45.

Kate prese il cellulare ma era quasi completamente scarico. Pensò di chiamare James, ma non se la sentiva di affrontare le conseguenze. Si sarebbe preoccupato troppo. Magari si sarebbe persino arrabbiato. Che significa che ti sei persa nei boschi? Come diavolo è possibile? Non hai guardato le previsioni prima di andarci? Ma cos’hai in testa, Kate? E comunque non avrebbe potuto far altro che chiamare i soccorsi, e quello poteva farlo anche lei.

Il problema era che i soccorsi non sarebbero riusciti a localizzarla in un terreno di proprietà privata. Osservò di nuovo gli alberi intorno. Ancora niente dischetti colorati. E se avesse chiamato suo padre? Meglio di no. Quasi certamente avrebbe reagito male anche lui. Aveva bisogno di una persona affidabile che non la giudicasse, e soprattutto che capisse perché era andata lì senza bisogno di chiederglielo. Non aveva voglia di dare spiegazioni. Così chiamò Palmer Dyson.

«Pronto?»

«Ciao, sono io. Kate. Ho fatto una stupidaggine. Mi sono persa nei Balsams.»

«Com’è successo?»

«Ascolta, il cellulare sta per spegnersi, mi sono dimenticata di ricaricarlo.»

«Okay, calmati, conosco la zona», disse Palmer. «Descrivimi dove sei.»

«Non ne ho idea. Ho invertito la rotta un sacco di volte e nevica che Dio la manda.»

«Dove hai parcheggiato?»

«A Kirkland Road, vicino all’inizio del sentiero. Sto vagando senza meta da una mezz’ora.»

«Hai idea di quanto ti sei inoltrata nel bosco, a occhio e croce?»

«Non saprei. Un paio di miglia, forse.»

«Vedi dei dischetti colorati sugli alberi?»

«No. Ho cercato, ma niente. Sono in una proprietà privata.»

«Okay. Continua a camminare e descrivimi quello che vedi.»

Arrancò lungo il sentiero, combattendo la spossatezza. «Neve. Alberi.»

«Questo non è di grande aiuto, Kate.»

«Boscaglia... rocce, un paio di massi. Non so cosa devo guardare.»

«Va bene, ascolta. Andando avanti incontrerai per forza qualcosa da usare come riferimento, una muraglia di pietra, un vecchio pozzo, qualsiasi cosa.»

«Okay.» Arrivò a una biforcazione. «Oh. Sono a un bivio.»

«Bene. Scegli una direzione e prosegui.»

«D’accordo. Vado a sinistra.»

«Vedi qualche dischetto?»

«No.»

«Continua a camminare. Adesso?»

«Ancora niente.»

«Okay. Torna indietro fino al bivio e prova l’altra direzione.»

Lo fece.

«Adesso?»

Vide un dischetto arancione inchiodato a un frassino. «Sì! Ne ho trovato uno. È arancione.»

«Benissimo. Sei su un sentiero pedonale. Dimmi il numero.»

«Due zero qualcosa. Aspetta...» Si avvicinò all’albero e grattò via la neve ghiacciata dal disco di plastica. Il cellulare gracchiò, sentì un’interferenza. «Palmer?»

Per un attimo, ci fu solo silenzio.

«Palmer

«Kate?»

«Grazie al cielo. Non ti sentivo più. Il numero è due zero nove.»

«Okay. Aspetta.»

«Mi sta morendo il cellulare», lo avvertì, la voce che tradiva l’ansia.

«Calma. Sto guardando la cartina. Duecentonove. Ecco qui. Ora so esattamente dove sei. Ascolta, ho una baita in quella zona. È più vicina rispetto a dove hai lasciato la macchina. Ti guido lì, va bene?»

«Sì. Cosa devo fare?»

«Prosegui lungo il sentiero per un paio di minuti, troverai un’altra biforcazione. Dimmi quando ci sei arrivata.»

«Okay.»

Dopo alcuni faticosi minuti, Kate disse: «Ci sono».

«Leggi il numero sul dischetto più vicino.»

Lo fece.

«Okay, bene. Devi prendere a sinistra e seguire il percorso fino alla successiva biforcazione, dove andrai a destra. Fai attenzione. Se sbagli adesso rischi di finire su una pista circolare di due miglia e mezzo. Meglio evitare.»

«Okay», disse sforzandosi di mantenere la concentrazione.

«Tra una decina di minuti incontrerai i resti di una vecchia casa colonica e subito oltre una pompa di benzina arrugginita. A quel punto dovrai tracciare una linea immaginaria dalla casa alla pompa e proseguire nel bosco seguendo questa linea. Hai capito?»

«Sì», rispose con il vento che ululava.

«Bene. Segui questa linea finché arrivi a una strada di ghiaia. Attraversa la strada e riprendi il sentiero nel bosco. Da quel punto alla baita ci saranno una quarantina di metri. Tutto chiaro?»

«Sì», gridò per farsi sentire. «Chiaro.»

«Fai con calma. Resta concentrata. Ci vediamo lì tra venti minuti.»

Il cellulare fece alcuni bip per segnalare la fine della carica.

«A un certo punto incrocerai un ruscello ma sarà gelato...»

«Palmer? Palmer?»

Era caduta la linea.

Ripose il cellulare in tasca e riprese il cammino controvento. Sentì una botta di adrenalina. Il sole stava tramontando e l’ipotermia era un rischio serio. Aveva le gambe così intorpidite che le sembrava di procedere sui trampoli. Non poteva permettersi di sbagliare. Al bivio a destra, casa, pompa, attraverso la strada, riprendo il sentiero...

Arrancò nella neve sempre più alta, sudando e imprecando, finché vide i resti della casa colonica spolverati di neve. Trovò la pompa arrugginita, tracciò la linea immaginaria e la seguì, abbandonando con grande trepidazione il sentiero. Attraversò un tratto di terreno roccioso con lo sguardo fisso sullo sfondo bianco oltre gli alberi, uno spazio vuoto che poteva indicare una sola cosa: una radura, o una carreggiata.

Le parve di averci messo un’eternità, ma alla fine si ritrovò su una vecchia via sterrata, fuori dal bosco. Un sospiro di sollievo. Era quasi fatta.

Oltrepassò la strada e individuò l’inizio di un altro sentiero che s’addentrava dall’altra parte del bosco. Lo prese, e poco più avanti incontrò un ruscello gelato. Testò la consistenza del ghiaccio e lo attraversò con cautela, raggiungendo senza imprevisti l’altra sponda. La fioca luce del giorno che restava svanì. Le raffiche di vento sollevavano turbini di neve in ogni direzione. Prese le chiavi dell’auto e usò la lucina LED per guardare dove metteva i piedi, procedendo a testa bassa.

Cinque minuti dopo vide un paio di fari perforare il buio. Ancora qualche passo e avvistò una baita, con Palmer che l’aspettava. Le puntò una potente torcia in faccia, accecandola per un attimo e abbassandola subito.

«Kate?» urlò tra i gemiti del vento.

Rise così forte che quasi si strozzava, e gli corse incontro.

Un respiro nell'acqua
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