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Il pianto di un bambino strappò Lulu alle sue riflessioni malinconiche. Si chiese chi avesse portato un bebè in un bar. Certo, era quello della lobby e il pianto proveniva dalla zona lounge. Ma questo è un resort a cinque stelle, pensò Lulu, mentre cercava dietro di sé la fonte del suono. Sicuramente c’era un asilo nido a cinque stelle (insonorizzato) da qualche parte lì intorno.
«Che tesoro» disse Lulu mentre la barista aggiungeva dello champagne al suo mimosa. La ragazza rivolse un sorriso affettuoso all’altro capo dell’atrio, ma la sua collega la chiamò prima di poter commentare.
Lulu si voltò sull’elegante e comodo sgabello da bar e perlustrò la sala con lo sguardo alla ricerca della fonte del rumore. Quando vide una giovane donna con un bambino stretto al petto, la osservò e aspettò di sentire una fitta di rimpianto. Lulu non aveva mai sentito il ticchettio dell’orologio biologico, come molte delle sue amiche all’avvicinarsi dei trent’anni e oltre. Semplicemente non le era mai capitato.
«Un bebè adorabile» mormorò Lulu a nessuno in particolare, mentre provava una frase dopo l’altra, in attesa di vedere se le parole portavano alla luce qualche sentimento latente da qualche parte nel profondo. Quando non successe nulla, ci riprovò. «Che dolce.»
«Mi scusi?» Una donna due posti più in là le lanciò uno sguardo strano. «Parla con me?»
Lulu si voltò. La donna aveva circa la metà dei suoi anni e la stava osservando attentamente. «Oh no, mi scusi. Sto borbottando tra me e me. Mi chiamo Lulu.»
«Emily.»
Per un attimo, Lulu si distrasse a guardare Emily. In generale non invidiava particolarmente la gioventù, ma quello che vedeva in Emily era addirittura un po’ deludente. Valutò che la donna dovesse avere poco meno di quarant’anni, e alla sua età Lulu era stata un fiore. Giovane e bella, desiderata e amata. Gli uomini pendevano dalle sue labbra e a Lulu piaceva la sensazione di avere il controllo.
Invece Emily non sembrava essere all’apice di niente. C’era ancora qualche traccia di bellezza sul suo viso, ma la sua bocca era atteggiata a un broncio pensieroso e non guardava volentieri negli occhi. I vestiti che indossava non le donavano affatto, e anche se i suoi accessori non erano esattamente economici, erano… banali. Tutto in lei sembrava un po’ scialbo, come se avesse perso la voglia di tenere accesa quella scintilla che brillava in tutte le donne. Un peccato, secondo Lulu.
«Mi scusi» disse Lulu in fretta. «Stavo borbottando tra me e me. Mio marito è dovuto correre su in camera.» Guardò lo sgabello lasciato da Pierce. «Ma se ne ha voglia, perché non mi fa compagnia per un drink fino al suo ritorno?»
«Volentieri» disse Emily. «Odio bere da sola.»
«Piacere, Lulu.» Le tese la mano. L’altra donna aveva una bella stretta, ma ancora non la guardava negli occhi. «Cosa prendi?»
«È un mimosa?» Emily guardò il bicchiere di Lulu. «Ho iniziato con lo champagne sull’aereo, quindi probabilmente dovrei continuare così. Non ho più diciott’anni, e dicono che mescolare gli alcolici faccia male.»
«Non so di cosa stai parlando» ribatté Lulu. «Ne ho appena compiuti ventuno.»
Emily la fissò a lungo, quel secondo cruciale in cui tra sconosciuti si cerca di capire se l’altro sta scherzando o se è un po’ fuori di testa. Alla fine sorrise, poi scoppiò in una risata decisa. «Mi piace il tuo stile, Lulu.»
La barista ricomparve con un sorriso. «Cosa posso portarvi, signore?»
«Io sono a posto, ma lei prende un mimosa» disse Lulu, dando una pacca sul sedile accanto a lei. «Vieni a sederti al posto di Pierce per ora, così non mi tocca urlare.»
«Risparmi sul succo d’arancia, per favore» borbottò Emily alla barista. «Grazie.»
Lulu sorrise. «Cosa ti porta qui, Emily?»
«In questa mostruosità?» Emily fece un gesto che comprendeva i tessuti bianchi e leggerissimi drappeggiati sulle travi del soffitto, i cartelli in ogni angolo decorati con le iniziali degli sposi delineate in cuori di perle. «Sono qui per il matrimonio. È una specie di invasione, non ti pare?»
Per Lulu, il resort era un’oasi stravagante in mezzo al deserto della California; secondo Pierce era stato scelto per la sua esclusività e la sua reputazione di centro termale di lusso. Whitney DeBleu e Arthur Banks non potevano assolutamente sposarsi come tutti gli altri. Avevano bisogno di opulenza.
E se il loro obiettivo era quello di un lusso esagerato, certamente l’avevano raggiunto. Con minuscole porzioni di cibo che sapevano di soldi e bevande più costose dell’oro, non si poteva entrare in quello spazio senza indebitarsi. Dal lampadario piovevano gocce di luce calda sul bancone di legno scuro e lucido del bar, insieme al tremolio delle candele di sale dell’Himalaya e al sibilo dei diffusori che emanavano sottili vapori profumati. Anche le palme all’esterno ondeggiavano a tempo con la musica soft e rilassante diffusa dagli altoparlanti, come se anche loro facessero parte di quell’ambiente così accuratamente progettato.
Mentre Emily non sembrava approvare la scelta del resort, a Lulu non importava. La sua era sempre stata una vita piena di lusso. Aveva sposato uomini ricchi e aveva divorziato guadagnandoci. Naturalmente, il denaro non era tutto; il matrimonio era amore e passione. Se Lulu non avesse creduto nel romanticismo, non si sarebbe sposata cinque volte.
«Secondo me non è così orribile» disse Lulu. «Ho letto sul sito web che il personale lascia un vassoietto di petit fours ogni sera sul comodino. Mica male! E questi drink? Sono degni della copertina di una rivista.»
«Posso essere sincera?»
«Ma certo.»
«Odio i matrimoni.» Emily sospirò. «Vedere tutti questi vecchi amici che non sono più amici, pensare al regalo perfetto, fare due chiacchiere con estranei che non vedrò mai più.»
Lulu sorrise, ironica. «Due chiacchiere come queste? Se è così, possiamo restare in silenzio. Non mi offendo mica.»
«Non parlavo di te.» Emily arrossì. «Scusa, non sono lucida. Ho avuto una lunga giornata e ho conosciuto un uomo sull’aereo. In qualche modo le cose si sono già complicate.»
«Ah, un uomo.» Lulu si accomodò meglio sul sedile, preparandosi a un lungo racconto. «Be’, sono sempre pronta per una bella storia. E sono stata sposata cinque volte, quindi se cerchi consigli sugli uomini, forse posso aiutarti. Un po’ meno se vuoi consigli su come far durare a lungo una relazione.»
Emily sorrise, guardandola con gratitudine. «Sono molto colpita.»
«Non è il caso» disse Lulu, anche se il complimento le fece piacere comunque. «Sposarsi è la parte facile. Il difficile è rimanere sposati.»
«Non me ne parlare.» Emily fissava intensamente il suo drink, studiando le bollicine di champagne come se lì ci fossero state le risposte alle sue domande più profonde. Poi aggiunse in fretta, quasi ripensandoci: «Ma non sono sposata, ovviamente».
Lulu intuì che Emily era sul punto di rivelare qualcosa, dettagli molto vicini al suo cuore, ma all’ultimo secondo sembrò tirarsi indietro. Scosse la testa, turbata, e prese qualcosa dalla borsa che aveva appoggiato sulla sedia di Pierce.
«Ho bisogno di un’opinione sincera.» Emily passò le mani su un album fotografico sottile, in una splendida tonalità di rosa. «È un’idea stupida come regalo di nozze?»
«È un album di foto? Il colore è magnifico.» Lulu si sporse per guardare e sfiorò delicatamente con il dito l’esterno vellutato. «Oh, devi essere amica della sposa. Eravate insieme al college?»
Emily fece un cenno esitante. «Abbiamo vissuto insieme per un po’. Eravamo un gruppo di quattro amiche, anche se a ripensarci ora mi chiedo come abbiamo fatto a convivere.Eravamo molto diverse.»
«Posso?» Lulu aspettava il cenno di Emily.
Quando Emily annuì, Lulu prese l’album e l’aprì alla prima pagina. Quattro facce giovani e carine sorridevano con gioia, tutte ficcate sotto un albero di Natale in stile Charlie Brown che sembrava essere stato tirato fuori da un cassonetto e decorato con pezzi di spazzatura avanzata. Aveva un suo buffo fascino.
«Be’, si vede benissimo che andavate d’accordo» disse Lulu, incapace di trattenere il sorriso. «Guarda quanto vi state divertendo in questa foto. Ci si diverte in modo diverso quando non si hanno soldi, vero? Sai, ho sposato il mio primo marito quando era un povero idiota. I miei ricordi più belli di lui sono di prima che si arricchisse.»
Lulu sfogliò qualche altra pagina. Chiaramente, Emily aveva fatto fatica a trovare delle didascalie per le foto. Le prime tre contenevano battute stupide scritte con una mano tremolante, ma nelle successive c’erano solo righe vuote al posto delle parole affettuose.
«Non ti fissare troppo sulle didascalie» la incoraggiò Lulu. «Questa è una grande idea per un regalo. Sono sicura che a Whitney piacerà moltissimo, e sarà un ottimo modo per riallacciare i rapporti con le tue vecchie amiche. Forse le altre due possono aiutarti a scrivere le didascalie giuste.»
«Ne dubito» disse Emily. «Non sono in buoni rapporti con nessuna delle due.»
«È passato tanto tempo.» Lulu non guardò Emily e si fermò su una foto, in cui Emily era con un’altra ragazza, e scoppiò a ridere. «Cosa stavate facendo qui?»
Emily sorrise. «Halloween, secondo anno. Ci siamo vestite da reggiseno, è stata un’idea di Ginger. Era una sfida, credo, o forse era durante la fase in cui protestava per i diritti delle donne, non ricordo. In ogni caso, l’ho assecondata. Le altre due, Kate e Whitney, erano troppo imbarazzate per farsi vedere con noi finché non si sono scolate quasi tutta una bottiglia di vino. Poi sono arrivate vestite da diavolo e da angelo.»
Nella pagina successiva c’era un’altra foto di Emily e Ginger, questa volta in costume da bagno. La foto era così scura che si vedevano solo macchie di pelle bianca che spiccavano contro un cielo notturno pieno di stelle. Erano su un pontile.
«Oh, questa!» esclamò Emily con il primo accenno di emozione in tutta la sera. «Qui è quando abbiamo convinto Whitney a fare il bagno nuda per la prima volta. Era così nervosa, poverina. L’ha fatto solo perché Kate è andata con lei: quelle due erano inseparabili».
«Ma Whitney nella foto non c’è» disse Lulu piano. «In realtà, nella maggior parte di queste foto ci siete tu e Ginger, e in alcune ci siete tutte e quattro.»
«Ehm, è vero» disse Emily. «Kate e Whitney erano inseparabili, e lo eravamo anche io e Ginger. Al secondo anno, abbiamo condiviso un appartamento di quattro stanze da letto nel campus, ed è stato allora che abbiamo cominciato a divertirci sul serio. Abbiamo passato così tanto tempo insieme nei tre anni successivi, che immagino non avessimo altra scelta se non quella di diventare amiche.»
«Questa fa tenerezza.» Lulu si fermò su una foto scattata chiaramente in biblioteca. La povera Whitney era a faccia in giù su un libro, e dormiva così profondamente da avere la bocca aperta. «Esame imminente?»
Emily rise. «Sì, è piuttosto tenera. Era la settimana degli esami finali. Il dipartimento aveva organizzato una di quelle colazioni notturne a base di pancake per aiutarci a fare il pieno di carburante per gli esami. Whitney ha mangiato troppo ed è svenuta. Non una grande idea quando c’erano Kate e Ginger in giro.»
Lulu la guardò confusa. «Perché no?»
Per spiegare, Emily girò la pagina. Nella foto successiva c’era ancora Whitney, con un’opera d’arte molto inappropriata disegnata sulla fronte. Anche per Lulu fu difficile trattenere un sorriso davanti a quella immaturità ingenua, alle facce delle ragazze che reprimevano le risate. «Capisco. Emily, se mi capita di addormentarmi dopo il prossimo mimosa, fammi un favore e trascinami nella mia stanza prima che arrivino le tue amiche, me lo prometti?»
Emily rise. «Hai la mia parola. Anche se credo che ormai abbiamo superato quella fase.»
«Certe cose non si superano mai» disse Lulu. «Te lo assicuro. Un po’ di giovinezza mentale fa sempre bene.»
«Forse.» Emily chiuse l’album e lo rimise in borsa. «Credo che lo finirò più tardi. Probabilmente farei meglio a firmare un assegno e basta… mi sembra un po’ strano darle un album in cui non è nemmeno in metà delle foto. Comunque, tutti quei ricordi mi fanno pensare che mi farebbe bene un altro drink.»
Lulu represse la voglia di alzare un sopracciglio e fece cenno alla barista di riempire di nuovo il bicchiere di Emily.
«Di solito non bevo così tanto» spiegò Emily. «Sono le foto del college che mi fanno venire un po’ di nostalgia, credo. È stata una giornata complicata.»
«L’avevi detto. Quest’uomo, cosa c’è in lui che rende tutto così difficile?»
«Ehm…» Emily tamburellò nervosamente le dita sul bancone del bar. Guardò Lulu, poi bevve un sorso per darsi la forza. «Il sesso.»
«Ah.» Lulu si leccò pensierosamente il labbro inferiore. «Sì, questo tende a complicare le cose. È sposato?»
«Dio, spero di no. Mi ha detto di no. Non portava anelli, ma non sarebbe la prima volta che un uomo mente.»
«Be’, non aspettarti giudizi da me» disse Lulu. «Finché si è tra adulti consenzienti, non vedo nulla di male nel divertirsi un po’ in vacanza.»
«Tutti abbiamo i nostri segreti, immagino.» Emily alzò il bicchiere guardò Lulu con un mezzo sorriso. «Io ti ho raccontato il mio.»
Lulu rifletté per un attimo, non sapendo bene offrire le sue più grandi paure su un piatto d’argento. Era un po’ come stare nudi in una stanza piena di sconosciuti. Ma allo stesso tempo c’era qualcosa di allettante in quella confidenza, qualcosa di liberatorio.
Per tanto tempo Lulu era stata estremamente riservata. Quando aveva sposato il suo primo marito, era molto giovane e molto innamorata. Joe non era ricco, ma questo non aveva impedito a Lulu di imparare come una donna potesse farsi largo nella società. Dopo la fine della sua relazione con Joe, aveva puntato verso l’alto e si era assicurata Anderson, la definizione stessa del buon partito.
Da quel momento in poi, Lulu aveva avuto accesso al denaro, e questo le aveva permesso di comprare pellicce e abiti da sera, accessori scintillanti e prodotti per il trucco di alta gamma. Aveva imparato a sorridere in un certo modo, a inclinare la testa di un certo angolo quando ascoltava gli uomini. Aveva accumulato inviti agli eventi più prestigiosi e aveva imparato a sopravvivere tra l’élite.
C’era una camminata specifica che Lulu ora usava quando entrava in una stanza, e una risata particolare che affascinava uomini e donne intorno a lei. Gli amici le dicevano che era raffinata, ma Lulu la vedeva più come una forma di mimetismo. Sua madre aveva sempre detto che non avrebbe mai fatto granché nella vita, ma Lulu aveva sempre saputo che non era così. Ne era sempre stata convinta. E guardami adesso.
Quel pensiero la fece trasalire. Guardami adesso. Era davvero felice come diceva di essere? Aveva le pellicce e la casa, il marito… ma ce l’aveva davvero? Lulu lanciò uno sguardo a Emily, che sfiorava con un dito poco curato l’orlo della flûte di champagne. Forse sarebbe stato bello mettere a nudo tutto. O almeno qualcosa.
«Non credo che…»
«Un minuto fa ti ho raccontato di aver fatto sesso con uno sconosciuto su un aereo» la interruppe Emily. «Se pensi di avere qualcosa di brutto da dire, fidati: io ti batterò.»
Lulu faticava a mettere in relazione l’oscura sicurezza di questa donna con la spumeggiante studentessa universitaria che aveva visto in foto. Ma decise di fidarsi di lei, almeno per quella sera.
«Credo che mio marito stia pensando di lasciarmi.»
«Oh, cazzo» disse Emily. «Questo non va bene.»
«No» disse Lulu, sentendo la frustrazione ribollirle nel petto. Nasceva dal dolore, ma si era tramutata in una rabbia impotente e disperata. «No, non va bene per niente.»
***
DETECTIVE RAMONE: Signora Franc, è a conoscenza del fatto che un uomo è stato ucciso questa sera al Serenity Spa & Resort?
LULU FRANC: Ne abbiamo già parlato, detective. So bene che un uomo è morto, visto che l’ho ucciso io. Gli ho rotto la testa con una bottiglia di vino. C’era molto sangue.
DETECTIVE RAMONE: È stato un incidente?
LULU FRANC: Le sembra un incidente?
DETECTIVE RAMONE: C’era qualcun altro coinvolto?
LULU FRANC: No, c’ero solo io sulla veranda.
DETECTIVE RAMONE: C’erano altre persone con lei al momento dell’incidente? Anche se non direttamente coinvolte?
LULU FRANC: Gliel’ho già detto, quindi se non mi ha sentito la prima volta, ascolti la registrazione. Ma siccome non abbiamo tempo per questo, le ripeto che la risposta è no. Eravamo solo noi due. E poi l’ho ucciso.
***
DETECTIVE RAMONE: Signora DeBleu, grazie per aver trovato il tempo di parlare con noi proprio durante i festeggiamenti per il suo matrimonio. Suppongo che lei sappia di cosa si tratta.
WHITNEY DEBLEU: L’uomo che è morto, immagino. Ma non capisco cosa c’entri io. Voglio dire, ero nel bel mezzo delle prove della cena quando è successo: può chiedere a chiunque.
DETECTIVE RAMONE: Lei non è sospettata, signora DeBleu. Ma vorrei parlare di alcuni dei suoi ospiti del matrimonio, in particolare di Lulu Franc, Ginger Adler, Emily Brown e Kate Cross. Sono sue invitate, giusto?
WHITNEY DEBLEU: No, Lulu è un’ospite di famiglia. L’ho incontrata una o due volte di sfuggita. Ha sposato lo zio del mio fidanzato, ma non so dirle molto di più su di lei. Le altre sì, sono mie ospiti. Ho diviso un appartamento con Ginger, Emily e Kate al college.
DETECTIVE RAMONE: Può descrivere la natura del rapporto tra voi?
WHITNEY DEBLEU: Non capisco la domanda. Gliel’ho già detto, eravamo amiche al college. Non siamo più molto in contatto, ma ho pensato che sarebbe stato divertente ritrovarsi dopo tutto questo tempo.
DETECTIVE RAMONE: Quanto spesso le sente?
WHITNEY DEBLEU: Io e Kate ci scambiamo qualche messaggio all’anno, forse. Ma non la vedo di persona da cinque anni, probabilmente. Per quanto riguarda Ginger, ogni tanto ci scambiamo un biglietto di auguri per Natale. Alla fine l’ho chiamata prima che partisse per avvisarla che ci sarebbe stata anche Emily. Non sono più molto in contatto con Emily, ma sarebbe stato scortese non invitarla se avessi invitato le altre due. Ai tempi eravamo sempre insieme.
DETECTIVE RAMONE: Perché a Ginger doveva interessare questo fatto?
WHITNEY DEBLEU: C’è stato un piccolo screzio tra loro due al college, e volevo essere sicura che l’avessero superato.
DETECTIVE RAMONE: E Ginger l’aveva superato?
WHITNEY DEBLEU: Non lo so, detective. A lei passerebbe mai, se avesse visto il suo migliore amico avvinghiato alla persona che ama?
***
Lulu vide la barista posare un bicchiere d’acqua davanti a Emily. Poi la ragazza rivolse a entrambe un sorriso fugace ma educato prima di essere chiamata da un altro cliente. Lulu osservava la giovane donna tra gli avventori, chiedendosi se lei stessa avrebbe potuto accettare un lavoro come barista se non avesse sposato una serie di mariti ricchi. Dopotutto, non aveva molte competenze spendibili sul mercato del lavoro.
Ma Lulu non era sicura che i suoi piedi avrebbero potuto sopportare i lunghi turni in piedi dietro il bancone, né avrebbe sopportato la sconfortante paga oraria. Anche se probabilmente avrebbe potuto avere ottime mance trent’anni fa; solo che non era mai stata molto interessata al lavoro.
«Salute.» Emily alzò la coppa di champagne, desiderosa di bere un sorso. «Ai nuovi amici.»
Lulu toccò il bicchiere di Emily con il suo, chiedendosi quando era stata l’ultima volta che aveva fatto amicizia. Che aveva avuto una vera amica. Mavis e Edna le conosceva da cinquant’anni, ma il resto dei suoi conoscenti erano esattamente questo. Conoscenti.
«Ma non ci credo!» Lulu scosse la testa con un’aria di falsa indignazione, guardando verso l’ingresso del resort. «È la terza scultura di ghiaccio che portano. Ho sentito che Whitney ha assunto Miranda Rosales per organizzare la cerimonia. Ho anche sentito che solo il primo contatto telefonico con lei costa duemila dollari.»
«Non mi stupisce trattandosi di Whitney…»
«In che senso?» chiese Lulu. Davanti all’espressione curiosa di Emily, precisò: «Non è da molto che conosco la famiglia, ho incontrato la sposa solo una o due volte. Mio marito, Pierce Banks, è lo zio dello sposo».
«Ah, be’, Whitney è sempre stata interessata a…» Emily osservo pensierosamente il bar di mogano. «Sto cercando di capire come dirlo in modo carino.»
«Penso che abbiamo superato le carinerie» osservò Lulu. «Non lo dirò ad anima viva.»
«L’unica cosa che dirò è che Whitney è sempre stata interessata a cose che considerava migliori di lei» disse Emily in fretta e furia. «Non sto dicendo che sia vero, ma Kate e Whitney, le hai viste nelle foto… per tutti gli anni di college la loro è stata una strana amicizia. Quasi parassitaria, se capisci cosa intendo. La famiglia di Kate era ricca e lei aveva sempre cose che Whitney non poteva permettersi. Hai già conosciuto Kate?»
Lulu scosse la testa.
«Be’, quando la vedrai capirai cosa intendo.» Emily fece una pausa, persa nei suoi pensieri. «Si fa notare. Raffinata, di classe, ottiene sempre quello che vuole. Comunque, mi è sempre sembrato che ci fosse un po’ di competizione tra loro, ma di quelle che Whitney non avrebbe mai potuto vincere.»
«Suppongo che tutti abbiamo bisogno l’uno dell’altro in qualche modo» disse Lulu, pensando alle sue amiche del South Carolina. «Le amicizie sono strane, si presentano in tutte le forme e dimensioni.»
Più ci pensava, più si convinceva che Edna e Mavis si erano legate a lei perché fosse i loro occhi e le loro orecchie nel circuito sociale. Lulu portava un po’ di sapore nella loro vita, spezzando la monotonia degli ultimi decenni che le due sorelle avevano trascorso curando un portico pieno di piante mezze morte e un gatto cieco.
A sua volta, Lulu adorava intrattenerli con i suoi (spesso esagerati) racconti di feste e vacanze, e i pettegolezzi del parrucchiere. Loro reagivano sempre nel modo giusto, e siccome erano entrambe vicine agli ottanta, Lulu si sentiva ancora una ragazzina con loro. Ci guadagnavano tutte.
«È vero» ammise Emily. «Volevo solo dire che questo matrimonio… sì, insomma, è un po’ come se Whitney stesse cercando di… oh, non lo so. Dimentica che te l’ho detto.»
«Hai l’impressione che tutto questo» disse dolcemente Lulu, indicando la hall dalle luci soffuse, «sia il modo in cui Whitney vuole dimostrare a Kate e a tutti noi che ce l’ha fatta.»
«Più o meno» ammise Emily. «Per carità, sono davvero felice per lei. E credo che lei e Kate si vogliano davvero bene, o almeno una volta era così.»
«Be’, non c’è modo migliore per fare soldi senza fatica che accaparrarsi un Banks.» Lulu scoppiò in una risata squillante. «Chi può saperlo meglio di me?»
«Da quanto tempo siete sposati?»
«Oh, ora hai scoperchiato il vaso di Pandora» disse Lulu, guardandosi alle spalle per assicurarsi che Pierce non stesse tornando. «Saranno cinque anni questo fine settimana. Anche se, come ho detto, sono già stata sposata diverse volte.»
Lulu non amava parlare delle sue relazioni passate davanti a Pierce. Le sembrava volgare rispetto all’impeccabile storia di lui: una carriera emozionante da avvocato penalista, una splendida casa e un grosso fondo pensione, nessun fastidioso matrimonio fallito al seguito. La sua unica stranezza era proprio l’aver resistito per quasi settant’anni da solo.
Quando Edna e Mavis avevano sentito la notizia del fidanzamento di Lulu, però, l’avevano messa in guardia. «Un uomo che rimane single per così tanto tempo è troppo bello per essere vero» le avevano detto. «Non esiste il marito perfetto.»
Lulu ora si chiedeva se avessero avuto ragione.
«Hai mai avuto un matrimonio come questo?»
«No, vedi, non amo particolarmente le cerimonie in pompa magna» disse Lulu. «Amo l’amore. Romanticismo, passione e desiderio. Le feste di matrimonio sono tutt’altra cosa. Sei già stata sposata?»
«È una lunga storia» disse Emily. «Come vanno i rapporti con i tuoi ex mariti?»
«Con due di loro non ce ne sono. Sono morti. E Anderson l’ho sposato due volte. Temo che la terza non sia auspicabile.»
«Mi dispiace» disse Emily, che però non sembrava per nulla dispiaciuta. «Come sono morti?»
«Ah…»
«Scusa» disse Emily. «Puoi mandarmi a fanculo quando vuoi.»
«È una lunga storia anche questa» disse Lulu alla fine. «Beviamo ancora qualcosa?»
«Certo.»
Dopo aver chiesto alla barista una bottiglia di champagne, insieme a un contorno di patatine fritte al formaggio e peperoncino (si poteva parlare tra ragazze senza una generosa porzione di cibo spazzatura?), Lulu ed Emily fecero un altro brindisi alle nuove amicizie, poi si lanciarono in una forma professionale di osservazione delle persone che solo due donne di una certa età potevano affrontare con successo.
«Guardali… sono stucchevoli, vero?» Emily indicò discretamente una coppia sui vent’anni che si avviava verso la reception in costumini da bagno minuscoli, avvinghiati l’una all’altro. Ridacchiavano. «Sono così innamorati ora, ma aspetta e vedrai. Non dura.»
Lulu non disse niente.
Emily si ritrasse. «Oh, merda. Scusami, non ci ho pensato. Tuo marito…»
«Non so se sta veramente per lasciarmi» disse Lulu. «Ma penso che potrebbe avere un’altra donna.»
«Hai qualche prova?»
«Non proprio, ma chiamiamolo intuito femminile.» Lulu prese il suo bicchiere, sorpresa di essersi aperta ancora una volta con una sconosciuta. Non che quello che aveva detto a Emily fosse del tutto vero; qualche prova l’aveva, solo che non era sufficiente. Gli appuntamenti, gli incontri, la misteriosa S. Dopo un sorso di champagne, sospirò.
«Spero solo che se ha davvero intenzione di lasciarmi, lo faccia in fretta. È imbarazzante stare appese a un filo.»
Di solito era lei quella che incoraggiava gli altri a condividere, che simpatizzava con chi soffriva per pene d’amore, divertendosi anche un po’ ad ascoltarli, con la certezza che a lei cose del genere non sarebbero mai capitate. Perché questa Emily avesse tirato fuori la sua unica vera paura, non ne aveva idea.
«Perché non vai a chiederglielo?» chiese Emily, e poi trasalì quando il pianto di un bebè trafisse la musica lounge attutita che regnava nel bar. «Cos’è questo suono terribile?»
«Un bambino?» Lulu rivolse la sua attenzione ai lamenti, che erano ripresi dopo una breve pausa. Sorrise a Emily, sempre cercando parole accomodanti. «Che tesoro, no?»
«No» sbottò Emily, facendola sospirare di sollievo. «Mi sta spaccando il cranio a metà. Non riesco a respirare. Qualcuno può far star zitto quel bambino?»
Lulu si lasciò sfuggire una mezza risata. Non aveva una particolare passione per i bambini. Emily, però… «Non hai figli?» le chiese.
Seguì un silenzio di pietra, e Lulu si chiese se avesse frainteso la situazione. Ma Emily le aveva già confidato di aver fatto sesso con uno sconosciuto. Lulu non riusciva a capire come una semplice domanda sui bambini potesse essere un limite da non superare.
«No» disse Emily alla fine. «Non ne ho.»
«Nemmeno io» disse Lulu con un cenno deciso della testa. «Non ne ho mai voluti. Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa che non andava in me. E tu invece?»
Emily si schiarì la gola e vuotò il bicchiere di champagne. «Non ne voglio più.»
Lulu si rese conto che si stava avvicinando troppo al muro che Emily aveva eretto intorno a sé. Ne prese atto e si allontanò con leggerezza dal tema dei bambini, riprendendo a guardare gli ospiti che affluivano alla reception. Ora c’era un tappeto rosso steso attraverso l’ingresso, e pile su pile di rose bianche venivano portate e messe in fasci su entrambi i lati della sala per creare una volta, viva e fiorita.
Emily si pizzicò la fronte. «Scusami, ma credo sia ora di ritirarmi nella mia stanza. Ho un mal di testa feroce.»
Lulu si guardò alle spalle. «Quel bambino che piange probabilmente non aiuta.»
Emily fece un debole sorriso. «Non è il suono più rilassante che abbia mai sentito.»
«Allora vai, riposati un po’. Dovrei andare anch’io» disse Lulu, anche se a malincuore. Voleva trovare Pierce e accoccolarsi contro di lui a letto. Voleva leggere una rivista scema mentre lui meditava sulla Seconda guerra mondiale o su qualche altro argomento ponderoso, e voleva addormentarsi con lui.
«Anzi, ti dispiacerebbe aspettare qui un minuto?» chiese Lulu. «Vorrei vedere dov’è mio marito, ma se lui torna prima di me, non voglio che pensi che me ne sia andata. Il mio telefono è di sopra, quindi…»
«Non c’è problema» disse Emily con un gesto della mano. «Non mi dispiace affatto.»
«Posso offrirti un altro drink per il disturbo?» Lulu guardò la bottiglia di champagne quasi vuota. Lei non aveva bevuto più di due sorsi del suo bicchiere. «Farò pagare a mio marito quando scende. Questo è il vantaggio di sposare un vecchio ricco con dei modi che risalgono alla Grande Depressione.»
«No, penso di essere a posto per stasera» disse Emily in tono un po’ cupo. «Tu vai pure, io aspetto qui.»
Lulu andò verso l’ascensore e premette il pulsante del suo piano. Mentre le porte si chiudevano, vide che Emily ordinava un altro giro.
Segreti, segreti, pensò Lulu. I segreti non sono divertenti…
A proposito di segreti, Lulu si chiedeva dove fosse finito suo marito mentre faceva amicizia con la curiosa Emily. Era uscito a fare una telefonata alla misteriosa S? Lulu odiava quei pensieri paranoici su suo marito; le pesavano, la facevano sentire in colpa per aver nutrito sospetti su Pierce senza avere il coraggio di affrontare la cosa a viso aperto con lui.
Certo, gli aveva lasciato intendere che sapeva che lui non era stato in ufficio quando diceva di esserci andato, e aveva fatto capire che avrebbe voluto che si confidasse con lei su quegli appuntamenti a cui non poteva mancare. Ma lui non aveva dato spiegazioni, e lei non aveva insistito.
Finché non avesse preteso risposte, preferiva mantenere la speranza che ci fosse una spiegazione logica per tutto. Compresi i massicci trasferimenti di denaro dal loro conto negli ultimi mesi. Lulu non era stupida. E tutto si poteva dire tranne che non fosse sincera. Era proprio per quello che aveva divorziato quattro volte; si rifiutava di fingere che le cose andassero bene quando non era così. E ora le cose non andavano bene.
Raggiunto il suo piano, si incamminò lungo il corridoio, pensando a ciò che avrebbe detto se avesse trovato Pierce in una posizione compromettente nella sua stanza. Lo avrebbe implorato di restare? Avrebbe chiesto il divorzio e se ne sarebbe andata? Emily sarebbe stata pronta a bere con lei, se necessario. Se non altro, era un piccolo conforto.
A metà del corridoio, suo marito uscì dalla loro stanza e si guardò furtivamente intorno. (Furtivo! Che parola losca. Lulu era troppo vecchia per fare le cose di nascosto e prendersi occhiate furtive dal marito settantaquattrenne.) Guardò lungo il corridoio verso Lulu, ma non la vide. Molto probabilmente perché lei si era nascosta dietro una pianta, con il batticuore. Non si sentiva così da quando era piccola, ed era così nervosa che all’improvviso sentì la necessità di andare in bagno.
Dopo qualche istante, Pierce si voltò dall’altra parte e si diresse verso l’ascensore all’altro capo della scala. Lulu tirò un sospiro di sollievo e aspettò finché non sentì il ding delle porte dell’ascensore che si chiudevano, portando suo marito di sotto.
Lulu entrò nella stanza e accese le luci. La suite disponeva di ogni lusso. Lulu si guardò intorno, vide la grande vasca idromassaggio allestita con i migliori sali da bagno; avevano anche già portato i cuscini profumati alla camomilla che lei aveva ordinato.
Un letto king-size con un materasso alto, perfettamente proporzionato, e con cuscini freschi, fragranti e ipoallergenici, aspettava solo che una coppia innamorata scivolasse tra le lenzuola. Per fare l’amore in modo dolce e appassionato prima di addormentarsi sotto il diffusore profumato alla lavanda.
Qualcuno del personale doveva essere già entrato mentre Lulu era al bar e aveva acceso il diffusore e il televisore sul canale pubblicitario rilassante che illustrava i servizi del resort.
Avevano anche portato il vassoio di piccola pasticceria, che Lulu non vedeva l’ora di assaggiare con Pierce al suo fianco, insieme a un cestino di benvenuto da parte degli sposi.
Nel cesto, Lulu notò una bottiglia di vino decorata con un’etichetta personalizzata che indicava che il vino era stato creato da un viticoltore di Napa Valley appositamente per le nozze.
Lulu spinse via i pasticcini, con lo stomaco in subbuglio per la frustrazione e lo champagne.
Il servizio era impeccabile. È mio marito che non lo è, pensò Lulu. Ripensandoci, prese uno dei costosi dolcetti dal vassoio accanto al letto e se lo mise in bocca senza tante cerimonie. In qualsiasi altra occasione, avrebbe assaporato con vero godimento la glassa spolverata d’oro e il modo in cui il cioccolato si scioglieva delicatamente sulla lingua, ma non quella sera.
Ingoiando il boccone amaro, ripercorse i passi di Pierce, guardando i loro bagagli. Questo era il problema dei matrimoni: si accumulava un sacco di roba. Dividerla era sempre fonte di grandi mal di testa, motivo per cui Lulu aveva iniziato a gettare via tutto dopo i divorzi e a ricominciare da capo. Problema risolto.
Pierce teneva la sua roba sempre pulita e in ordine, purtroppo per lui. Quindi ficcare il naso era molto semplice, e Lulu notò subito il libro in brossura sul letto. Attraversò la stanza e lesse il titolo (parlava di guerra, ovviamente). Il libro era stato aperto e quando erano usciti dalla stanza non c’era.
Lulu prese il libro. Guerra. Questo è quello che avrebbe avuto Pierce se l’avesse lasciata. O forse l’avrebbe lasciato prima lei, e… oh, Dio.
Eccolo lì. Il suo peggior incubo.
Il biglietto fluttuò sul letto. Un pezzo di carta stropicciato, con sopra la calligrafia inconfondibile di Pierce. E la cosa peggiore? Quell’uomo era un idiota. Aveva scritto anche la data. Non c’era possibilità di equivoco: Pierce era salito in camera proprio per scrivere quella sordida letterina.
Con le mani che tremavano, Lulu cominciò a leggere le dolci parole che sicuramente erano indirizzate a lei.