Manhattan vista dall’India

Qualche volta serve andare molto lontano per capire chi siamo noi. Dall’alto, certe cose diventano più chiare. Viste dall’Himalaya, per esempio. Per lunghi periodi mia figlia costanza lavora in una regione remota dell’india: lo Stato dell’Assam, bagnato dal fiume Brahmaputra, ai confini sudorientali con l’Himalaya. Costanza fa un dottorato di ricerca alla University of California di Santa Cruz e il suo studio verte sull’impatto del cambiamento climatico in quell’area del mondo. Per aiutarla a districarsi nelle difficoltà linguistiche e burocratiche, logistiche e culturali, fortunatamente costanza ha un’amica locale, sua coetanea. Le sue cronache di vita a casa di questa giovane indiana mi aiutano a ricordare quanto sia «estrema» la vita di un abitante di Manhattan (e di altre metropoli dell’occidente opulento).

Ogni mattina, quando costanza e la sua amica escono per andare a lavorare, la padrona di casa stacca la spina di tutti gli elettrodomestici. Compreso il frigorifero. La temperatura nell’Assam oscilla fra i 40 e i 45 gradi centigradi.

Dunque gli alimenti vengono «refrigerati» sei o sette ore al giorno, poi il frigo si trasforma in un forno. Peraltro, quando vanno a fare la spesa, un po’ d’agnello per uno stufato, il macellaio ha una bancarella per strada, senza refrigeratore. Le mosche brulicano sulla testina d’agnello, messe in fuga solo quando il macellaio comincia a menare fendenti col suo coltello. Dal punto di vista dell’igiene non è il massimo. Ma l’energia elettrica è un bene raro in india, i blackout sono quotidiani, anche i giovani crescono addestrati a risparmiare la corrente.

In quella casa non esiste aria condizionata. Costanza e l’amica dormono nello stesso letto, che è poco più di un asse di legno. Sopra le loro teste, di notte hanno il ronzio assordante di un vecchio ventilatore. In alcune scuole pubbliche dell’Assam, ovviamente senza aria condizionata, dei bambini sono morti in seguito a shock termico e disidratazione. (Anche quando sta nell’India relativamente più ricca e moderna, a casa di amici in un quartiere moderno di New Delhi, costanza viene svegliata all’alba dalla vecchia nonna che passa in tutte le camere a spegnere l’aria condizionata, d’autorità.) negli uffici pubblici dell’Assam, dove le capita di andare a raccogliere materiali per la sua ricerca, nota che alla fine dell’orario di lavoro tutti i dipendenti non si limitano a spegnere computer, fax e fotocopiatrici, ma diligentemente staccano le spine dalle prese a muro per essere certi che non ci sia un solo watt di energia elettrica che verrà consumato negli uffici chiusi.

Come shock culturale, forse il più brutale ha per oggetto la carta igienica: impossibile trovarla in dotazione nei bagni, neppure in casa di professori universitari che hanno studiato all’estero. È considerata un lusso stravagante, uno spreco, ingorga le tubature oppure ingombra i cesti della spazzatura laddove non c’è acqua corrente nei bagni. Un secchio d’acqua fa le veci di un nostro bidet e sostituisce la carta igienica. Quando non ne può più, Costanza deve cimentarsi in delicati esercizi di diplomazia per convincere la sua amica ad accompagnarla nell’unico, lontanissimo supermercato dove ogni tanto si trova in vendita un rotolo di carta igienica. In mezzo a questi disagi, Costanza descrive l’Assam come un luogo meraviglioso, non solo per i paesaggi himalayani, ma anche per la gentilezza dei suoi abitanti.

Agli antipodi, cioè qui a Manhattan, il nostro sindaco Michael Bloomberg si è conquistato un titolone in prima pagina sul «New York Times» con un piano per rendere efficiente la raccolta differenziata della spazzatura. Applausi a scena aperta! I newyorchesi progressisti sono fieri di avere un sindaco così verde. Ripenso ai racconti di Costanza, e al nostro modo di vivere qui: gli sprechi di aria condizionata, i maxifreezer dove gli americani surgelano provviste tali da reggere a una terza guerra mondiale, i Suv giganteschi che percorrono le autostrade, le limousine a 12 posti noleggiate dai ventenni per farsi riaccompagnare a casa sbronzi dopo i sabati sera in discoteca, gli aeroplani che qui usiamo come fossero autobus. Ci vuole una bella faccia tosta per definirsi ambientalisti da queste parti.