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Ginger si sentiva piacevolmente stordita quando le porte dell’ascensore si aprirono, e non a causa dell’alcol: aveva bevuto uno, forse due bicchieri di vino e un sorso di champagne. Aveva trovato molto più divertente sedersi e ascoltare le donne interessanti riunite al bar piuttosto che bere insensatamente. Il… come l’aveva chiamato Kate? «Il piccolo comitato dell’autocommiserazione.» Che carino, pensò Ginger.

Nemmeno la presenza di Emily aveva fatto deragliare completamente il suo buonumore. In realtà, c’era qualcosa di un po’ strano in lei, come un pezzo di puzzle che non combaciava con il ricordo che Ginger aveva della sua vecchia amica. All’esterno, Emily sembrava essere come lei si sarebbe aspettata: ben vestita, abbastanza piacente, una normale quasi quarantenne che incontra le vecchie amiche in un bar per bere qualcosa insieme.

Ma c’era qualcosa di un po’ forzato, un po’ sopra le righe. E quando l’argomento della faida tra Ginger ed Emily era stato affrontato, Emily era stata quasi troppo distratta per notarlo.

Ginger pensò che i suoi commenti acidi (e infusi di vino) avrebbero dovuto far scattare qualcosa in Emily. Avrebbero dovuto innescare un piccolo litigio, per lo meno, o forse si sarebbe aspettata semplicemente delle scuse, ma Emily non aveva abboccato all’amo. I conti non tornavano, e Ginger continuò a ripensare alle conversazioni della serata mentre rientrava nella sua stanza. Era successo qualcosa a Emily che aveva causato un cambiamento radicale nella sua personalità? E se così fosse stato, cos’era? Ginger rimuginava, lungo un corridoio sempre più pieno di fiori e di cartelli che annunciavano il matrimonio di Whitney DeBleu e Arthur Banks a chiunque non avesse notato le prime novecento indicazioni della loro settimana di festeggiamenti. La quantità di amore era soffocante. C’erano foto della coppia ovunque, in cornici circondate da mazzi di fiori freschi. La famiglia non aveva badato a spese.

Canticchiando fra sé, crogiolandosi ancora nella piacevolezza della conversazione tra donne adulte, Ginger si fermò a inalare il profumo delle opulente rose bianche disposte in un vaso sul tavolo nel corridoio davanti alla sua stanza. Con un rapido sguardo in entrambe le direzioni, Ginger estrasse una delle rose dal vaso e proseguì verso la sua porta, ricordando il suo incontro con Kate ed Emily e l’incontro di Sydney e Lulu.

Che serata esotica, pensò Ginger con un’ondata di piacere. Quelle donne, con i loro grandi problemi e i loro stili di vita veloci e frenetici. Kate, l’affascinante milionaria. Sydney, la giovane madre single in difficoltà. Emily, la… Ginger esitò, sospirò. Emily, l’ombra di se stessa.

Per quanto ci provasse, Ginger non avrebbe potuto ricordare la vita universitaria senza Emily. Loro due erano state inseparabili da quando si erano conosciute, in uno di quegli stupidi seminari di orientamento del primo anno. Si erano sedute vicine in una classe dove ogni studente era costretto a fare una candela con i colori della scuola e a parlare del corso di laurea che aveva scelto e delle grandi cose che avrebbe fatto nella sua vita. Mentre tutti gli altri avevano preso sul serio l’esercizio, Ginger non aveva saputo esimersi dal fare un commento sarcastico sul fatto che doveva trattarsi del corso d’arte più costoso del mondo, visto quanto pagava in tasse scolastiche per costruire candele. Solo una persona nella stanza aveva riso. Ginger si era voltata e aveva regalato un sorriso riconoscente a Emily, e dopo aver diviso una pizza per il pranzo, erano diventate subito amiche. Erano anche riuscite a trovare il modo di liberarsi delle compagne di stanza che erano state loro assegnate, in un minuscolo alloggio del dormitorio. Ginger aveva poi convinto Emily a cambiare l’orario delle lezioni per poter studiare insieme a casa. Emily aveva voluto fare l’insegnante fin dal primo giorno; Ginger stava seguendo la strada del management. Mentre Emily si era laureata in inglese, Ginger aveva optato per la via della comunicazione. Ginger si chiedeva se Emily avesse mai ottenuto il suo master, se avesse mai continuato a insegnare.

D’impulso, Ginger ripensò alla Emily del college e la paragonò alla versione che aveva visto quella sera al bar. Qualcosa diceva a Ginger che la vita non era andata esattamente come Emily aveva pianificato: il master, il marito, i figli, forse un cane. D’altra parte, non è che lei si fosse presa la briga di coinvolgere Emily in una conversazione, quindi forse si sbagliava. Era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva considerato Emily un’amica, e non era davvero affar suo se fosse diventata o meno un’adulta realizzata.

Forse è arrivato il momento, pensò Ginger. È ora di lasciar andare quel rancore ostinato. Kate aveva fatto una giusta osservazione: tutto era andato come doveva andare. E se Emily non avesse baciato Frank in quell’orribile serata, forse Ginger avrebbe accettato l’offerta di un secondo appuntamento con Marcus Strait. Forse avrebbe continuato a ignorare le telefonate di Frank nel tentativo di dimostrare che aveva ragione, fino ad allontanarlo per sempre. Forse non avrebbe mai avuto il coraggio di rinunciare alla sua testardaggine e tornare con Frank, un’unione che le aveva dato quasi due decenni di amore e tre bellissimi figli.

Ginger arrivò alla sua stanza e ricacciò quei pensieri spaventosi. Sentì un senso di calore e di conforto mentre apriva la porta. La sua vita non era così male, dopotutto. Che importava se doveva lavorare tutto il giorno e a volte si irritava per colpa del suo svampito consorte? Frank l’amava, Ginger amava lui e i loro figli erano sani. Non c’erano tante cose che non andavano, come a volte invece si ritrovava a pensare, e il piccolo problema con Elsie poteva essere risolto da lei e Frank insieme, come sempre.

Una familiare ondata di gratitudine le riempì il petto. Ginger si fermò all’ingresso della stanza, aspettandosi di trovare due scimmiette che saltavano sui letti e una scimmietta adolescente che fissava imbronciata lo schermo del suo telefono. Frank non era esattamente severo quando si trattava di andare a letto, soprattutto quando lei non era in casa. Era come se, nel momento in cui Ginger usciva, entrasse in vigore un regolamento nuovo, e il più delle volte lei faceva finta di non accorgersene.

Tuttavia, stasera, Ginger si sbagliava. Provò quasi una punta di delusione quando trovò la stanza silenziosa, con le sue scimmiette che dormivano, perfettamente in pace senza di lei. C’era una lampada accesa sopra il letto suo e di Frank, come quando si lascia una luce sul portico per un’adolescente che si precipita a casa all’ora stabilita.

Sotto il bagliore, Frank era addormentato, semisdraiato nel letto, con uno dei libri illustrati di Poppy aperto in grembo. Tom, analogamente rannicchiato in un sonno profondo, aveva probabilmente finto di trovare “noiosissimo” un libriccino per bambini, e però si era avvicinato comunque al grembo di Frank, abbastanza da vedere le illustrazioni. Ginger si sentì il cuore esplodere d’amore per loro.

La sorpresa più grande di tutte, però, era Elsie. La ragazza si era messa la canottiera nera e stretta (scomodissima per dormire, ma se provava a dirglielo lei le avrebbe staccato la testa a morsi) e un paio di pantaloncini rosa fluo. Si era seduta sul letto accanto al padre con Poppy in grembo, ed entrambe le sorelle si erano addormentate così. Avevano tutte e due la bocca aperta e sbavavano un po’ nello stesso modo, come a indicare che erano sorelle anche nel sonno.

Ginger si coprì la bocca e nascose un sorriso, pensando che forse Frank aveva avuto ragione fin dall’inizio. Forse avevano solo bisogno di una piccola vacanza. Avevano bisogno di esplodere e poi tornare sulla terra. Andava tutto bene. La sua famiglia era felice e unita. Ginger aveva un’intera settimana libera. Erano in vacanza, e non li stava uccidendo, nonostante le previsioni lugubri di Ginger.

Con un sospiro di sollievo, si voltò per prendere il pigiama dalla valigia. Avrebbe svegliato Frank e coperto i bambini dopo essersi cambiata, lavata i denti e aver spento la luce. Se avesse fatto piano, non si sarebbero nemmeno mossi.

Mentre andava in bagno, un forte squillo ruppe il silenzio della stanza, minacciando di svegliare la banda addormentata. Ginger fece un balzo e andò a silenziare il telefono, poi controllò i danni. Un leggero russare di Elsie e un tic di Tom, ma nessuno si era svegliato.

Ginger guardò il telefono: era quello di Elsie. Chi stava chiamando sua figlia a quest’ora? A Ginger non piaceva pensare a se stessa come a una di quelle madri oppressive, ma il telefono le era caduto in braccio ed era difficile non sbirciare.

Per non parlare del fatto che, finché erano lei e Frank a pagare il telefono di Elsie, avevano pieno accesso a tutto. Social media, messaggi, e-mail eccetera. Se Elsie voleva fare qualcosa di nascosto, allora doveva lasciar perdere il telefono. La libertà a quindici anni era solo un’illusione, e Ginger lo aveva spiegato alla figlia senza mezzi termini.

Attivò lo schermo e vide il nome di Phoebe Brimhall, una delle compagne di scuola di Elsie, nel registro delle chiamate perse. Ginger guardò sua figlia, accigliandosi. Elsie non era esattamente una chiacchierona, ma Ginger in genere conosceva il suo giro di amicizie, e Phoebe non ne faceva parte. Phoebe era all’ultimo anno. Era la capo cheerleader, l’ape regina, la secchiona della scuola.

Perché chiamava Elsie a quell’ora?

Ginger andò in bagno, si chiuse la porta alle spalle e cominciò a indagare. Non trovò nessun immediato motivo di allarme. Non c’erano altre chiamate da Phoebe né messaggi.

D’impulso, aprì Messenger e trovò l’oro.