14.
La casa di Cicerone
(Figg. 15 e 16)

La casa di Cicerone occupava due lotti (6a). In quello più a sud-est era l’entrata. Lo immaginiamo composto dal quartiere dell’atrio, con dietro quello di un piccolo hortus o cortile. Il cubiculum dell’oratore si trovava entrando a destra, visto che in una notte del 57 a.C. l’oratore aveva sentito russare M. Claudio Marcello nell’unica casa annessa (5); quindi il cubiculum del russatore doveva trovarsi entrando in questa casa a sinistra. Il lotto più a nord-ovest costituiva il cuore rappresentativo della casa: la palaestra ornata da una statua di Minerva (portata in seguito dall’oratore in Campidoglio): una Academia ateniese trasferita in Roma; la villa di Tusculum dell’oratore era dotata sia di una Academia che di un Lycaeum, probabilmente su due livelli, come i due giardini nella villa di Settefinestre (Carandini 1985). La palestra era dotata probabilmente su un lato di due biblioteche, una greca e l’altra latina, affiancate al triclinium, come nella casa di Ortensio/Ottaviano e soprattutto come sarà nella dimora ricostruita di Cicerone. Sull’altro lato erano invece stanze contenenti un balneum con laconicum, la stanzetta per sudare. Così la palaestra aveva un settore riservato a banchetti e alla vita dell’intelletto e un altro riservato alla vita sportiva e termale, come era conseguente in un gymnasium. Nella palaestra dell’ultima fase era un praticello o pratulus, con una statua di Platone e una panchina, da immaginarsi nella parte scoperta della palaestra. Un’ambulatio/xystus, cioè uno spazio lungo e stretto per correre o passeggiare, era stata aggiunta sui due lati della casa, quelli liberi e con vista, parte della quale era posta al di sopra di un vicus tectus, lo stesso in cui probabilmente verrà ucciso Caligola (si veda l’Angolo 16).

L’ambulatio si affacciava nel lato lungo sulla casa 4 del fratello Quinto, con la quale aveva appunto un muro in comune, e su un hortus (fig. 15, 6b), situati entrambi a un livello inferiore (con un dislivello di m 7,5). All’hortus della pars inferior si poteva scendere probabilmente tramite una rampa, che poteva partire dall’ambulatio. Nel 58 a.C. Cicerone è stato costretto all’esilio per aver condannato a morte senza processo i seguaci di Catilina. Di conseguenza la sua casa è stata confiscata. La palaestra con triclinium e bibliothecae è stata allora distrutta, le colonne, recuperate da L. Calpurnio Pisone Cesonino; si sono salvati invece i conclavia dove era il balneum e probabilmente tutto il lotto dell’entrata, ormai a disposizione di Clodio, che nel frattempo aveva inglobato anche la porticus Catuli, dove era il culto di Fortuna huiusce diei. Il tufo naturale imminente, su cui erano state erette la palaestra e le sale, è stato allora scavato, lungo il limite del lotto, fino al livello del vicus huiusce diei e lo spazio che ne è risultato è stato consacrato alla Libertas, alla quale viene eretta allora una statua, un altare e alcune stanze per il culto, tracce delle quali sono state rinvenute, consentendo in tal modo di identificare e ricostruire la casa dell’oratore.

Nel 57 a.C. Cicerone torna dall’esilio, rientra in possesso della casa e riceve 2 milioni di sesterzi per l’indispensabile ripristino. L’area della Libertas viene sconsacrata e viene trasformata in un balneum, dotato di laconicum rettangolare per sudare e di sale scaldate e altri spazi coperti a volte. Tutti questi spazi erano destinati a sostenere la nuova palaestra, le sue nuove sale corrispondono a quelle scaldate sottostanti. I conclavia già andati a Clodio sono ora tornati in possesso dell’oratore (privati si può pensare di ogni attrezzatura balneare, ormai prevista al piano inferiore). Nel frattempo la porticus Catuli (lotto 9), inglobata anch’essa nella casa di Clodio, era stata restituta, restituita cioè al culto pubblico e questi lavori di ripristino erano terminati nel 54 a.C. Tra le sale aperte sulla palaestra era al centro un triclinium, probabilmente affiancato da due bibliothecae, una greca e l’altra latina. È nell’ambulatio e nella palaestra, dotata di statua di Platone, praticello e panchina, che Cicerone ha ambientato la sua opera Brutus (46 a.C.). Nel 45 a.C. muoiono la figlia Tullia e il suo bambino e Cicerone, disperato, abbandona la casa. Nel 43 a.C., prima di venire proscritto e ucciso, l’oratore aveva fantasticato di recarsi nella casa di Ottaviano e lì di suicidarsi sul focolare per attirarvi il demone della vendetta. Questa casa (3) si trovava subito al di sotto dell’hortus dell’oratore accolto nella pars inferior della sua casa.

Atlas, tavv. 64, 70, 281. – Carandini, Bruno, Fraioli 2010, pp. 128-137.

Angoli di Roma
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