23
Ginger teneva d’occhio Elsie e Kate da lontano, mentre sua figlia e la sua vecchia amica camminavano e parlavano. Uno slancio di orgoglio l’aveva colpita quando aveva visto Elsie riconsegnare dolcemente Lydia a Sydney.
«Mamma, fai attenzione!» Un pallone da football sfrecciò verso di lei. «Abbassati!»
Ginger era troppo occupata a guardare la luce sul viso di Elsie per reagire in tempo, così prese un colpo in testa. «Ahi, Tom! Non lanciare se non ti sto guardando.»
«Be’, però dovresti guardare me, no?» disse Tom. «La partita è quaggiù.»
«Tom, chiedi scusa a tua madre» disse Frank. «Le hai scompigliato i suoi bei capelli.»
«Mamma, posso avere un gelato? Mi accompagni?» Poppy le tirò la camicetta. «Quello che gira. È gratis, sai. Non puoi non comprarmelo.»
Ginger si costrinse a non alzare gli occhi al cielo. All’età di Poppy, Elsie era stata una bambina dolce, del tutto innocente, priva di conflitti e felice. Poppy era già una piccola manipolatrice che aveva imparato qualche mossa dalla sorella maggiore e dal fratello. Una volta arrivata anche lei all’adolescenza, sarebbe stata la sua morte.
«Gioca un po’ con tuo fratello» disse Ginger mentre guardava Elsie dall’altra parte della spiaggia. Aveva percepito un cambiamento nella conversazione tra lei e Kate. «Devo fare una cosa. Non allontanarti da tuo padre, e quando torno possiamo prendere un gelato.»
Poppy batté il piede, soprattutto per dimostrare che non era felice. Ginger fece segno a Frank che stava andando da Elsie. Lui la vide, annuì e le rivolse un pollice in su, come se questo potesse aiutarla ad armarsi per la battaglia. Ginger avrebbe avuto bisogno di molto più di un pollice in su per superare questa guerra.
Attraversando il sentiero, Ginger alzò un braccio e si asciugò il sudore dalla fronte. Tanti saluti al massaggio rilassante! D’altra parte, non era stato poi così rilassante in primo luogo. La massaggiatrice aveva dato un’occhiata alla sua schiena, le aveva appoggiato le mani sulle spalle e si era lasciata sfuggire un’esclamazione di sgomento.
«Tesa, eh?» aveva chiesto.
«Già» aveva detto Ginger.
«Non è una buona cosa essere sempre così tesi.»
«Grazie tante» disse Ginger. «Mi serviva proprio sentirmelo dire.»
La donna poi aveva deciso di sfogare tutta la sua frustrazione sulla schiena di Ginger, lasciandola talmente dolorante da dover chiedere un’aspirina a Kate, che ne era sempre ben fornita.
Ginger si avvicinò a sua figlia e a Kate, con un senso di trepidazione. Qualcosa era andato molto, molto male. Cosa aveva detto Kate a Elsie? Come aveva potuto permetterlo?
«Ehi, voi due» disse Ginger con cautela, mettendosi di proposito davanti a sua figlia. «Come va? Sembra che quella bambina ti adori. Sei stata bravissima con Lydia, e sono sicura che Sydney ti è molto grata per tutte le attenzioni che le hai dato.»
«Meno male che qualcuno mi ama» ribatté Elsie. «Perché a te non sono nemmeno simpatica!»
Kate era rimasta, fingendo di ordinare un drink da un vicino carretto delle bevande, ma ovviamente stava guardando lo spettacolo da dietro gli enormi occhiali scuri. Ginger la ignorò, stringendo i denti contro il risentimento della figlia. Se Kate avesse avuto dei figli, probabilmente non avrebbero finito per odiarla. Sarebbero usciti insieme a fare spese, avrebbero condiviso sessioni da estetisti e parrucchieri e, in ogni caso, se lei avesse avuto bisogno di una pausa, avrebbe potuto assumere una tata e farsi una settimana di massaggi.
«Non parlarmi così. Sono tua madre, Elsie. Certo che ti voglio bene, non devi mai dubitarne.»
«Allora perché agisci alle mie spalle?» Elsie sollevò il telefono, che mostrava uno screenshot inviato da Phoebe Brimhall. «Hai mandato un messaggio a Phoebe dal mio telefono? Su Facebook?»
Ginger si sentì arrossire. «Non avrei dovuto farlo. Mi dispiace. Però Elsie, è ovvio che mi nascondi qualcosa. Sono tua madre.»
«Non è questo il punto. Hai ficcato il naso nel mio telefono!»
«Ehi, il tuo telefono è proprietà pubblica per me» disse Ginger con un ringhio basso. «Io sono tua madre. Tuo padre e io paghiamo tutti i tuoi conti. Quando l’abbiamo comprato, eravamo d’accordo che tutto quello che c’era sopra sarebbe stato soggetto al nostro controllo senza preavviso. Non ho oltrepassato alcun limite.»
«È chiaro che non ti fidi di me!» gridò Elsie. «Non mi ascolti nemmeno!»
«Ti ascolto eccome» disse Ginger, sentendo salire la pressione sanguigna. «Ma è sicuramente difficile ascoltare quando ti faccio una domanda e tu mi rispondi a monosillabi. Da te non riesco mai a sapere niente.»
«Ecco, di parole ora ne sto usando più di dieci! Che te ne pare?»
«Non fare la sciocca, Elsie. Sto cercando di fare una conversazione seria con te. Non è uno scherzo.»
«No, certo che no. Non sia mai che ci facciamo due risate insieme, Dio ce ne scampi e liberi.»
«Cosa ti è preso?» Ginger tremava per le emozioni represse. Frustrazione, disperazione, tristezza. «Una volta eri la mia bambina, stavamo sempre insieme. Parlavamo e giocavamo tutto il giorno, andavamo a passeggiare al parco e ora non riesco nemmeno a farmi guardare. Dove ho sbagliato?»
«Non mi stai ancora ascoltando» disse Elsie. «Avrei spiegato la situazione se me l’avessi chiesto, se avessi voluto ascoltarmi davvero.»
Ginger sussultò. «Spiegato cosa?»
«È troppo tardi.» Elsie agitò il telefono con il messaggio perplesso di Phoebe. «Ormai il danno è fatto.»
Ginger lanciò un’occhiataccia al telefono. «Ho visto il tuo telefono ieri sera mentre dormivi. Non ci parli nemmeno, con Phoebe Brimhall. Non è all’ultimo anno? L’ho letto solo per vedere cosa aveva detto. Chiedeva se avevi già usato i preservativi! Cosa avrei dovuto pensare? Non tollero che altre ragazze facciano pressione su mia figlia per fare sesso.»
«Non mi stava facendo nessuna pressione! Non sai nemmeno la metà della storia. E sicuramente non dovevi rispondere con “Qui è la madre di Elsie”!» La ragazza fece una smorfia. «Non sopporto nemmeno di guardare il resto del tuo messaggio. Già questo è abbastanza imbarazzante. Ora tutte le ragazze della squadra delle cheerleader sapranno che controlli il mio telefono. No, aspetta, lo saprà tutta la scuola. Nessuno mi manderà più messaggi.»
Ginger si sentì torcere lo stomaco per la vergogna. «Forse non avrei dovuto farlo. Ma non credo che si dovrebbe uscire con ragazze che parlano di preservativi come se fossero, non so, gomme da masticare.»
«Non sai nemmeno di che si trattava! Phoebe stava cercando di aiutarmi. Non mi stava facendo nessuna pressione.»
«Dico solo che non hai un ragazzo serio e innamorato con cui usarli» continuò Ginger. «Se ce l’avessi, potrei pensarla diversamente e potremmo parlare anche di questo. Non sai che con me puoi parlare di tutto?»
«Non mi stai ascoltando, cazzo!» gridò di nuovo Elsie. «Lasciami in pace. Vado in camera a leggere. Posso avere la chiave della stanza? Non ce la faccio più a stare vicino a te.»
«Elsie!»
«Posso avere la chiave della stanza?» Elsie spinse il mento in avanti e allungò la mano. «Se mi costringi a restare qui farò il muso e rovinerò la giornata a tutti. Voglio solo leggere e stare lontano da te.»
Con la coda dell’occhio, Ginger vide Kate avvicinarsi, ma non le badò. «No. Questa è una vacanza di famiglia, e…»
«E se lasciassi a Elsie la chiave della mia stanza per un’ora o due?» Si intromise Kate, prendendo il controllo come sempre. «Ho una stanza al nono piano con una vista favolosa. Puoi leggere sul balcone in tutta tranquillità, Elsie. Puoi anche ordinare il servizio in camera. Il conto lo paga il mio ex.»
«Grazie, mi piacerebbe» disse piano Elsie. «Grazie, Kate.»
Ginger si sentì abbattuta nel vedere quella donna, un’estranea per Elsie, che conquistava la fiducia di sua figlia, che invece non sopportava nemmeno di parlare con sua madre. «Elsie, non puoi scappare da questa cosa. Non puoi farla sparire così.»
«Non credo che stia scappando» interruppe Kate, facendo salire ancora di più la pressione sanguigna di Ginger. «Ha bisogno di un po’ di tempo per calmarsi. Che ne dici, Elsie? Calmati, poi fai due chiacchiere con tua madre prima della cena di prova di stasera. Offerta finale.»
«Bene» ringhiò Elsie.
«Bene» disse Ginger, sapendo che se le avesse detto di no, avrebbe avuto difficoltà a parlare con sua figlia per tutto il resto del soggiorno. «Qual è il numero della camera? Ti accompagno.»
«La accompagno io,» disse Kate «visto che devo comunque fare la doccia. Elsie, devi prendere qualcosa? Ginger, starò con lei tutto il pomeriggio. Vieni alla 913 quando sei pronta per una chiacchierata. Non la perderò di vista, lo giuro.»
Elsie annuì. «La borsa ce l’ha mio padre. Dentro c’è il mio libro.»
«Vai a prendere le tue cose e incontriamoci qui.» Kate dirigeva il traffico, come se fosse stato il suo lavoro. «Voglio parlare con tua madre.»
Elsie si allontanò per prendere il piccolo zaino Nike che probabilmente conteneva un libro e la sua bottiglia di Diet Coke.
«Cosa diavolo pensi di fare?» Ginger piombò su Kate non appena Elsie fu fuori portata d’orecchio. «Come osi metterti tra me e mia figlia quando cerchiamo di parlare di una cosa difficile? Non è che tu abbia esperienza in materia di figli.»
Kate sgranò gli occhi. Quel commento l’aveva punta sul vivo.
Ginger si passò la mano sulla fronte, in preda a una moltitudine di sensi di colpa. «Oh, Kate, scusami. Non volevo dire questo. Io…»
«Lasciamo stare» disse Kate in tono brusco, sprezzante, come se non avesse tempo per le scuse. «Probabilmente ho sbagliato io a interferire, ma ho pensato che dovessi sapere una cosa. Se solo ascoltassi per un secondo.»
Le gambe e le braccia di Ginger tremavano, come se lei si fosse abbuffata di caffè espresso per tutta la mattina e si stesse avvicinando allo schianto. «Devi permettermi di scusarmi» disse. «Mi dispiace tanto. Sono gelosa. Hai parlato con lei per più tempo di quanto abbia fatto io nell’ultimo anno. Almeno, è questa la mia impressione.»
«Non ho bisogno di scuse» disse Kate, in tono ancora gelido. «Non ho figli, è vero. Ma qui più che di lei si tratta di te.»
«Di me?»
«Proprio così» disse Kate, guardandola negli occhi. «Non la stai ascoltando.»
«Ma…»
«L’hai appena fatto di nuovo. Se vuoi la mia sincera opinione, stai zitta, Ginger.» Gli occhi di Kate brillavano di frustrazione. «Elsie è una brava ragazza, e mi ha detto alcune cose che penso dovresti sentire. Quindi, ti suggerirei di darle un po’ di tempo per calmarsi, e poi chiederle di spiegarti la situazione… e darle il tempo di parlare. Potresti rimanere sorpresa. Porterò Elsie in camera mia e sarò lì con lei: ho bisogno di una doccia e di un pisolino. Ecco una chiave in più per entrare quando sei pronta.»
Ginger rimase immobile, vacillando per lo choc, mentre Kate andava incontro a Elsie con un sorriso. Ginger guardò Kate che cominciava a parlare, probabilmente dando ordini, ed Elsie che per qualche miracolo la ascoltava. Quando girarono l’angolo, Ginger intravide sua figlia sorridere.
In quel momento si sentì improvvisamente sospinta indietro nel tempo, agli anni del college. Elsie stava maturando in fretta, proprio davanti ai suoi occhi. Un po’ della sua dinoccolata goffaggine era svanita, e l’aveva lasciata elegantemente alta e magra, soprattutto quando alzava il mento e raddrizzava le spalle come ora accanto a Kate.
Ginger ripensò a se stessa e a Kate vent’anni prima, quando lei faceva probabilmente la stessa cosa: raddrizzava le spalle, agitava i capelli, fingeva di essere molto più sofisticata quando stava con Kate.
Le venne in mente una particolare mattina poco dopo la sua rottura con Frank. Kate si era precipitata in camera di Ginger e aveva tirato via le lenzuola dal letto superiore, ordinandole di prepararsi per il brunch. Non importava che fosse mercoledì, o che mancasse una settimana agli esami, o che Kate saltasse il tirocinio pur di tirare su di morale Ginger.
Non importava nemmeno che Ginger si fosse ficcata in gola un’intera scatola di Oreo la sera prima e che avesse un brufolo da stress grande come un palazzo sulla fronte. L’unica cosa che contava era che Kate aveva tirato fuori Ginger dal baratro, e se il brunch in pigiama non aveva risolto tutti i suoi problemi, c’era comunque qualcosa di catartico nell’avere una donna come Kate nella propria vita. Kate sapeva sempre il fatto suo, e non c’era alcuna possibilità di ignorarla una volta che aveva preso una decisione.
Questo era il potere di Kate Cross. E ora, a quanto pareva, sua figlia aveva imparato la stessa lezione.
Ginger sentì un’altra fitta di gelosia, rovente e tossica. Come aveva fatto Kate a far parlare Elsie quando Ginger ci aveva provato per mesi con zero successo? E cosa intendeva Kate quando aveva detto a Ginger di ascoltare? Certo che la ascoltava! Cercava di farle domande…
Ginger si fermò.
Kate ha ragione? Ora che ci pensava, Ginger non riusciva a ricordare se aveva effettivamente chiesto a Elsie dei preservativi, o se era saltata alle conclusioni in un luogo pubblico. Conclusioni che si basavano sul comportamento passato di Ginger invece che su Elsie per come la conosceva. Per quanto fossero simili, Elsie non era Ginger.
Sapeva che sua figlia aveva rifiutato l’invito di un ragazzo di nome Brendan per un ballo invernale (leggere il diario per motivi di sicurezza non voleva dire ficcare il naso, vero?). Brendan era un tipo simpatico, popolare anche lui, e francamente lei avrebbe capito se Elsie avesse voluto passare un po’ di tempo da sola con lui, per esplorare i messaggi confusi che gli ormoni sparavano in tutte le direzioni nel suo corpo.
Invece, i diari di Elsie non contenevano altro che pagine di riflessioni su libri, di abbozzi di poesie e di testi di canzoni (oh, l’angoscia adolescenziale), e alcune lamentele generali su suo fratello, sua sorella e i suoi genitori.
Come aveva potuto essere così stupida? Cosa le era sfuggito che Kate invece aveva capito? Ginger fece un passo nella direzione in cui si erano allontanate, pensando che forse avrebbe dovuto a Elsie delle scuse, ma esitò.
Forse Kate aveva ragione. Forse sua figlia aveva bisogno di un po’ di tempo per calmarsi, soprattutto se era un po’ come lei dopo un litigio.
Mancavano solo poche ore alla cena di prova ed Elsie aveva promesso di parlarle prima, in cambio di un po’ di spazio. Nel frattempo, Ginger aveva un figlio che voleva lanciarle un pallone in testa e una figlia che aveva bisogno di gelato proprio in quel momento.
E così fu con una combinazione di tristezza e speranza che Ginger si avvicinò alla sua famiglia non del tutto al completo. Quando era cresciuta Elsie? Quando era diventata una persona a sé stante, una quasi adulta molto più responsabile di quanto lo fosse stata lei a quell’età? Con un sospiro, guardò il marito e finalmente restituì il pollice alzato.
«Tutto a posto? Fantastico! Elsie va in giro con le tue vecchie amiche del college?» disse Frank. «Mi pare una cosa carina. Prendi, mamma!»
Ginger si abbassò, schivò la palla e fu placcata dal figlio. Poi Poppy si avvicinò e si sedette sul suo petto.
«Mamma, possiamo andare a prendere il gelato adesso?» chiese. «I miei livelli di zucchero sono bassi.»
«Andiamo, tesoro» disse Ginger. «Andiamo. Lungo la strada, puoi dirmi quali altre cose vuoi fare in questa vacanza.»
«Davvero?» Poppy la guardò scettica. «Posso scegliere io?»
«Si può scegliere entro i limiti della ragione» si corresse Ginger. «E prometto che ti ascolterò.»
***
DETECTIVE RAMONE: Grazie per essere venuta, signorina Jones. Può dichiarare il suo nome e il suo posto di lavoro per il verbale?
JENNY JONES: Mi chiamo Jenny Jones. Lavoro nel settore dell’ospitalità. Faccio un po’ di tutto. Alcune sere lavoro alla reception e altre volte rifornisco i minibar. Chiamo i taxi e gli Uber e il 911 per i nostri ospiti. Nessun compito è troppo grande o troppo piccolo per il Serenity Spa & Resort.
DETECTIVE RAMONE: Grazie. È riuscita a parlare con le cameriere delle stanze che avevo indicato su quella lista qualche ora fa?
JENNY JONES: Certamente. Come richiesto, ho contattato tutti i dipendenti che sono entrati nelle stanze elencate e ho chiesto se avevano trovato qualcosa di insolito.
DETECTIVE RAMONE: Cominciamo con Kate Cross. C’era qualcosa di insolito nella sua stanza?
JENNY JONES: Niente, signore. Quella donna è ordinatissima.
DETECTIVE RAMONE: E la stanza di Pierce Banks e Lulu Franc?
JENNY JONES: Non c’è molto neanche lì, signore. È molto ordinata e sembra che ci siano stati a malapena. C’erano in giro diversi libri, la maggior parte dei quali sul tema della guerra, ma questo è tutto.
DETECTIVE RAMONE: Ed Emily Brown?
JENNY JONES: Sembra che non sia rimasta molto nella sua stanza, signore. È stata nella camera di un amico, che ho fatto controllare. Non hanno trovato nulla di particolarmente insolito. C’erano alcuni… oggetti personali, come ha notato il servizio di pulizia in quella stanza.
DETECTIVE RAMONE: Per esempio?
JENNY JONES: Involucri di preservativi. Alcuni, sparsi in giro. Sembra che sia stato in intimità con qualcuno ieri sera.
DETECTIVE RAMONE: E la stanza di Ginger Adler?
JENNY JONES: Lì c’era una cosa.
DETECTIVE RAMONE: Sì?
JENNY JONES: C’era l’involucro di un preservativo nella spazzatura.