16.
La casa di Caligola, presso la quale è stato ucciso
(Fig. 18)
Caligola ha voluto costruire una propria casa al di sotto delle case palatine che si trovavano a settentrione della domus Tiberiana, più precisamente tra il vicus huiusce diei, la infima Nova via, il vicus Tuscus e gli horrea Agrippiana, obliterando in quello spazio due o tre precedenti case. Vi si entrava dall’alto del Palatino tramite due rampe, una maggiore e una minore, che conducevano al peristylium. Vi si accedeva soprattutto dal basso, tramite l’aedes Castoris trasformata in vestibulum della casa, alla quale era collegata tramite un ponticello sopra l’infima Nova via. La casa aveva un piano interrato, riservato soprattutto a servizi e ad ambienti freschi per la stagione estiva, il quale formava il basamento variamente voltato della dimora. Sul fronte della casa, rivolto al vicus Tuscus, al Velabrum e al templum novum divi Augusti, era un maenianum, basato su un ambiente voltato sottostante, dietro il quale era una corte con al centro, su un podio, il templum numinis Gai, che conteneva la statua dorata del principe. Sotto la corte era una cryptoporticus, dalla quale si entrava nel basamento del tempio. L’ambiente d’ingresso, un oecus preceduto da piccola anticamera, e un’altra sala si aprivano sulla corte. Scale conducevano al piano di sopra. Sul retro della casa, era il peristylium con sottostante cryptoporticus collegata a quella sotto la corte, dotato forse fin da ora di una piscina, con due ambienti, forse grandi cubicula, che si aprivano da un lato su di esso, mentre di fronte era un oecus Cyzicenus, con gli abituali due triclinia ai lati: il complesso di sale principale, sorretto anch’esso da ambienti voltati sottostanti. La casa era collegata non solo con l’aedes Castoris, ma anche con il tempio di Giove sul Campidoglio tramite un alto ponte, che partiva probabilmente dall’oecus affacciato sulla corte, che passava sopra il templum novum divi Augusti e che raggiungeva l’area davanti al tempio capitolino, nella quale era una seconda casa del principe, quasi ch’egli volesse coabitare con la divinità ottima e massima. Questo era l’assetto della casa intorno al 40 e 41 d.C. (si veda fig. 9).
Dopo l’uccisione di Caligola, nel 41, il peristylium viene ingrandito e dotato di una ampia piscina, riducendo così lo spazio per la rampa maggiore, che allora deve essere stata ristrutturata. Così si è creato anche lo spazio per dar luogo verso sud-ovest a tre nuove sale, quella centrale dotata di un padiglione che si protendeva avanti sia nel basamento che nel piano principale, interrompendo la porticus del peristylium, onde consentirle di affacciarsi scenograficamente sulla piscina. Altre piccole modifiche hanno riguardato gli ambienti della corte. Dunque, la dimora è stata ingrandita, molto probabilmente da Claudio, che potrebbe averla usata come diversivo rispetto alla ormai troppo angusta casa pubblica di Augusto invasa dalla basilica e durante la ristrutturazione della domus Tiberiana attestata da una sua fistula bollata. Si può immaginare che il templum numinis Gai sia stato trasformato allora nel Lararium del successore.
È possibile individuare anche il luogo dove Caligola è stato ucciso. Il 24 gennaio del 41 d.C. Caligola ha approfittato di un intervallo dei ludi Palatini, che si svolgevano tra la casa di Augusto e il tempio della Magna Mater, per fare un bagno e rifocillarsi in casa sua. Dal vicus retrostante il tempio di Magna Mater, Caligola e Claudio avevano imboccato la “strada diretta (alla Sacra via)” di Giuseppe Flavio (Antichità giudaiche, 19.117), cioè il clivo Palatino A, la quale costeggiava il “palazzo”, cioè la domus Tiberiana. Subito dopo, Caligola aveva piegato a sinistra, per una scorciatoia solitaria e tecta, detta crypta, entro la quale giovani dall’Asia stavano provando canti e balli (Svetonio, Vita di Caligola, 58) per gli stessi ludi. Si trattava probabilmente del vicus tectus che passava sotto le ambulationes delle case 5 e 6a (si veda l’Angolo 13, fig. 16). Questa stradina coperta portava al vicus huiusce Diei, in un punto che si trovava a m 19 dall’ingresso alla rampa principale che scendeva alla domus Gai. È in questa crypta che Caligola è stato bloccato e trucidato. Subito dopo sono state uccise sua moglie e sua figlia nella vicina loro dimora. Al contrario di Caligola, Claudio aveva proseguito lungo la “strada diretta”, fino a raggiungere la sua casa, la domus Claudi da identificare nella casa 2, che sulla “strada dritta”, cioè sul clivo Palatino A, aveva il suo ingresso. In questa casa Claudio era andato, ma appena saputo della uccisione del principe si era rifugiato spaventato in una sala o diaeta ornata di erme, chiamata Hermaeum. La sala doveva essere ornata anche da nicchie – forse alternate alle erme – se in una di esse Claudio si era nascosto. Sappiamo anche che questo Hermaeum si apriva su un terrazzo o solarium, facilmente immaginabile sopra la fila di tabernae aperte sul vicus che passava sopra il nemus Vestae (si veda l’Angolo 13, casa 2).
È possibile che la casa già di Caligola fosse usata, poi, da liberti ultrapotenti, quali Pallante, il segretario a rationibus di Claudio devoto ad Agrippina e mandato a morte nel 62 d.C., e quale Elio, che governava Roma mentre Nerone era in Grecia. La casa dovette pertanto decadere ulteriormente sotto Vespasiano, quando, tra il 69 d.C. e il 70 d.C., G. Licinio Muciano governava Roma impegnato nei lavori della domus Augustiana e dintorni. La dimora è stata infine obliterata dalle costruzioni di Domiziano, a partire dalla grande aula di ricevimento, che potrebbe essere stata nominata Germaniciana, come poi gli horrea che vi si installeranno nel iv secolo d.C., in memoria dei tre principi nominati, oltre che Caesar Augustus, Germanicus e cioè a dire Gaio, Claudio e Nerone.
Atlas, tavv. 47, 76. – Carandini, Bruno, Fraioli 2010, pp. 266-271.