6.

PETTO GUARITO, CUORE SANGUINANTE.

 

Uno sfregio fa presto a guarire; ma c'era altrove qualcuno più gravemente ferito di Cimourdain. Era la donna fucilata, che Tellmarch, il mendicante, aveva raccolta nella grande pozza di sangue della fattoria d'Herbe-en-Pail.

Michelina Fléchard versava in pericolo più ancora di quanto non l'avesse creduto Tellmarch. Al foro che aveva sopra il seno, corrispondeva un foro nella spalla. Mentre una pallottola le aveva spezzato la clavicola, un'altra le aveva attraversato la spalla.

Siccome, però, non era stato leso il polmone, essa poté guarire.

Tellmarch era un "filosofo", espressione contadinesca che significa un po' medico, un po' chirurgo, un po' stregone. Curò la ferita nella sua tana da bestia, sul suo giaciglio di fuchi, con quelle cose misteriose che si chiamano "semplici", e, grazie a lui, ella visse.

La clavicola si risaldò, i fori della spalla e del petto si chiusero.

Alcune settimane dopo la ferita era convalescente.

Una mattina poté uscire dal nascondiglio appoggiandosi a Tellmarch.

Andò a sedersi sotto gli alberi, al sole. Tellmarch sapeva ben poco di lei: le ferite al petto esigono il silenzio, e, durante la quasi agonia che aveva preceduto la sua guarigione, la donna aveva detto appena poche parole. Quando faceva per parlare, Tellmarch la faceva tacere. Lei, però, aveva un pensiero fisso, ostinato, e Tellmarch notava nei suoi occhi un cupo andirivieni di pensieri pungenti. Quella mattina era forte, poteva quasi camminare da sola. Curare un malato è quasi come esercitare su di lui una specie di paternità, Tellmarch la guardava, felice. Il buon vecchio si mise a sorridere. Le parlò.

E così? Eccoci in piedi. Non abbiamo più ferite.

Altro che al cuore, - disse lei.

Poi soggiunse:

Non lo sapete proprio dove sono, allora?

Chi?

I miei figlioli.

Quell'"allora" esprimeva tutto un mondo di pensieri; significava: "Dal momento che non me ne parlate, dal momento che da tanti giorni mi state accanto senza farmene parola, dal momento che mi fate tacere ogni qualvolta tento di rompere il silenzio, dal momento che sembrate temere che ve ne parli, bisogna che non abbiate da dirmene alcunché".

Spesso, nella febbre, nello smarrimento, nel delirio, ella aveva chiamato i suoi figlioli e aveva ben visto, giacché il delirio ne fa di tali rilievi, aveva ben visto che il vecchio non le rispondeva.

 

Tellmarch, infatti, non avrebbe saputo che dirle. Non è facile parlare a una madre dei suoi figlioli perduti. E poi, che ne sapeva lui?

niente. Sapeva che una madre era stata fucilata, che questa madre era stata trovata a terra da lui, che, quando l'aveva raccolta, era su per giù un cadavere, che quel cadavere aveva tre figlioli, e che il marchese di Lantenac, dopo aver fatto fucilare la madre, aveva portato via i figlioli. Lì si fermavano tutte le sue informazioni. Che ne era stato di quei bimbi? Erano anche soltanto ancora al mondo? Sapeva, per essersene informato, che si trattava di due maschietti e di una bambina appena svezzata. Nient'altro. Si faceva, su quei tre sventurati, un mucchio di domande, alle quali, però, non poteva rispondere. La gente del paese che aveva interrogato, s'era limitata a scuotere la testa. Il signor di Lantenac non era un uomo di cui si parlasse volentieri.

Non si parlava volentieri di Lantenac, né si parlava volentieri a Tellmarch. I contadini hanno un genere di sospetti tutti loro. Non volevano bene a Tellmarch. Tellmarch il Pitocco era un uomo inquietante. Perché guardava sempre il cielo? che cosa faceva, a che pensava nelle lunghe sue ore di immobilità ? Era strano, indubbiamente. In quel paese in piena guerra, in piena conflagrazione, in piena combustione, in cui tutti gli uomini non avevano che una cosa che stesse loro a cuore, la devastazione, e che un lavoro da compiere, la carneficina, in cui era una gara a chi avrebbe bruciato una casa, sgozzato una famiglia, massacrato un posto, saccheggiato un villaggio, dove non si pensava che a tendersi imboscate, ad attirarsi l'un l'altro nelle trappole, e a uccidersi a vicenda, quel solitario, assorto nella natura, come sommerso nella immensa pace delle cose, che coglieva erbe e piante, non d'altro occupato che dei fiori, degli uccelli e delle stelle, era evidentemente pericoloso. Era evidente che avesse perduto la ragione: non s'imboscava dietro nessun cespuglio, non sparava fucilate a nessuno. Ciò faceva nascere intorno a lui un certo qual timore.

Quell'uomo è pazzo, - dicevano i passanti.

Tellmarch era più che un uomo isolato, era un uomo evitato.

Nessuno gli rivolgeva domande, nessuno gli rispondeva. Egli non aveva dunque potuto informarsi quanto avrebbe voluto. La guerra si era propagata altrove; erano andati a battersi più lontano; il marchese di Lantenac era scomparso dall'orizzonte, e nello stato d'animo in cui si trovava Tellmarch, perché si accorgesse della guerra, sarebbe occorso che questa gli mettesse il piede addosso.

Dopo queste parole: "I miei figli", Tellmarch aveva smesso di sorridere, e la madre si era assorta nei suoi pensieri. Che cosa accadeva in quell'anima? Ella era come in fondo a un abisso. Di colpo guardò Tellmarch, e gridò di nuovo, quasi con accento di collera:

I miei figli!

Tellmarch abbassò la testa come un colpevole.

Pensava a quel marchese di Lantenac, che non pensava a lui di sicuro, e che, probabilmente, non sapeva neppure più che egli esistesse. Se ne rendeva conto, e diceva tra sé e sé: "Un signore, quando è in pericolo, vi conosce; quando ne è fuori, non vi conosce più".

E si domandava: "Ma perché ho salvato quel signore, io, allora?".

E si rispondeva: "Perché è un uomo".

Su questo, rimase qualche tempo meditabondo, poi riprese in cuor suo:

"Ne sono proprio sicuro?".

E tornò a dirsi quella sua amara frase: "Se lo avessi saputo!".

Tutta quell'avventura lo accasciava, in quanto scorgeva in tutto ciò che aveva fatto una specie di enigma. Meditava dolorosamente. Dunque una buona azione può essere una cattiva azione. Chi salva il lupo uccide l'agnello. Chi riaggiusta l'ala dell'avvoltoio, è responsabile del suo artiglio.

Si sentiva colpevole infatti. L'incosciente collera di quella madre aveva ragione.

Comunque, il fatto di aver salvato quella madre lo consolava dell'aver salvato il marchese.

Ma quei bimbi?

Anche la madre meditava. Quei due pensieri si davano di gomito, e, senza dirselo, s'incontravano, forse, nelle tenebre del fantasticare.

Frattanto, lo sguardo della donna, in fondo al quale era la notte, si fissò di nuovo su Tellmarch.

Eppure, non può mica andare avanti così, - ella disse.

Ssst! - fece Tellmarch, mettendosi un dito sulla bocca.

Lei proseguì:

Avete fatto male a salvarmi, e ce l'ho con voi. Preferirei essere morta, dal momento che sono sicura che li vedrei. Saprei dove sono.

Non mi vedrebbero, ma sarei loro vicino. Deve proteggere, una morta.

L'uomo le prese il braccio e le tastò il polso.

Calmatevi, - le disse; - vi fate ritornare la febbre.

Essa gli domandò, quasi con durezza:

Quando potrò andarmene?

Andarvene?

Sì. Camminare.

Mai, se non siete ragionevole. Domani se avete buon senso.

Che cosa intendete per avere buon senso?

Aver fiducia in Dio.

Dio! dove mi ha messo i miei figlioli?

Era come smarrita. La sua voce si fece dolcissima.

Capirete bene, - ella gli disse, - che io non voglio rimanere così.

Voi di figlioli non ne avete avuti, io sì. E' un altro paio di maniche. Una cosa, non si può giudicarla, quando non si sa che cosa sia. Non ne avete avuti di figlioli, voi, vero?

No, - rispose Tellmarch.

Io, invece, non ho avuto che loro. Sono io forse senza i miei figlioli? Vorrei mi si spiegasse perché non ho i miei figlioli, dal momento che non lo capisco da me. Mio marito è stato ammazzato, me, mi hanno fucilata; ma fa lo stesso, non capisco.

Andiamo, - disse Tellmarch; - ecco che vi riprende la febbre. Non parlate più.

Lei lo guardò, e tacque.

A partire da quel giorno, essa non parlò più.

Tellmarch fu obbedito più di quanto volesse. Lei trascorreva lunghe ore accovacciata ai piedi del vecchio albero, stupefatta. Pensava e taceva. Il silenzio porge un certo qual rifugio alle anime semplici, che hanno subìto la sinistra penetrazione del dolore. Pareva rinunciare a capire. Giunta a un certo grado, la disperazione diventa inintelligibile ai disperati.

Tellmarch la osservava, sconvolto. Di fronte a quella sofferenza, quel vecchio aveva pensieri da donna. "Ah sì!", diceva in cuor suo: "le sue labbra non parlano, ma parlano i suoi occhi; vedo bene che cos'ha, un'idea fissa. Essere stata madre, e non esserlo più! essere stata nutrice, e non esserlo più! Non vi si può rassegnare. Pensa alla più piccina che allattava, lei, ancora poco tempo fa. Ci pensa, ci pensa, ci pensa. Dev'essere così delizioso, infatti, sentire una boccuccia rosa che vi sugge l'anima da dentro il corpo e che si fa, con la vostra vita, la propria!".

E taceva anche lui, ben comprendendo, di fronte a un tale accasciamento, l'impotenza della parola. Il silenzio di un'idea fissa è terribile. E in che modo far intender ragione all'idea fissa di una madre? La maternità non ha scappatoie; non si discute con essa. Ciò che rende sublime una madre, è il fatto che è una specie di bestia.

L'istinto materno è divinamente animale. La madre non è più donna, è femmina.

I bimbi non sono bimbi, ma piccoli.

Ciò fa sì che nella madre ci sia qualche cosa d'inferiore e di superiore al ragionamento. Una madre ha un fiuto. E' in lei, e la guida, l'immensa volontà tenebrosa della creazione. Accecamento pieno di chiaroveggenza.

Adesso Tellmarch avrebbe voluto far parlare quella sventurata. Non ci riusciva. Una volta le disse:

Disgraziatamente, sono vecchio, io, e non cammino più. Tocco molto più presto l'estremo delle mie forze che la fine della mia strada.

Dopo un quarto d'ora, le gambe mi si rifiutano di proseguire, e mi debbo fermare. Non fosse così, vi potrei accompagnare. Dopo tutto, però è forse un bene che io non possa farlo. Sarei forse più pericoloso che utile per voi. Qui, sono tollerato; ma io sono sospetto agli azzurri come contadino, e ai contadini come stregone.

Aspettò una risposta. Lei non alzò nemmeno gli occhi.

Un'idea fissa sfocia nella follia o nell'eroismo. Ma di che eroismo può essere capace una povera contadina? di nessuno. Può essere madre, e tutto è detto. La Fléchard si sprofondava ogni giorno più nel suo fantasticare. Tellmarch l'osservava.

Cercò di tenerla occupata. Le portò filo, aghi, ditale. Lei infatti, con grande piacere del povero pitocco, si mise ad agucchiare. Pensava, ma lavorava: indizio di salute. Le forze le tornavano a poco a poco.

Si aggiustò la biancheria, i panni, le scarpe; ma la sua pupilla rimaneva vitrea. Così agucchiando, cantava inintelligibili canzoni a mezza voce. Mormorava nomi, nomi di bimbi, probabilmente, non così distintamente che Tellmarch li potesse capire. S'interrompeva, talvolta, e ascoltava gli uccelli, quasi che avessero notizie da riferirle. Guardava che tempo fosse. Le labbra le si agitavano.

Parlava tra sé, sottovoce. Fece un sacco e lo colmò di castagne. Una mattina Tellmarch la vide che se ne andava, l'occhio fisso a caso sulle profondità della foresta.

Dove andate? - le domandò.

Lei rispose:

Li vado a cercare.

L'uomo non fece nulla per trattenerla.


Novantatre'
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