29.
Davanti alla trincea l'erba era schiacciata dai ripetuti con-trattacchi, macchiata dal sangue degli inglesi che erano riusciti a tornare, trascinandosi, dalle posizioni boere lungo la cresta, e cosparsa dei corpi contorti di quanti non avevano potuto farlo. A intervalli di pochi secondi, i proiettili d'artiglieria esplodevano lungo la linea britannica, trasformata in una selva mobile di scoppi, e gli shrapnel sibilavano come sferze azionate da giganti.
John Acheson si costrinse ad alzarsi, si arrampicò sul parapetto e gridò: «Avanti, ragazzi. Questa volta non ci fermeranno!» Nella trincea ai suoi piedi i morti e i feriti giacevano l'uno sull'altro, in cumuli di due o tre, tutti rivestiti da uno strato di polvere rossa. La medesima polvere copriva i volti che si alzarono a guardarlo, quan do egli riprese a gridare: «Trombettiere, suona la carica. Forza, ragazzi, avanti. Facciamogli assaggiare le nostre baionette! ».
La tromba squillò, acuta, incalzante. Acheson saltò fuori dal parapetto come una vecchia, ossuta cicogna e agitò la spada. Dietro di sé udì la risata di una dozzina di persone, non il riso di gente normale, ma quello agghiacciante della follia.
« Seguitemi, soldati dei Lancashire! Seguitemi! » La sua voce proruppe in un urlo acutissimo e gli uomini cominciarono a emergere dalla trincea. Rossi spettri con gli occhi iniettati di sangue, lordi di polvere e sudore. Il loro riso e le loro bestemmie si mescolarono al balbettio dei feriti, lo sovrastarono e divennero un coro di selvagge acclamazioni. Senza ordine, dilagando a macchia d'olio, la carica cominciò a procedere in direzione della cresta.
Quattrocento uomini avanzarono barcollando sotto un fuoco d'inferno.
Acheson inciampò in un cadavere e cadde. Si torse una caviglia e la fitta di dolore che provò frustò i suoi sensi intorpiditi. Recuperò la spada, si rizzò in piedi e proseguì zoppicando verso il bastione di massi che segnava la cresta. Ma stavolta non la raggiunsero per esserne ricacciati indietro, come in precedenza. La carica si estinse prima di aver coperto metà della distanza. Invano Acheson agitò la spada, urlando finché la sua voce divenne un rauco gracidio. Gli inglesi rallentarono, ondeggiarono e infine corsero di nuovo giú per il pendio spazzato dalle pallottole, buttandosi nella trincea. Con lacrime di rabbia e di frustrazione che gli scorrevano sulle guance, Acheson zoppicò dietro di loro. Cadde oltre il parapetto e giacque a faccia in giú sui cadaveri che ormai coprivano il fondo della trincea.
Qualcuno gli scosse una spalla e Acheson balzò a sedere, tentando di controllare il respiro. Confusamente riconobbe l'uomo accoccolato accanto a lui. « Cosa c'è, Friedman? » ansimò. La risposta fu coperta dall'arrivo di un altro shrapnel e dalle urla folli di un uomo ferito al ventre. « Parla! »
« Un messaggio eliografico da Sir Charles Warren », urlò Saul.
« L'hanno promossa generale. Ora ha lei il comando del picco. »
Poi, facendo brillare un sorriso nella faccia coperta di polvere e striata di sudore: « Complimenti, signore ».
Acheson lo fissò sbalordito. « Cosa ne è del generale Woodgate? »
« E' morto due ore fa. Una palla in testa. »
« Non lo sapevo. » In tutte quelle ore Acheson non aveva saputo nulla di ciò che succedeva al di fuori del suo piccolo settore. La sua intera esistenza si era chiusa in un centinaio di metri di terra spazza-ta dalle pallottole e dagli shrapnel. Guardò la carneficina che lo attorniava e mormorò: « Il comando! Nessun uomo comanda qui. E' il diavolo che dirige questa battaglia ».
« Sir Charles ci manda altri tre battaglioni di rinforzo », gli urlò Saul in un orecchio.
« Sapremo certo come impiegarli », grugnì Acheson, poi:
«Friedman, ho preso una storta alla caviglia. Tira piú che puoi i lacci dello stivale... Avrò ancora bisogno di questo piede prima che la giornata sia finita ».
Senza discutere, Saul s'inginocchiò e si mise all'opera. Uno degli Pagina 75
Wilbur Smith - La Voce Del Tuono (Ita Libro) uomini che sparavano dal parapetto fu scagliato di lato. Cadde in grembo ad Acheson e, da una ferita alla tempia, il contenuto dei cranio schizzò su entrambi. Con un'esclamazione di sorpresa e disgusto, Saul si ritrasse e si fregò la faccia, poi allungò le mani per spostare il cadavere del soldato dalle gambe di Acheson.
L'altro lo fermò: « Lascialo », disse seccamente. « Occupati dello stivale». Mentre Saul obbediva, Acheson sciolse il fazzoletto di seta che portava al collo e avvolse la testa mutilata. Era una ferita che aveva visto centinaia di volte quel giorno, sempre sul lato destro del capo.
«Aloe Knoll», bisbigliò con ferocia. « Se solo avessimo occupato l'Aloe Knoll. » Poi, in tono piú dolce: « Poveri ragazzi ». E con delicatezza scostò la testa fracassata dal proprio petto.