44.
In auto, Kate accese il riscaldamento e armeggiò con i comandi della radio. Canzonette pop. Qualunque cosa pur di attenuare le emozioni che provava.
Aveva un dolore fisso alla testa, dietro gli occhi. In lontananza s’addensavano le nuvole e i pini nani che ondeggiavano al vento sembravano usciti da un quadro di Dalì. Più avanti c’erano alcuni edifici di nuova costruzione e la strada era disseminata di cartelli con scritto VENDESI APPARTAMENTI.
Le venne in mente Hannah Lloyd. Di slancio, svoltò a sinistra invece che a destra e si diresse ai Balsams, la zona boschiva in cui dieci anni prima erano stati trovati i suoi resti, appena oltre Kirkwood Road.
Venti minuti dopo parcheggiò a un lato della strada, si tolse la cintura di sicurezza e scese dall’auto. Era a mezzo miglio dall’ultima casa abitata. Attraversò la strada e seguì le indicazioni per raggiungere l’inizio del sentiero. La vecchia foresta apparteneva a un vasto parco statale che si estendeva anche nelle contee vicine, un tesoro condiviso di boschi e aree umide la cui punta di diamante era Mount Summation a Greenville, nel New Hampshire, che attirava pescatori, escursionisti e arrampicatori da tutto il paese. I Balsams erano un tripudio di latifoglie, dagli abeti del balsamo, gli abeti rossi e le querce che raggiungevano anche i trenta metri di altezza agli alberi più bassi come i noci americani, le sanguinelle e i pini nani.
Si addentrò nel bosco ascoltando lo scricchiolio della neve sotto gli stivali e si accorse di non essere lontana dalla baita. Il sentiero roccioso alla fine sbucava in Parsons Road, dall’altra parte della città. La «sua» parte. Fu un duro colpo. C’era un percorso diretto tra il punto in cui era stata trovata Hannah Lloyd e la baita da cui era scomparsa Savannah.
Non aveva mai capito come l’assassino fosse riuscito a portare via la sorella senza che né lei né altri vedessero alcun veicolo su Parsons Road. Adesso aveva la risposta. Savannah era stata allontanata dal bosco nella direzione opposta, lungo uno di quei sentieri, probabilmente con una pistola puntata alla schiena o con un coltello alla gola.
Cominciò a nevicare, fiocchi lievi le svolazzavano davanti agli occhi. Kate si strinse la sciarpa intorno al collo e rabbrividì. Si era alzato il vento. Okay, è meglio che vada. La camminata del bosco l’avrebbe fatta un’altra volta.
Stava per tornare indietro quando notò uno sventolio a una decina di metri. Un’improvvisa turbolenza, un movimento vorticoso. Cos’era stato?
In un batter di ciglia era sparito. Forse un’illusione ottica. L’emicrania in arrivo le restringeva i vasi sanguigni. Scosse la testa e vide delle macchie di colore saettare tra gli alberi: cardinali rossi in cerca di un riparo dal temporale.
Kate guardò intorno con attenzione ed eccolo di nuovo, ma più lontano stavolta: una figura minuta che vagava nel bosco, verso est. Aguzzò la vista. Un cervo? Un cane? O un sovraccarico sensoriale indotto da un eccesso di stimoli visivi? Può capitare, sotto stress. Basta un’eccedenza di cortisolo nel sangue combinata al desiderio subliminale di vedere una cosa che non c’è, e il subconscio riempie le lacune. Una bambina eterea che passeggiava in un bosco incantato... C’è un termine in psicologia, enthrallment, che indica un sottoinsieme della gioia corrispondente a uno stato d’intensa estasi provocato dalla vista di qualcosa che elevava l’umore alle stelle. Kate lo stava provando in quel momento. Non sapeva perché.
Un rametto si spezzò.
«Savannah?»
Un movimento improvviso.
Dov’era andata?
Riprenditi. Stai perdendo il controllo.
Doveva sapere cos’era. Si spinse più addentro nel bosco. La foresta era splendida e misteriosa, il vento era un canto di sirena. Gli alberi maestosi ondeggiavano e i loro rami cigolavano come sedie a dondolo. Uno stormo di uccelli si levò in volo stridendo. Con la neve che le cadeva intorno, ebbe l’impressione di essere chiusa nella palla di vetro più grande del mondo. Proseguì lungo il sentiero, evitando i rami caduti, le rocce sporgenti e i solchi improvvisi. Doveva procedere con attenzione se non voleva rompersi l’osso del collo.
Arrivò a un’intersezione tra due sentieri. Davanti a lei c’era un terrapieno di un paio di metri. Vi salì sopra e si guardò intorno. Notò i dischi di plastica colorati inchiodati alle betulle, delle dimensioni di un sottobicchiere. Ce n’era più o meno uno ogni dieci alberi e indicavano il tipo di attività che si poteva svolgere lungo un determinato percorso: dischi verdi per le piste ciclabili, rossi per i sentieri a cavallo e arancioni per quelli pedonali. Dove non c’erano dischetti, il terreno era proprietà privata. Per sicurezza i dischi erano numerati, così chi si fosse perso avrebbe potuto indicare la propria posizione ai soccorritori.
Kate si chiese se Savannah avesse visto quei dischi, sedici anni fa, mentre veniva costretta con le minacce a camminare nel bosco, al buio, con i grilli che frinivano e la brezza estiva che le soffiava sui capelli.
Scese dal terrapieno e proseguì lungo il percorso pedonale. Arrivò a un punto in cui il terreno era stato eroso dall’acqua e lo strato di neve nascondeva lastre di ghiaccio. Salì su un ramo caduto. Qui, pensò. Era quello il posto dove aveva visto la bambina. Come si aspettava, non c’erano impronte nella neve fresca, né animali né umane.
Batté le palpebre per liberarsi dai fiocchi che le si erano posati sulle ciglia. L’aria pomeridiana era gelida come acciaio. Oltre una vecchia muraglia di pietra, il sentiero si divideva in due.
Uuh-uuh, uhh-uuh-uuh.
Si girò di scatto.
Una vocina portata dal vento. «Kate?»
Vide qualcosa in cima a un pendio, a una ventina di metri da lei. Era relativamente immobile, come una tromba d’aria. Batté le palpebre per scacciare la visione ma c’era una bambina che la guardava. Non una bambina. Un’immagine appena accennata. Uno schizzo di una bambina.
«Savannah?»
L’emicrania le spaccava la testa. Questa è una pazzia. Ti stai comportando da pazza. La schizofrenia negli adulti può insorgere in qualunque momento, ma è più frequente intorno ai trent’anni. Stava avendo un collasso nervoso?
La figura svanì con un colpo di vento.
Kate scosse la testa. Doveva esserci una spiegazione. I rami mossi dalla corrente. Le raffiche che sollevavano la neve. L’emicrania che aumentava d’intensità.
Stai perdendo la ragione.
Raggiunse la cima del pendio, che era più ripido di quanto sembrasse. Non c’era nulla lassù. Il vento le sferzava il viso. Era ora di andare. Ogni due anni circa la zona dei Balsams reclamava le sue vittime, specie tra gli escursionisti così stupidi da esplorarla durante una tempesta di neve. La mamma ha perso la bussola quando aveva la mia età. Forse è così che inizia?
Cominciò a scendere dal pendio ma presto arrivò a uno strapiombo che non aveva visto e dovette tornare indietro e trovare un altro versante. A metà, i sassi lasciavano il posto al ghiaccio e scivolò, cadendo e bagnandosi i guanti e il giaccone imbottito. Si rialzò, si tolse la neve di dosso e continuò la discesa.
Quando arrivò in piano provò a tornare verso Kirkwood Road, o almeno nella direzione in cui le sembrava si trovasse, ma in breve non riconobbe più il sentiero. Fece dietrofront, ma la tormenta era aumentata e la visibilità era ormai inferiore a due metri.
Le ci vollero ancora un paio di minuti per rendersi conto che si era smarrita. La temperatura era scesa a picco. Scelse una direzione, ma il sentiero era così eroso che dovette tornare di nuovo indietro. Non c’erano più dischetti colorati sugli alberi. Doveva essere finita in una proprietà privata.
Il dolore alla testa era lancinante. Aveva lasciato lo zaino in macchina. Si tolse i guanti e affondò le mani in tutte le tasche in cerca di un’Aleve. Ne trovò una coperta di lanugine e la ingoiò senz’acqua, poi si guardò intorno aguzzando la vista nella speranza d’individuare i dischetti colorati. Non ne vide nessuno. Riprese a camminare. Più avanti c’era un’altra biforcazione. Da che parte? Destra o sinistra?
Nessuna delle due, decise. Provò a tornare sui suoi passi, sfidando il vento gelido, ma la neve scendeva più forte di prima, rendendo difficile avanzare. Non vedeva a un metro da lei e sentì le gambe intorpidirsi. Batté i piedi per mantenere il sangue in circolo e cercò di non cedere al panico per non peggiorare la situazione. La neve cancellò le impronte dietro di lei.
Kate allungò il collo cercando i dischi colorati ma non vide altro che alberi e neve. Le fischiavano le orecchie. Prese il cellulare e lo guardò. Nonostante le circostanze estreme, non si convinceva a chiamare il 911. Non ancora. L’umiliazione sarebbe stata troppo grande. La polizia, i soccorritori, la sua imbarazzante avventura nel notiziario della sera. La dottoressa Kate Wolfe si è smarrita oggi nei Balsams sferzati da una tormenta. Cosa ci facesse in mezzo ai boschi senza zaino né bussola durante una bufera di neve non è dato sapere. Trentadue anni, psichiatra infantile, Kate è la sorella di Savannah Wolfe, vittima di un assassinio avvenuto sedici anni fa. Alcune fonti suggeriscono che stesse proprio inseguendo il fantasma della sorella. Gli approfondimenti nel notiziario delle undici.
La neve le cadeva intorno silenziosa e terrificante. L’avrebbe ricoperta lentamente, centimetro su centimetro. Sarebbe morta soffocata dalla neve.
Guardò l’orologio al polso. Le sedici e quindici. Non le restava molto. Tempo tre quarti d’ora il sole avrebbe cominciato a tramontare e l’emicrania, a meno che l’Aleve non avesse agito presto, l’avrebbe debilitata gravemente.
Neve. Alberi.
Cazzo mi sono proprio persa.