7.
Porta Mugonia, Remo ucciso, Tito Tazio respinto, adulti
sacrificati
(Fig. 7)
Quanto si è discusso sulla localizzazione della porta Mugonia: un vero giallo, forse il massimo di Roma! Basti sapere ch’essa veniva posta sul clivo Palatino B, rilevante solamente a partire da Nerone e dove però manca ogni antica porta di accesso a quel monte. Noi invece la poniamo più a ovest, a una delle due forcelle che confluivano nel clivo Palatino A, in origine alla forcella più a est, dove è stata rinvenuta una porta rilevante delle mura palatine in argilla cruda e pali, che un deposito di fondazione posto sotto la soglia – probabile sacrificio di un infante – consente di datare agli anni 775-750 a.C. Si tratta della prima porta Mugonia. Analoghi depositi di fondazione e di obliterazione sono stati rinvenuti anche nella domus Regia dei re-auguri latino-sabini (si veda l’Angolo 3), i quali indicano che ogni distruzione e nuova edificazione implicava una espiazione. Due bracci delle mura palatine obliquamente protesi si saldavano in questa prima porta a due bastioni, la quale, a un angolo delle loro protrusioni verso l’interno si saldavano a due capanne, evidentemente di guardia.
All’inizio del vii secolo a.C. le prime mura palatine vengono obliterate e vengono costruite altre mura, sempre in argilla e pali, che prevedono una seconda porta Mugonia, rinnovata nello stesso luogo della sua costruzione originaria. Si tratta ora di un varco diviso in due da un pilastro centrale e almeno su di un lato e all’interno viene riproposta una capanna di guardia.
Intorno al primo quarto del vi secolo a.C. la porta viene nuovamente rifatta, nel medesimo luogo, usando ora un’opera quadrata in tufo: siamo al tempo di Tarquinio Prisco (Livio 1.38.3-6). La porta si connette alle mura di vii secolo a.C. riutilizzate, che solo in parte vengono ora rifatte, anch’esse in opera quadrata. Questa terza porta Mugonia appare allargata, con al centro un grande pilastro e con davanti un antemurale.
Servio Tullio aveva esteso il pomerium, in modo da comprendervi tutto l’abitato e il centro politico e sacrale, e al di fuori di questo pomerium allargato e nuovo ha eretto l’agger con il suo fossato. Questo re è intervenuto anche lungo e sulle mura palatine. In primo luogo ha riempito il fossato tra Palatino e Velia, drenandolo con una fogna che accoglieva i fognoli degli edifici posti ai lati della Sacra via. In secondo luogo ha edificato la porta Fenestella sulla forcella occidentale che portava al clivo Palatino A, che ha sostituito una più antica postierla. In terzo luogo ha riedificato, ingrandendola e modificandola, la domus Regia di Tarquinio Prisco, la quale ora interrompe le mura palatine, rendendo oramai evidente che i loro tratti superstiti erano solamente una memoria delle mura romulee, privata ormai della inviolabilità o sanctitas posta a protezione della più antica urbs Roma.
La violenza topografica maggiore verrà inferta probabilmente da Tarquinio il Superbo, quando una grande parte delle mura palatine e la porta Mugonia nella sua posizione originaria vengono obliterate per edificare quattro case aristocratiche a grande atrio e quando la porta Fenestella viene ricostruita come una riproposizione, leggermente spostata, della porta Mugonia originaria, finita quest’ultima sotto una delle domus aristocratiche. Era oramai quest’ultima la vetus porta Palatii.
Il fanum con templum di Giove Statore, cioè il sacellum contenente un’ara, si trovava tra viii e vii secolo a.C. lungo il clivo Palatino A, il quale portava a una postierla. Pertanto i Sabini sembrano essere stati respinti da questa postierla e non dalla porta Mugonia originaria, come attesta invece la vulgata della leggenda. Ma lo stesso fanum con templum veniva a trovarsi, intorno al 530 a.C., accanto alla porta Mugonia spostata sopra l’unico percorso superstite del clivo Palatino A. L’idea che il re sabino Tito Tazio avesse attaccato la porta Mugonia piuttosto che l’anonima postierla sta a indicare che questa versione della leggenda è coeva o posteriore al 530 a.C. circa. Dal punto di vista dei Sabini invasori, era logico ch’essi tentassero di penetrare nel Palatino dalla postierla invece che dalla porta Mugonia originaria, perché la prima era più vicina al Foro, poco oltre il lucus Vestae. Tentare di penetrare più avanti avrebbe implicato per i Sabini allontanarsi ulteriormente dalle retrovie che stavano tra la bassura che sarà del Foro e l’Arce.
Ma torniamo alle mura palatine originarie, del secondo quarto dell’viii secolo a.C., per narrare un episodio facile da fraintendere ma di straordinario interesse se colto nella sua pregnante singolarità. Intorno al primo quarto del vii secolo a.C. le mura vengono obliterate ed espiate con sacrifici di due uomini, una donna e un infante, seppelliti proprio sulle mura rasate e immediatamente al loro interno, tutti gli scheletri comunque contenuti entro un recinto – un locus saeptus religiosus – costruito su un lato della postierla. Anche sul suo lato opposto è stato rinvenuto un deposito di obliterazione contenente i reperti di un corredo femminile. Scambiare queste sepolture, del tutto eccezionali, con una necropoli, tutta immaginaria, significa nulla intendere della prima Roma e del Septimontium, dove gli adulti sono stati regolarmente seppelliti nelle necropoli periferiche dell’Esquilino e del Quirinale fino dal secondo quarto del ix secolo a.C., quindi un secolo prima della stessa nascita di Roma. Un fenomeno noto anche nei grandi centri dell’Etruria e che in Grecia non si riscontra.
I Romani ritenevano di conoscere il luogo in cui Remo aveva violato le mura palatine, scavalcandole e perdendovi la vita, come dimostrano i quattro cippi iscritti di età giulio-claudia che rimandano a Mars Pater, a Ferter Resius difensori delle mura e a Remus e a Anabestas assalitori delle mura. Per il luogo di questo memoriale dello scavalcamento si è pensato generalmente al clivo Palatino B, perché si è ritenuto che i cippi provenissero di lì. Ma dopo un accurato esame del luogo di rinvenimento – al di sotto della uccelliera Farnese – appare ora più probabile che i cippi provenissero dal clivo Palatino A, dove li possiamo immaginare su di un lato e sull’altro del tratto di murus Romuli tardo-repubblicano e proto-imperiale riproposto e connesso alla coeva porta Mugonia (Carandini 2016). Così il luogo dello scavalcamento di Remo e quello dell’assalto di Tito Tazio graviterebbero nello stesso contesto topografico, che è quello del museo di Romolo rappresentato dalla porta Mugonia, dal murus Romuli e dal fanum e templum con sacellum e poi con aedes di Iuppiter Stator. Remo, ucciso sulle mura, espia la violazione da lui voluta, così come i morti anonimi sepolti entro recinto sopra le mura e ai lati di una postierla espiano l’obliterazione delle mura della fondazione di Roma, oramai usurate e che agli inizi del vii secolo a.C. sono state ricostruite.
La porta Mugonia, probabilmente la più importante delle mura palatine, è diventata quindi il simbolo delle mura e della porta romulea che puniscono con la morte la violazione della sanctitas e che impediscono al nemico di penetrare nell’Urbs.
Atlas, tavv. 61, 70. – Brocato 2000. – Carafa c.s. – Carandini c.s. – D’Alessio 2000.