stata investita dalla colonna di assalto una mezz'ora dopo, tra le sette e le otto, sull'annottare. Quel colossale combattimento, pertanto, incominciato alle otto, era finito alle dieci. Tutta quella epopea era durata centoventi minuti. Si dà il caso che alle catastrofi si mescoli la fulmineità del lampo. Gli avvenimenti hanno scorci che sorprendono.

A ripensarci, sarebbe piuttosto dovuto essere il contrario a sbalordire. Una resistenza di due ore da parte di un numero così esiguo contro un numero così grande era straordinaria, e certo non era stata breve, né era finita troppo presto, quella battaglia di diciannove contro quattromila.

Ma era tempo di andarsene. Halmalo doveva essere lontano e il marchese non ritenne necessario dilungarsi oltre colà. Si rimise l'orologio nella sottoveste, ma non nella medesima tasca di prima; si era accorto, togliendolo, che vi stava a contatto con la chiave della porta di ferro restituitagli dall'"Imânus", e aveva pensato che il vetro si sarebbe potuto spezzare, contro quella chiave. Poi si dispose a raggiungere anch'egli la foresta.

Già stava per avviarsi a destra, quando gli parve di avvertire un vago chiarore che penetrava fino a lui.

Si voltò, e, attraverso gli sterpi nettamente stagliati su uno sfondo rosso e diventati subito visibili nei loro minimi particolari, scorse, giù nel burrone, un grande bagliore. Già s'era avviato da quella parte, ma subito si ravvide, trovando inutile esporsi a quel chiarore, da dovunque provenisse. Non era affar suo, dopo tutto. Riprese la direzione che gli aveva mostrato Halmalo e mosse qualche passo verso la foresta.

A un tratto, mentre era profondamente immerso e nascosto sotto i rovi, udì sopra la testa un grido orribile. Quel grido pareva provenisse proprio dal ciglio del pianoro sopra il burrone. Il marchese alzò gli occhi e si fermò.

 


Novantatre'
titlepage.xhtml
index_split_000.xhtml
index_split_001.xhtml
index_split_002.xhtml
index_split_003.xhtml
index_split_004.xhtml
index_split_005.xhtml
index_split_006.xhtml
index_split_007.xhtml
index_split_008.xhtml
index_split_009.xhtml
index_split_010.xhtml
index_split_011.xhtml
index_split_012.xhtml
index_split_013.xhtml
index_split_014.xhtml
index_split_015.xhtml
index_split_016.xhtml
index_split_017.xhtml
index_split_018.xhtml
index_split_019.xhtml
index_split_020.xhtml
index_split_021.xhtml
index_split_022.xhtml
index_split_023.xhtml
index_split_024.xhtml
index_split_025.xhtml
index_split_026.xhtml
index_split_027.xhtml
index_split_028.xhtml
index_split_029.xhtml
index_split_030.xhtml
index_split_031.xhtml
index_split_032.xhtml
index_split_033.xhtml
index_split_034.xhtml
index_split_035.xhtml
index_split_036.xhtml
index_split_037.xhtml
index_split_038.xhtml
index_split_039.xhtml
index_split_040.xhtml
index_split_041.xhtml
index_split_042.xhtml
index_split_043.xhtml
index_split_044.xhtml
index_split_045.xhtml
index_split_046.xhtml
index_split_047.xhtml
index_split_048.xhtml
index_split_049.xhtml
index_split_050.xhtml
index_split_051.xhtml
index_split_052.xhtml
index_split_053.xhtml
index_split_054.xhtml
index_split_055.xhtml
index_split_056.xhtml
index_split_057.xhtml
index_split_058.xhtml
index_split_059.xhtml
index_split_060.xhtml
index_split_061.xhtml
index_split_062.xhtml
index_split_063.xhtml
index_split_064.xhtml
index_split_065.xhtml
index_split_066.xhtml
index_split_067.xhtml
index_split_068.xhtml
index_split_069.xhtml
index_split_070.xhtml
index_split_071.xhtml
index_split_072.xhtml
index_split_073.xhtml
index_split_074.xhtml