13
«Eccoci qui.» Sydney si fermò davanti a un piccolo supermercato che fungeva anche da negozio di souvenir e sorrise a Kate. «Va bene questo posto?»
«Andrà benissimo.» Kate individuò un frigorifero sul retro che probabilmente ospitava bottiglie d’acqua, bibite gassate e altri snack troppo costosi. «Hai bisogno di qualcosa già che ci siamo?»
«No, sono a posto.»
Tuttavia, quando Sydney non accennò a tornare all’interno del resort, Kate la guardò meglio, vide i fianchi ossuti che sporgevano da un paio di jeans che le stavano male, e si fermò per un secondo a pensare a quella bizzarra nuova amicizia. Era strano come Sydney fosse entrata in un gruppo di donne molto più anziane solo perché aveva una figlia. Senza Lydia al fianco, Sydney sarebbe stata solo un’altra ventenne che si godeva i lussi di una giovinezza spensierata.
Kate non invidiava l’età di Sydney; amava il suo stile di vita agiato e il rispetto che aveva ottenuto grazie a una carriera di grande successo. Ma un accenno di gelosia era ancora lì, nascosto dietro il fondotinta e le creme anti invecchiamento troppo costose, perché questa giovane donna aveva un figlio, una cosa che nemmeno tutti i soldi del mondo avrebbero potuto comprare.
«Oh, ti aspetto» disse Sydney, interpretando lo sguardo di Kate. «Non ho nessuna fretta particolare, e non è che abbia avuto una tonnellata di interazioni con altri adulti di recente. Non posso permettermi di fare molto senza uno stipendio, quindi…» Scrollò le spalle. «Che cosa ci vuoi fare?»
Sydney disse l’ultima frase con un tono cospiratorio alla Tony Soprano che fece ridere Kate. Fu una bella sensazione. Kate non se n’era mai resa conto prima, ma la sua relazione con Max aveva cominciato a trasformarsi nell’ultimo anno e mezzo, da quando aveva realizzato che la strada per concepire sarebbe stata in salita. C’erano state meno risate, meno stupidaggini, meno frivolezze. Kate non era una persona frivola per natura, ma apprezzava una battuta spiritosa qua e là.
A pensarci bene, negli ultimi mesi non c’era stato granché da ridere tra lei e Max: c’erano stati scambi di orari (settimanali e domenicali), educate cortesie quando erano di buon umore e battute taglienti quando non lo erano, e i temuti aggiornamenti sull’ovulazione. Erano diventati soci nel sesso. Molto poco romantico.
«Kate?» disse Sydney. «Ti senti bene?»
«Sì, scusa. Posso almeno aiutarti con qualcosa?»
«Oh, non ti preoccupare…»
«Dammi questa» disse Kate, facendo un cenno verso la borsa del cambio. Anche se era un po’ ubriaca, sapeva come prendere in mano la situazione. «Sei già carica, non essere sciocca.»
«Penserai che sono un disastro.» Sydney scosse la testa dopo averle passato la borsa (che, come osservò Kate, era una cosa orrenda presa in qualche negozio di seconda mano). «Non posso permettermi nulla, tengo la bambina in giro fino a notte fonda, mi faccio aiutare dagli estranei in tutto.»
«Ma cosa dici» disse Kate, allontanando i pensieri colpevoli e fugaci che le erano passati per la testa (io sì che potrei permettermi tutto: tutti gli agi, e solo il meglio. E sarei capace di gestire ogni cosa nel migliore dei modi…). «Penso che tu sia una madre meravigliosa. È chiaro che ami tua figlia più di quanto io potrei mai capire.»
«La adoro. Sai, saresti una madre fantastica» disse Sydney quasi con aria sognante. «Potresti vestire il tuo bambino con cose bellissime e non dovresti tenerti su i capelli con lo sputo, e probabilmente torneresti in palestra in un batter d’occhio.» Rise, rauca. «Tutto il contrario di me. Scusa.»
«Perché ti stai scusando?» Kate si mise la borsa sulla spalla. Spesso si chiedeva perché le madri, in generale, tendessero a scusarsi per le cose al di fuori del loro controllo. «Non hai fatto niente di male.»
«Lo so, è…» Sydney tirò un enorme sospiro. «Sento che non sto facendo le cose giuste per Lydia. Non sono organizzata, non sono particolarmente preparata. Mi sembra di non meritarla. Non ho un buon lavoro, e nemmeno un marito. Ehm…» Arrossì. «Non che una donna abbia bisogno di un marito per essere completa.»
Kate ignorò il commento e finse di interessarsi al kitsch che imperava nel negozio. Era illuminato con lucine quasi natalizie, candele tossiche e felpe chiassose rosa shocking e giallo violento, con un sottofondo di musica rilassante diffusa dagli altoparlanti. Kate si sentiva soffocare da quella paccottiglia da quattro soldi venduta a caro prezzo.
«Oh, che carina.» Sydney prese una tutina rosa brillante con le parole SERENITY SPA & RESORT stampate sul davanti. «Un souvenir.»
«Prendilo» disse Kate. «A Lydia starà benissimo.»
«No, non posso.» Sydney fece una smorfia di frustrazione rimettendo a posto il pigiamino, quasi con rabbia. «Lasciamo perdere. Hai detto che volevi l’acqua di cocco?»
«Ora che ci penso, mi servirebbe anche dell’aspirina. La mia trousse è nella borsa di Max, e sicuramente non la userò. Dai, dammi quella tutina.»
«Ma…»
«Per favore, va tutto sulla carta di credito di Max. In questo viaggio comprerà molto più che delle tutine da neonato. Non è un grosso problema.»
«Per me lo è» insisté Sydney. «Non ne ho bisogno, e nemmeno Lydia ne ha bisogno. E mi dispiace, ma non posso accettare favori da te, soprattutto perché ci siamo appena conosciute.»
Una fitta di fastidio fece sì che Kate guardasse Sydney con più attenzione mentre si allontanava, dopo aver rimesso a posto la tutina. Non capitava spesso che la gente si opponesse a Kate, e ancora meno spesso che lei si arrendesse. Ma stavolta le cose stavano andando proprio così.
«Non volevo insinuare che ti stavo facendo un favore» disse. «È un regalino. Non è niente, davvero… Cosa sono un paio di dollari in più sul conto di Max?»
Sydney fece un sorriso pallido. «Non credo che tu capisca, Kate. Per me, è molto importante. E non mi piace avere debiti. Non posso ripagarti… fine della storia.»
Kate si avvicinò al frigorifero in fondo al negozio. Era raro che non insistesse quando sapeva di avere ragione, ma a essere sinceri non sapeva cosa dire. Scelse diverse acque minerali e bibite al cocco e le mise in un cestino, notando la piccola smorfia di Sydney davanti ai prezzi.
«Scusami, non volevo essere scortese» disse Sydney. «Le cose non vanno così male, non sempre. Ma per il momento ho davvero pochi soldi sul mio conto. È stato un po’ complicato, tra la separazione e la mancanza di lavoro. Devo calcolare tutto, e intendo tutto. E souvenir come questo non rientrano nel budget.»
Kate sentì una scomoda bolla che si formava nel suo petto. Nel corso degli anni, aveva fatto donazioni a ogni causa benefica, perché è detraibile dalle tasse! e oh, questo sì che ci fa fare bella figura! quando c’erano persone reali che avevano davvero bisogno di aiuto e non lo ricevevano. Kate aveva sempre dato per scontato che ci fossero programmi per assistere persone come Sydney, che avevano bisogno di un aiuto finanziario. Soprattutto le giovani madri.
Kate era davvero così ingenua da pensare di aver fatto un mondo di bene buttando i suoi soldi per una causa dopo l’altra, quando c’erano così tante persone che lottavano ogni giorno per sbarcare il lunario?
«Davvero, ignorami» sospirò Sydney. Si strinse la camicia di flanella intorno alle spalle. «Non volevo metterti in imbarazzo. So che stavi solo cercando di darmi una mano. Spero che tu capisca la mia situazione.»
«Certo» disse Kate. «E spero che anche tu capisca la mia. Non è un grosso problema per Max, e ho pensato che sarebbe stato bello per Lydia avere un ricordo del resort.»
Sydney esitò, sospirò. Poi guardò Kate. «Se ti fa piacere, e sei sicura di non sentirti obbligata, credo che Lydia gradirebbe un regalo.»
«Sono contenta.» Kate sorrise. «Allora pago, così possiamo tornare dentro. Si sta facendo tardi.»
Sydney la guardò con gratitudine mentre andava alla cassa.
«Tutto questo, per favore» disse Kate al negoziante, indicando l’aspirina, le bottiglie e il pigiamino. Porse all’uomo la sua carta di credito. Preferiva comprare il regalo di persona, e non rovinarlo facendolo pagare a Max. «Vorrei pagare con la carta.»
«Nessun problema» disse il cassiere, strisciando la carta e consegnando due borse a Kate. Erano entrambe di colore verde vomito con cactus stampati sul davanti, e odoravano vagamente di plastica. «Vi auguro una buona serata!»
Kate prese i sacchetti e raggiunse Sydney fuori. Era una bella notte, più serena e tranquilla della giornata che l’aveva preceduta con il suo trambusto.
Il resort era stato costruito sulle dolci colline desertiche, con vialetti pedonali di cemento che delimitavano esattamente la giusta quantità di natura. Nessun sentiero si allontanava troppo dal resort e ogni centimetro era accuratamente illuminato: un accenno di romanticismo, una penombra rilassante che si mimetizzava facilmente nella notte. Qualche animaletto notturno correva lungo i sentieri, eppure il personale del resort non smetteva di affaccendarsi in giro, sotto l’incessante pressione dei desideri, dei bisogni e dei capricci degli ospiti.
Le due donne chiacchierarono piacevolmente mentre rientravano, oltrepassando il bar dell’atrio quasi deserto, fino agli ascensori del primo piano. Sydney esitò davanti a diversi vasi decorativi sormontati da piante grasse, guardando la borsa sul braccio di Kate.
«Sono da questa parte» disse, accennando con la testa in fondo al corridoio. «Ora ci penso io, grazie. Ti dispiacerebbe mettermi la borsa sul braccio, così non sveglio Lydia?»
«Non ti preoccupare, te la lascio alla porta» disse Kate. «Nessuno mi aspetta a letto stasera.»
«Grazie, se non è un disturbo… ecco…» Sydney si fermò fuori da una stanza, appoggiò Lydia al fianco e inserì la tessera magnetica. «Oh, merda. Ho dimenticato di ordinare dei cuscini in più… è tutta la sera che ci penso.»
«Posso fermarmi io alla reception. Oppure puoi chiamarli.»
«No, no. Li prenderò domani. Non mi va di disturbare. A proposito, grazie mille per il tuo aiuto. Hai fatto fin troppo.»
Kate aspettò fuori nel corridoio fino a quando Sydney non la invitò a entrare. Posò con cautela la borsa dei pannolini vicino all’ingresso e osservò la stanza, un po’ spoglia. «Non è un problema. Ecco la tutina del negozio di souvenir, e ho preso un’acqua in più anche per te. Non sopporto l’acqua del rubinetto.»
Le guance rosa di Sydney mostravano il conflitto fra il desiderio di accettare il regalo e l’orgoglio. «A me non dispiace.»
Kate aspettò pazientemente, con il sacchetto in mano.
«Be’, grazie» disse infine Sydney. «Apprezzo molto tutto quello che hai fatto per noi. E un grazie anche a Max per il contributo economico!»
Kate non si preoccupò di correggerla sul regalo; non era importante per nessuno chi lo avesse pagato, tranne che per Kate. Aspettò mentre Sydney tirava giù qualche cuscino per creare una morbida culla sul letto. Posò in mezzo la bimba addormentata e, una volta sistemata, si voltò verso Kate.
«Non so come ringraziarti, davvero.» Le vennero le lacrime agli occhi. «Ci siamo appena conosciute, e la tua gentilezza è… be’, molto apprezzata.»
Il livello di disagio di Kate salì alle stelle. Non le piacevano i “sentimenti” molto più che a Max, e non sapeva come affrontarli: i suoi, o quelli di chiunque altro. «Non è niente. Davvero, è solo egoismo, il mio. Affronto il dolore comprando, e non ho motivi per comprare vestiti per bambini, così Lydia mi ha dato la scusa di cui avevo bisogno. Se non c’è altro, me ne vado…»
Sydney si lanciò verso di lei, stringendola fra le braccia con una gioia quasi infantile. Kate rimase immobile, preoccupata, chiedendosi se fosse un comportamento normale per un regalo da trenta dollari.
«Sydney, per favore, non preoccuparti» disse Kate. «E scusami per prima, non volevo offenderti…»
«Non mi hai offeso.» Sydney inspirò e la strinse ancora più forte, per un lungo momento. «È passato così tanto tempo da quando qualcuno ha fatto qualcosa per me, o per Lydia, e significa molto. Non so dirti quanto.»
«Non è niente» ripeté Kate, staccandosi dalla giovane madre prima di emozionarsi anche lei. Sentiva qualcosa nel petto, una sorta di solletico quasi lacrimevole, che allontanò girando bruscamente sui tacchi. Andò dritta verso la porta prima di cedere.
«Senti, Kate» disse Sydney. «Spero… spero che non tornerai a New York domani. Penso che dovresti rimanere tutta la settimana. Non per Max o Whitney, ma per te. Per noi.»
Kate fece un mezzo sorriso. «Se rimango, prenderai in considerazione l’idea di unirti a noi per un massaggio domani? Sono sicura che il resort abbia un servizio professionale di babysitting. Che comunque pagherò interamente io. O Max.»
«Non posso…»
«Pensaci su.»
«Lo farò» acconsentì Sydney. «Buonanotte, Kate.»
«Buonanotte.» Ogni passo di Kate era un sospiro di sollievo che la portava via da quella bomba emotiva che era Sydney Banks.
Sydney sembrava suscitare una varietà di sentimenti ed emozioni nel gruppo di amiche, e nessuno pareva in grado di capirne il motivo. Aveva riunito due ex amiche in conflitto, anche se per una fragile tregua, con l’aiuto di Lulu, e aveva messo insieme un gruppo di donne che non avevano molto in comune, se non un appartamento di molti anni prima e ricordi di tempi migliori. Forse era la sua immediatezza, la gioia e la disperazione, la speranza e il dolore, tutto in una sola persona. Era troppo da sopportare per una sola anima.
Dov’è quel cretino di suo marito? Si chiese Kate per la milionesima volta. Perché non si prende cura della moglie e della figlia?
Kate non riuscì a trattenersi. I suoi piedi la portarono verso l’atrio del resort. A differenza della giovane madre, a Kate non dispiaceva disturbare. Aveva visto Sydney usare tutti i cuscini per formare una specie di culla per la bimba, privandosene lei. Se Sydney aveva bisogno di altri cuscini, li avrebbe avuti. Dopotutto, pagavano abbastanza in quel maledetto resort e avevano diritto a ogni comfort.
«Salve» disse Kate, appoggiata al lucidissimo banco della reception. Aspettò con impazienza che la giovane impiegata alzasse lo sguardo, ringraziò il cielo che non fosse la stessa donna che le aveva offerto lo champagne dopo che Max l’aveva scaricata proprio lì qualche ora prima. «Vorrei far portare qualche cuscino in più nella stanza di Sydney Banks.»
«Certamente.» L’impiegata della reception sorrise, le sue dita scattarono sui tasti. Poi si fermò, con un solco tra le sopracciglia. «Ehm, mi scusi, lei è Sydney Banks?»
«No, sono Kate Cross. Sono per la mia amica. Vengo adesso dalla sua stanza e mi ha chiesto di mandarle dei cuscini per la bambina.»
«Mi dispiace, ma non sembra che ci sia una Sydney Banks che soggiorna al Serenity Spa & Resort.»
«Si sbaglia» disse Kate. «Vengo ora dalla sua stanza. È nella 114.»
L’impiegata scosse la testa. «Mi dispiace, ma no. Non ci sono Sydney Banks che alloggiano nella stanza 114, né in qualsiasi altra parte del resort.»
«È una degli invitati al matrimonio Banks/DeBleu» disse Kate. «Una parente, intendo.»
«Ed è sicura che quello sia il suo nome completo?»
«Per l’amor del cielo, sì! C’è un manager con cui posso parlare?»
«Mi dispiace, si sta occupando di un altro problema.»
«Bene, d’accordo. Può far mandare dei cuscini alla stanza 114?»
«Mi dispiace, quella stanza è stata pagata in contanti.»
«E allora?»
«Abbiamo bisogno di una carta di credito per le spese accessorie.»
Kate alzò gli occhi al cielo e tirò fuori una cinquantina di dollari dal portafoglio, sbattendoli sul bancone. «Faccia in modo che la donna della 114 riceva dei cuscini, e controlli che il suo nome sia registrato correttamente, per favore. Tutto questo è ridicolo.»
«Sì, signora» disse l’impiegata. «Mi scuso per l’inconveniente.»
Kate non aspettò ulteriori conferme e andò nella sua stanza. Aveva bisogno di prendersi l’aspirina e di bersi un po’ d’acqua, e iniziare la sua routine serale, o si sarebbe svegliata con una pelle orribile e delle borse deprimenti sotto gli occhi.
Solo quando arrivò all’ascensore si fermò. Improvvisamente molti dei comportamenti strani di Sydney avevano una spiegazione. Le storie ambigue su suo marito e sulla causa della loro separazione. Un nome falso dato in un resort, che sicuramente avrebbe richiesto un documento falso. Una stanza pagata in contanti. La sua mancanza di soldi o di qualsiasi tipo di lavoro che l’avrebbe fatta restare in un posto troppo a lungo.
Se si chiamava davvero Sydney Banks ma si era fatta registrare con un nome falso doveva avere qualcosa da nascondere. La maggior parte delle persone non si preoccupava di coprire le proprie tracce, a meno che…
«Porca puttana» mormorò Kate, premendosi la mano curata sulla fronte. «È in fuga.»