22

Emily era sul sentiero sabbioso, con un paio di enormi occhiali da sole che nascondevano gli occhi iniettati di sangue. Fece un mezzo salto mortale quando vide una mini Ginger che passeggiava lungo il sentiero. Nonostante la nebbia della sera precedente, Emily ricordò che la figlia di Ginger si chiamava Elsie. Elsie Adler, pensò, guardando l’adolescente dinoccolata fissare esasperata il padre che le lanciava un pallone troppo in alto.

Buttandosi un telo da spiaggia sulla spalla, Emily bevve una sorsata di un orrendo smoothie di cavolo nero che aveva dovuto correggere con la vodka del minibar. Cercò di analizzare i sentimenti nel suo stomaco, ma erano mischiati ai postumi della sbornia della sera precedente e all’alcol di quella mattina, e non le piacque quello che trovò. Non solo le sue emozioni erano un casino, ma anche i suoi pensieri non scherzavano. Non riusciva a scrollarsi di dosso il mantra che aveva iniziato a suonare a ripetizione.

Dovrebbe esserci anche Julia.

Sua figlia doveva essere lì a spettegolare sui ragazzi con Elsie, o ad abbronzare le sue goffe membra da adolescente alla luce del sole, o a fare la sarcastica con la madre perché la controllava troppo, perché era fastidiosa e antica.

Emily non si sarebbe lamentata di Julia come Ginger di Elsie; si sarebbe crogiolata nella gioia di essere madre.

«Non lo recupero io il pallone» sbottò Elsie. «Vado a cercare la mamma.»

«Ehi, Emily!» Frank Adler salutava con la mano sopra le teste dei suoi figli. «Non ti ho ancora salutato.»

Emily si sistemò gli occhiali sul naso e finì il resto del frullato per darsi forza. Era difficile capire cosa provare per Frank. Emily voleva odiarlo per la parte avuta nella distruzione della sua amicizia con Ginger, ma non era del tutto colpa sua. La colpa era in ugual misura di entrambi. Inoltre, Frank era troppo difficile da odiare, con quel suo enorme cuore e il sorriso gigantesco.

«Ciao, Frank.» Emily si avvicinò di un centimetro. Era il massimo della cordialità che riusciva a mettere insieme con solo due shot di vodka. «Hai un bel clan qui fuori.»

«Sono i migliori.» Frank si interruppe. «Tom, vai a prendere il pallone da calcio prima che si perda. Elsie, vieni a conoscere una vecchia amica di tua madre.»

Prima che Emily potesse salutare il branco degli Adler, Frank si precipitò a prendere in braccio una ragazzina ridacchiante. Se la mise in spalla poi andò a stringere la mano a Emily, mentre la bambina dondolava come un pendolo dietro la sua schiena, ridendo in un modo stridulo che faceva male alle orecchie delicate post sbornia di Emily.

Emily ricambiò la stretta, mentre Frank, del tutto tranquillo, continuava a parlare con una bambina appesa come un sacco di patate sulla schiena. Emily non era sorpresa. Sia lei che Ginger sapevano che Frank avrebbe calzato la paternità come un guanto da baseball usato. Frank era nato per essere padre.

«Conoscevi mia madre quando era giovane?» Elsie si teneva a distanza di sicurezza dal padre e guardava Emily in modo curioso. «Mia madre aveva delle amiche?»

«Tua madre era scoppientante» disse Frank con un fischio. «Lo è ancora. Solo noi la costringiamo a comportarsi come una persona responsabile. Non è vero, Poppy?»

La piccola emise un altro grido mentre Frank le faceva il solletico. Nel secondo successivo, un pallone da calcio attraversò il campo di sabbia e atterrò a un centimetro dall’alluce di Emily. Qualche grado a nord, e le avrebbe fatto cadere il cocktail dalle mani.

«Tom, e dài. Te l’ho già detto» urlò Frank. «Non lanciare palloni a casaccio.»

«Va bene» mentì Emily. «Sono ragazzi.»

Frank annuì felice, senza minimamente accorgersi della frustrazione di Emily. Lanciò Poppy in aria prima di metterla a terra, poi la sfidò in una gara per raggiungere Tom.

Solo Elsie rimase indietro, fingendo di guardare i suoi fratelli e il padre, ma in realtà lanciava sguardi a Emily ogni volta che pensava che lei non la notasse.

L’interesse era reciproco. Dal momento in cui Elsie si era avvicinata, Emily non era riuscita a smettere di guardarla. Assomigliava davvero tanto a Ginger, senza i capelli grigi e le rughe di stress sulla fronte. Il cuore di Emily ebbe un sussulto, immaginando una versione più giovane di se stessa lì sulla spiaggia. Si chiedeva se Julia ed Elsie sarebbero state amiche come lo erano state lei e Ginger molto tempo prima.

«Hanno sempre così tanta energia?» La voce di Emily si ruppe. Non si sentiva bene e sapeva di fissare troppo Elsie. La telefonata con Sharleen non era andata molto bene, ecco spiegato il minibar vuoto nella sua stanza.

Elsie fece una smorfia. «È terribile, vero?»

Emily le offrì un sorriso. «Non volevo dire questo.»

«Ti piaceva davvero mia madre al college?»

«Sì, molto» disse Emily. «Siamo state buone amiche per un bel po’ di tempo.»

«Ma non lo siete più.»

Emily guardò Elsie. Era strano come la sua esistenza sembrasse naturale. Quando Emily e Ginger erano all’università, per entrambe i figli erano qualcosa di lontano e impossibile, una macchiolina all’orizzonte, e certamente non qualcosa che potesse diventare reale. O meglio, qualcuno.

Ma guardando Elsie, vedendo l’accenno di curiosità che aveva ereditato da Frank, insieme alla bellezza che sicuramente sarebbe diventata grazie a Ginger, Emily si chiese come avesse mai dubitato che Frank e Ginger sarebbero finiti insieme. Come aveva potuto fare un errore così stupido che aveva quasi distrutto tutto. Elsie era così reale, così tangibile e unica, era come se i suoi genitori fossero stati attirati insieme solo per la sua creazione.

Emily finì il resto del suo frullato e desiderò disperatamente di poter riempire di nuovo il bicchiere mentre rifletteva sulla domanda di Elsie.

«No, non siamo più esattamente amiche» disse Emily. Era troppo ubriaca o troppo stanca per mentire. «Si potrebbe dire che ci siamo perse di vista dopo il college.»

«L’avevo pensato» disse Elsie. «Visto che ti chiama stronza. Ma solo quando pensa che non la senta nessuno.»

Emily inspirò. «Sì, be’… Almeno voi ragazzi siete sinceri.»

«Che cosa è successo tra voi?»

Emily ripensò a Frank, e a Daniel, e al casino che aveva fatto, poi guardò Elsie. «Tua madre ti racconterà la storia quando sarai più grande.»

«Perché tutti pensano che sia piccola?» Elsie sparò un’occhiataccia scura in direzione della spa. «Mia madre mi punisce come se fossi un’adulta e poi mi tratta come se avessi l’età di Poppy. Non è giusto.»

«Che cosa intendi dire?»

«Non capiresti.»

«Mettimi alla prova» disse Emily, poi alzò il suo bicchiere vuoto. «Sono pronta ad ascoltare. E sai che tua madre non mi approva, quindi ecco fatto. Non è forse questo che gli adolescenti amano fare? Andare contro il volere dei genitori?»

Emily si sentiva un po’ male a giocare con la mente di Elsie, ma era troppo curiosa di studiare la figlia di Ginger per mollarla così in fretta. Voleva capire come sarebbe stata Julia, con quali problemi avrebbe potuto avere a che fare se fosse vissuta. Quando Elsie parlava, Emily cercava di immaginare sua figlia e di far finta che fosse lì. Solo una madre e una figlia che si ritrovano sulla spiaggia, a parlare dei drammi del liceo.

Emily vide che Elsie ci pensava su, e capì il momento in cui la ragazza decise di fidarsi di lei. O almeno di vendicarsi di sua madre confidandosi con l’arcinemica di Ginger. Lo stratagemma di Emily aveva funzionato. Non aveva alcun rimorso.

«Questo è il problema.» Elsie toccò la sabbia con le infradito, poi si guardò alle spalle per assicurarsi che nessuno fosse a portata d’orecchio. «Lei non mi ascolta. Mai. Ora mi sta punendo per… Be’, è stupido. E super imbarazzante.»

«Ho sentito qualcosa» disse Emily in modo vago.

«Ci credo. Perché mia madre parla con tutti tranne che con me dei miei problemi.»

«Mettimi alla prova» ripeté Emily. «Ti assicuro che non mi faccio sconvolgere da nulla.»

«Mia madre pensa vada in giro… con i preservativi.» Elsie guardò Emily in attesa di una reazione, e poi sembrò delusa quando non ne arrivarono. Abbassò la voce a un sussurro. «Sì, insomma… per fare sesso.»

Emily scrollò le spalle. «E quindi?»

«E non è vero! Voglio dire, erano nella mia borsa, ma non erano miei.»

«E se anche lo fossero?»

«Non ho nemmeno sedici anni. Non ho nemmeno…» Elsie strinse i pugni. «Non ho nemmeno tenuto la mano a un ragazzo.»

«Be’, tua madre probabilmente è preoccupata che tu faccia gli stessi errori che ha fatto lei.»

«Che tipo di errori?»

Emily si rese conto un attimo troppo tardi di dover procedere con cautela, o avrebbe potuto benissimo insinuare che Elsie stessa era stata in qualche modo una «piccola sorpresa felice», come l’aveva amorevolmente chiamata Frank.

«Cosa ne so?» borbottò Emily. «Come ho detto, non ho figli. Ti sto dicendo solo stronzate. Perché porti con te i preservativi se non vuoi fare sesso?»

«Me li ha dati una ragazza dell’ultimo anno durante il pranzo. Non sapevo cosa fare, così li ho nascosti in una tasca che non apro mai e che mia madre non vede mai. Ero in mensa quando è successo, non è che potessi buttarli davanti a chiunque. Poi credo di averli dimenticati fino a quando il mio zaino si è strappato sull’aereo.»

«Ah.»

«Comunque, la ragazza che me li ha dati si chiama Phoebe.» Elsie scosse la testa e fece la faccia da tipa tosta, anche se Emily intravide un’ombra di vulnerabilità. «È la ragazza più popolare della scuola. La capo cheerleader. Presidente del consiglio degli studenti. La regina del ballo. Comunque, quest’anno ho deciso di fare il provino per la squadra delle cheerleader.»

«L’hai detto a tua madre?»

«No.» Elsie si accigliò. «Non capirebbe. Pensa che fare la cheerleader sia stupido. Poi non è che abbia i soldi per comprarmi un’uniforme.»

«Come spiegheresti gli allenamenti?» insisté Emily. «Dovresti passare un sacco di tempo a scuola a imparare le coreografie e ad andare alle partite.»

«Mia madre lavora molto. Di solito non torna a casa fino a tardi, quindi non se ne accorgerebbe. Mio padre è simpatico e tutto il resto, ma non sa niente di quello che faccio a scuola. Se dicessi che partecipo a un gruppo di studio, risolverei il problema. Suppongo che se a un certo punto lo scoprissero, sarebbe già troppo tardi per farmi smettere.»

«E le spese?»

«Ho risparmiato. Ho i soldi dei regali di compleanno» disse Elsie. «Tanto non mi devo comprare niente: i libri li prendo in biblioteca e l’unica cosa che mia madre mi permette di fare per divertimento, praticamente, è leggere.»

«Sembra che tu abbia pianificato tutto.» Emily scrollò le spalle. «Buona fortuna. Sono sicura che andrai benissimo ai provini. Se assomigli un po’ a tua madre, sarai a capo di quella squadra prima della fine della stagione.»

Elsie la guardò stupita, poi scoppiò a ridere. «Sai, non credo che tu sia… Be’, non so perché mia madre non sia più tua amica. È facile parlare con te.»

Emily faticò a trovare la risposta giusta. Aveva la testa leggera per l’alcol a stomaco vuoto, e la sensazione di conversare con una copia carbone della “giovane Ginger” la costringeva a rivivere anni ormai dimenticati. Anni che dovevano rimanere alle sue spalle.

«Ha le sue ragioni.»

«Stupide, probabilmente» disse Elsie. «Preferisco parlare con te che con mia madre.»

Emily sentì una stretta allo stomaco e un’ondata di senso di colpa scivolò lungo la sua spina dorsale per quel primo colpo sferrato a Ginger. Emily si chiedeva cosa avesse spinto Elsie ad aprirsi a lei, se fosse stata davvero la sua strategica scelta di parole, o se era stato qualcosa di più. Forse era il fatto che fosse evidentemente una pessima adulta a far venire voglia a un’adolescente di confidarsi con lei?

Per quanto grandi fossero i problemi di Elsie, probabilmente si sentiva sicura nel sapere che Emily era più disfunzionale di lei.

Emily era pronta a scommettere che Elsie poteva percepire la sua instabilità e si sentiva più a suo agio intorno a un disastro come lei rispetto a qualcuno come Ginger o Kate o Lulu, donne con una vita ordinata, organizzata e brillante. La vita adolescenziale non era ordinata, organizzata e brillante, e nemmeno Emily.

Emily si chiese per un attimo se Julia si sarebbe sentita allo stesso modo, o se, se le cose fossero state diverse, la sua stessa figlia avrebbe potuto sfogarsi con qualcun altro, qualcuno come Ginger, per vendicarsi di sua madre. Non importa, pensò Emily, perché non succederà. Non avrebbe mai discusso degli uccelli e delle api, dei ragazzi e delle riviste, degli abiti da ballo o degli abiti da sposa con sua figlia. Perché aveva fallito come madre.

«Mi piace ascoltarti» disse Emily, con una voce stranamente gutturale per l’emozione repressa. «Anche se non sono ancora del tutto sicura di cosa c’entrino i preservativi o del perché qualcuno te li abbia dati.»

«Be’, Phoebe ha sentito che sono l’unica che voleva entrare in squadra a essere ancora…» Elsie sembrò all’improvviso ustionata dal sole per l’imbarazzo. «Sì, insomma…»

«Vergine?»

«Sì» disse Elsie. «Phoebe è quella che ha infilato i preservativi nella mia borsa. Credo che stesse cercando di aiutarmi, ma non sono proprio… non mi interessa. Avevo intenzione di mentire a Phoebe al ritorno. Se le dico che ho fatto delle cose con uno dei ragazzi dei vicini che non frequenta la nostra scuola, non potrà verificare la mia storia, e non dovrò preoccuparmi di essere quella strana.»

«Tua madre era molto preoccupata che tu vedessi qualcuno a sua insaputa» disse Emily. «Probabilmente si sentirebbe sollevata ad ascoltare la verità da te.»

«Posso cavarmela da sola. Non dirle niente, okay?» disse Elsie con ansia. «Per favore.»

Emily agitò una mano. «Non spetta a me dire niente di tutto questo. Anche se spero che tu sappia che non dovresti sentirti costretta a fare sesso prima di essere pronta.»

«Certo che lo so! Non sono un’idiota. E voglio aspettare finché… be’, di essere innamorata.» Elsie fissava il cielo come se le facesse male ammettere una cosa del genere. «Phoebe stava solo cercando di aiutarmi. Non l’ha fatto per cattiveria.»

«Se lo dici tu» disse Emily. «Anche se questa Phoebe sembra un po’ incauta. Non è il tipo di amica con cui vorrei passare il mio tempo.»

«È il liceo» disse Elsie miseramente. «Tutti sono incauti.»

Emily non avrebbe potuto essere più d’accordo, ma non aveva più argomenti. La loro conversazione stava diventando troppo reale, troppo personale.

«Be’, dovrei proprio cercare le altre signore. Penso che un’altra delle nostre vecchie amiche… Kate, quella che ci sta salutando, stia facendo l’appello per i massaggi, e mi prenderò una pallottola nel cervello se non collaboro.»

«Un’altra amica dei tempi del college di mamma? Vengo con te» disse Elsie, sorprendentemente allegra. «Mi annoio.»

«Dovresti dirlo a tuo padre, forse?»

«Ciao, papà!» urlò Elsie. «Vado con Emily a cercare la mamma e a conoscere le altre amiche.»

Emily trovò un comodo cestino della spazzatura per buttare il suo frullato mentre si dirigeva verso il gruppo delle donne vicino alla piscina. Aveva sorpreso Lulu mentre la guardava la sera prima, ed Emily sapeva, ne era certa, che Lulu sospettava che ci fosse qualcosa che lei non aveva detto. Una secchiata di roba alcolica di mattina l’avrebbe sicuramente insospettita. Se c’era una cosa che Emily aveva imparato negli ultimi anni, era fingersi sobria. Purtroppo, questo non contava molto sul curriculum.

«Sei sicura di non voler spiegare a tua madre quello che è successo veramente?» rifletté Emily ad alta voce. «Secondo me potrebbe chiarire le cose velocemente.»

Elsie ci pensò su, con un’espressione da adulta. «Se mia madre non vuole fidarsi di me, perché dovrei farlo io con lei?»

Emily non ebbe molto tempo per rispondere perché in quel momento Ginger raggiunse Kate, Lulu e Sydney sul sentiero sabbioso e vide Elsie ed Emily. La sua espressione si incupì guardando Emily, ma divenne cauta quando spostò l’attenzione su sua figlia, come quando si cerca di disinnescare una bomba.

«Elsie» disse Ginger mentre sua figlia si avvicinava. «Ti sei divertita con Emily?»

«Oh, questa è tua figlia?» chiese Kate. «Che bella. Io sono Kate.»

«Elsie» disse la ragazza, ignorando fermamente sua madre. «Piacere di conoscerti.»

«Piacere mio» disse Kate. «Andiamo tutte a fare un massaggio: ti piacerebbe venire? Offro io.»

«No, non può» disse Ginger. «È minorenne. Credo che le attività della spa siano per maggiorenni.»

Emily vide Elsie stringere i pugni. Poteva capire entrambe, l’istinto protettivo della madre, e la figlia che cercava disperatamente la libertà. C’era una risposta giusta? Un compromesso? O madri e figlie erano destinate a non vedere mai le cose allo stesso modo durante quegli imbarazzanti anni dell’adolescenza?

«Peccato» disse Kate. «Penso che ti piacerebbe molto un bel massaggio. Be’, signore, faremo tardi. Elsie, posso offrirti da bere più tardi?»

«Un analcolico» disse Ginger. «Ha quindici anni.»

«Certo» disse Kate. «Intendevo un caffè.»

«Non le è permesso il caffè» disse Ginger. «Sta ancora crescendo, e fa male a…»

«Sono a posto, grazie» disse Elsie, interrompendola. «Però sono bloccata qui con mia sorella e mio fratello.»

Sydney si schiarì la gola. «A proposito, vado a fare un salto all’asilo nido con Lydia.»

Emily cercava di tenere gli occhi lontani dalla bambina, ma era difficile. Sembrava che fosse circondata da figlie e madri, che le gettavano in faccia la loro esistenza. Non era il suo ambiente. Non era il suo posto.

«È divertente» disse Elsie. «Hanno un bellissimo parco giochi per i bambini. Sono sicura che le piacerà.»

«Anche Elsie è una meravigliosa babysitter» disse Ginger, sussurrando come se a Elsie non fosse permesso sentire il complimento. «Se vuoi, sono sicura che sarebbe in grado di guardare Lydia.»

Elsie annuì, illuminandosi. «Certo, posso tenere io tua figlia. Faccio la babysitter una volta al mese per i miei vicini.»

«Non vorrei disturbarti» disse Sydney. «Il nido è gratuito per un’ora. Tanto vale approfittarne.»

«Davvero, non mi dispiace. Mi piacciono i bambini» disse Elsie. «E mi annoio.»

«Tienila occupata!» la incoraggiò Ginger. «Non mi dispiace l’idea che abbia qualcosa da fare.»

«Vorrei approfittare dei servizi del resort» insisté ancora Sydney. «Ma se hai voglia di dare una mano, sono sicura che potresti stare con lei lì.»

«Certo» disse Elsie, ed Emily poteva vedere gli ingranaggi che giravano nella sua testa. Per lei era meglio che stare con i suoi genitori. «Mi piacerebbe.»

«Non uscire dal parco giochi» disse Ginger, come fosse stata Elsie ad aver bisogno del nido. «E fai sapere al personale se andate da qualche parte. E dillo a tuo padre.»

«Mamma, lo so» ringhiò Elsie. «Vai a farti fare un massaggio, okay? Non potrei lasciare il resort nemmeno se ci provassi, non abbiamo la macchina.»

Sydney si avvicinò alla responsabile dell’assistenza all’infanzia dietro il tavolo del check-in, formale e sontuosamente arredato. Un vasto parco giochi all’aperto costruito per intrattenere tutte le età era pieno di animatori vestiti con camicie in stile hawaiano e brutti cappelli. Dietro di lei c’era la parte interna della struttura con grandi finestre ad arco attraverso le quali giochi per i piccolissimi, la cucina e le librerie promettevano un ambiente stimolante.

Emily rimase indietro mentre la responsabile si alzò e venne a presentarsi. Aveva un cappello grande e brutto e la caratteristica camicia a fiori standard per tutti i dipendenti del resort. La targhetta diceva che si chiamava Barbara, aveva un rossetto rosso vivo e un sorriso penosamente largo. «Salve, e chi abbiamo qui?» chiese, guardando Lydia come avesse potuto parlare. «Abbiamo una bella ragazza, vero?»

«Questa è Lydia» disse Sydney, staccandola delicatamente dal petto. «E io sono Sydney.»

«Numero della camera?» chiese Barbara, sempre con il sorriso.

«913» disse Kate, facendo un passo avanti mentre Emily lottava per seguirla. «Sono sua sorella. La stanza è a nome di Kate Cross.»

«Ah, bene.» Barbara guardò perplessa Kate e Sydney. «Fantastico. Dunque, è gratuito per la prima ora, e poi diciotto dollari l’ora dopo.»

«Perfetto» disse Kate. «Dove devo firmare?»

«Deve firmare qui per le stanze, e la madre» Barbara guardò Sydney «deve firmare i moduli per il consenso.»

Emily capiva la confusione di Barbara sulla presunta parentela di Kate e Sydney. Quello che non capiva era perché Kate avesse mentito. Erano le meno somiglianti fra tutte le donne del gruppo. Kate era tutta nero lucido e occhiali da sole oversize, mentre Sydney era una bionda magra che sembrava a malapena pronta per la maturità.

«Questa è Elsie» disse Ginger, avvicinandosi a Barbara. «È mia figlia, e ha quindici anni. Vorrebbe restare qui e dare una mano con Lydia, se per lei va bene.»

«Certo» disse Barbara, ancora confusa. «È una parente?»

«Più o meno» disse Sydney. «Siamo tutti qui per il matrimonio Banks/DeBleu.»

«Oh, capisco!» Barbara fece una risata tintinnante come se questo rendesse tutto accettabile. «Farete trattamenti termali prima del matrimonio?»

«Massaggi» disse Kate. «E dobbiamo andare ora, o faremo tardi. Siamo pronte?»

«Sì, sì.» Barbara prese Lydia dalle braccia di Sydney. «Sarà in ottime mani!»

Elsie prese la borsa dei pannolini di Sydney e se la mise in spalla. Emily si sentiva soffocare, mentre le quattro donne intorno a lei salutavano. Fingeva di farsi trascinare dai festeggiamenti quando in realtà le faceva male la testa e voleva essere lasciata in pace.

Alla fine Kate la afferrò per il gomito e la trascinò via. Mentre si avvicinavano alla spa, Emily sentì per caso Elsie chiedere se poteva tenere Lydia in braccio. Ed Emily capì che anche lei voleva essere lasciata in pace. Anche lei voleva più tempo da sola con Lydia; voleva tenere in braccio la bambina e guardare nei suoi piccoli occhi innocenti e chiedersi E se.

«Emily» disse dolcemente Lulu. «Tesoro, è ora di andare.»

Emily si voltò, sentendo il suo sguardo indurirsi. «Ho bisogno di bere qualcosa.»

***

DETECTIVE RAMONE: Signora Clint, mi pare di capire che lei è responsabile dell’assistenza ai bambini qui al Serenity Spa & Resort.

BARBARA CLINT: Esatto.

DETECTIVE RAMONE: Una bambina di nome Lydia Banks è stata lasciata qui oggi, giusto?

BARBARA CLINT: Sì, e cavolo se era adorabile. Per di più, ho avuto pochissimo da fare con lei. La ragazza, Elsie, è stata con lei per tutto il tempo. Era proprio un amore con la bambina.

DETECTIVE RAMONE: Per quanto riguarda la madre della bambina, si ricorda chi l’ha lasciata?

BARBARA CLINT: Assolutamente sì. Ho i registri di accesso. Kate Cross e Sydney Banks… ospiti per il matrimonio, naturalmente. E poi c’era il padre.

DETECTIVE RAMONE: Il padre della bambina? Era lì quando le donne l’hanno lasciata?

BARBARA CLINT: No, no. È passato mentre loro erano alla spa.

DETECTIVE RAMONE: Le ha detto un nome?

BARBARA CLINT: Be’, no, non esattamente. Ma non abbiamo fatto entrare neanche lui. Come dico a tutti i genitori che controllano i bambini con noi, nessuno firma l’uscita dei propri figli se non la persona che li ha lasciati. È una misura di sicurezza.

DETECTIVE RAMONE: Cosa le ha detto esattamente il padre della bambina? Ha detto lui di essere il padre?

BARBARA CLINT: No, ecco. Ora che ci penso, non ha detto assolutamente nulla. È passato davanti all’entrata e si è fermato. Ho pensato che stesse guardando Lydia, che era in braccio alla ragazzina, Elsie. Non è facile spiegare la situazione, in effetti.

DETECTIVE RAMONE: Ci provi, signora Clint.

BARBARA CLINT: La verità è che lui non ha detto proprio niente. Gli ho chiesto io se era venuto a controllare Lydia, e lui ha annuito. Ho pensato… Mi sta dicendo che quell’uomo non era il padre di Lydia?

***

«Eccole qui!» disse Barbara mentre Kate si avvicinava all’area bambini con Sydney, dopo il massaggio.

«Devo dire che questa signorina è la migliore babysitter che abbia mai visto. Non ho dovuto nemmeno guardare qui più di due volte per tutto il tempo! E ha anche fatto addormentare la piccolina.»

Kate non era sicura se fosse stata la massaggiatrice (che aveva fatto davvero un numero da circo sul suo collo) o la voce allegra e acuta di Barbara a farle prendere l’aspirina che aveva acquistato la notte precedente. Ne offrì una a Sydney che scosse la testa, con gli occhi pieni di amore materno mentre teneva le braccia aperte per recuperare Lydia. Faceva quasi male vedere quanto Sydney amasse sua figlia.

«Oh, cielo» cinguettò Sydney, poi guardò Elsie stupita. «Non riesco a credere che tu l’abbia messa a dormire, è un’impresa. La maggior parte dei giorni non fa nessun tipo di pisolino senza combattere. È un’urlatrice, questa qui.»

«Davvero?» Elsie fece rimbalzare Lydia ancora un po’ prima di passarla a Sydney. «Non ha pianto nemmeno una volta. Ha ridacchiato molto, però. Grazie per avermi fatto stare un po’ con lei.»

«No, grazie a te» disse Sydney. «Ci sarai alle prove della cena di stasera? Sono sicura che a Lydia piacerebbe molto rivedere la sua nuova amica lì.»

Elsie sorrise. «Credo che mia madre mi voglia costringere ad andare. Forse posso tenerla io, così puoi stare un po’ con le amiche.»

«Non ti chiederei mai di farlo» disse Sydney, mettendo la bambina sull’anca. «Ma sono così felice di sapere che ci vedremo lì. Magari risparmia un ballo per Lydia, ho sentito che dopo ci sarà musica dal vivo.»

Elsie stava per accettare, ma Kate si intromise con impazienza nella conversazione. Aveva un lavoro da fare e poco tempo per farlo.

«Tua madre al ritorno dalle terme ha detto che doveva andare a controllare i piccoli» disse, guardando Elsie. «Le ho detto che magari le ragazze grandi, cioè tu e io potevamo prenderci un caffè.»

«Non posso…»

«Per te un frappuccino decaffeinato.» Kate agitò la mano con impazienza. «Lascia che ti presenti la bevanda più magica del mondo.»

Sydney e Lydia erano già andate, presumibilmente a fare altri sonnellini e a mangiare.

Elsie guardò la sua famiglia che si faceva i fatti suoi. Kate vide un lampo di frustrazione nei suoi occhi prima che Elsie rispondesse.

«Certo» disse, tornando a Kate. «Suppongo che nessuno sentirebbe la mia mancanza.»

«Fantastico. Quanti anni hai?»

«Quindici» rispose Elsie in tono netto, come in un colloquio di lavoro. «Quasi sedici.»

«Ah, mi ricordo di quell’epoca. Un bel po’ di tempo fa per me. Sai, conoscevo tua madre al college.»

Il volto di Elsie era pieno di scetticismo. «Così ho sentito. Sinceramente, mi stupisce che mia madre frequentasse una persona come te.»

«Come me?»

«Sì» disse Elsie, a disagio. «Bella. Elegante. Non è che mia madre sia proprio così.»

«Abbiamo condiviso un appartamento» disse Kate, guardandosi le unghie. «Non ci teniamo più in contatto regolarmente, ma… be’, suppongo che dovremmo.»

Elsie si strinse nelle spalle. «Gli amici non durano molto.»

«No, direi di no, soprattutto alla tua età.» Kate si mise gli occhiali sulla testa. «Sei molto carina, sai. Sono sicura che hai un sacco di ragazzi che ti vengono dietro a scuola. Sono ridicoli a quell’età.»

«Parecchio ridicoli.» Elsie arricciò il naso. «Ma non mi interessa ancora uscire con qualcuno.»

«Davvero?» Kate si fermò, abbastanza soddisfatta di come stavano già andando le cose. Con un po’ di fortuna, Kate sarebbe stata in grado di riferire a Ginger dopo un solo cappuccino. Kate pensò che doveva davvero avere una figlia, non sarebbe stata così male come madre. «Odiavo avere a che fare con i ragazzi alla tua età, ma mi sembrava di essere l’unica.»

«No, non sei l’unica» disse Elsie. «Quelli della mia scuola sono tutti così immaturi.»

«Ah» disse Kate, e riprese a camminare per non apparire troppo impaziente. «Buon per te. Non ho avuto un ragazzo serio fino a ventitré anni. I miei amici pensavano…»

«Aspetta un attimo.» Elsie alzò la mano e si fermò. «È stata mia madre a metterti in questa situazione?»

«Cosa?» Kate sperò che la sua sorpresa sembrasse convincente. «Di cosa stai parlando?»

«Non ci posso credere!» Il volto di Elsie si era oscurato come una nuvola di tornado. «È così… ugh

«Che cosa c’è?» chiese Kate, aggrottando le sopracciglia in una buona imitazione di stupore. «Che cosa ha fatto tua madre?»

«Ti ha incastrato per parlarmi di ragazzi» borbottò Elsie scuotendo la testa.

«So cosa stai pensando,» disse Kate «ma devi darmi una possibilità. Tua madre non ha organizzato tutto questo. Era molto depressa, preoccupata per te, e le ho suggerito io di farmi parlare con te.»

«Perché?»

«Perché ho aspettato fino a ventitré anni per fare sesso» disse Kate, mentre il viso di Elsie si tingeva di un rosa brillante alla menzione del rapporto sessuale. La ragazza era davvero innocente. «E guardami adesso. Me la sono cavata bene. Ho pensato… forse ho qualcosa da dire che potrebbe aiutarti in quello che stai passando. Parlare con le mamme di queste cose è così… oddio. Ma io non sono tua madre.»

«Sì, ma non mi interessa… quello» disse Elsie con un gesto della mano che indicava l’espressione magica e adulta dell’amore. «Se mia madre si fosse fermata un attimo a chiedermi cosa ne pensavo, le avrei detto la verità. Una ragazza più grande a scuola ha messo quella roba nella mia borsa. Non li ho comprati.»

Kate scoppiò a ridere. «Gli scherzi sono cambiati da quando ero bambina. Una volta… non so, mettevamo la gente a testa in giù nel water.»

«L’hai fatto davvero?»

«Non io. Ma ho sentito le storie. Non farei mai una cosa così barbara. Tuttavia, potrei aver messo del lassativo nella bibita di una ragazza che mi aveva fregato il ragazzo con cui volevo andare al ballo.»

Elsie rimase a bocca aperta. «Davvero? E ha funzionato?»

Kate fece una risata tintinnante. «Non provarci. Tu non sei come me, Elsie. Sei gentile, dolce, bella e divertente. Quindi… lascia che siano le ragazze stupide a fare stupidaggini. Nel momento in cui si diplomano, quelle cose smettono di essere carine.»

«Non stava cercando di fregarmi. Voleva aiutarmi. È solo che… il liceo è complicato. Mia madre non capisce.»

«Ora ti sembra che il liceo sia tutta la tua vita» disse Kate «e in questo momento lo è. Ma quando arriverai alla mia età? Me lo ricordo a malapena. Il liceo è una brutta cicatrice dove un tempo c’era un grosso brufolo. È stato spiacevole e imbarazzante, e ho odiato quasi tutto, ma l’ho superato. L’esperienza è passata, le ferite sono guarite, e ora non ricordo nemmeno i nomi dei miei amici del liceo.»

«Wow.»

«Mi ricordi un po’ me stessa quando avevo la tua età» disse Kate. «Quindi, per favore, non avercela con tua madre perché mi sono offerta di parlare con te: è stata una mia idea. Cercavo solo di dare una mano. Quando avevo la tua età, avrei voluto che qualcuno mi dicesse che potevo tranquillamente aspettare e fare a modo mio. Di sesso dopo il liceo ce n’è in abbondanza.»

Elsie evitò di guardarla. «Grazie, credo.»

«Penso che dovresti parlare con tua madre di quello che è successo veramente» suggerì Kate. «Sembra un grosso malinteso. Lei ti vuole tanto bene, davvero. Te lo assicuro.»

«E allora perché dovrebbe accusarmi di cose che non ho fatto senza nemmeno chiedere? Agitava quella striscia di…» Elsie rabbrividì. «Sì, insomma, i…»

«Preservativi» finì Kate.

«Sì» disse Elsie. «Li ha sventolati davanti a tutti sull’aereo. Una cosa orribile! Sarei stata felice di leggere il mio libro per tutto il volo, invece lei continuava a parlare e a non ascoltarmi.»

«Mamme» disse Kate. «Ne avevo una. Lo so.»

Quasi come a un segnale convenuto, il telefono di Elsie vibrò nella sua mano, e lei guardò in basso e impallidì quando vide un messaggio. Le spalle e le mani della ragazza cominciarono a tremare. Kate si chiese cosa avrebbe potuto rovinare il loro perfetto momento madre-figlia (più o meno).

«Che cosa c’è?» chiese Kate. «Che cosa è successo?»

«Niente» disse Elsie, avvicinando il telefono agli occhi, presumibilmente per leggere meglio il messaggio. «Mia madre rovina tutto!»

«Elsie, cos’è successo?»

Elsie girò il telefono e mostrò il messaggio a Kate.

«Be’» disse Kate, cercando senza riuscirci di mascherare la sua sorpresa. «Sì, non è certo l’ideale.»

***

DETECTIVE RAMONE: Chi era presente sotto il pergolato quando la vittima è stata uccisa?

EMILY BROWN: Io. Ero sola. E Sydney, credo, ma non è stata molto d’aiuto.

DETECTIVE RAMONE: Ho altre tre dichiarazioni… e sono sicuro che ne arriveranno altre… che dichiarano la presenza di almeno cinque persone.

EMILY BROWN: Magari c’era anche qualcun altro lì, ma non erano certo con me.

DETECTIVE RAMONE: Perché state tutti mentendo? Cos’è successo là fuori, signora Brown?

EMILY BROWN: Mi rifiuto di rispondere ad altre domande.

DETECTIVE RAMONE: Signora Brown…

EMILY BROWN: Non so cos’altro vuole che le dica.

DETECTIVE RAMONE: Ha qualche rimpianto per quello che ha fatto?

EMILY BROWN: No, detective. Con tutto il rispetto, è stata una bella sensazione.