4.30 Club People
Vivacqua scese dall’Alfa Romeo di fronte all’ingresso del locale. Poco più avanti, dietro, di lato, dappertutto lampeggianti accesi, dei carabinieri, delle volanti, dei cellulari, delle ambulanze. Cordoni di sicurezza. Agenti assonnati. Divise e camici bianchi. Il commissario entrò come un carro armato. All’interno il locale era illuminato a giorno, sembrava lo stadio dopo un concerto dei Rolling Stones. Sul lato del bancone erano allineate spogliarelliste ed entraîneuse: un ispettore raccoglieva le generalità prima di spedirle in questura. In fondo, nei pressi della tenda nera, un viavai di agenti che salivano e scendevano. Sul lato destro, nella zona dei divanetti, altri arrestati, perlopiù uomini, ammanettati, anche loro pronti per essere impacchettati.
Vivacqua fece girare lo sguardo e intravide Carbone nella zona dei servizi. Era insieme al commissario Massaglia della Mobile.
Quando Vivacqua si avvicinò, Carbone si mise a disposizione.
«Cos’è tutto ’sto casino?» disse con la calma apparente che l’ispettore conosceva bene.
«I nostri sono entrati per dare un’occhiata, avevano una segnalazione. Li hanno messi in mezzo, si sono difesi come hanno potuto.»
«Dove sono?»
«Alle Molinette.»
«Chi c’è con loro?»
«Gargiulo, e dovrebbe essere arrivato il dottor Santandrea.»
«Patanè?»
Carbone strinse le labbra.
«Ha preso una coltellata, alle spalle.»
Vivacqua lasciò partire una gran manata sulla coscia.
«Com’è messo?»
«Male, molto male. Non ha ripreso i sensi.»
«Sappiamo chi è stato?»
«Migliorino e Calabresi hanno dato indicazioni precise. Dovremmo averli presi tutti. Forse un paio sono riusciti a scappare mischiati nella folla, ma abbiamo indicazioni chiare, li stiamo cercando. Il commissario Massaglia ha mandato la sua squadra in appoggio, stanno controllando i domicili e approntando i blocchi con il supporto dell’Arma.»
«Com’è successo?»
Carbone si mosse verso la toilette degli uomini e ricostruì l’accaduto.
«Quindi non c’è stata sparatoria» commentò alla fine Vivacqua.
«Neanche un colpo. Quello che è peggio è che noi, dopo la telefonata di emergenza di Patanè, siamo arrivati in cinque minuti. Cinque minuti e cambiava tutta la faccenda.»
«Epperchecazzo Patanè è entrato, non poteva aspettarvi fuori?»
Carbone allargò le braccia.
«Quindi, non solo ci portiamo a casa le ferite, ma pure il cazziatone per aver trasgredito le più elementari procedure di sicurezza. Ma come vi vengono certe idee, dico io.»
«Se Patanè non interveniva, Migliorino e Calabresi se la vedevano nera, capo.»
«Questa la puoi raccontare al prefetto, non a mmia, picciotto» fece due passi, avanti e indietro alcune volte. «Come stanno?»
«Calabresi non si reggeva in piedi. Migliorino ha uno squarcio sul torace: ha preso una brutta rasoiata. In compenso ha rotto denti e naso a tre gorilla.»
«Altro?»
«Se l’è vista nera anche l’informatore, è in ospedale conciato da buttare.»
«Chi è?»
«Beauty.»
«Il tossico? E che ci faceva qui?»
«Non lo sappiamo per adesso; lo dobbiamo interrogare.»
«L’albanese?»
«Niente.»
Vivacqua alzò gli occhi al soffitto. «Don Riccardo!» ringhiò. Si voltò e riprese con Carbone: «Vado alle Molinette, tu tieni gli occhi aperti, in caso di guai mi chiami.»