6.

LE PERIPEZIE DELLA GUERRA CIVILE

Subito, intorno a lui, e da ogni parte a un tempo, la boscaglia si gremì di fucili, di baionette e di sciabole; nella penombra si rizzò una bandiera tricolore, il grido "Lantenac" gli rimbombò all'orecchio, e ai suoi piedi, attraverso la sterpaglia e i rami, apparvero facce violente.

Il marchese era solo, ritto in vetta all'altura, visibile da ogni punto del bosco. Vedeva sì e no quelli che gridavano il suo nome, ma era veduto da tutti. Se c'erano mille fucili nel bosco, egli era là come un bersaglio. Non distingueva in quel folto altro che pupille ardenti; fisse su di lui.

Si tolse il cappello, ne rialzò la falda; strappò da un giunco una lunga spina secca, si trasse di tasca una coccarda bianca, fissò con la spina la falda rialzata e la coccarda al cocuzzolo del cappello, e, ripiantandosi in testa il cappello medesimo, la cui falda rialzata lasciava chiaramente scorgere la sua fronte e la sua coccarda, disse ad alta voce, parlando a tutta la foresta a un tempo:

L'uomo che cercate sono io. Io sono il marchese di Lantenac, visconte di fontenay, principe bretone, luogotenente generale degli eserciti del re. Facciamola finita. Puntate! Fuoco!

E, spalancando con ambo le mani il giubbone di pelle di capra, mostrò il petto nudo.

Abbassò gli occhi, cercando con lo sguardo i fucili puntati, e si vide circondato da uomini in ginocchio.

Si alzò un grido immenso: - Viva Lantenac! Viva monsignore! Viva il generale!

Al tempo stesso, cappelli che volavano per aria, sciabole che turbinavano allegramente, e dovunque, nella boscaglia, si vedevano sollevarsi bastoni, in cima ai quali si agitavano berretti di lana scura.

Lo circondava una banda vandeana.

Quella banda, vedendolo, si era inginocchiata.

Narra la leggenda che c'erano, nelle antiche foreste turinge, esseri strani, specie di giganti, più e meno che uomini, i quali erano considerati dai romani come orribili animali, dai germani come incarnazioni divine, e che, a seconda di coloro nei quali s'imbattevano, correvano l'alea di essere sterminati o adorati.

Il marchese provò qualche cosa di simile a quel che doveva provare uno di quegli esseri, quando, aspettandosi di essere trattato come un mostro, si vedeva bruscamente trattato come un dio.

Tutti quegli occhi pieni di temibili lampi si fissavano sul marchese con una specie di selvaggio amore.

Quella folla era armata di fucili, di sciabole, di falci, di zappe, di bastoni; tutti avevano in testa grandi feltri o berretti scuri, con bianche coccarde; si notava su tutti una profusione di rosari e di amuleti. Indossavano larghe brache aperte al ginocchio e casacche di pelo. Avevano uose di cuoio, garretti nudi, capelli lunghi. Taluni avevano un aspetto feroce, tutti l'occhio ingenuo.

Un uomo, giovane e di bell'aspetto, attraversò quella ressa inginocchiata e salì a gran passi verso il marchese. Era, come i contadini, con la testa coperta da un feltro a falda rialzata e a coccarda bianca e vestito d'una casacca di pelo, ma aveva le mani bianche e una fine camicia, e portava sopra la veste una sciarpa di seta bianca, cui era appesa una spada dalla impugnatura indorata.

Giunto sulla prominenza di terra, gettò via il cappello, si tolse la sciarpa, mise un ginocchio a terra, presentò al marchese la sciarpa e la spada, e disse:

Vi cercavamo infatti, e vi abbiamo trovato. Eccovi la spada del comando. Questi uomini sono vostri, adesso. Io ero loro comandante, salgo di grado: sono soldato vostro. Accettate il nostro omaggio, monsignore. Dateci i vostri ordini, generale.

Poi fece un cenno. Alcuni uomini che portavano una bandiera tricolore uscirono dal bosco. Quegli uomini salirono fino al marchese e deposero la bandiera ai suoi piedi. Era la bandiera che egli aveva poco prima intravista in mezzo agli alberi.

Generale, - disse il giovane che gli aveva offerto la spada e la sciarpa; - questa è la bandiera che abbiamo, poco fa, presa agli azzurri allogati nella fattoria di Herbe-en-Pail. Io mi chiamo Gavard, monsignore, e fui alle dipendenze del marchese di La Rouarie.

Sta bene, - disse il marchese.

E calmo e grave si cinse la sciarpa.

Poi sfoderò la spada, e agitandola nuda sopra la propria testa:

In piedi! - disse. - E viva il re!

Tutti si alzarono.

E si udì nella profondità del bosco un clamore frenetico e trionfante:

"Viva il re! Viva il nostro marchese! Viva Lantenac!".

Il marchese si rivolse a Gavard:

In quanti siete, dunque?

Settemila.

E mentre discendevano dall'altura, intanto che i contadini scostavano gli sterpi davanti ai passi del marchese di Lantenac, Gavard proseguì:

Nulla di più semplice, monsignore. Tutto si spiega in una parola.

Non si aspettava che una scintilla. Il manifesto della repubblica, rivelando la vostra presenza, ha fatto insorgere il paese per il re.

Noi eravamo inoltre stati avvertiti sotto mano dal sindaco di Granville che è dei nostri: lo stesso che salvò l'abate Olivier.

Questa notte si è suonato a martello.

Per chi?

Per voi.

Ah! - disse il marchese.

Ed eccoci qui, - riprese Gavard.

E siete in settemila?

Oggi. Domani saremo quindicimila. Tale è la leva del paese. Quando il signor Enrico di La Rochejaquelin partì per l'esercito cattolico, fu suonato a martello, e in una notte sei parrocchie, Isernay, Corqueux, gli Echaubroignes, gli Aubiers, Saint-Aubin e Nueil gli condussero diecimila uomini. Non si avevano munizioni; furono trovate presso un muratore sessanta libbre di polvere da mina, e il signor di La Rochejaquelin è partito con quella. Eravamo sicuri che dovevate trovarvi qua o là in questa foresta, e vi cercavamo.

E avete assaltato gli azzurri nella fattoria d'Herbe-en-Pail?

Il vento aveva impedito loro di udire la campana a martello. Non diffidavano per niente. Quelli della cascina, che sono patriottardi, li avevano ricevuti bene. Stamane, abbiamo investito la fattoria, gli azzurri dormivano, e tutto fu fatto in un momento. Ho un cavallo. Vi degnate di accettarlo, generale?

Sì.

Un contadino condusse un cavallo bianco bardato alla militare. Il marchese, senza valersi dell'aiuto che gli porgeva Gavard, montò a cavallo.

Urrah! - gridarono i contadini, ché i gridi inglesi sono molto in auge sulla costa bretone-normanna, in perpetua relazione con le isole della Manica.

Gavard fece il saluto militare e domandò:

Quale sarà il vostro quartier generale, monsignore?

Innanzi tutto la foresta di Fougères.

Una delle vostre sette foreste, marchese.

Occorre un prete.

Ne abbiamo uno.

Chi?

Il vicario della cappella Erbrée.

Lo conosco. Ha fatto il viaggio di Jersey.

Un prete uscì dalle file, e disse:

Tre volte.

Il marchese volse la testa.

Buongiorno, signor vicario. Fra poco avrete da fare.

Tanto meglio, signor marchese.

Avrete gente da confessare. Quelli che vorranno. Non si costringe nessuno.

Signor marchese, - disse il prete; - Gastone, a Guéménée, costringe i repubblicani a confessarsi.

E' un parrucchiere, - disse il marchese. - Ma la morte deve essere libera.

Gavard, che si era allontanato per impartire qualche ordine, ritornò.

Attendo i vostri ordini, generale.

Innanzi tutto il ritrovo è nella foresta di Fougères. Che tutti si disperdano e vi si rechino.

L'ordine è già stato dato.

Non mi avete detto che quelli di Herbe-en-Pail avevano ricevuto bene gli azzurri?

Sì, generale.

Avete bruciato la fattoria?

Sì.

Avete bruciato il cascinale?

No.

Bruciatelo.

Gli azzurri hanno tentato di difendersi; ma erano centocinquanta e noi eravamo settemila - Che azzurri erano?

Azzurri di Santerre.

Quello che ha ordinato ai tamburi di rullare mentre tagliavano la testa del re. E' un battaglione di parigini, allora?

Un mezzo battaglione.

Come si chiama?

Sulla bandiera è scritto: "Battaglione del Berretto Rosso", generale.

Bestie feroci.

Che ne dobbiamo fare dei feriti?

Finiteli.

Che ne dobbiamo fare dei prigionieri?

Fucilateli.

Ce ne sono circa ottanta.

Fucilateli tutti.

Ci sono due donne.

Anche loro.

Ci sono tre fanciulli.

Portateli con voi. Si vedrà poi che farne.

E il marchese spronò il cavallo.


Novantatre'
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