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Veniva dall’esterno, lontano, oltre il laghetto delle carpe koi e il romantico cancello bianco, oltre i rami delle piante verdi dall’aspetto esotico, che si allungavano verso il cielo. L’urlo non sembrava aver penetrato le spesse pareti di vetro fino alla sala da pranzo interna. C’erano troppi tintinnii e baci perché qualcuno si preoccupasse di quel grido angosciante.

«Cos’è stato?» chiese Lulu. «Sembrava che venisse da laggiù!»

«Elsie» mormorò Ginger, e si mise a correre. Notò a malapena che una porta sul lato dell’edificio si apriva, la porta di una rampa di scale che portava dal ventre del resort alla natura selvaggia all’aperto. Emily emerse dal buco nero, con qualcosa in mano: qualcosa di nero, metallico, luccicante di luce lunare.

«Elsie!» gridò di nuovo Ginger. «Elsie, dove sei?»

Ginger passò attraverso l’area lounge chiusa al pubblico, vicina a delle rocce e una cascata, e superò il piccolo cancello bianco che dava su un sentiero pedonale. Qualche prudente passo lungo il sentiero la portò in un cortile privato.

Ginger capi che era il luogo della cerimonia dell’indomani. Le decorazioni erano già quasi tutte allestite. Ma Ginger non aveva il tempo di ammirare la scena né di accorgersi che il cortile sembrava una fiaba. Non vedeva le palme che stavano di guardia davanti agli alti muri di mattoni né le varie piante grasse che osservavano i suoi movimenti in silenzio, punteggiando lo sfondo del deserto nei toni del verde e del rosa, del viola e dell’arancione.

Una piattaforma si trovava in fondo al cortile e, poco prima di essa, un elaborato pergolato coperto da leggerissimi teli bianchi che si agitavano nell’incantevole brezza notturna. Accanto c’era una grande cassa, piena di bottiglie identiche a quella personalizzata che Ginger aveva trovato nella sua stanza, pronte per essere sistemate sui tavoli del ricevimento il giorno dopo. L’urlo era venuto da lì dietro.

Ginger si mise a correre, fermandosi solo quando un corpo sembrò materializzarsi ai suoi piedi. Il primo pensiero di Ginger fu: Morta! Lei è morta! I familiari capelli biondi della giovane madre erano sparsi sul pavimento insanguinati, e lei non si muoveva.

«Sydney» disse Ginger, crollando in ginocchio per sentire rapidamente il polso. «Qualcuno mi aiuti! Sydney è ferita!»

Merda, è morta? Ma Ginger non poteva indugiare. Il suo cuore, la sua stessa essenza la attirava altrove, verso sua figlia. E anche verso la figlia di Sydney, sospettava Ginger. Elsie e Lydia probabilmente erano insieme.

Elsie potrebbe essere venuta qui fuori a giocare con la bambina, ma chi ha attaccato Sydney?

«Mamma!» La voce di Elsie arrivò con un singhiozzo. «Sono qui!»

La voce proveniva da lontano, e il cuore di Ginger ebbe un sussulto. Si alzò in piedi e si mise a correre, rallentando il passo solo quando si avvicinò al pergolato e vide Elsie accucciata davanti alle bottiglie di vino accatastate, parzialmente nascosta.

Ginger avrebbe continuato a correre, ma la vista di un uomo in piedi davanti alla figlia la fece fermare di colpo. Elsie aveva Lydia stretta al petto, sembrava terrorizzata ma illesa.

«Voglio mia figlia» disse l’uomo. «Sono disarmato. Sono venuto solo per riavere la mia bambina.»

«Ma tu…» Ginger si interruppe. «Tua figlia?»

«Lydia è mia.»

«Sei il padre di Lydia?» disse Ginger con rabbia. In preda all’orrore, si voltò a guardare Sydney. «Come hai potuto fare del male a tua moglie? L’hai uccisa?»

L’uomo batté le palpebre, scosse la testa. «Per l’amor di Dio, non ho ucciso mia moglie.»

«Ma Sydney…»

«È una pazza» disse. «Ha rapito mia figlia.»

Elsie rimase senza fiato. «Non ti credo.»

«Henry.» Emily apparve da dietro la cassa, con la pistola in mano. «Allontanati da lei, bastardo.»

«Non voglio fare del male a nessuno.» Henry alzò le mani. «Sono venuto qui solo per cercare Lydia.»

«Be’, hai già ferito Sydney, e ora di sicuro hai ferito anche me!» disse Emily. «Non capisco.»

«Non essere patetica, Emily.» Henry si voltò verso di lei. «Non ti ho fatto del male. Sapevamo entrambi in cosa ci stavamo cacciando nel momento in cui sei venuta con me nel bagno dell’aereo. Non fare l’innocente.»

«No, infatti» disse Emily, la sua voce era un ringhio basso e gutturale. «Ma non sono io quella che merita di morire.» Emily alzò la pistola, stringendo gli occhi. «E non lo ero nemmeno allora.»

«Fermi!» gridò Ginger. «Emily, aspetta. Henry, allontanati e lascia in pace mia figlia. Possiamo risolvere la questione senza che nessuno si faccia male.»

«Non voglio fare del male a tua figlia.» Henry guardò Ginger. «Sono qui perché Sydney ha rapito la mia bambina. È mentalmente instabile.»

«Stronzate.» La voce tremante era quella di Kate. «Siete tutti uguali, vero? Tutti voi uomini del cazzo… niente è mai colpa vostra! Dio.» La voce di Kate era rauca e carica di rabbia. Le lacrime le scendevano sul viso. Ginger si sentì male per lei, non ne aveva idea. La vita perfetta di Kate… non era così perfetta.

«Ho visto tutto» disse Kate. «Tutte quelle orribili foto. Che razza di mostro abusa della moglie incinta? Sì, Henry, vero? Ho visto ogni maledetto livido. È tutto documentato. Sei finito, qualunque cosa succeda stasera. È finita. Non vedrai mai più tua figlia.»

«Non capisci» disse Henry, con le mani alzate più in alto. «Sydney non merita…»

«Come ti permetti?» Emily parlava piano, con voce gelida e letale. «È la madre di Lydia. E tu sei un uomo disgustoso, manipolatore e violento.»

Ginger guardò il dito di Emily che si piegava sul grilletto. Il suo cuore batteva, il sangue scorreva veloce nelle vene. Henry era ancora troppo vicino a Elsie perché Ginger potesse correre da lei, e l’unica cosa che poteva fare era stare a guardare mentre la situazione precipitava.

Henry era il padre di Lydia. Sydney era in fuga da lui perché, a quanto pareva, l’aveva maltrattata in modo orribile. Emily aveva un aspetto tremendo, pallida, con i capelli scomposti, mentre Kate le stava accanto, con le guance umide di lacrime di rabbia silenziosa.

«Avrei dovuto avere il coraggio di farlo dieci anni fa» disse Emily nel silenzio sconvolgente.

«Emily, no…» gridò Ginger, ma era troppo tardi.

Il colpo risuonò, uno scoppio assordante.