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Kate non era stupida.

Sapeva esattamente cosa stava succedendo.

«Mi stai lasciando?» chiese a Max una volta che si furono accomodati in prima classe. Kate aveva rifiutato il consueto champagne di benvenuto perché non aveva la minima voglia di festeggiare. Max, tuttavia, aveva prontamente accettato il suo.

«No. Cosa te lo fa pensare?»

«Ieri sera sei uscito di corsa da casa mia, e da quando siamo arrivati all’aeroporto non mi hai praticamente rivolto la parola.»

«Ho detto di no» ripeté Max. «Stai vedendo cose che non esistono.»

Avrei dovuto prevederlo, pensò Kate. Nel momento in cui Max aveva accettato lo champagne sull’aereo, avrebbe dovuto capirlo. Lui festeggiava, lei si piangeva addosso.

Kate scese dal SUV e aspettò che l’autista scaricasse le valigie al resort. Aveva organizzato il trasporto privato dall’aeroporto alla spa, ma dopo una prima occhiata all’imponente ingresso del resort, Kate era pronta a tornare indietro. Un tappeto rosso brillante accoglieva gli ospiti in un buffet di festeggiamenti nuziali della durata di una settimana: in parole povere, l’ultimo posto in cui Kate voleva essere, ora che sentiva che la sua relazione si stava sgretolando.

Questo doveva essere il suo matrimonio. Dopo anni passati ad arrancare dietro a Kate con scarpe di seconda mano un po’ troppo grandi per i suoi piedi, Whitney l’aveva finalmente superata. La cosa più buffa era che fino a quando Kate non si era interessata a Max qualche anno prima, Whitney non aveva degnato Arthur di uno sguardo.

Arthur Banks era sempre stato un amico di famiglia di Whitney, una specie di fratello minore, un punto fermo della sua vita. Poi, all’improvviso, quando Kate aveva riallacciato i rapporti con Max, Whitney si era agganciata ad Arthur in un modo completamente nuovo. Kate dubitava che Whitney avesse capito cosa era successo, ma Kate lo sapeva. Di certo non aveva immaginato la curiosità nella voce di Whitney quando avevano parlato per la prima volta di Max come nuovo fidanzato di Kate.

Poco dopo, Arthur aveva occupato la scena. Kate si chiese con un sorriso sarcastico cosa avrebbe fatto Whitney quasi-Banks se avesse scoperto che la vita perfetta di Kate Cross non era poi così perfetta. Che Max probabilmente l’avrebbe scaricata non appena fossero tornati a New York. Che Kate non poteva avere figli. Che la sua vita era vuota, a parte il conto in banca. E poi? Per cosa avrebbe lottato Whitney?

Kate seguì Max fuori dall’auto e andò verso l’ingresso. Il resort e la spa erano comodamente immersi nell’atmosfera e nel paesaggio del deserto, e regalavano agli ospiti un’impressione di relax naturale e la sensazione di essere coccolati dal momento in cui mettevano piede sul vialetto anteriore. Uomini eleganti li accoglievano con bicchieri di latte di cocco fresco e scintillanti flûte di champagne, e il morbido profumo floreale che si sprigionava dalle porte d’ingresso proveniva da veri e propri mazzi di fiori e non da qualche essenza diffusa.

Kate però non si sentiva molto zen. Era arrabbiata, furiosa. Negli occhi di Max c’era un muro. L’avrebbe tenuta con sé per questo fine settimana come un bel trofeo, e non appena fossero tornati a New York, l’avrebbe scaricata sulla porta di casa. Si sarebbe preso la briga di portare dentro le sue valigie o le avrebbe lasciate fuori?

Kate seguì Max nell’atrio, mettendo con cura un piede davanti all’altro. Aveva messo più attenzione del solito nell’abbigliamento: jeans neri scintillanti, tacchi a stiletto, uno scollo a V decisamente rivelatore, parure di collana e bracciale che Max le aveva regalato per Natale.

Indossava enormi occhiali da sole e aveva lasciato i riccioli sciolti, come piaceva a Max. All’inizio della loro relazione lui li chiamava capelli pre-sesso perché non riusciva a resistere quando lei li portava in quel modo. Kate fece una piccola smorfia sarcastica: in quel momento lui stava resistendo benissimo ai suoi capelli.

Mentre andavano alla reception, Kate notò a malapena il ritmo tranquillo di una rilassante colonna sonora, o il quieto ed efficiente movimento del personale che si affrettava a esaudire ogni capriccio e desiderio dei visitatori. Fu invece affascinata dalla vista di due donne sedute in un angolo, entrambe concentrate sul bebè stretto al petto della donna più grande.

Kate ci mise un secondo a identificare la donna che teneva il bebè, ma insieme alla piccola fitta che accompagnò la vista del bambino arrivò la sorpresa di riconoscere Emily, la sua ex compagna di casa. Kate non sapeva che Emily si fosse sposata, figuriamoci poi avere un figlio. Che bella vita semplice, pensò.

Non che Kate fosse gelosa di quelle donne in particolare, ma invidiava quello che avevano. Almeno una di loro aveva un bambino, e sembravano legate da una bella amicizia. Probabilmente avevano dei mariti affettuosi che le aspettavano nelle loro stanze, e le avevano salutate con qualche battuta del tipo: «Buona serata tra ragazze!».

La giovane donna di fronte a Emily fissava Kate come se avesse visto una star del cinema. Non era un fatto insolito che Kate e Max venissero riconosciuti; il loro matrimonio sarebbe certamente apparso nella cronaca di costume sui giornali, e ogni tanto la loro foto compariva su qualche rivista. Non erano famosi, ma erano entrambi ricchi e affascinanti. La classica bella coppia.

Molto divertente, pensò Kate. Se solo sapessero…

La donna più giovane distolse lo sguardo, come se sapesse di essere stata sorpresa a fissarla. Arrossì nettamente quando si voltò verso l’amica e le mormorò qualcosa. La donna si schermò la fronte con le mani, con un imbarazzo del tutto inutile, considerando che Kate l’aveva fissata con altrettanta intensità.

Kate vide Max al banco della reception e andò a raggiungerlo. Max stava sfoggiando all’impiegata un sorriso accattivante. La ragazza, che secondo la targhetta sulla blusa si chiamava Allison, gli restituì un sorriso altrettanto brillante.

«Ecco le chiavi della stanza» disse Allison. «Volete che vi prenoti dei massaggi per due?»

«No, grazie.» Kate si fece avanti e prese la chiave prima che lo facesse Max. Si appoggiò al bancone e gli lanciò un’occhiata eloquente. «Saremo già molto occupati.»

Max si passò una mano tra i capelli. «Per l’amor di Dio, Kate. Dacci un taglio.»

Allison sbatté le palpebre e abbassò lo sguardo.

«Che cosa ho detto?» chiese Kate, sinceramente confusa. Max aveva gli occhi sgranati e furibondi. Di solito nei conflitti sceglieva la via dell’indifferenza, ma questa volta si capiva che faceva sul serio. «Volevo dire…»

«Cazzo! Hanno capito tutti cosa volevi dire» disse Max. «Non parli d’altro! E se volessi farmi fare un massaggio?»

«Fatti fare un massaggio» disse Kate. «Qual è il problema?»

Max alzò gli occhi al cielo. «Kate, così non funziona.»

Kate batté la chiave della stanza contro il bancone. «Che stai dicendo, Max?»

All’improvviso, Max rimase immobile. Chiuse gli occhi, intrecciò con calma le mani. «Non ce la faccio.»

«Fatti fare quel cazzo di massaggio, se vuoi!» Kate cercò di parlare con rabbia, ma la sua voce cedette. «Cercavo di essere romantica.»

Max riaprì gli occhi. «Non c’è più niente di romantico tra noi. Sono affari e sesso, affari e sesso. È tutto calcolato. Senti, Kate, mi dispiace. Avrei aspettato fino a dopo il matrimonio per il tuo bene, per il bene di Whitney e Arthur.»

«Aspettare di fare cosa?»

«Di chiuderla fra noi. È finita, Kate» disse Max. «Non volevo fare una scenata. Non volevo rovinare il matrimonio dei nostri amici e parenti, ma non posso aspettare. È finita.»

«Max, dobbiamo parlare.»

«Allison…» Max superò Kate e si appoggiò al bancone. «Mi servirà un’altra stanza. Avete qualcosa a disposizione?»

Le unghie lunghe e laccate di Allison ticchettavano in modo fastidiosamente efficiente. «Sì, signore. Ci rimane solo una stanza.»

«La prendo» disse Max. «Qualunque sia.»

«Per favore, Max! Parliamone.»

«No, basta. È finita» disse Max. «È finita già da un po’. Ho cercato di aspettare, ma…»

«Be’, forse se ci impegnassimo di più e parlassimo, potremmo risolvere tutto.» Kate si sentiva misteriosamente calma mentre scuoteva la testa e si sistemava gli occhiali da sole in cima ai riccioli pre-sesso. «Ieri abbiamo avuto un piccolo screzio. Non era la prima volta.»

«Vogliamo cose diverse.»

«Stiamo cercando di avere un bambino!» La voce di Kate si spezzò, divenne appena più forte. «Ci frequentiamo da oltre due anni. Abbiamo parlato di matrimonio. Sono pronta a sposarti anche domani.»

«Te l’ho detto, non mi interessa sposarmi.»

«Hai quasi cinquant’anni, per l’amor di Dio! Cresci, Max. Vuoi una famiglia, vero?»

Negli occhi di lui passò un lampo fugace di dolore. «Sì, la voglio. Ecco perché le cose tra noi non funzionano. Mi dispiace. Coprirò io le spese della tua stanza e farò addebitare tutto sulla mia carta di credito. Spendi quanto vuoi, rilassati, guarisci. Mi avrai già dimenticato quando te ne andrai.»

Allison continuò a digitare nel silenzio penosamente imbarazzante. Alla fine, tirò fuori una seconda chiave magnetica che porse a Max. Senza nemmeno uno sguardo a Kate, Max prese la chiave e andò a grandi passi verso gli ascensori.

Fu allora che lei ne ebbe la certezza. Era finita. Chiuso. Per sempre.

Allison se ne stava lì, a bocca aperta. «Mi dispiace tanto.»

Kate non riusciva a trovare niente da dire. Era stata scaricata a un matrimonio a cui non voleva nemmeno partecipare. Avrebbe potuto staccare un grosso assegno a Whitney e mandarle delle finte scuse, invece di starsene seduta in una splendida e lussuosa spa a cercare di guarire. Kate non aveva bisogno di guarire, cazzo. Aveva bisogno di rimanere incinta.

«Mi dispiace» disse ancora l’impiegata. «Posso mandarle una bottiglia di champagne in camera?»

Era una risposta talmente inappropriata e stereotipata che stavolta fu Kate a guardarla a bocca aperta. Quando Allison si rese conto di ciò che aveva detto cominciò a balbettare, ad agitarsi, a scusarsi più volte. Alla fine, Kate mise fine alle sue sofferenze afferrando la valigia che Max aveva platealmente lasciato lì e andando verso l’ascensore.

Non esisteva proprio che se ne stesse alle terme per tutta la durata del soggiorno. Come poteva rilassarsi nello stesso resort di lusso dove il suo fidanzato… ex fidanzato festeggiava con la famiglia e gli amici, probabilmente alla ricerca di una nuova versione di lei? Una versione sana, che potesse dargli dei figli, stavolta.

Kate si sentì gli occhi bruciare quando arrivò all’ascensore. Avrebbe fatto un salto nella stanza per un attimo, per schiarirsi le idee e valutare il da farsi. Kate era una donna forte, lo sapeva bene. Era intelligente e di successo.

Sì, voglio una famiglia, disse Max nella sua testa. Ecco perché le cose tra noi non funzionano.

Che faccia tosta! Kate infilò la chiave magnetica nella porta e aspettò che la luce verde si accendesse prima di dare una spinta al pannello di legno massiccio. Lasciò la borsa all’ingresso, la scavalcò e attraversò il pavimento ricoperto di moquette fino alla finestra.

Il fatto che la suite che Max aveva prenotato per loro fosse stupenda non le dette alcuna soddisfazione. La vista sul deserto era spettacolare, le cime annerite delle montagne in lontananza contrastavano con le piscine scintillanti in basso. Il cuore della zona giorno era una vasca idromassaggio completamente equipaggiata, quasi una presa in giro date le circostanze. Le vasche d’acqua calda erano fatte per gli appuntamenti intimi. Kate non l’avrebbe certo usata da sola.

Né avrebbe usato la bottiglia di vino personalizzata che si trovava in un piccolo cestino di benvenuto vicino al televisore. Kate andò a leggere l’etichetta e riconobbe il nome di un vigneto della Napa Valley. La miscela di uve, così come l’etichetta, era stata creata apposta per Whitney e Arthur. Kate lesse la sdolcinata citazione sull’amore che avvolgeva la bottiglia e la posò con una smorfia di disgusto. Quando è troppo, è troppo. Non riusciva nemmeno a sfuggire alle sdolcinatezze sulle bottiglie di alcolici.

Si affacciò al balcone e guardò quel paesaggio così bello, gli spigoli muti e taglienti dei cactus e delle palme, e lo trovò perfetto. Stranamente commovente, incantevole e solitario, minaccioso e vulnerabile.

Inseriti nel paesaggio c’erano tocchi grandiosi, bellissimi, audaci. Sentieri curati si snodavano tra piscine di zaffiro e piccole capanne tropicali che offrivano ogni sorta di ristoro (a pagamento). Tutto brillava sotto la luce eterea del crepuscolo, mentre il personale dell’hotel si affaccendava laggiù in basso, piccoli come formiche, in impeccabili divise bianche, con i sorrisi incollati sulle facce mentre sciamavano tra i clienti. Consegnavano asciugamani, bevande, spazzolini da denti… qualunque cosa desse ai loro ospiti (molto) paganti un senso di falsa sicurezza.

Sicurezza: sì, certo, pensò Kate. Aveva creduto che il suo rapporto con Max fosse sicuro, ma quanto si sbagliava. Guardò un piccolo esercito di operai che lavorava sulla spiaggia per allestire il matrimonio. C’era un arco che qualcuno stava decorando a mano con dei fiori, boccioli che sarebbero sicuramente appassiti prima della cerimonia vera e propria. Un giro di prova, forse?

C’era poi la grande piattaforma aperta, realizzata in legno opaco e nodoso, che sarebbe stata trasformata nella sala da ballo di Cenerentola. Tessuti bianchi e ariosi erano già appesi alle travi, mentre piccole luci danzavano sotto le stelle. Il matrimonio sarebbe stato fra due giorni, ma come la maggior parte degli invitati, Kate era arrivata in anticipo per via delle date di soggiorno consigliate sugli inviti.

Secondo il programma esposto nella lobby, gli ospiti si sarebbero tenuti occupati con le cene di prova, le cene dello sposo, i trattamenti di bellezza per le signore e le degustazioni di whisky per gli uomini. Dopo il matrimonio, ci sarebbero state cerimonie di apertura dei regali (al plurale), sedute di massaggio per le donne, e festini a base di sigari per gli uomini. Kate non aveva un calendario sociale così completo dai tempi del college.

Quando si rimise a guardare il paesaggio, la natura, gli alberi che si muovevano nella calda brezza serale e la sabbia smossa dal vento, provò un senso di calma, subito seguito dal brivido della tristezza.

Kate si strinse le braccia attorno al corpo, mentre la tristezza sfumava nella rabbia. Rabbia perché Max aveva sprecato due anni preziosi della sua vita. Due anni preziosi che non avrebbe mai riavuto indietro, due anni preziosi che avrebbe potuto dedicare a costruire qualcosa (un futuro, una famiglia, una casa) con l’uomo giusto. Kate non aveva ricavato nulla dalla sua relazione con Max. Non aveva nemmeno un cassetto a casa sua, perché «non si sa mai».

Ovviamente, il «non si sa mai» era arrivato, e Kate si rese conto che non avevano nemmeno una bolletta condivisa. Una volta tornati a New York non ci sarebbe stato niente da discutere. Due giorni prima aveva cercato di procreare con quest’uomo. Oggi era un perfetto estraneo.

Kate voleva piangere, ma sapeva di non poterlo fare. Sapeva che non l’avrebbe fatto.

Con un’improvvisa determinazione, lasciò la sua roba a terra e tornò verso l’ascensore. Scese nell’atrio principale e lo attraversò, notando le superfici di legno lucido e scuro e i dettagli del bar, degli sgabelli, delle sedie e dei divani. L’atmosfera generale da chalet di lusso, i decori alle pareti, le scaffalature, erano pensati appositamente per mettere gli ospiti in condizione di rilassarsi.

Eppure le spalle di Kate non erano mai state più rigide, la sua mente non era mai stata così confusa.

Si chinò sul bancone del bar e attirò l’attenzione della barista. «Un bicchiere di champagne» disse con leggerezza. «Ma no, chi se ne frega. Mi dia una bottiglia. La metta sul conto di Max Banks.»

«È anche lei qui per il matrimonio?» Una donna anziana ed elegante, seduta accanto al suo bel marito, le sorrise senza aspettare una risposta. «Siamo invitati dei DeBleu/Banks. Perché non beve qualcosa con noi?»

«Be’, visto che ho ordinato una bottiglia di champagne, mi servirà un po’ d’aiuto» rispose Kate. «Sono stata appena mollata, e il mio ex fidanzato pagherà il conto di questo fine settimana.»

«Oh, santo cielo.» Le spalle della donna si irrigidirono, e una smorfia piegò verso il basso le labbra tinte di rosa. «Ma sei così giovane… e splendida» disse, scivolando al tu.

«A quanto pare volevamo cose diverse» disse Kate.

«Be’, comunque è gentile a pagarti il conto» disse la donna con un sorriso cauto. «Mi chiamo Lulu Franc, e questo è mio marito, Pierce Banks. Mi piacciono le belle storie, se ti va di parlare.»

«Vi do la buonanotte, signore» disse Pierce, alzandosi e dando a Lulu un bacio sulla fronte. «Sono davvero esausto, tesoro, vado a letto. Ti aspetto sveglio, ma non avere fretta.»

«Oh, non se ne vada per colpa mia» disse Kate. «Sono solo una donna triste e con il cuore spezzato.»

«Rimani ancora un po’, Pierce» insisté Lulu. «Abbiamo passato così poco tempo insieme da quando siamo arrivati.»

«Non vorrei interferire.» Pierce sfoggiò un sorriso disarmante, appoggiò la mano sulla spalla della moglie. «Sarò di sopra a letto, ma tu resta quanto vuoi.»

Con un lampo di confusione sul viso, Lulu baciò il marito sulla guancia, poi si rivolse a Kate. Ritrovò rapidamente la sua compostezza e le sorrise. «Sembra che abbia qualche minuto.»

«Piacere, Lulu» disse Kate, poi fece un gesto alla barista. «Aggiunga un’altra bottiglia del vostro miglior champagne. Rimarrò qui per un po’.»

***

DETECTIVE RAMONE: Signorina Feeney, mi parli un po’ del suo lavoro al Serenity Spa & Resort.

ALLISON FEENEY: Dunque, io lavoro alla reception, e in quel momento ero di turno con la mia collega Ashley Pinkett, il giorno in cui la maggior parte degli invitati al matrimonio Banks/DeBleu ha fatto il check-in. Suppongo che si tratti di questo.

DETECTIVE RAMONE: I registri mostrano che è stata lei a registrare una donna di nome Kate Cross e il suo fidanzato, Maximillian Banks.

ALLISON FEENEY: Ex.

DETECTIVE RAMONE: Come, scusi?

ALLISON FEENEY: Ex fidanzato. Sa, è successo proprio davanti ai miei occhi. Ho anche offerto a quella povera ragazza una bottiglia di champagne, come un’idiota. Ma ero sotto choc, davvero! D’altra parte, la signora Cross non mi sembra affatto povera. E non è nemmeno una ragazza. È sicuramente una donna con un bel po’ di soldi, non so se mi spiego. Credo di aver visto la sua foto sul giornale.

DETECTIVE RAMONE: Cosa si sono detti? Hanno litigato?

ALLISON FEENEY: Oh, non so se dovrei ripeterlo. È molto personale.

DETECTIVE RAMONE: Be’, questa è un’indagine per omicidio. Per favore, mi dica tutto quello che ricorda.

ALLISON FEENEY: L’ha ucciso lei? Kate ha ucciso Max? Oh, Dio. Meno male che non gli ho chiesto di uscire! Ho pensato di vedere se voleva bere qualcosa, era carino, sa, ma… va be’. È morto?

DETECTIVE RAMONE: Per favore, mi parli del litigio.

ALLISON FEENEY: Sa, ero così sbalordita che non ho sentito proprio tutto. Posso dire con certezza che lui ha detto qualcosa sul fatto che lei aveva qualcosa che non andava. Poi ha detto che avrebbe voluto aspettare fino a dopo il matrimonio per rompere con lei, per il bene della famiglia e degli amici, ma poi lei ha rifiutato un massaggio anche per lui e lui è esploso. Ha preso una seconda stanza, e allora io le ho offerto lo champagne. Stupido, lo so.

DETECTIVE RAMONE: Secondo lei, quanto era arrabbiata Kate Cross?

ALLISON FEENEY: Da uno a cento? Un milione. Era proprio sconvolta, ma chi non lo sarebbe? Il suo ex le ha detto le cose peggiori che si possano dire a una donna. Credo che stessero provando ad avere un bambino o qualcosa del genere, e forse non ha funzionato.

DETECTIVE RAMONE: Grazie per il suo tempo, signorina Feeney.

ALLISON FEENEY: Oh, non c’è problema. E devo avvertirla, la mia amica Ashley spera che sia lei a interrogarla. È super single e si dà il caso che ami gli uomini in divisa. Le interesserebbe bere qualcosa con lei quando tutto questo sarà finito?