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«Oh, Poppy» disse Ginger, strofinando la schiena della figlia. «Ti avevo detto di non mangiare troppo gelato.»

«Ma…» Il labbro di Poppy tremava. «Era gratis.»

«Non devi mangiare tutto solo perché è gratis.»

«S-sì, invece. Ci fa risparmiare soldi. Non abbiamo mai abbastanza soldi» disse Poppy. «Questo è quello che dici sempre a papà.»

«Tesoro, è un modo di dire» disse Ginger. «Abbiamo un sacco di soldi per vivere. Non preoccuparti. Ho bisogno che tu ti riposi qui con papà e Tom mentre io faccio un salto alla cena. Saluto gli sposi e poi torno a mettervi a letto.»

«Va bene» disse Poppy, tirando un enorme sospiro e infilandosi il pollice in bocca. Non lo faceva più da anni, ma tornava alla vecchia abitudine quando non era in forma. «Elsie tornerà?»

«Ti manca davvero tua sorella?»

Poppy si strinse le spalle.

«Elsie viene con me alla cena, e poi tornerà» disse Ginger. «Okay, ora mettiti sotto le coperte. Tom, comportati bene.» Tom annuì, rannicchiato sulla sedia d’angolo in una posizione molto scomoda. Aveva una gamba incrociata sul ginocchio ed era stravaccato sulla poltrona, con gli occhi incollati allo schermo del suo tablet.

«Bene. Vi voglio tanto bene» disse Ginger, schioccando baci sulle loro teste. «Anche a te» disse, dando un bacio sulla fronte a Frank. «Sei sicuro che non ti dispiace che vada da sola?»

«Muori, Tom!» gridò Frank al tablet. «Accidenti, ma come sei uscito da lì? Ti ho insegnato troppo bene. Mi stai prendendo a calci nel sedere.»

Ginger si rialzò, inorridita. «Vi tolgo i tablet se non riuscite a controllarvi. Non voglio sentire parlare di morte!»

«Scusa, tesoro» disse Frank, colpevole, con gli occhi da cane bastonato. «Divertiti. Ehm… hai detto qualcosa?»

«Lascia perdere» rispose. «Torno tra un’ora. Ti amo. Controlla come sta Poppy, e chiamami se cambia qualcosa.»

«Certo, tesoro» disse Frank, e riprese a concentrarsi sulla partita mentre Tom lanciava un lamento disperato.

«Dài, papà» disse Tom. «Mi hai spinto giù da quel dirupo, l’hai fatto apposta!»

Poppy ignorava entrambi i ragazzi (quello piccolo e quello grande) per guardare Olaf cantare sul set di Frozen sullo schermo del grosso televisore.

Ginger sorrise affettuosamente al suo disastro di famiglia. Ora doveva solo far rientrare Elsie alla base, e tutto sarebbe tornato a posto nel nido degli Adler.

Ginger aveva chiamato e mandato sms a Elsie per tutto il pomeriggio, e sua figlia aveva risposto molto sinteticamente che era viva e che si stava divertendo molto… senza sua madre. Quando Ginger aveva chiamato per dire che Poppy stava male e che non avrebbe avuto il tempo di salire da Kate prima di cena, Elsie probabilmente aveva gridato di gioia.

«Buonasera» disse Ginger, un po’ senza fiato, mentre si toglieva dal viso una rosa errante prima di infilarsi sotto un arco fiorito. Si fermò davanti alla guardia di sicurezza, un uomo dalla faccia rossa di nome Ralph. «Scusi il ritardo. Mi chiamo Ginger Adler, sono un’amica della sposa.»

Ralph la squadrò da capo a piedi. «Mi dispiace, ma non posso farla entrare.»

Ginger lo guardò, offesa. Aveva indossato un bel vestito blu scuro che pensava la facesse sembrare un po’ un marinaio di classe. (Frank aveva particolarmente apprezzato quell’immagine l’ultima volta che l’aveva indossato, pensò Ginger arrossendo.) Era molto meglio dei suoi normali pantaloni della tuta e della sua felpa.

«Come, scusi?» Ginger scosse la testa, non capì. «Sono sulla lista. Non ho attraversato il paese in aereo per non vedere Whitney DeBleu.»

«Signora, una Ginger Adler ha già fatto il check-in» disse Ralph. «Non ci sono due Ginger Adler sulla lista.»

«Deve esserci un errore» disse Ginger. «Ecco la mia patente.»

Ginger tirò fuori la patente e la consegnò, mentre le orecchie di Ralph diventavano sempre più rosa.

«Se c’è un’altra Ginger Adler qui, è lei quella falsa» disse Ginger. «Si ricorda che aspetto aveva?»

«Sexy» blaterò Ralph, quasi come se non avesse alcun controllo sulle sue parole. «Era una bella donna, un po’ più giovane di lei. È venuta qui con una ragazza che pensavo fosse sua figlia, anche se non sembrava abbastanza grande per avere una figlia adolescente.»

«Accidenti, Kate» ringhiò Ginger. «È una mia amica. La faccio uscire io. Credo che volesse accompagnare mia figlia alla festa perché hanno passato il pomeriggio insieme.»

«La chiamo io» disse Ralph, con gli occhi che brillavano. «Non è un problema.»

«Non può lasciare il suo posto» osservò Ginger. «E per la cronaca, lei è più vecchia di me. Capito? Abbiamo tutte e due trentotto anni, ma lei ha qualche mese in più.»

Ralph sembrava sorpreso dai numeri, ma non troppo. Come se alzare il sopracciglio richiedesse troppo sforzo. «Se non sarà qui tra qualche minuto, chiamo la sicurezza.»

Ginger entrò, scorse Whitney e Arthur accanto alla parete di fondo, dietro il tavolo degli sposi, immersi nella conversazione con alcuni ospiti. Ginger continuò la sua scansione, cercando Elsie. Dopo aver localizzato sua figlia, si sarebbe occupata di Kate. Sistemate tutte e due, avrebbe fatto un giro per la sala, salutato tutti e sarebbe tornata in tempo per l’ora di andare a letto.

Perché Kate aveva mentito per entrare qui? Ginger ci pensò su. Il suo ex era davvero così stronzo da tentare di cancellarla dalla lista degli ospiti alla cena di prova? Sembrava un po’ ridicolo, visto che Kate era ospite della sposa. Non ci sarebbe voluta più di una parola con Whitney per mettere le cose in chiaro, ma forse Ginger non aveva colto il punto. Forse Maximillian Banks era proprio così sgradevole.

Vide Lulu per prima, in piedi a un tavolo accanto al marito, e si chiese se si fossero già chiariti. Era difficile da dire. Lo sguardo sul volto di Lulu non era felice, e nemmeno il modo in cui si alzò e attraversò la sala verso l’uscita posteriore. Spinse una grande porta a vetri e un soffio d’aria fresca entrò nel salone.

Ginger la seguì mentre qualcuno iniziava a battere delicatamente una posata su un bicchiere di champagne. La futura sposa e il futuro sposo si alzarono e si scambiarono un bacio romantico che in qualsiasi altra occasione avrebbe fatto sdilinquire Ginger, spingendola a dare di gomito a Frank. Poi lui le avrebbe bonariamente dato un bacio altrettanto degno di uno svenimento, e dopo avrebbero avuto le convulsioni per le risate.

Quanto amava Frank. E i suoi figli. Dov’è Elsie? C’era qualcosa che non andava. Niente di concreto, però. Era come un tremito nell’aria, la certezza che tutto l’amore di cui quel salone traboccava fosse controbilanciato da un’oscurità paragonabile, nascosta non troppo lontano.

A quel punto Lulu la vide e si fermò sulla porta, tenendola aperta. Ma gli occhi di Lulu erano concentrati su qualcosa dietro a Ginger.

Ginger si voltò e vide Kate che si precipitava verso il patio esterno, e notò che non aveva un bell’aspetto. I suoi occhi erano velati come se avesse pianto, ma non poteva essere vero. Kate non era una piagnucolona. Ma il suo trucco era sparito, e c’era una sorta di cruda determinazione sulla sua faccia.

«Kate?» disse Ginger, ma c’era troppo rumore nella stanza e Kate non la sentì.

«Ehi, Ginger» disse Lulu mentre lei passava attraverso la porta aperta. «Cerchi Elsie?»

«Sì» disse Ginger. «L’hai vista? E Kate sta bene? Sembra sconvolta.»

«Credo che Elsie sia fuori» disse Lulu, e poi abbassò la voce quando Kate si avvicinò. «Non ho ancora parlato con Kate stasera. Sembra che tutti se la stiano passando male.»

«E tu che mi dici?»

Lo sguardo di Lulu si incupì. «Non ne sono del tutto sicura.»

«Kate, dove…» Quando Ginger si voltò verso Kate, le sue parole furono soffocate da un urlo.