Nessuno mi vuole? Mi assumo io

Ho incontrato a New York un dirigente della Microsoft che si occupa dell’Italia. Questo manager conosce bene sia il nostro paese sia gli Stati Uniti. Discutendo sulla situazione economica tanto diversa nei due paesi, e sul mercato del lavoro per chi cerca un primo impiego, mi ha fatto una descrizione «comparata» dell’atteggiamento dei giovani sulle due sponde dell’Atlantico. Ve la riassumo con parole mie. Un giovane Italiano che si laurea in informatica manda il suo curriculum a trenta aziende e aspetta che rispondano. Se non rispondono subito, aspetta ancora. Un giovane americano che si laurea in informatica manda il suo curriculum a trenta aziende e, se non ha ricevuto una risposta entro due giorni, comincia a chiedersi: che cosa devo fare per inventarmi un lavoro da solo, crearmi con le mie idee e con le mie energie un’attività che non esiste ancora? Nella descrizione di quel dirigente della Microsoft, qui in America i coetanei dei nostri figli hanno tutti già in mente il «piano B». Se non mi assume un’azienda, devo essere pronto a costruirmi una soluzione alternativa. Da solo, o meglio ancora unendo le mie forze a quelle di altri coetanei, decisi come me a farsi strada senza aspettare che l’ufficio del personale di una grande azienda li convochi per il colloquio di assunzione.

Lo so bene, perché emigrai in America tredici anni fa, che il «piano B» incontra meno ostacoli in questo paese. Molte cose sono più facili, negli Stati Uniti, per chi voglia lanciarsi in un’attività imprenditoriale: meno burocrazia, regole più semplici, maggiore accesso al credito bancario o al venture capital. Però, qualcosa deve cambiare anche nei nostri atteggiamenti, nella disponibilità, nella flessibilità di ciascuno, se vogliamo uscire da questa crisi. Il divario culturale tra le due sponde dell’Atlantico deve restringersi.

Per fortuna, si moltiplicano i segnali che questo sta già accadendo. Di passaggio in Italia per le vacanze estive, sono rimasto colpito dal fatto che uno dei libri di «lettura ferragostana» in vendita negli autogrill è un manuale per creare la propria azienda, consigli pratici ed esempi concreti offerti a chi voglia lanciarsi in un’attività nuova.

Un giornalista della «Repubblica», Riccardo Luna, perlustra l’Italia in cerca di ragazzini-imprenditori, ventenni che creano le loro start-up, cioè nuove imprese con forte contenuto innovativo. Dal suo censimento emerge un’Italia molto diversa dal paese rassegnato, esausto, scoraggiato che osserviamo in altri comportamenti. Luna si è accorto che questi ragazzini-imprenditori tendono anche ad aggregarsi fra loro, non soltanto per scopi imprenditoriali ma anche per una sorta di controffensiva psicologica. Hanno cioè bisogno di frequentare i propri simili, non solo per scambiarsi idee e collaborare su progetti specifici, ma anche perché ritrovandosi assieme si «contagiano» in un’atmosfera di fiducia, ottimismo, tensione verso il successo.

Ho visto anch’io fenomeni simili. Ogni anno vado in California per assistere alla premiazione di Mind the Bridge.

Questa fondazione ha creato un «incubatore» di start-up tecnologiche a San Francisco. Centinaia di giovani Italiani la usano come un laboratorio per sperimentare le proprie idee. Non si tratta della classica «fuga di cervelli». Felici di potersi misurare su un terreno fertile e competitivo come la Silicon valley, molti di quei giovani Italiani, però, vogliono riportare una parte delle loro idee e della loro attività nel proprio paese. Del resto, l’economia digitale è meno «territoriale» dell’industria manifatturiera. Si può avere la testa contemporaneamente in America, in Asia e in Europa, spaziando nei contatti e nei progetti su più continenti. Quel che conta è reagire allo sconforto. Anche i giovani Italiani innovativi che incontro a San Francisco vanno là non solo per cimentarsi con la punta avanzata dell’innovazione, ma anche per respirare un clima diverso, elettrizzante ed euforizzante. Il contagio dell’ottimismo forse partirà da loro, che si costruiscono un universo parallelo con una narrativa opposta a quella del declino.