18.
Grandi aule e parte intima della domus Augustiana
(Fig. 19, B)
È stato Nerone a inventarsi una estensione della domus Augusti, un palazzo nuovo chiamato domus Augustiana, che aveva un salone principale di accoglienza affacciato per la prima volta sul c.d. clivo Palatino B, diventata allora la strada principale di accesso ai palazzi legati alla memoria di Augusto. Tanto ormai valeva questa strada, che il palazzo di Nerone ne aveva assunto l’orientamento, il quale cozzava con quello della domus Augusti, tanto che la nuova reggia ne rasentava un angolo (Atlas, tav. 110). Dopo il 64 d.C. questo clivo di recente importanza è stato rettificato e una rinnovata domus Augustiana ha potuto finalmente armonizzarsi con l’orientamento solo leggermente divergente della domus Augusti. In tale modo si è venuta a creare l’area Palatina, alla confluenza dei due palazzi, luogo usato per le esternazioni pubbliche del principe. È su questa area che affacciavano ormai le grandi aule di accoglimento nelle tre differenti versioni di Nerone, Vespasiano e Domiziano (Atlas, tav. 82). Dietro a scalinate e a una porticus a “L” (fig. 19, 11) spiccava il salone definitivo di Domiziano – la cosiddetta “aula regia” (fig. 19, 12) – affiancato da due altre aule minori: una basilica absidata con scalette sul retro che consentivano di salire agli stretti spazi del secondo ordine (fig. 19, 13) e un’aula più piccola e bassa, che accoglieva probabilmente una statua colossale di Domiziano (fig. 19, 14). L’aula di accoglimento era una sorta di atrium coperto, eppure luminosissimo come un’aula celeste, grazie al sovrastante claristorio, fortunatamente rappresentato in una moneta (si veda oltre), che gettava fasci di sole. L’aula immetteva poi nel peristylium (fig. 19, 15), affiancato e concluso da un sistema di triclinia, minori sui due lati (fig. 19, 16) e che culminavano nel maggiore: la cenatio Iovis, identificabile anche con le aedes Divorum (fig. 19, 4), l’edificio dei principi divinizzati dei Cesari e dei Flavi, la quale aveva, al centro e sul fondo, il letto tricliniare del principe. Proprio questo luogo del nuovo palazzo era stato innestato di proposito nella domus Publica di Augusto, dotata da Claudio e da Nerone della basilica/aedes Caesarum, trasformata da Domiziano in aedes Divorum quasi a rappresentarne la gemmazione dal luogo più altamente simbolico del primo principato. In questo palazzo, anch’esso tutto pubblico, il principe riceveva ma non viveva.
Domiziano amava le aule enormi che introducevano nei suoi palazzi. Erano due, quella presso il Foro che introduceva alla domus Tiberiana (Atlas, tav. 48) e questa della domus Augustiana (fig. 19, 12; si veda anche Atlas, tavv. 80-83; qui, fig. 20).
A svelare il segreto dell’elevato dell’aula/atrium è, come si è accennato, un sesterzio di Domiziano del 95-96 d.C. (fig. 19, 12), il quale riproduce la facciata di questa aula. Essa appare coperta da un claristorium di tipo basilicale ornato da statue, il quale aveva la forma di un tempio con dieci colonne frontali o decastilo, coperto da un tetto ma vuoto all’interno, per cui dalle colonne penetrava scandito lo splendore del cielo. Decastilo era il Pantheon augusteo e anche questa aula palaziale conteneva le statue degli dèi, come convocati nella corte olimpica dal dio sovrano Giove. La sala era rivestita da due ordini architettonici, sui lati lunghi e al primo ordine con sei grandi nicchie e edicole per accogliere statue colossali su podi e altrettante leggermente più piccole sui lati lunghi del secondo ordine. Sul lato dell’entrata le nicchie/edicole erano due sotto e due sopra, mentre sul lato di fondo e in basso ve ne era una sola grande e in alto due. Al centro del primo ordine e di fronte all’entrata stava Giove, come se fosse lui il padrone di casa. Degli altri dèi si sono conservati solo Ercole (fig. 19, 12) e Dioniso; sono in marmo verde e di misura colossale (alti m 3,9), adatta al primo ordine. La decorazione architettonica era massimamente fastosa (Atlas, figg. 65-66): basi finemente lavorate, colonne di giallo antico e pavonazzetto, colonnine di porfido, capitelli in marmo bianco, una sontuosa cornice e un fregio con cataste di armi tolte a Germani vinti. Pareva la casa di Giove e degli altri dèi, ma era in realtà quella del dominus et deus, lo stesso che aveva restaurato il tempio di Giove ottimo Massimo. Al Museo Nazionale di Napoli frammenti della decorazione di quest’aula di ricevimento sono presentati dal punto di vista meramente collezionistico; manca ogni ricostruzione del contesto e quindi ogni comprensione di cosa quei pezzi hanno significato in origine nel loro insieme, una tipica perversione culturale italiana (l’unione di tutela e valorizzazione nelle soprintendenze tradizionali non ha raramente garantito il legame dei pezzi esposti con i monumenti e con i paesaggi da cui provenivano).
Con il tempo, istituzioni e cerimonie erano mutati in questo palazzo. Dopo il 306 d.C. all’aula di ricevimento domizianea è stata aggiunta una basilica, inserita dove prima era stato il giardino o la corte d’ingresso (fig. 19, 17) alla parte privata della domus Augustiana, ingresso ora abolito (si veda oltre). Ai lati della basilica sono state conservate due aree verdi e al centro è stata edificata una basilica ducenaria (fig. 19, 18) – lunga cioè 200 piedi, come le basiliche costantiniane di Treviri e a Roma del Sessorium (Atlas, tav. 132). Questa nuova basilica del palazzo era scaldata tramite la circolazione d’aria calda tra le suspensurae che sostenevano il pavimento. L’abside, limitata da quattro colonne, disponeva di un bancone per sedersi e aveva al centro un posto per il trono imperiale. Si tratta probabilmente dell’auditorium o consistorium, un misto di consiglio di stato e di corte di cassazione. Il lato nord dell’antistante peristylium (fig. 19, 19) è stato ora rettificato, per somigliare a un nartece. La piscina centrale viene in questo momento dotata di un ponte e di un tempietto, posto in asse con la basilica ma non col peristilio stesso. Architettonicamente un pasticcio, ma siamo agli esordi della tarda antichità. Il palazzo appare oramai meno diviso nelle due parti in cui prima erano confinate le funzioni pubbliche e private, per cui ha assunto ormai un carattere più unitario.
La parte privata della domus Augustiana, di dimensioni meno grandiose rispetto a quelle della parte pubblica, si apriva con un grande triportico (fig. 19, 17) che aveva uno spazio aperto, in un angolo del quale era un tempietto (fig. 19, 20), forse consacrato a Minerva, la dea prediletta da Domiziano (è la zona sopra descritta dove sorgerà la basilica ducenaria). Si passava poi a un peristylium che aveva un lato ricurvo (fig. 19, 19). A ovest erano triclinia, in comune con il peristylium della parte pubblica (fig. 19, 16): un oecus (fig. 19, 21) con ai lati due corridoi e due coppie di stanzette che parrebbero cubicula ma che sono più probabilmente salette comunicanti tra di loro. Altri tre triclinia sono a sud, dei quali quello al centro era anche rivolto verso la parte più intima del palazzo (fig. 19, 22). A est erano una sala (fig. 19, 23) con due triclinia a specchio (fig. 19, 24), aperti sul giardino in forma d’ippodromo o gestatio (fig. 19, 25), dotato di enorme exedra semicircolare (fig. 19, 26) e di un appartamentino fra le due turres dell’ippodromo (fig. 19, a sud di 27), dietro il quale, verso nord, era una prima dépendance del palazzo (fig. 19, 28) rinfrescata da un ninfeo, forse gli hospitalia oppure la casa di un alto funzionario. Una seconda dépendance sorgeva dietro l’ippodromo (fig. 19, 29-30).
La parte più privata e più intima della domus Augustiana si trovava tra la zona intorno al primo peristylium (fig. 19, 19), riservata ai triclinia (fig. 19, 22) e pertanto a ricevimenti e feste – si direbbe una parte di carattere sia pubblico che privato – e la zona riservatissima, con triclinia ed exedrae (fig. 19, 31) annessi alla porticus o maenianum (fig. 19, 32) dalla quale il principe e i suoi intimi osservavano le corse nel Circo. La parte intima della casa si disponeva intorno al secondo peristylium (fig. 19, 33), il cui manierato giardino acquatico, con isolette in forma di peltae (scudi a crescente), si trovava al livello seminterrato degli interiora o penetralia Palatii. Solo una scala e una rampa con scala collegavano i due piani (fig. 19, 47 e tra 41 e 50).
Questa parte intima del palazzo si apriva con due triclinia privati, quello a ovest (fig. 19, 22) collegato a due cubicula (fig. 19, 36) aperti su un piccolo peristilio affacciato su un bacino d’acqua posto al piano seminterrato (fig. 19, 37), e quello a est (fig. 19, 22) connesso a uno o due cubicula, forse aperti anch’essi su un analogo piccolo peristilio. Tra i cubicula era una stanzetta che poteva servire da Lararium oppure da camera-armadio (fig. 19, 39). Si trattava, a ovest dell’appartamento dell’Augusto a partire da Domiziano, e a est, forse, di quello della Augusta, a partire dalla poco amata sua moglie Domizia Longina. Lungo i lati lunghi del peristylium erano a est il balneum (fig. 19, 40), probabilmente quello usato da Domiziano prima d’essere ucciso (Svetonio, Vita di Domiziano, 17), mentre a ovest erano al centro l’oecus o studio dell’Augusto (fig. 19, a est di 42), preceduto da un’anticamera/exedra (fig. 19, 42) comunicante con il peristylium in modo da affacciarsi sul sottostante giardino acquatico: un luogo non facile da ricostruire, ma ci aiuta la pianta del seminterrato. L’oecus con exedra doveva accogliere la statua della Minerva Palatina, dea di cui, al tempo di Domiziano, era cultor lo schiavo Sextus (Marziale, Epigramma 5.5). L’oecus/exedra era affiancato da due portichetti aperti su bacini d’acqua (fig. 19, 43), anch’essi posti al piano seminterrato e l’exedra aveva ai lati due studioli. Era, se vogliamo, la Syracusae (fig. 12, 14) di Domiziano, che comunicava con la domus del bibliotecario Proculo (fig. 19, 10; si veda inoltre l’Angolo 17), con le due bibliothecae (fig. 19, 1-2), con la domus Augusti (fig. 19, 44-46) e con la cenatio Iovis/aedes Divorum (fig. 19, 4), tutte strutture vicinissime tra loro. E centrali per l’esercizio del potere.
Nei penetralia si scendeva principalmente tramite una scala (fig. 19, 34) che aveva al di sotto una latrina (fig. 19, 47). Accanto era il bacino d’acqua del piccolo peristilio (fig. 19, 37), arricchito da un prezioso nymphaeum (fig. 19, 48). Proprio su questi ambienti si aprivano i due cubicula estivi dell’Augusto, che tra di loro avevano, anche qui, il Lararium o la camera-armadio (fig. 19, 36, 39). Al tempo di Domiziano, un cubiculum era riservato a lui (mq 61,6) e l’altro magari a una delle sue depilate concubine (Svetonio, Vita di Domiziano, 22) o a chiunque il principe amasse accompagnarsi, compresa la nipote Giulia. Questi cubicula si affacciavano anche sul triclinium privato posto a ovest (fig. 19, 35); altri due cubicula (fig. 19, 36) si aprivano sul triclinium centrale (fig. 19, 49), mentre solo un cubiculum si affacciava anche sul triclinium a est (fig. 19, 38); gli stessi triclinia si aprivano sul peristylium e sul suo giardino acquatico (fig. 19, 33). Sempre qui in basso e sul lato ovest del peristylium era un oecus il quale si affacciava direttamente sul giardino acquatico; sul suo retro i lati erano due studioli rivolti invece verso i bacini d’acqua dei piccoli peristili. Sul retro erano altre stanzette, forse uffici, che gravitavano anch’esse sui due bacini d’acqua dei piccoli peristili. Era questo lo studio estivo del principe, che comunicava con il portico inferiore del maenianum, dotato a questo livello di altri triclinia e di un giardino semicircolare. In uno dei cubicula riservati all’Augusto in questo seminterrato, forse il 36 vicinissimo alla latrina e al ninfeo, è stato probabilmente ucciso Domiziano il 18 settembre del 96 (Svetonio, Vita di Domiziano, 16-17; Dione Cassio, 67.15.1, 17.1.), mese, questo, in cui a Roma ancora si boccheggia. La statua di Minerva, che l’Augusto teneva in camera o nell’annesso Lararium, non era riuscita a proteggerlo. Domiziano è stato colpito da sette pugnalate, aveva quasi 45 anni e aveva regnato per 15 anni. La nutrice Fillide ne ha cremato poi il corpo in una sua tenuta suburbana sulla via Latina e ha portato le ceneri nel tempio della Gente Flavia (si veda l’Angolo 28), versandole nell’urna di Giulia figlia di Tito, di cui lei era stata la nutrice (Cassio Dione, 67.18) e di cui lo zio Domiziano era stato forse l’amante. La congiura era stata ordita dall’Augusta Domizia Longina e da un dipendente (procurator) della nipote Domitilla, da un funzionario (cornicularius), da addetti alla camera da letto (praepositi cubiculo), da una guardia (decurio) della camera da letto e da alcuni gladiatori, cioè la gente che Domiziano aveva più intorno e che maggiormente temeva.
Atlas, tavv. 48, 80-84a, 273, ill. 13.