49.

La colazione è pronta, Nkosi. » Michael Courteney alzò gli occhi dal libro per sorridere al servo indigeno. « Grazie, Joseph, vengo subito. »

Quelle due ore di studio mattutino passavano così presto. Guardò l'orologio sul ripiano sopra il suo letto. Già le sei e mezzo. Chiuse il libro e si alzò.

Mentre si spazzolava i capelli, guardava la propria immagine senza prestarvi attenzione. La sua mente era tutta presa dagli eventi che avrebbero riempito quella nuova giornata. C'era molto lavoro da fare.

Il suo riflesso gli restituiva lo sguardo con seri occhi grigi da una faccia i cui contorni eleganti erano guastati dal grande naso dei Courteney. I capelli erano neri e ribelli.

Posò la spazzola e, mentre infilava la giacca di pelle, sfogliò il libro per controllare un certo passo. Lo lesse attentamente, poi si voltò e uscì nel corridoio.

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Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) Anna e Garrick Courteney sedevano ai capi opposti della lunga tavola da pranzo di Theunis Kraal, ed entrambi alzarono gli occhi quando il figlio entrò.

« Buongiorno, mamma. » La donna porse la guancia per ricevere suo bacio.

« Buongiorno, Pa'. »

« Salve, figliolo. » Garry era in alta uniforme, completa di decorazioni, e Michael provò un senso di fastidio. Era così maledettamente pomposo. Inoltre gli ricordava che aveva diciannove anni e che c'era una guerra in corso, mentre egli se ne stava seduto a tavola nella fattoria di famiglia.

« Vai in città, Pa? » chiese.

« No, voglio lavorare un pò alle mie memorie. »

« Ah. » Michael guardò di nuovo l'uniforme, e Garry, arrossendo lievemente, si concentrò sul proprio piatto.

Anna ruppe il silenzio. « Come va lo studio, caro? »

« Abbastanza bene, grazie, mamma. »

« Sono certa che supererai gli esami finali con la stessa facilità degli altri. » Anna gli sorrise con aria possessiva e allungò un braccio per toccargli una mano. Michael la ritrasse e posò la forchetta.

« Mamma, voglio parlarti del mio arruolamento. » Il sorriso di Anna si gelò.

All'altro capo del tavolo Garry si raddrizzò sulla sedia. « No », disse con insolita violenza. « Ne abbiamo già parlato. Sei ancora mi-norenne e devi fare come ti si dice. »

« La guerra è quasi finita, caro. Ti prego, pensa a tuo padre e a me. »

E cominciò. Un'altra di quelle lunghe discussioni, piene di suppliche e di lusinghe, che disgustò e frustrò Michael al punto che si alzò di scatto e uscì dalla stanza. Il suo cavallo era già sellato, in cortile. Il giovane gli balzò in groppa, lo spronò verso il cancello, glielo fece saltare, atterrando fra i polli che scapparono da tutte le parti, e galoppò verso la cisterna principale.

Nella sala da pranzo Anna e Garry ascoltarono quel furioso scalpitio svanire in lontananza. Poi Garry si alzò.

« Dove stai andando? » chiese Anna in tono aspro.

« Nel mio studio. »

« Dalla bottiglia di brandy nel tuo studio », lo corresse sprezzan-temente la moglie.

« Ti prego, Anna. »

« Ti prego, Anna », ripeté lei, facendogli il verso. « Non fare co-sì, Anna. E' tutto quello che sai dire? » La sua voce aveva perduto l'intonazione aristocratica coltivata con tanta cura. Ora vi risuonava tutta l'amarezza accumulata in vent'anni.

« Per piacere, Anna. Gli impedirò di partire. Te lo prometto. »

« Gli impedirai di partire! » rise Anna. « In che modo? Facendo tintinnare le tue medaglie? Come glielo impedirai... Tu, che non hai mai fatto una sola cosa utile in tutta la tua vita? » Rise di nuovo, in maniera stridula. « Perché non gli mostri la tua gamba e dici: 'Ti prego, non abbandonare il tuo povero babbo mutilato'. »

Garry s'irrigidì. La sua faccia era pallidissima. « Mi darà ascolto. E' mio figlio. »

« Tuo figlio! »

« Anna, per piacere... »

« Tuo figlio! Ah, questa è buona! Non è tuo figlio. E' figlio di Sean. »

« Anna! » Garry tentò di farla smettere.

« Come potresti fare un figlio, tu? » Stava ridendo di nuovo, e Garry non riuscì a sopportarlo. Si slanciò verso la porta, ma la voce di lei lo seguì, ferendolo nei due punti piú sensibili della sua anima: la sua menomazione e la sua impotenza.

Entrò barcollando nello studio, sbatté la porta e dette un giro di chiave. Poi raggiunse in fretta il solito mobiletto che stava di fianco alla scrivania.

Riempì per metà il grosso bicchiere cilindrico e bevve fino all'ultima goccia. Poi si lasciò cadere sulla sedia a braccioli, chiuse gli occhi e tese di nuovo la mano verso la bottiglia. Si versò con cura un'altra dose di brandy e riavvitò il tappo. Questa l'avrebbe sorseg-Pagina 124

Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) giata lentamente, facendola durare anche un'ora. Aveva imparato a mantener viva la fiamma.

Si sbottonò la giubba e se la tolse, si alzò, l'appese allo schienale della sedia, si risedette, bevve un sorso e infine trasse a sé una pila di fogli manoscritti.

Colenso: un resoconto della campagna nel Natal sotto il generale Buller. Del colonnello Garrick Courteney.

Sollevò il primo foglio, lo mise da parte e si concentrò sul successivo. Lo aveva letto tante volte che aveva finito col crederci. Era buono. Sapeva che era buono. E lo sapevano anche i signori Heine-mann di Londra, ai quali aveva mandato un abbozzo dei primi due capitoli e che erano ansiosi di pubblicarlo al piú presto.

Lavorò tranquillamente e con gioia per tutta la mattina. A mezzogiorno il vecchio Joseph gli portò il desinare nello studio. Pollo freddo e insalata in stoviglie di porcellana di Delft e una bottiglia di vino bianco del Capo avvolta in un tovagliolo candido. Garrick continuò a lavorare mangiando.

Verso sera, quando ebbe corretto l'ultimo paragrafo dell'ultima pagina e deposto la penna nel calamaio, sorrise per alcuni istanti, poi infilò la giubba e disse a voce alta: « Ora andrò a trovare il mio tesoro ».

Theunis Kraal s'innalzava su un rialzo del terreno sotto la scarpata: un grande edificio coi muri imbiancati a calce, il tetto di paglia e un timpano all'olandese. Davanti si stendeva un prato a terrazze, con aiuole di azalee e rododendri tutt'intorno, limitato sulla destra dai recinti dei cavalli: due grandi recinti per le fattrici e i puledri. Garry si fermò davanti al basso cancello a guardare i puledri che alzavano il muso sotto il ventre delle madri, strofinandolo contro le poppe. Poi zoppicò lungo lo steccato fino a un recinto piú piccolo, chiuso da pali alti due metri e imbottiti di tela, che ospitava il suo stallone da razza.

Gipsy, che lo stava aspettando, agitò la testa, così che il pelo ri-splendette con riflessi dorati nel sole dei tardo pomeriggio, abbassò le orecchie e poi le raddrizzò, danzando un poco per l'impazienza.

«Ehi, amico. Qui, Gipsy», chiamò Garry, e lo stallone infilò la testa tra i pali per mordicchiargli una manica.

«Lo so cosa vai cercando tu... lo zucchero», ridacchiò Garry, e gliel'offrì nel palmo della mano.

«Zuccherino, tesoro», mormorò Garry, provando un piacere sensuale al contatto di quelle labbra soffici sulla sua pelle, e Gipsy drizzò le orecchie per ascoltare la sua voce.

« Basta. Non ce n'è piú. » Lo stallone sfregò il muso contro il suo petto e Garry lo accarezzò sul collo con entrambe le mani.

«Non ce n'è piú, tesoro. Adesso corri per me. Fammi vedere come sai correre. » Fece un passo indietro e batté forte le mani. «Corri, bello, corri. »

Lo stallone ritrasse la testa e s'impennò, nitrendo e fendendo l'aria con gli zoccoli anteriori. Grosse vene spiccavano lungo il ventre e sopra la doppia borsa dello scroto teso. Rapido, maschio e potente, ruotò sulle zampe posteriori.

« Corri per me! » incitò Garrick.

Lo stallone partì al galoppo lungo il solco tracciato dai propri zoccoli e sfrecciò intorno allo steccato, col terriccio che gli volava intorno e la luce che danzava sul suo mantello al guizzo dei grossi muscoli rigonfi.

« Corri! » Addossato alla palizzata, Garrick lo guardava con un'espressione di ardente bramosia.

Quando l'animale si fermò, con le prime chiazze scure di sudore sulle spalle, Garrick si voltò e gridò in direzione della stalla: «Za-ma, porta la giumenta! ».

Con una lunga corda, due stallieri condussero la cavalla verso il recinto. Le narici di Gipsy si dilatarono e divennero due ardenti ca-verne color rosa cupo; gli occhi si rovesciarono fino a mostrare il bianco.

«Pazienza, tesoro», bisbigliò Garry, con voce arrochita dall'eccitazione.

La voce del tuono
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