25.
Il prefetto alla città:
casa e bottega
(Fig. 24)
La casa che era stata di Pompeo (fig. 21, f) era passata poi ad Antonio, che ne aveva comprato i beni all’asta nel vicino templum/fanum di Giove Statore. Potrebbe essere andata, in seguito, ad Agrippa, essere stata abitata dal 19 al 13 a.C. da Tiberio, sposo di Vipsania Agrippina, figlia di Agrippa. E potrebbe infine aver accolto un grande amico di Tiberio, L. Calpurnio Pisone, primo prefetto urbano, rimasto in carica per venti anni dal 13 d.C., diventando alla fine la sedes/officium del praefectus Urbi.
A partire da Adriano i resti della casa tardo-repubblicana sopra descritta hanno dato luogo ad altri edifici e soprattutto a una sontuosa dimora a peristylium, con oecus fiancheggiato da due ambienti più stretti, tre cubicula sui lati brevi e altre stanze sui due lati lunghi. Al piano interrato era una cryptoporticus dotata di nymphaeum decorato da statue e che fronteggiava una sala absidata (fig. 21, h). A occidente di questa casa si svilupperà, dopo il 192 d.C., il quartiere esteso della praefectura Urbi – tribunal, scrinia, templum Telluris/Secretarium Tellurense, horrea Chartaria (fig. 24, 1-4, 9-10) – ricostruibile grazie a disegni del ’500 attribuiti a Sangallo e a Ligorio (si veda l’Angolo 23).
L’erezione della basilica di Massenzio ha comportato la perdita dei tre cubicula della dimora adrianea e la creazione, intorno alla fine del iv secolo d.C., di un ingresso a questa residenza che consentiva al praefectus Urbi di raggiungere direttamente l’aula basilicale, in cui lui giudicava e che da lui evidentemente dipendeva (fig. 24, A). Contemporaneamente il vicus retrostante la basilica è stato riempito di strutture, che hanno reso possibile una connessione immediata tra la domus e la basilica, eloquente al punto da farci intendere la natura della relazione fra il risiedere sulla cima della Velia e l’agire nel colossale edificio pubblico tardo-antico, venuto ad aggiungersi alle altre costruzioni pubbliche poste tra il templum Pacis e gli horrea Chartaria, il magazzino dei papiri. Questi collegamenti, seppure tardi, sono essenziali per capire le suddette architetture, come lo stretto passaggio tra la domus Tarquiniorum/Publica e il nemus/lucus Vestae (Atlas, tav. 6), che ha dimostrato la pertinenza di questa prima casa a grande atrio ai tyrannoi e ai pontifices Maximi (si veda l’Angolo 6, fig. 6). Non ha pertanto senso studiare i monumenti come entità isolate, al di fuori dei loro legami di contesto, cioè delle connessioni significative tra gli edifici. Va infine osservato che gli officia erano accolti a Roma in edifici a carattere domestico, come quello a studiis posto dietro le biblioteche palatine (si veda l’Angolo 17).
Atlas, tavv. 89, 101, 104-106. – Amoroso 2007.