36.
L’ara Pacis e il suo ligneo recinto
(Fig. 37)
Molto si è scritto sull’ara Pacis, soprattutto sulle sue decorazioni e rilievi famosissimi. Meno si è riflettuto sull’interno del recinto, specie nella sua parte inferiore, là dove il progetto ha inteso imitare una struttura a pali lignei ben squadrati (come connessi fra loro è difficile dire). Quale struttura s’intendeva imitare con quel motivo funzionale ligneo, che tanto contrasta con il resto fastoso del monumento?
Viene in mente che s’intendesse imitare un templum/sacellum, cioè il recinto di area inaugurata che conteneva un’ara consacrata a una divinità, ma a un recinto di che epoca?
Lo studio del culto di Giove Statore (si veda l’Angolo 24) aiuta in tal senso. Certo, non i templa/sacella del vi secolo avanzato, che erano in blocchi di tufo; probabilmente neppure quelli in scheggioni del 600-530 a.C. e forse neanche quelli in argilla e schegge del 650-600 a.C. L’ara Pacis sembra pertanto rifarsi ai templa/sacella, recinti inaugurati, della prima età regia, fatti appunto in pali di legno legati da argilla, che si datano tra il 750 e il 650 a.C. L’ara Pacis mostra pertanto un tratto molto arcaizzante, che rivela una realtà storica più antica di almeno 650 anni e che rimanda al tempo stesso a costruzioni rituali temporanee, anche contemporanee, che intendevano apparire risalenti, nonostante la squadratura perfetta dei pali, che rivela l’epoca avanzata. Il carattere romuleo e regio misto a quello classicistico e principesco ben si conviene alla politica religiosa e culturale di Augusto. Il recinto o sacellum dell’ara ricorda il templum minus o in terris descritto da Varrone, Festo e Servio, cioè un locus inauguratus e cioè benedetto. Quindi i templa minora – “creati dagli auguri recingendo i luoghi prescelti con tavole di legno o con drappi, in modo che non abbiano più di un ingresso, delimitando lo spazio con formule stabilite” (Festo) – sarebbero perfettamente compatibili con i sacella. Non è un caso che le misure interne del recinto dell’ara Pacis coincidano con quelle del templum di Bantia, il solo che conosciamo in ogni dettaglio.
Atlas, tav. 230. – Carandini 2006. – D’Alessio 2014.