A letto col nemico
Per non nascondervi nulla, sono stato sposato con una trader.
Per essere più preciso: la stessa moglie che ho da sempre, in una vita precedente ha fatto quel mestiere lì. Muoveva capitali sulle piazze finanziarie mondiali, speculando sulle valute. Prendeva «posizioni» per conto di una grossa banca Italiana, lavorando su una piazza finanziaria europea. Il forex, come si abbrevia il foreign Exchange Market, cioè il mercato dei cambi, era l’arena del suo gioco. Un gioco davvero, anche se coi ritmi e le velocità di un videogame.
Ricordo che Stefania si divertiva da morire, la sera tornava a casa dopo aver passato le sue ore davanti agli schermi dei computer e con due telefoni incollati alle orecchie, per piazzare ordini ai broker su altre Borse estere. Andava a letto con l’ansia di quello che sarebbe accaduto nottetempo, all’apertura dei mercati di Tokyo e Hong Kong: la mattina dopo poteva svegliarsi dalla parte dei vincitori o dei perdenti, le sue scommesse sull’andamento delle valute e dei tassi d’interessi potevano rivelarsi geniali o catastrofiche.
Mia moglie non ha mai ricevuto una formazione economica, anche per questo i suoi capi l’avevano selezionata e introdotta in quel mestiere ad alto rischio. «chi ne sa troppo, razionalizza troppo» spiegavano «e invece il vero trader va a intuito, decide con la pancia, proprio come i mercati, che seguono ventate di irrazionalità, spiazzano le previsioni troppo logiche.» l’altra cosa che Stefania ha imparato presto è che per fare quel mestiere con profitto bisogna avere una certa dose d’incoscienza. I più bravi sono molto giovani, perché da giovani si è meno cauti, meno tormentati dal dubbio, ci si lancia con entusiasmo.
Di questi tempi i trader non hanno buona fama. L’ultimo che ha fatto notizia si chiama Kweku Adoboli, 33 anni, originario del Ghana. Considerato un enfant prodige nella banca che lo aveva assunto, il colosso svizzero Ubs, nella filiale di Londra ha accumulato perdite del valore di 2,3 miliardi di dollari. Sono passati pochi anni da una vicenda simile, quando il trader francese Jérôme Kerviel fece perdere 4,9 miliardi di euro alla Société Générale di parigi. Si sperava che la crisi del 2008 avesse costretto le banche a comportamenti meno folli, invece no. Da Wall Street (1987, regia di oliver Stone, con Michael Douglas e Charlie Sheen) in poi, associamo i trader con un capitalismo finanziario spregiudicato, immorale, dove l’avidità di profitto e la competizione sfrenata vengono spinte fino a livelli distruttivi, con conseguenze sociali tremende.
Ora un ex trader riconvertitosi al mestiere dello scienziato ha scoperto il motore che fa girare questo mondo. È il testosterone: l’ormone maschile per eccellenza, quello che fa da carburante per la libido ma anche per l’aggressività.
Avendo visto mia moglie all’opera – e non era la sola donna trader neppure a quei tempi –, devo concludere che il testosterone non è un’esclusività maschile. L’ex trader in questione si chiama John Coates, dirigeva un’intera «sala mercati» alla filiale americana di Deutsche Bank. Ha avuto quindi un ruolo nel cuore di Wall Street. Poi ha mollato quel mondo per dedicarsi all’insegnamento. È docente alla Judge Business School di Cambridge, in Inghilterra, e con l’aiuto di un neuropsichiatra, Joe Herbert, ha pubblicato uno studio su «che cosa succede dentro il cervello dei trader». Cioè che cosa li fa «scattare», cosa li tiene al livello di massima concentrazione per lunghissime giornate di lavoro, cosa li spinge a sprigionare la massima efficienza.
Coates e Herbert hanno misurato i livelli di testosterone e di cortisolo (un ormone dello stress) in 17 trader della City di Londra, per otto giorni di lavoro. E qui si sono imbattuti nella scoperta: esiste una correlazione diretta fra la quantità di testosterone che hai in corpo e quanto guadagni nella speculazione. Il test ha rivelato che i trader con il massimo di testosterone al mattino erano quelli che a fine giornata realizzavano più profitti. La ricerca è seria, pubblicata sulla rivista della national Academy of Sciences. Secondo Coates, il testosterone è una specie di «droga del vincitore».
Questo effetto era già noto negli animali e negli atleti. Nelle competizioni l’organismo dei vincitori genera un boost di testosterone, come un’iniezione di una dose potente, e questo li rende ancora più efficienti nella gara successiva.
Il fatto che un meccanismo simile sia all’opera anche nei mercati finanziari conferma la loro pericolosità. Il testosterone può portare a prendere rischi eccessivi, irrazionali. Quelli che creano le «bolle», e poi i tracolli. Coates ha scoperto che il cortisolo, a sua volta, ha conseguenze negative nelle fasi di crisi dei mercati finanziari. Quando le Borse vanno giù, quando le banche perdono e cominciano a licenziare, il cortisolo ha il sopravvento e genera ansietà, apprensioni e angosce, fa vedere pericoli ovunque. Le stesse persone che avevano un ottimismo irrazionale nei tempi di vacche grasse, si lasciano quasi paralizzare dalla paura. Alla fine, l’instabilità finanziaria che ha provocato la grande crisi è tutta questione di chimica e di molecole.