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Lulu si mise con cura gli orecchini di diamanti e osservò con piacere il loro luccichio. Si crogiolò nella loro brillantezza. Erano un regalo di Pierce, naturalmente, insieme all’anello di rubino al dito e alla fede nuziale di diamante di oltre tre carati. Lulu non si vergognava affatto di gradire regali costosi, soprattutto quando gli uomini che sposava potevano permetterseli.
Aveva indossato un bellissimo abito da sera dorato, sopra le righe, che probabilmente era “troppo” per una cena di prova di qualsiasi tipo, soprattutto alla sua età, ma non le importava. Poteva essere l’ultima volta che Pierce posava gli occhi su di lei. Voleva… no, aveva bisogno di sentirsi sicura di sé per la conversazione che si prospettava.
Lulu non aveva ancora deciso come affrontare la telefonata di S. Era ancora sotto choc per aver scoperto che suo marito aveva un terzo telefono. Queste cose succedevano nei film e nei libri, erano stratagemmi di criminali, adulteri e simili. Pierce non era un criminale. Era… Lulu esitava. Che cos’era? Conosceva almeno un po’ suo marito?
Dopo che quella mattina presto aveva sentito al telefono solo un segnale di linea libera, Lulu aveva pulito con cura lo schermo sull’accappatoio (Dio solo sa perché era preoccupata per le impronte digitali sul telefono di riserva del marito), prima di rimettere l’apparecchio nella tasca della valigia dove l’aveva trovato. Si era poi allontanata dalla stanza e aveva lasciato al marito un biglietto che diceva che era andata a fare colazione, e di non aspettarla in giro perché aveva in programma una giornata per sole signore alla spa.
Lulu aveva trascorso le ore successive alternando uno stato di silenzioso sgomento al ribollire di una rabbia che montava sempre di più. Poco più di un’ora prima di tornare in camera per prepararsi, Lulu aveva osservato l’atrio da un angolo appartato, nascosta da una rivista scandalistica, e aveva aspettato che Pierce scendesse per raggiungere la sua famiglia per l’ora dell’aperitivo, come lei sapeva che avrebbe fatto.
Si era sentita come una spia. Sapeva che era meschino e infantile da parte sua sorvegliare il marito a sua insaputa, ma non era ancora pronta ad affrontare l’argomento del suo telefono segreto. Francamente, non sapeva cosa dire.
Così, aveva aspettato e visto Pierce che incontrava due dei suoi fratelli al bar. Si erano dati pacche sulle spalle con quell’entusiasmo tipico dei vecchi legami familiari, che esistevano da molto prima che lei arrivasse e sarebbero rimasti anche dopo di lei.
Il padre dello sposo offrì un giro di bevute agli uomini, e Lulu vide Pierce che sorseggiava il suo whisky liscio e brindava con il padre di Arthur, festeggiando un momento felice nel loro piccolo, tranquillo club di uomini ricchi. Lulu si sentì ribollire dalla rabbia mentre guardava suo marito che si godeva la compagnia della famiglia. Non sembrava che si stesse chiedendo nemmeno per un istante dove si trovava lei.
In passato, Lulu aveva sempre apprezzato il rapporto che Pierce aveva con la sua famiglia, gentilmente distante, in poche parole. Non c’era una suocera assillante (era morta da tempo) e non c’erano richieste da parte dei fratelli di sradicare le loro vite per “dare una mano” nelle questioni familiari, a parte qualche matrimonio o funerale occasionale. E quando la famiglia Banks si riuniva, spesso era una faccenda di cibo e bevande deliziose, di facili conversazioni del più e del meno e di un premuroso scambio di regali a Natale. Era una famiglia alla quale Lulu era stata felice di unirsi. E che le sarebbe mancata.
Nonostante il brivido un po’ perverso di osservare suo marito di nascosto, Lulu si rese conto che avrebbe dovuto lasciare il suo posto per andare a prepararsi per la cena. Quando fu certa che lui era già pronto e occupato con il suo whisky, si mise gli occhiali da sole e usò la rivista per sventolarsi e nascondersi mentre tornava alla chetichella nella sua stanza. Si era lasciata una mezz’ora di tempo per prepararsi prima degli antipasti.
Mentre si passava il rossetto rosso, Lulu cercò (senza riuscirci) di combattere l’angosciante senso di perdita che la attanagliava. Sapeva di dover parlare con Pierce dopo cena. Era riuscita a evitare il marito per un giorno, ma lui si sarebbe insospettito se lei avesse fatto la stessa cosa anche il giorno dopo. Con la mano tremante, Lulu si accorse di una sbavatura di rossetto sull’incisivo superiore.
Mentre l’ora si avvicinava alla fine Lulu si passò il mascara waterproof sulle ciglia (non aveva mai pianto durante un divorzio, ma non si poteva mai essere troppo prudenti), poi si infilò in un bellissimo paio di scarpe dal tacco medio che sollevarono il suo abito abbastanza perché non toccasse terra. Si guardò allo specchio e alzò il mento con orgoglio.
In contrasto con il portamento fiero c’era quella persistente concentrazione di umidità negli occhi che proprio non voleva andarsene. Lulu tirò su col naso e riuscì abbastanza facilmente a scacciare le lacrime lasciando ribollire la rabbia che soffocò il dolore.
Ma cosa gli è venuto in mente? Stava gettando via una relazione perfetta. Lulu a un certo punto aveva pensato che ci potesse essere un’altra donna nella vita di Pierce, ma non ci aveva mai creduto. Non prima di aver sentito quella voce. Poi, tutto era crollato, facendola sprofondare nella realtà.
Con un pizzico di rimpianto, Lulu si chiedeva se i suoi precedenti mariti avessero provato le stesse cose che lei provava ora, prima che lei ponesse fine ai loro matrimoni. Ma no, non poteva essere la stessa cosa. Da quando si era sposata con Pierce, si era trovata ad accettare l’idea dell’anima gemella, la nozione spirituale di un unico vero amore. Non avrebbe sofferto così tanto se Pierce non fosse stato destinato a lei, se non fossero stati fatti l’uno per l’altra. Non aveva mai sofferto così prima d’ora. Perché lui non lo capiva?
Con un ultimo tocco all’angolo dell’occhio, Lulu partì verso l’ascensore armata di un fazzoletto in più nella pochette e di un palloncino di rabbia che le gonfiava il petto. Quando entrò nell’ascensore, guardò i pulsanti dell’attico. Con una piccola smorfia, Lulu pensò che se lei e Pierce fossero stati in buoni rapporti, gli avrebbe gentilmente suggerito di prendere una stanza lassù, in modo che potessero passare le loro serate avvinti l’uno all’altra mentre guardavano le luci scintillare in lontananza. Invece, premette il pulsante del piano terra.
Uscii dall’ascensore e si avviò lungo in corridoio, seguendo diversi cartelli che indicavano la direzione di un’elegante sala da ballo in bei caratteri. Passò sotto un delicatissimo arco di rose e si fermò davanti a una squisita tavola imbandita con biancheria di pizzo bianco e bicchieri di champagne rosato che gorgogliavano allegramente su un vassoio.
Una donna in tacchi a spillo si aggirava con l’autorità del presidente degli Stati Uniti, abbaiando in un auricolare che servivano più tartine, subito! e correndo con i gomiti fuori come pugnali. Indossava un elegante vestito nero che si adattava al suo corpo chiaramente affamato e un choker nero dall’aria vagamente perversa.
Miranda Rosales, pensò Lulu. Poi, sentì qualcuno chiedere il suo nome e si voltò, mentre un uomo in giacca e cravatta si presentava come Ralph. Poi le ripeté la domanda.
«Lulu Franc,» disse «anche se nella lista degli ospiti potrei essere sotto il nome di mio marito, Pierce Banks.»
«Ah, sì» disse Ralph in tono formale ed efficiente. «È arrivato circa cinque minuti fa con diversi membri della famiglia Banks. Ci ha preannunciato il suo arrivo: una splendida giovane donna di nome Lulu.»
Lulu alzò gli occhi al cielo, ma le fece molto piacere quando Ralph le fece un occhiolino giocoso e le passò un bicchiere di champagne. All’inferno S! Lulu amava ancora Pierce. Amava il modo in cui lui la riempiva di doni, di attenzioni e di amore. Amava il fatto che la sua educazione formale gli imponesse di sottolineare la sua bellezza ogni volta che poteva, di aprirle le portiere delle macchine nei casi in cui lei non lo faceva per prima, con un gesto impaziente.
Forse gli avrebbe chiesto il nome completo dell’altra donna dopo aver confessato a Pierce di aver trovato il suo telefono segreto e di averle parlato. E poi forse Lulu l’avrebbe strangolata (probabilmente no, perché aveva sentito che lo strangolamento richiedeva molta forza, ma l’idea in un certo senso l’attirava).
Lulu entrò nell’area che era stata elegantemente decorata per la cena di prova. Con uno sguardo, calcolò che la serata doveva essere costata alla famiglia Banks più di quindicimila dollari come minimo. Ghirlande di perle e luci scintillanti decoravano il soffitto a volta, mentre lampade bianche simili a marshmallow diffondevano un’atmosfera romantica, una specie di bagliore soffice.
Un’orchestra di sette elementi tutti vestiti di bianco suonava in fondo alla sala davanti a una pista da ballo libera. I camerieri, anche loro vestiti di bianco, portavano in giro vassoi carichi di bocconcini talmente minuscoli che non avrebbero sfamato nemmeno uno scoiattolo.
Lulu amava il denaro. Amava i matrimoni. Amava l’amore, ma questo era spendere per il gusto di spendere. Se quello fosse stato il matrimonio di Lulu, lei avrebbe fatto a pezzi la prepotente wedding planner e avrebbe scelto uno stile un po’ più rilassato. Per l’amor di Dio, era solo un matrimonio. Era questione di un giorno.
Avrebbe assunto un quartetto jazz e riempito di ospiti la pista da ballo. Avrebbe girato per la sala con il marito al braccio, salutando i suoi ospiti, mangiucchiando tartine, bevendo aperitivi. Un matrimonio era una cosa da amare e da gustare. Nel suo caso, un certo numero di volte.
Invece, gli sposi erano pudicamente seduti al loro tavolo, e ascoltavano la wedding planner con un orecchio e gli ospiti con l’altro. Sembrava che non fosse permesso loro di mangiare, a giudicare dai piatti vuoti e dal corsetto attorno al petto di Whitney. Lulu aveva la sensazione che i bottoni della povera sposa sarebbero esplosi al primo morso di formaggio.
Prima di quel giorno, Lulu non aveva trascorso più di qualche minuto nella stessa stanza di Whitney DeBleu, anche se si era imbattuta in lei una o due volte nelle grandi riunioni di famiglia. Aveva interagito con lei abbastanza da sentirsi qualificata per dire che la sposa era una giovane donna piuttosto carina, fine. Lulu si chiese per un attimo se fosse stata un’idea sua o di Arthur quella di avere un budget pari all’ammontare del debito nazionale per quei festeggiamenti.
Al di là della sala da pranzo molto decorata (candele, lampadari, dolciumi, oh, cielo!) si trovava un ampio patio chiuso al resto dei clienti. Lulu andò subito da quella parte per prendere una boccata d’aria fresca. Il suo tempismo fu impeccabile; mentre si girava, vide uno dei fratelli di Pierce che si avvicinava e riuscì a evitare di incrociarlo. Non era in vena di chiacchiere.
Lulu era lì per uno scopo. Mettere su una maschera coraggiosa fino al dessert, e poi strappare delicatamente la verità dalle labbra del marito. Dopo di che, be’… avrebbe dovuto giocare d’anticipo. L’aria all’esterno conservava ancora il torrido calore diurno del deserto, ma con il tramonto stava arrivando anche dell’aria più fresca da oltre i bordi del patio. Il cemento era circondato da una siepe di sansevieria trifasciata, comunemente conosciuta come lingua della suocera, Lulu lo sapeva. Un nome adatto all’occasione. Lulu sapeva tutto sulle suocere. Ne aveva avute un sacco.
All’estremità del patio, appena oltre uno scintillante laghetto di carpe koi, si trovava un grazioso cancello bianco dall’aspetto antico. Da lì partiva un sentiero che si addentrava nella penombra più profonda. Lulu andò da quella parte, notando la piattaforma di legno proprio dall’altro lato della siepe, che era stata allestita come un palcoscenico.
Il personale del resort si era preparato tutto il giorno per le imminenti nozze, e si vedeva in ogni dettaglio. Sedie legate con nastri bianchi e leggeri intorno a tavoli ricoperti di fresca biancheria, tessuti che ondeggiavano quasi impalpabili nella brezza. I centrotavola non erano ancora stati sistemati, ma Lulu vide una rastrelliera di bottiglie di vino che dovevano essere scaricate vicino a un alto pergolato: le stesse bottiglie personalizzate che erano state regalate agli ospiti nei cestini di benvenuto.
Lulu tremava per il vento dolorosamente fresco mentre guardava il cortile abbandonato che, alle prime luci dell’alba, si sarebbe trasformato in un paese fantastico che la maggior parte delle donne poteva solo sognare nel giorno del matrimonio. Per ora, però, non c’era un’anima fuori.
«Sei bellissima.»
Lulu sobbalzò e si portò al petto la mano inanellata di rubini. «Pierce! Mi hai spaventato.»
«È tutto il giorno che mi eviti.» I suoi occhi erano seri, malinconici nel viso abbronzato, altrimenti bello. «Perché?»
«Per favore, non parliamone adesso.» Lulu sentì un brivido improvviso mentre guardava i lineamenti fermi del marito. Non aveva mai notato la durezza della sua mascella, né il modo in cui i suoi occhi brillavano al chiaro di luna. «È quasi ora di cena.»
Pierce non rispose. Invece, si guardò le mani e giocherellò con la fede nuziale all’anulare. Lulu si irrigidì e si chiese all’improvviso come avesse potuto essere così stupida. Lui lo sa.
Certo che Pierce lo sapeva. Se si aspettava una chiamata da S, alla fine doveva aver controllato il suo telefono. Ci sarebbero voluti due secondi per guardare il registro delle chiamate e vedere la risposta a una chiamata in arrivo. Avrebbe capito che il telefono era stato trovato, e logicamente l’unica persona che avrebbe potuto scoprirlo era sua moglie.
Lulu si rimproverò mentalmente: aveva pensato a cancellare le sue impronte digitali dal telefono, ma non il registro delle chiamate? E anche se l’avesse fatto, sarebbe stata solo una questione di tempo prima che S chiamasse di nuovo, o prima che Pierce si accorgesse del silenzio e le telefonasse. Non ci sarebbe voluto più di un secondo ai due conniventi per mettere insieme due più due. L’unica domanda che rimaneva era… cosa pensava di fare Pierce?
«Pierce» disse Lulu, sforzandosi di rimanere calma nonostante il battito cardiaco accelerato. «Per favore, possiamo discutere di tutto questo più tardi? Non voglio essere agitata davanti alla tua famiglia. Concentriamoci sulla cena e poi possiamo fare una chiacchierata in privato.»
«Come desideri.» La risposta di Pierce fu neutra, calcolata. Si avvicinò a Lulu, costringendola a indietreggiare contro il cancello. Alzò una mano, le sfiorò la guancia con un dito.
Lei si chiese se lui poteva sentirla tremare.
La sua voce uscì in un sussurro. «Hai davvero un aspetto magnifico. Sono bellissimi quegli orecchini.»
Lulu toccò un diamante, costringendo le dita a smettere di tremare. «Li hai scelti tu.»
«Me lo ricordo.» Lo sguardo di Pierce era pieno di luce, immobile su di lei. «Ti fanno risaltare gli occhi.»
Al momento giusto, una campanella suonò all’interno della sala. Lulu si stupì del suo stesso sollievo mentre Pierce distoglieva il suo sguardo intenso e si voltava indietro. Qualcun altro era uscito nel patio per fumare. Lulu non era mai stata così sollevata di avere compagnia.
Pierce afferrò la mano di Lulu con fermezza e rientrò, fermandosi a salutare con scrupolosa cautela una pletora di familiari, presentando Lulu con lusinghe e grazia. Le scostò la sedia dal tavolo. Le sussurrò all’orecchio e le posò una mano premurosa sulla coscia. Era l’immagine di un marito perfetto.
Lulu superò il primo giro di antipasti prima di sentir montare il panico. Quelle luci soffuse sembrarono affievolirsi scurendosi agli angoli. La sala era affollata, e il mormorio delle voci sembrava assordante. Un cameriere le chiese se voleva che le riempisse il bicchiere, e lei fece una smorfia, scosse la testa e spinse indietro la sedia.
«Ho bisogno di un po’ d’aria» disse improvvisamente al marito. «Scusa, non seguirmi. Ci metterò solo un minuto.»
«Dove stai andando?»
«Fuori» disse. «Aspetta qui.»
Pierce la guardò negli occhi. «Non credo sia una buona idea.»
***
DETECTIVE RAMONE: Mi racconti la cena di prova.
LULU FRANC: Gli addobbi e il cibo erano straordinari. Sono sicura che la famiglia abbia speso una fortuna per tutto questo. Se avessi fatto lo stesso per i miei matrimoni, sarei ancora indebitata.
DETECTIVE RAMONE: Cosa è successo dopo cena? Quando è tornata nel patio?
LULU FRANC: Non ho finito la cena. A metà sono uscita a prendere una boccata d’aria fresca, ed è stato allora che tutto è andato a rotoli.
DETECTIVE RAMONE: Chi altro c’era?
LULU FRANC: C’ero io e, be’, Sydney. Era già priva di sensi.
DETECTIVE RAMONE: Sydney era priva di sensi quando è arrivata?
LULU FRANC: Sì, e c’era un uomo in piedi accanto a lei. Ero convinta che l’avesse colpita abbastanza forte da farla svenire perché aveva del sangue sulle nocche e la testa di Sydney sanguinava. Le ferite alla testa sanguinano molto.
DETECTIVE RAMONE: C’era anche la bambina?
LULU FRANC: No.
DETECTIVE RAMONE: Dov’era?
LULU FRANC: Non lo so.
DETECTIVE RAMONE: C’è un altro piccolo dettaglio della sua storia che non ha senso per me, signora Franc. Quando la sicurezza è arrivata sul posto, non c’era nessuna donna svenuta. Se Sydney era ferita così gravemente, allora dov’è andata? E come ha fatto a scappare?