21
Kate lasciò Ginger nell’atrio a riflettere sui problemi del liceo mentre lei andava ad affrontare quelli degli adulti. Era stato faticoso tenere la testa alta quella mattina… perché c’era decisamente qualcosa che non andava. Nonostante il suo (tardivo) rituale di bellezza della sera prima, aveva avuto i postumi della sbornia. Nausea, occhi velati e membra tremanti.
Normalmente non le capitava, quindi questo era abbastanza preoccupante. Indossava enormi occhiali da sole e un costume da bagno con un copricostume per nascondere la sua frustrazione. Aveva davvero bevuto così tanto? Ricordava di essersi sentita frizzante ed energica la sera prima, non orribilmente ubriaca.
Non c’erano enormi punti vuoti nella sua memoria, solo un tocco di sfocatura intorno ai bordi. Tutto sommato, si ricordava di essersi divertita molto.
Allora, perché diavolo barcollava? Era questo che faceva un cuore a pezzi? Forse stava rendendosi conto che Max se n’era andato. Non si era concessa di pensare a lui, a parte per la carta di credito. Era come se fosse stato un sogno un po’ spiacevole, quasi sbiadito nella memoria.
Non aveva comprato una confezione enorme di gelato. Non aveva voglia di piangere. Non aveva voglia di fare nessuno dei tradizionali riti strazianti. Quello che voleva era un massaggio, poi stendersi al sole e scoprire chi diavolo fosse realmente Sydney Banks. Soffrire per Max non era davvero nella lista delle sue priorità. E se avesse voluto, poteva sempre prenotare un biglietto di prima classe per tornare a casa, con la carta di Max, se alla fine una settimana di permanenza le fosse sembrata troppo lunga. Sydney aveva ragione su un punto: i soldi rendevano le cose molto più facili.
A proposito di soldi, il matrimonio di Whitney si stava davvero trasformando in un evento spaventoso e opulento: Kate fu costretta a fermarsi a metà dell’ingresso per permettere il passaggio di una corona di rose bianche. Fece altri due passi, poi si fermò di nuovo quando apparve Miranda Rosales (votata come miglior wedding planner da Bridal Digest per quattro anni consecutivi) urlando a qualcuno di lavarsi le mani prima di toccare il velo.
Kate si chiedeva se tutto quel trambusto sarebbe valso la pena. Se quelle centinaia di migliaia di dollari sarebbero bastate a cementare l’unione di Whitney con Arthur Banks per tutta la vita.
Non essendo mai stata sposata, Kate probabilmente non poteva giudicare, ma perfino a lei tutto questo sembrava un po’ eccessivo. Kate aveva mandato un messaggio a Whitney all’atterraggio per programmare l’orario per un drink, solo loro due in memoria dei vecchi tempi, e Whitney le aveva risposto con un’immagine del suo programma. Non aveva nemmeno avuto il tempo di personalizzare il testo.
Non che Kate si fosse particolarmente offesa. Si era persino chiesta se questo fosse il modo subdolo del karma di vendicarsi di lei per il modo in cui aveva trattato Whitney durante tutto il college. Erano state amiche, certo, e avevano un sacco di bei ricordi insieme, ma a Kate era sempre piaciuto essere quella ricca. Quella autorevole. Quella ammirata. Kate era sempre stata un passo avanti a Whitney, ed entrambe lo sapevano benissimo.
Riaprì il messaggio di Whitney sul telefono, e lo guardò, mordendosi il labbro. Si chiese se quello non fosse il modo passivo-aggressivo di Whitney per dirle che la marea era ufficialmente cambiata. Sembrava che Whitney volesse dimostrare una volta per tutte di aver ottenuto tutto quello che aveva Kate, e anche di più. Mentre Kate poteva ancora essere in vantaggio sulla carriera, Whitney avrebbe avuto un marito prima della fine del weekend. E, subito dopo, Kate immaginava che Whitney e Arthur avrebbero aggiunto dei bambini allo scenario.
Kate sospirò, chiuse il messaggio. Forse stava esagerando. Whitney probabilmente era solo occupata, non diabolica. Questo vedere intenzioni negative dappertutto non giocava a suo favore.
Le tornò in mente la prima volta che si erano scambiate dei regali di Natale. Whitney aveva in qualche modo spremuto la paga del suo deprimente lavoretto da barista per comprare un pacchetto due-per-uno di sedute di lampada UVA nel salone di bellezza locale. A quello aveva aggiunto due set uguali di unghie finte adesive, stile french, prese dalla farmacia in fondo all’isolato.
Lo sguardo sul volto di Whitney quando aveva dato il regalo a Kate, presentandoglielo come il pacchetto di coccole definitivo, era stato così gioioso che Kate aveva avuto un momento di esitazione prima di darle il suo. Aveva tirato fuori a malincuore la busta per lei; non poteva mica buttare via i due biglietti di andata e ritorno che le avrebbero portate nella multiproprietà dei suoi genitori alle Hawaii.
Kate ripensò all’espressione felice e sbalordita di Whitney. Con un pizzico di rimpianto si chiese se la Whitney di oggi avesse superato quelle esplosioni di entusiasmo privo di censure. Kate dubitava fortemente che Whitney avrebbe gridato davanti a Miranda Rosales, e una parte di lei si sentiva leggermente depressa al pensiero. Forse a lei era piaciuto mostrare a Whitney le cose più belle della vita. E da parte sua, Whitney aveva reso le loro uscite divertentissime. Una volta, Kate aveva rubato un paio di biglietti per una cena di beneficenza di gala all’insaputa dei suoi genitori, e le ragazze si erano intrufolate al grande evento indossando abiti succinti e diademi scintillanti finché, ridacchiando abbondantemente per lo champagne bevuto a scrocco, non erano state accompagnate alla porta da una guardia di sicurezza non molto divertita.
Kate si sorprese a sorridere per quel breve viaggio sul viale dei ricordi. Era la prima volta in tutto il fine settimana che poteva davvero dire di aver sorriso senza un motivo particolare. Il pensiero la mise un po’ a disagio.
Rifiutò con un gesto distratto l’ennesimo bicchiere di latte di cocco. Era troppo occupata ad affrontare una domanda che l’assillava all’improvviso: e se avesse capito tutto al contrario?
E se, per tutto questo tempo, Kate avesse pensato che era Whitney ad aver bisogno della sua guida, dei suoi soldi, delle sue conoscenze, quando in realtà era il contrario? E se fosse stata lei ad aver bisogno dell’innocenza di Whitney, della sua amicizia devota, della sua disponibilità ad accettare Kate esattamente com’era, con difetti e tutto? E se fosse stata lei ad aver avuto bisogno di Whitney più di quanto Whitney avesse mai avuto bisogno di lei?
Le tremavano le mani al pensiero. Si guardò intorno per trovare una sedia nell’atrio dove potersi sedere e pensare, e scacciò via gli attenti camerieri che le lanciavano sguardi preoccupati. I genitori di Kate erano sempre stati troppo occupati per le frivolezze, le stupidaggini e per passare del tempo con la figlia. Il massimo delle attenzioni che Kate aveva ricevuto da loro durante il college era stato quando aveva comprato quei biglietti di prima classe per le Hawaii senza il loro permesso. Aveva ricevuto un semplice schiaffo sul polso prima che il suo limite di credito venisse abbassato.
Whitney, tuttavia, con il suo budget ridotto e la sua grande creatività, aveva fatto a Kate alcuni dei migliori regali che avesse mai ricevuto. Album personalizzati con le loro foto. Biglietti per una recita scolastica gratuita e assolutamente ridicola che era la peggiore che avessero mai visto, ma che in qualche modo era rimasta impressa nei ricordi di Kate come una delle sue preferite. Le unghie finte, che erano state l’occasione per una serata a base di vino e film alla luce del loro piccolo e triste albero di Natale.
Ripensandoci, Kate si rese conto che era sempre stata Whitney a inventare stupidi giochi in biblioteca per poter studiare fino a tarda notte. Era stata sempre Whitney a portare di nascosto nelle aule di studio pasta per biscotti da mangiucchiare durante la settimana degli esami finali. Era stata lei a presentare Kate a Max e, anche se ci erano voluti anni perché si mettessero insieme, era successo solo grazie alla sua amicizia con Whitney.
Kate rimase sbalordita nel rendersi conto dell’impatto che Whitney aveva avuto sulla sua vita. La cosa la lasciò un po’ scossa. Si guardò intorno: il personale stava portando dentro dei meravigliosi centrotavola, in mezzo a grida e a una raffica di attività. Kate si chiese se qualcosa di tutto questo fosse opera sua. Se avesse portato lei Whitney a pensare che l’eccesso, il denaro, la ricchezza, fossero il modo migliore di vivere. L’unica via per il successo. Mentre considerava il messaggio che aveva ricevuto da Whitney sotto una nuova luce, si chiese chi delle due fosse davvero cambiata, se Whitney o lei.
Nel “Conto alla rovescia nuziale di Miranda Rosales” non c’era spazio per cose banali come una chiacchierata tra amiche: Whitney sarebbe stata occupata a farsi depilare e coccolare, tingere e pettinare, e Dio solo sa cos’altro. Kate ripensò alla cerimonia di Ginger e Frank: si erano sposati in un maledetto fienile e, una quindicina d’anni dopo, stavano ancora andando forte. Kate non avrebbe mai immaginato che Whitney volesse un matrimonio in cui era troppo occupata per parlare con le vecchie amiche, e sperava per il suo bene che questa fosse davvero la scelta giusta.
Abbastanza disorientata per tutta la mattina, Kate si liberò dei pensieri su Whitney, accontentandosi di pensare a lei com’era al college, e si alzò. Andò alla porta d’ingresso e l’aprì, sentendosi avvolgere dal calore come da una vecchia coperta comoda. Solo pochi passi dopo era già coperta di sudore e cercava di staccarsi dalla pelle il copricostume appiccicato.
Kate odiava sudare. Certo, il caldo del deserto era sicuramente torrido, ma di solito il suo corpo reggeva bene: non sudava mai così copiosamente. Che diavolo aveva bevuto ieri sera? Aveva la sensazione di morire, e la morte non le si addiceva. Nemmeno la vista degli ombrelli accuratamente numerati e rivestiti di blu alleviò il disagio. Di solito amava questo tipo di zona lounge esclusiva in cui giovanotti belli, in berretto blu e scarpe bianche, ti portavano asciugamani morbidi, crema solare, olio di cocco, aloe e acqua ghiacciata al limone. Adorava il fatto che i bambini rumorosi venissero rimproverati, mentre lei si distendeva a prendere il sole, e le famiglie che non avevano pagato badilate di soldi venissero accuratamente accompagnate oltre il cartello SOLO PER I SOCI. Kate era una fan dei posti “solo per i soci”.
Invece di allungare le gambe su un lettino come desiderava fare, Kate girò sui tacchi Tory Burch verso il bar di succhi di frutta che doveva visitare la sera precedente. Lo trovò facilmente e ordinò una Detox Delight. Kate non era sicura di cosa ci fosse esattamente in una bevanda del genere, ma sapeva di volere a dosi massicce sia la disintossicazione che la delizia.
Quando il barista le consegnò un enorme bicchiere smerigliato con una cannuccia riccioluta extra lunga, Kate tornò verso le porte del resort, ma prima fece una sosta fuori dal negozietto in cui era stata con Sydney la sera prima. Guardando la tutina che aveva acquistato per Lydia, esitò un attimo prima di entrare. Non le ci volle molto per essere risucchiata da un intero tavolo di articoli per bambini: maglioncini, pannolini, costumi da bagno in miniatura e bambole.
«Non è un amore?» La negoziante di mezza età si avvicinò con un sorriso. Non era la stessa della sera prima. «Ha un bimbo piccolo?»
Kate si schiarì la gola. «No, ma sto cercando per un’amica.»
«Guardi quei costumini da bagno. Guardi le ruches!» La donna sollevò un costumino intero. «Ho tre figli maschi. Cosa avrei dato per una femmina. Non scambierei i ragazzi per niente al mondo, naturalmente. Ma le ruches!»
«Lo prendo» disse Kate in fretta. «E anche dei pannolini, e qualsiasi altra cosa pensi possa essere utile a una neo-mamma.»
«Oh, be’, noi vendiamo per lo più gingilli e souvenir, snack e bevande, ma…»
«I pannolini, il vestitino, qualche tutina» disse Kate bruscamente. «La bambina ha circa quattro mesi.»
«Ma certo.» La commessa si dette da fare, mettendo gli articoli in un grande sacchetto. «Quanto…»
«I soldi non sono un problema» disse Kate con un sorriso da primadonna. «Si scateni.»
La donna sorrise, con un’ombra di confusione, ma ubbidì. «Ecco qui» disse alla fine. «Ho aggiunto una serie di cose che dovrebbero servirle per un bel po’. Un sacco di salviettine umidificate… non bastano mai, quelle… pannolini, tutine… anche di quelle ne servono! E ho variato le taglie in modo che abbia dei vestiti da mettere più in là.»
«Perfetto.»
«Allora, in totale…» la donna abbassò la voce, quasi in imbarazzo «comprese le tasse…»
«Non importa, lo metta sul conto della stanza di Maximillian Banks.»
«Oh, è qui per il matrimonio.» La donna sembrava piuttosto sollevata. «La famiglia Banks. È un evento da queste parti.»
«Così ho sentito» disse Kate con un sorriso forzato. «Buona giornata.»
Kate voleva comprare solo un regalino come scusa per passare a parlare con Sydney, ma si era lasciata un po’ trascinare. Niente di che, pensò andando verso l’atrio. Se a Sydney non piacevano quelle cose, poteva riportarle indietro e fare un po’ di soldi. Max le avrebbe comunque messe fra le spese per la dichiarazione dei redditi, quindi almeno ne sarebbe venuto fuori qualcosa di buono. Arrivò davanti alla stanza 114 e alzò una mano per bussare. Dovette farlo per un po’ prima che la voce trafelata di Sydney rispondesse: «Un secondo, per favore!». Kate fece un passo indietro e aspettò pazientemente. Quando Sydney aprì la porta, aveva l’aria trafelata e senza fiato di una persona che aveva corso fino a qualche secondo prima e che cercava di calmarsi. Si aggiustò la spallina della canottiera, e Kate si chiese se avesse appena dato da mangiare a Lydia.
«Buongiorno.» Sydney salutò Kate con un sorriso luminoso e leggermente confuso. «Sembri pronta per la piscina. Forse veniamo anche noi. Vuoi entrare? Lydia è lì che si agita sulla coperta.»
«Ti ho preso alcune cose» disse Kate, tendendo il sacchetto. «Per favore, non rifiutare. Avevano un costumino da bagno perfetto, e poi io e la commessa abbiamo un po’ esagerato. È solo un regalo per lei, quindi, per favore, non fare storie.»
«Oh, ehm…» Sydney guardò il sacchetto come se fosse infetto. «Va tutto bene? Sembri un po’ in ansia.»
«Ho bisogno di sapere chi diavolo sei. Per davvero.» Kate osservava Sydney con attenzione, così vide il momento esatto in cui il volto della giovane madre si afflosciò. Scivolò verso il basso, come il cioccolato lasciato troppo a lungo al sole, squagliato e triste.
«Penso che dovresti entrare» disse Sydney, guardando nel corridoio ansiosa.
Kate si voltò, vide che il corridoio era vuoto e fece un passo all’interno della stanza. «Chi sei e da cosa o chi stai scappando?»
«Mi chiamo Sydney Banks» disse la ragazza, chiudendo la porta dietro a Kate. «Non ti ho mentito.»
«Questo lo pensavo, in effetti. Google me l’ha confermato, anche se suppongo che un buon hacker avrebbe potuto falsificare la tua storia» disse Kate. «Ma hai pagato la tua stanza in contanti sotto un altro nome.»
«Ti giuro che sono chi dico di essere.» Sydney si voltò senza esitazione e prese la borsa. «Posso farti vedere una cosa che potrebbe valere come prova. Ecco, questo aiuta?»
Kate si chinò appena mentre Sydney le tendeva una patente del Minnesota. Il nome e la foto corrispondevano alla Sydney Banks che si trovava davanti a lei. «Potrebbe essere un falso.»
«Pensavo che avresti potuto dirlo» disse Sydney. «Ma va bene, ho un’altra prova.»
Kate annuì, cercando di non tradire alcuna emozione. Mise il sacchetto dei regali sul letto e si prese un momento per guardare la bambina accoccolata tra i cuscini supplementari che Kate immaginava fossero arrivati la notte precedente.
«Grazie» disse Sydney con voce sommessa. «Non c’era bisogno… i cuscini, i regali, ma lo apprezziamo. Ti ringrazio a nome di Lydia.»
«Se non ti piace quello che c’è dentro, restituiscilo al negozio e ti ridanno i contanti» disse Kate. «Non mi interessa.»
«Sono così ovvia?» Sydney le rivolse un sorriso castigato. «Non mi dispiacerebbe avere qualche soldo in più per la benzina.»
«Soldi per la benzina?» Kate aggrottò la fronte. Non aveva nemmeno una macchina a New York. Non guidava da molti anni. «Dove stai andando?»
«Siamo venute in macchina fino a qui» disse Sydney. «Era più sicuro.»
«Più sicuro» le fece eco Kate.
Vide Sydney avanzare nella penombra. Dopo la luce della sua suite, questa stanza essenziale le sembrava quasi claustrofobica.
«Pensavo che tua zia avesse pagato per la stanza» azzardò Kate mentre Sydney scavava in uno zaino vecchio e malandato. «Perché non l’ha prenotata a tuo nome?»
«Ha trasferito i soldi sul mio conto» disse Sydney, tirando fuori un album di foto. Il suo viso era rosso, sia per l’imbarazzo sia per lo sforzo di rovistare. «Gliel’ho chiesto io. Le ho detto che dovevo controllare la mia agenda e avere il massimo della flessibilità.»
«Ma non l’hai fatto.»
«Non volevo essere trovata facilmente» disse Sydney. «Non si sa mai.»
«Il tuo cognome è Banks» disse Kate. «Non sarebbe il cognome di tuo marito? Non è la festa della sua famiglia?»
«Ho mantenuto il mio nome da nubile quando mi sono sposata.»
«Allora Arthur Banks è tuo cugino. Sei legata alla tua famiglia?»
«I miei genitori sono morti da tempo. Mia zia, la madre di Arthur, mi ha aiutato quando sono morti, ma a quel punto ero quasi un’adulta, quindi ho fatto quasi tutto da sola» disse. «Non ho molti contatti con gli altri parenti. Sono sicura che alcune persone si stupiranno di vedermi qui con una bambina, ma è un problema loro, non mio.»
«Sydney» disse Kate, scuotendo la testa. «Cosa ti è successo?»
«Ho sposato un uomo pensando che fosse amore» rispose Sydney. «Era amore, in realtà. Lo amo ancora. Mi ama, so che mi ama. Era più vecchio di me, molto più vecchio e sexy. Pieno di soldi.»
«Stai scappando da tuo marito» disse Kate. «Che cosa ha fatto? Perché non l’hai denunciato se le cose si sono messe così male?»
«Ci siamo sposati e sono rimasta incinta molto presto» disse Sydney. «Lo amavo. È affascinante e bellissimo. Aveva soldi e un lavoro stabile, e mi fece ogni sorta di promesse. Non avrei mai dovuto lavorare! Potevo stare a casa con i bambini! Si sarebbe occupato lui di me!»
«Finché non ti ha picchiata.»
«Basta!» esclamò Sydney, poi dette un’occhiata alla bambina e abbassò la voce. «Scusa. È passata qualche settimana da quando l’ho lasciato, e lui ci sta cercando. Siamo a corto di fondi, e io sono a corto di posti dove nascondermi. Io e Lydia ci siamo accampate in un motel. Probabilmente non è stato intelligente da parte mia venire qui, a un evento di famiglia, ma non potevo rinunciare a una settimana di alloggi pagati. Ho fatto la cosa migliore per Lydia. Anche se mio marito pensa di venire a controllare qui, non c’è nessuno registrato a mio nome in questo resort, e penserà che non posso permettermi di mantenere me stessa e la bambina in questo posto a lungo.»
Kate sentì un’ondata di indignazione per lei. «Sei andata alla polizia?»
«Ha detto che mi ucciderà e prenderà Lydia» disse. «So che è quello che ha intenzione di fare comunque, ma se andassi alla polizia, mi rallenterebbe soltanto. Sono più al sicuro da sola.»
«Non puoi continuare a vivere così! Questo matrimonio era sul giornale. Non sarà difficile per lui rintracciarti al resort.»
«Non oserebbe venire qui. Sono circondata dalla famiglia.»
«Famiglia con cui non parli regolarmente» osservò Kate.
Quando Sydney non rispose, indicò l’album di foto. «Cosa c’è lì?»
«Una documentazione dei miei cosiddetti incidenti. Ho preso appunti specifici sotto ogni foto, descrivendo le lesioni e le vere cause. Nel caso non mi credessi,» disse Sydney «questa è una sorta di polizza assicurativa. Prove di abusi nel caso in cui la polizia mi trovasse. O trovasse lui. O noi. Senti, so che pensi che sia stupida, ma non lo sono. So di avere subito violenze. So che quello che stava facendo è sbagliato, ma sto cercando di fare ciò che è meglio per me e la mia bambina.»
«Fammi vedere» chiese Kate, indicando l’album. «Sono un avvocato, sai. Ci sono sistemi per aiutare le donne nella tua posizione. Ho studiato e fatto uno stage in Minnesota, e se vivi davvero lì, posso metterti in contatto con alcune persone che possono aiutarti a ottenere un ordine restrittivo. Ci sono associazioni…»
«Non voglio aiuto!» Sydney la interruppe, in preda al panico. «Mi sto solo spiegando, così non farai la spia al resort. Non possiamo permettercelo.»
Sydney mise l’album nelle mani tese di Kate, poi si girò verso il letto dove Lydia si era addormentata. Andò a sistemarla meglio mentre Kate prendeva l’album e lo posava sulla piccola scrivania.
Lo aprì alla prima pagina mentre Sydney canticchiava pigramente alla bambina. Sembrava sbagliato che Kate sfogliasse le prove degli abusi di Sydney con una ninnananna che risuonava nell’aria, come colonna sonora alle immagini che mostravano lividi a forma di dita e tagli, quelli che Sydney aveva dichiarato essere incidenti.
Mentre passava da una pagina all’altra, Sydney canticchiava più forte, provocando un ronzio nelle orecchie di Kate che le dava la nausea. Immagine dopo immagine. La maggior parte era di primi piani di un corpo di donna. Una spalla ustionata, un labbro tagliato, una contusione sulla pancia.
Nessuna mostrava il volto di Sydney. Probabilmente, quindi se il libro fosse caduto nelle mani sbagliate, non sarebbe stato possibile identificarla.
«Siete stati insieme per sei mesi» disse Kate, facendo uno sforzo per non vomitare. Accidenti al suo stomaco. «Poi vi siete sposati.»
«Sì, e sono rimasta incinta in un mese» disse Sydney. «È stato un vortice.»
«La prima volta che ti ha picchiato…»
«Probabilmente ero incinta, ma non lo sapevo ancora. Eravamo già sposati» disse. «Non è stato così male quella volta. Aveva… be’, aveva bevuto un po’ e si era arrabbiato per qualcosa. Non ricordo cosa. Probabilmente un piatto nel posto sbagliato, o le luci. Lasciavo le luci accese quando uscivo da una stanza, e questo lo faceva impazzire.»
Kate si schiarì la gola, ricacciando commenti al veleno. Girò un’altra pagina. «Questo è andato avanti» disse con voce rauca «per tutta la gravidanza?»
«Un po’… niente di che, comunque» disse Sydney. «Ma sì, abbastanza da preoccuparmi. Mi prometteva che avrebbe smesso. Ho pensato che forse quando fosse nato il bambino si sarebbe reso conto che c’era qualcos’altro per cui vivere. Qualcun altro per cui lasciarmi vivere» si corresse. «Mi ha chiesto di smettere di lavorare. All’inizio pensavo fosse per amore, ma col senno di poi in questo modo mi ha reso più difficile andarmene. Probabilmente lo sapeva fin dall’inizio.»
«Ma sei riuscita a mettere via dei soldi prima di scappare?»
Sydney annuì. «Avrei voluto lasciarlo prima, ma avevo bisogno dell’assicurazione per la gravidanza. Aveva un buon lavoro, e non mi faceva mancare l’assistenza. E ogni volta che finivo in ospedale, mi comprava sempre qualcosa di carino. Era bravo a chiedere scusa.»
«Non avrebbe dovuto averne motivo» disse Kate con il veleno sulle labbra. «“Ecco, tesoro, ti ho mandato all’ospedale. Tieni un orologio d’argento.”»
Gli occhi di Sydney mandavano lampi di frustrazione. «Mi amava davvero. Mi ama ancora. Solo che non sa come gestirlo.»
«Non sembra che stia imparando, e ti ucciderà prima di farlo» disse Kate. Si alzò. «Devo usare il tuo bagno. Sto per sentirmi male.»
Kate lasciò il libro aperto e attraversò la stanza, cadendo in ginocchio davanti al water. Mentre rimetteva l’intero contenuto del suo stomaco, giurò a se stessa che non avrebbe mai più bevuto.
Ma Kate sapeva che non era questo il vero problema. Il vero problema non era lo champagne, né la giustificazione di Sydney per le azioni orribili del marito, e nemmeno il fatto che la dolce, innocente Lydia poteva andarci di mezzo se Sydney non se ne fosse andata al momento giusto. Era la fotografia sulla pagina dell’album, che mostrava una donna dal collo in giù, in avanzato stato di gravidanza, con lividi lungo tutte le cosce.
Una linea scritta con cura attraverso il fondo diceva:
2 febbraio 2018. Incinta di otto mesi.
Sono andata in ospedale per “lesioni” perché ho caricato la lavastoviglie in modo sbagliato.
Ho fatto cadere tutte le accuse perché lui ha minacciato di uccidere me e il bambino se non fossi rimasta.
Kate si rialzò da terra, sentendo una sorta di brutale desiderio primordiale di trovare l’uomo che aveva fatto questo a una giovane madre e strangolarlo con le proprie mani. Era piena di rabbia per il fatto che la legge non aveva protetto questa donna o non aveva tenuto al sicuro lei e la sua bambina. Con quella brutta sensazione di marciume nello stomaco, si passò una manica sulla bocca e si spruzzò dell’acqua sul viso.
«Non puoi continuare a scappare da lui per sempre» disse Kate, uscendo nella stanza. Si accorse che Sydney aveva chiuso il libro e la sua faccia era diventata pallidissima. «Vorrei aiutarti, se me lo permetti.»
«Mi dispiace» disse Sydney con le labbra che tremavano. «Ma è troppo tardi per aiutarmi.»
***
DETECTIVE RAMONE: Mi faccia capire bene: quattro donne prenotano un massaggio alla stessa ora, pagato da lei. Poi, le stesse quattro donne confessano tutte di aver ucciso un uomo, sostenendo di aver agito da sole. Si aspetta che io creda che sia una coincidenza?
KATE CROSS: Ho conosciuto nuove amiche, mi sono ricongiunta con alcune che non vedevo da tempo, e ho offerto a tutte un massaggio. E allora? Stavo caricando al massimo il conto della stanza del mio ex fidanzato. Se non avete niente di nuovo, possiamo concludere? È mezzanotte passata, e siamo qui da ore.
DETECTIVE RAMONE: Non così in fretta, avvocato Cross. Una di voi signore ha raccontato una storia un po’ diversa.
KATE CROSS: Ah, sì?
DETECTIVE RAMONE: Tre di voi mi hanno detto di aver ucciso un uomo colpendolo in testa con una bottiglia di vino. Una di voi ha confessato di avergli sparato.
KATE CROSS: Non dica sciocchezze. Non hanno sparato a nessuno.
DETECTIVE RAMONE: Le posso assicurare che questa sera hanno sparato a un uomo.