5.
Le case del re dei sacrifici e di Tarquinio Prisco
(Fig. 5)
Tarquinio Prisco era andato ad abitare in una casa posta immediatamente al di fuori del lucus Vestae, entro un lotto concesso dal predecessore Anco Marcio subito a est della sua domus Regia. Di conseguenza, la primitiva domus Regia avrebbe dovuto essere obliterata. Invece questa dimora viene proprio ora ristrutturata secondo un nuovo modello edilizio che avrà un considerevole futuro; ma per accogliere quale regia figura, dato che nel lucus Vestae solo i reges potevano abitare? La dimora non ha più in questo periodo una corte davanti a sé, bensì circonda e include un cortile tutto interno, che presto si evolverà in un atrium. Come nuovo abitante di questa casa vi è un unico candidato: il nuovo sacerdote, creato probabilmente da Tarquinio Prisco, chiamato rex sacrorum. Era il primo sacerdote della città-stato nella seconda età regia, la cui casa si trovava in summa Sacra via. Solo un rex, seppure ridotto ad sacra, poteva abitare nel lucus Vestae, forse condividendo con il rex tyrannus che gli abitava accanto la patria potestas sulle vestali. Pertanto con i Tarquini esistono a Roma due figure regali, il re delle cose sacre o dei sacrifici, che vive nel lucus Vestae, come già i reges augures (si veda l’Angolo 3) e il re/tiranno, che detiene il potere politico-militare e solo una parte di quello sacrale, che abita lì accanto, subito al di fuori del lucus, tra la domus Regia e il c.d. clivo Palatino A.
La casa del re dei sacrifici è durata per 664 anni, prima godendo di una qualche regia autonomia e infine consegnata da Augusto alle vestali, pur continuando a essere abitata da un sacerdote che a partire dalla libera res publica è diventato l’ultimo nel rango del collegio sacerdotale, infine ulteriormente diminuito nella sua influenza a vantaggio delle vestali. La prima domus del re dei sacrifici circondava il cortile interno sui quattro lati. Per quanto male conservata, questa casa dà una idea di come potesse presentarsi la annessa e coeva casa di Tarquinio Prisco, di cui resta ancor meno, ma di cui conosciamo un importantissimo dettaglio. Infatti sappiamo che le finestre del suo fronte si aprivano sulla summa Nova via (Livio 1.41). Infatti da una di queste finestre Tanaquil, moglie di Tarquinio Prisco, aveva arringato il popolo, affollatosi lungo la Nova via, al fine di preparare la successione di Servio Tullio a Tarquinio Prisco, ferito a morte.
Servio, figlio della serva Ocrisia e di una figura divina – il padre vero era probabilmente lo stesso Prisco, come suggerisce Cicerone –, era stato allevato in questa casa come un figlio del re. Secondo la leggenda, Ocrisia sarebbe stata indotta dalla coppia regale a unirsi a un fallo, attribuito al Lar Familiaris, sorto nel focolare regio e avrebbe così generato Servio Tullio, mutuando il modello mitico della nascita prodigiosa dell’eroe che era stato anche di Romolo. Il servetto domestico, allevato come un principe, verrà in seguito liberato e diventerà il primo tyrannus di Roma, favorito da Tanaquil e dalla dea Fortuna (Carandini 2010).
L’impianto intorno a un cortile della casa del re dei sacrifici durerà fino al terzo quarto del vi secolo a.C., quando finalmente ha cominciato ad aprirsi sulla summa Sacra via, ricostruita al di sopra del fossato di fondovalle, ormai riempito e drenato da una prima fogna. La domus appare ora ingrandita e diversamente organizzata, per la prima volta intorno a un tablinum e a un piccolo atrium. Il tablinum era dotato, probabilmente dalla fine del v secolo a.C., di una stanzetta/armadio, che ritroviamo anche nella coeva villa dell’Auditorium (si veda l’Angolo 46, fig. 46); dalla metà del ii secolo a.C. le camerette/armadio diventano due, affiancate tra loro. Qui dovevano essere archiviate le tabulae di questo sacerdozio (tab(u)linum dalle tabulae cerate e scritte che in origine doveva contenere). Nel quartiere ovest è presente, probabilmente fin da ora, un cortiletto dotato di ara, che diventerà poi un atriolo, forse riservato alla regina Sacrorum, moglie del rex sacrorum, che era solita sacrificare, ogni mese alle calende, una porca o una agna a Giunone, secondo Macrobio (1.15, 19).
In questa domus del lucus Vestae è riassunta l’evoluzione intera della casa romana: casa davanti a una corte, casa con corte interna e casa con tablinum e piccolo atrium: il tutto nel corso di 820 anni. Manca qui il grande tablinum e il grande atrium attestati probabilmente per la prima volta solamente nella domus in parte già di Tarquinio Prisco e ingrandita e ristrutturata da Servio Tullio in una forma canonica, usata poi da Tarquinio il Superbo e imitata dall’aristocrazia del suo tempo che abitava sulla Sacra via, a est del fanum/templum di Giove Statore.
Talismani e strumenti rituali connessi ai culti di Marte e di Ops, già connessi alla casa dei re-auguri, non erano più adatti a stare né nella domus Regia diminuita a residenza di un re ridotto ad sacra, né nell’altra domus Regia di un re eminentemente politico e militare come Tarquinio Prisco. Per tali ragioni questo re ha traslato questi culti in un edificio autonomo, che non era più una domus Regia ma esclusivamente un fanum regio contenente i sacraria di Mars e Ops, edificato oltre il vicus Vestae, dove prima erano state le capannette di servizio delle vestali.
La domus Regia nel lucus Vestae, sede ufficiale dei re-auguri e poi residenza dei re dei sacrifici, il vicino fanum/templum di Giove Statore, il luogo sul Cermalus dove Roma è stata fondata davanti alle capanne di Romolo e di Marte e le mura palatine con le porte Romanula e Mugonia rappresentano i punti speciali di Roma nei quali meglio si coglie l’origine e la continuità della città-stato per una durata di circa 825 anni: qualcosa di straordinariamente raro e significativo per la storia della città-stato. Così la nascita di Roma intorno al secondo quarto dell’viii secolo a.C., indicata da tutti gli storici antichi di Roma, salvo Sallustio, appare in più luoghi e ripetutamente attestata e confermata dalla documentazione archeologica. Dopo l’incendio del 64 d.C. questo cuore di Roma viene radicalmente trasformato, per cui rinasce a una nuova vita, che dura fino alla fine dell’Impero in Occidente, ed è questa anche la Roma antica su cui oggi è dato passeggiare. Ma prima tutto era diverso! (Atlas, tavv. 1, 2 e 61).
Atlas, tavv. 6, 277, 278. – Carandini 2010. – Carandini, D’Alessio, Di Giuseppe 2006. – Filippi c.s.(b). – Ead. c.s.(c).