3.

SUSSULTO DALLE FIBRE PROFONDE

 

Il dialogo ebbe una tregua. I tre titani rientrarono per un momento ciascuno nel proprio pensiero.

I leoni sono turbati dalle idre. Robespierre si era fatto pallidissimo e Danton rosso quanto mai. Entrambi fremevano. La fulva pupilla di Marat si era spenta; la calma, una calma imperiosa, si era ristabilita sulla faccia di quell'uomo temuto dai temibili.

Danton si sentiva vinto, ma non voleva arrendersi. Riprese a dire:

Marat parla ad altissima voce di dittatura e di unità; ma egli non ha che un unico potere: quello di dissolvere.

Schiudendo le esili labbra, Robespierre aggiunse:

Per parte mia, sono del parere di Anacharsi Cloots: "Né Roland né Marat".

E io, - rispose Marat, - dico: "Né Danton né Robespierre".

Li guardò entrambi fisso fisso, e soggiunse:

Consentitemi di darvi un consiglio, Danton. Voi siete innamorato, avete intenzione di riammogliarvi; non impicciatevi più di politica, siate saggio.

E, facendo un passo indietro verso l'uscio per andarsene, fece loro questo sinistro saluto:

Addio, signori!

Danton e Robespierre ebbero un fremito.

In quel momento una voce si alzò dal fondo della saletta, e disse:

Tu hai torto, Marat.

Tutti si voltarono. Mentre Marat perorava, e senza che i tre se ne fossero accorti, qualcuno era entrato dall'uscio posteriore.

Ah! sei tu, cittadino Cimourdain, - disse Marat. - Buongiorno!

Era Cimourdain infatti.

Dico che hai torto, Marat, - egli riprese.

Marat si fece verde. Era il suo modo d'impallidire.

Cimourdain soggiunse:

Tu sei utile, ma Robespierre e Danton sono necessari. Perché minacciarli? Unione, unione, cittadini! il popolo vuole che si sia uniti.

Quell'entrata fece l'effetto d'una secchiata d'acqua fredda, e, come il sopraggiungere di un estraneo nel pieno di una lite in famiglia, calmò, se non il fondo, almeno la superficie.

Cimourdain avanzò verso la tavola.

Danton e Robespierre lo conoscevano. Spesso avevano notato nelle pubbliche tribune della Convenzione quell'oscuro uomo potente, che il popolo salutava. Robespierre, comunque, formalista, domandò:

Come avete fatto a entrare, cittadino?

E' del Vescovado, - rispose Marat con una voce in cui si avvertiva una certa qual sottomissione.

Marat sfidava la Convenzione, guidava la Comune e temeva il Vescovado.

E' una legge, questa.

Mirabeau sente agitarsi a una profondità sconosciuta Robespierre; Robespierre sente agitarsi Marat; Marat sente agitarsi Hébert; Hébert sente agitarsi Babeuf. Finché gli strati sotterranei sono tranquilli, l'uomo politico può camminare; ma sotto il rivoluzionario c'è un sottosuolo, e anche i più arditi si fermano inquieti quando avvertono sotto i loro piedi la stessa agitazione che produssero sopra le loro teste.

Saper distinguere l'agitazione che proviene dalle cupidige dall'agitazione che proviene dai princìpi, combattere l'una e assecondare l'altra: in ciò sta il genio e la virtù dei grandi rivoluzionari.

Danton vide piegare Marat.

Oh! il cittadino Cimourdain non è di troppo, - disse.

E porse la mano al Cimourdain. Poi:

Perbacco! - disse. - Spieghiamo la situazione al cittadino Cimourdain. Giunge a proposito. Io rappresento la Montagna, Robespierre rappresenta il comitato di salute pubblica, Marat rappresenta la Comune, Cimourdain rappresenta il Vescovado. Darà la prevalenza all'uno o all'altro dei nostri pareri.

Sia, - disse Cimourdain, grave e semplice. - Di che si tratta?

Della Vandea, - disse Robespierre.

--La Vandea! - esclamò Cimourdain.

E riprese: - E' la grande minaccia, quella. Se la rivoluzione perisce, perirà per causa della Vandea. Una Vandea è da temere più di dieci Germanie. Perché viva la Francia, bisogna uccidere la Vandea.

Queste poche parole gli cattivarono Robespierre.

Robespierre, nondimeno, fece questa domanda:

Non siete un ex prete, voi?

L'aspetto da prete non sfuggiva al Robespierre, che riconosceva al di fuori quello che aveva dentro di sé.

Cimourdain rispose:

Sì, cittadino.

Che importa, questo? - esclamò Danton. - Quando i preti sono buoni, valgono più degli altri. In tempo di rivoluzione i preti si fondono per farne cittadini, come le campane per farne soldi e cannoni. Danjou è prete, Daunou è prete. Tommaso Lindet è vescovo di Evreux. Voi, Robespierre, vi sedevate alla Convenzione a gomito a gomito con Massieu, vescovo di Beauvais. Il grande vicario Vaugeois era del comitato d'insurrezione del 10 agosto. Chabot è cappuccino. E' stato don Gerle a fare il giuramento del Pallamaglio; è stato l'abate Audran a far dichiarare l'Assemblea nazionale superiore al re; è stato l'abate Goutte a chiedere alla Legislativa che si togliesse il baldacchino dal seggio di Luigi Sedicesimo; è stato l'abate Grégoire a provocare l'abolizione della regalità.

Appoggiato, - sogghignò Marat, - dall'istrione Collot d'Herbois.

Hanno fatto tutto loro due soli: il prete ha rovesciato il trono, il commediante ha abbattuto il re.

Torniamo alla Vandea, - disse Robespierre.

E allora, - domandò Cimourdain, - che cosa c'è? Che cosa fa questa Vandea?

Robespierre rispose:

Fa questo: ha un capo. Sta per diventare spaventevole.

Chi è questo capo, cittadino Robespierre?

Un ex marchese di Lantenac, che si qualifica principe bretone.

Cimourdain ebbe un gesto.

Lo conosco, - disse. - Sono stato cappellano in casa sua.

Pensò un momento, e riprese:

Prima d'essere un uomo di guerra, era un donnaiolo.

Come Biron, che fu Lauzun, - disse Danton.

E Cimourdain, pensoso, aggiunse:

Sì, è un ex gaudente. Dev'essere terribile.

Spaventoso, - disse Robespierre. - Arde i paesi, finisce i feriti, massacra i prigionieri, fucila le donne.

Le donne?

Sì. Tra le altre, ha fatto fucilare una madre di tre figlioli. Non si sa che ne sia stato di questi fanciulli. Inoltre, è un condottiero.

Di guerra, se ne intende.

Già, - rispose Cimourdain. - Fece la guerra dell'Hannover, e i soldati dicevano: "Richelieu di sopra, Lantenac di sotto"; ma il vero generale fu Lantenac. Chiedetene al vostro collega Dussaulx.

Robespierre rimase un momento sovrappensiero, poi, tra lui e Cimourdain il dialogo riprese:

Orbene, cittadino Cimourdain, quell'uomo è in Vandea.

Da quando?

Da tre settimane.

Bisogna metterlo fuori della legge.

Già fatto.

Bisogna mettere una taglia sul suo capo.

Già fatto.

Bisogna offrire molto danaro a chi lo prenderà.

Già fatto.

Non in assegnati.

Già fatto.

In oro.

Già fatto.

E si deve ghigliottinarlo.

Sarà fatto.

Da chi?

Da voi.

Da me?

Si, sarete delegato dal comitato di salute pubblica, con pieni poteri.

Accetto, - disse Cimourdain.

Robespierre era rapido nelle sue scelte; qualità di uomo di Stato.

Prese dalla cartella che aveva innanzi un foglio di carta bianca in testa al quale si leggeva, stampato: "Repubblica Francese, una e indivisibile. Comitato di salute pubblica".

Cimourdain continuò:

Sì, accetto. Terribile contro terribile. Lantenac è feroce, lo sarò anch'io. Guerra a morte con quell'uomo. Ne libererò la repubblica, a Dio piacendo.

Ebbe una pausa, poi riprese :

Sono prete. Fa lo stesso; credo in Dio.

Dio è invecchiato, - disse Danton.

Io credo in Dio, - disse Cimourdain impassibile.

D'un cenno di testa, Robespierre, sinistro, approvò. Cimourdain riprese:

Presso chi sarò delegato?

Robespierre rispose:

Presso il comandante della colonna di spedizione mandata contro Lantenac. Vi avverto, però, che è un nobile.

Danton esclamò:

Altra cosa di cui me la rido. Un nobile? E con questo? Avviene del nobile quel che avviene del prete. Se è buono, è ottimo. La nobiltà è un pregiudizio; ma non bisogna averlo più in un senso che nell'altro, più contro che in favore di essa. O che Saint-Just non è forse un nobile, Robespierre? Fiorello di Saint-Just, perbacco! Anacharsi Cloots è barone. Il nostro amico Carlo Hesse, che non manca a una seduta dei Cordiglieri, è principe e fratello del langravio regnante di Herse-Rothenbourg. Montaut, l'intimo di Marat, è marchese di Montaut. Nel tribunale rivoluzionario c'è un giurato che è frate e un giurato che è nobile, Leroy, marchese di Montflabert. Sono entrambi sicuri.

E dimenticate, - soggiunse Robespierre, - il capo della giuria rivoluzionaria.

Antonelle?

Che è il marchese Antonelle, - disse Robespierre.

Danton riprese:

Un nobile è Dampierre, che si è appena fatto ammazzare per la repubblica davanti a Condé, e un nobile è Beaurepaire, che si è fatto saltare le cervella piuttosto che aprire le porte di Verdun ai prussiani.

Il che non impedisce, - brontolò Marat, - che il giorno in cui Condorcet disse: "I Gracchi erano nobili", Danton non abbia gridato al Condorcet: "Tutti i nobili sono traditori, a cominciare da Mirabeau per finire con te".

La voce grave di Cimourdain si alzò di tono:

Cittadino Danton, cittadino Robespierre, voi forse avete ragione di aver fiducia; ma il popolo diffida, e non ha torto di diffidare.

Quando si tratta d'un prete incaricato di sorvegliare un nobile, la responsabilità è doppia e bisogna che il prete sia inflessibile.

Certo, - disse Robespierre.

Cimourdain soggiunse:

E inesorabile.

Robespierre riprese:

Sta bene, cittadino Cimourdain. Avrete a che fare con un giovane.

Siccome avete il doppio della sua età, avrete qualche ascendente su di lui. Bisogna dirigerlo ma trattarlo con riguardo. Pare che non manchi di attitudini militari; sotto questo aspetto, tutti i rapporti sono unanimi. Fa parte di un corpo d'armata che fu staccato dall'esercito del Reno per essere inviato in Vandea. E' appena arrivato dalla frontiera dove ha meravigliato per la sua intelligenza e per il suo coraggio. Conduce la colonna di spedizione in modo veramente superiore. Tiene da quindici giorni in iscacco quel vecchio marchese di Lantenac. Lo incalza e lo risospinge davanti a sé. Finirà col metterlo con le spalle al mare e buttarvelo dentro. Lantenac possiede l'astuzia d'un vecchio generale, e lui ha l'audacia d'un giovane condottiero. Questo giovane conta già nemici e invidiosi. L'aiutante generale Léchelle ne è geloso.

Questo Léchelle, - intervenne Danton, - vuol essere generale in capo. Ma non ha in suo favore che un gioco di parole: "Ci vuole la scala [l'échelle] per salire sulla carretta [Charette]". Frattanto, Charette lo batte.

E non vuole, - proseguì Robespierre, - che alcun altro all'infuori di lui batta Lantenac. La sventura della guerra di Vandea consiste appunto in queste rivalità. Eroi comandati male, ecco che cosa sono i nostri soldati. Un semplice capitano degli ussari, Chambon, entra in Saumur con un trombettiere, suonando il "Ça ira", e prende Saumur; potrebbe continuare e prendere Cholet, ma non ha ordini, e si ferma.

Bisogna rivedere tutti i comandi della Vandea. Si sparpagliano i corpi di guardia e si disperdono le forze; un esercito sparpagliato è un esercito paralizzato, è un masso ridotto in polvere. Al campo di Paramé non ci sono più che tende. Fra Tréguier e Dinan ci sono cento piccoli posti inutili, coi quali si potrebbe costituire una divisione e proteggere tutto il litorale. Léchelle, appoggiato da Parrein, sguarnisce la costa a nord col pretesto di proteggere la costa a sud, e apre così la Francia agli inglesi. Mezzo milione di contadini sollevati e una calata dell'Inghilterra in Francia: ecco il piano di Lantenac. Il giovane comandante della colonna di spedizione punta la spada alle reni di quel Lantenac e lo stringe da presso e lo batte senza il permesso di Léchelle. Ora, Léchelle è suo superiore, così Léchelle lo denuncia. I pareri su quel giovane sono contrastanti.

Léchelle vuole farlo fucilare. Prieur della Marna lo vuol promuovere aiutante generale.

Mi pare che quel giovane abbia grandi qualità, - disse Cimourdain.

Ma ha un difetto.

L'interruzione era di Marat.

Quale? - domandò Cimourdain.

La clemenza, - disse Marat; che proseguì: - E' risoluto in battaglia, e tenero dopo. Cade nell'indulgenza, perdona, grazia, protegge le suore e le monache. salva le mogli e le figlie degli aristocratici, rilascia i prigionieri, mette in libertà i preti.

Colpa grave, - sentenziò Cimourdain.

Delitto, - disse Marat.

Qualche volta, - disse Danton.

Spesso, - disse Robespierre.

Quasi sempre, - riprese Marat.

Sempre, quando si ha a che fare coi nemici della patria, - disse Cimourdain.

Marat si voltò verso di lui.

E che ne faresti dunque tu d'un comandante repubblicano che mettesse in libertà un comandante realista?

Sarei del parere di Léchelle - lo farei fucilare.

O ghigliottinare, - disse Marat.

A scelta, - disse Cimourdain.

Danton si mise a ridere.

Mi piace tanto l'una cosa che l'altra.

Sta pur sicuro che l'una cosa o l'altra l'avrai, - brontolò Marat.

E il suo sguardo, staccandosi da Danton, ritornò su Cimourdain.

Dunque, cittadino Cimourdain, se un comandante repubblicano tentennasse, gli faresti tagliare la testa, tu?

Entro le ventiquattro ore.

Ebbene, - riprese Marat; - io sono del parere del Robespierre, bisogna mandare il cittadino Cimourdain in qualità di commissario delegato del comitato di salute pubblica presso il comandante della colonna di spedizione dell'esercito delle coste. A proposito, come si chiama questo comandante?

Robespierre rispose:

E' un ex, un nobile.

E si mise a sfogliare la cartella.

Diamo al prete da custodire il nobile, - disse Danton. - Io diffido d'un prete che sia solo; diffido di un nobile che sia solo. Quando sono insieme non li temo. L'uno sorveglia l'altro, e vanno bene.

Lo sdegno caratteristico del sopracciglio di Cimourdain si accentuò; ma trovando indubbiamente che, in fondo, l'osservazione era giusta, non si voltò affatto verso Danton, e alzò la voce severa:

Se il comandante repubblicano che mi è affidato fa un passo falso, pena di morte.

Robespierre, gli occhi sull'incartamento, disse:

Ecco il nome. Cittadino Cimourdain, il comandante sul quale avrete pieni poteri è un ex visconte. Si chiama Gauvain.

Cimourdain impallidì.

Gauvain! - esclamò.

Marat notò il pallore di Cimourdain.

Il visconte Gauvain, - ripeté Cimourdain.

Sì, - disse Robespierre.

Ebbene? - disse Marat, l'occhio fisso su Cimourdain.

Vi fu un attimo di pausa. Poi Marat riprese:

Cittadino Cimourdain, accettate voi, alle condizioni indicate da voi stesso, la missione di commissario delegato presso il comandante Gauvain? E' detto?

E? detto, - rispose Cimourdain, che andava facendosi sempre più pallido.

Robespierre prese la penna che aveva accanto, scrisse con la sua scrittura lenta e corretta quattro righe sul foglio di carta che recava in testa l'indicazione "Comitato di salute pubblica", firmò e passò il foglio e la penna a Danton; Danton firmò, e Marat, che non distoglieva gli occhi dalla faccia livida di Cimourdain, firmò dopo Danton.

Riprendendo il foglio, Robespierre lo datò e lo restituì a Cimourdain, che lesse:

"ANNO SECONDO DELLA REPUBBLICA "Sono dati pieni poteri al cittadino Cimourdain, commissario delegato del comitato di salute pubblica presso il cittadino Gauvain, comandante la colonna di spedizione dell'esercito delle coste.

"Robespierre - Danton - Marat".

E, sotto le firme:

"28 giugno 1793".

Il calendario rivoluzionario, detto calendario civile, non esisteva ancora legalmente, a quell'epoca, né doveva essere adottato dalla Convenzione, su proposta di Romme, che il 5 ottobre 1793.

Mentre Cimourdain leggeva, Marat lo fissava.

Marat disse a mezza voce, come se parlasse a se stesso:

Bisognerà far precisare ogni cosa con un decreto della Convenzione o con una ordinanza speciale del comitato di salute pubblica. C'è ancora qualche cosa da fare.

Cittadino Cimourdain, - domanda Robespierre; - dove abitate?

Alla Corte di commercio.

Toh! anch'io, - disse Danton. - Siete mio vicino.

Robespierre riprese:

Non c'è un momento da perdere. Domani riceverete il vostro decreto di nomina in piena regola, firmato da tutti i membri del comitato di salute pubblica. Questa è una conferma dell'incarico, che vi accrediterà in special modo presso i rappresentanti in missione, Philippeaux, Prieur della Marna, Lecointre, Alquier e gli altri.

Sappiamo chi siete. I vostri poteri sono illimitati. Potete promuovere generale Gauvain o mandarlo al patibolo. Avrete il decreto domani alle tre. Quando partirete?

Alle quattro, - disse Cimourdain.

E si separarono.

Rincasando, Marat avvertì Simona Evrard (1) che il giorno dopo si sarebbe recato alla Convenzione.

 

 

NOTE

Simona Evrard: amante di Marat.

 


Novantatre'
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