Capitolo nove
Maya
Nell’ultimo periodo avevo passato quasi ogni fine settimana in discoteca, ubriacandomi e divertendomi. Io, Eli e Vanessa ci mettevamo in tiro e ballavamo tutta la notte, che piovesse o facesse bello. Ogni weekend era un’avventura. Chi avremmo incontrato? E in che disastro ci avrebbe cacciati la vodka? Tra tutti e tre, riuscivamo solitamente a ricavare una bella storia e a farci due risate da ogni nottata fuori. Alcune le avevo dimenticate, naturalmente. E, al ritmo a cui stavo andando, quella sera sarebbe potuta finire esattamente così.
Se di solito mi godevo l’inevitabile atmosfera di eccitazione che si respirava prima di uscire, quella sera era diversa. Portare Cameron nella mia vita sarebbe stato strano, e una parte di me ne aveva paura. Non volevo che il mio mondo girasse intorno a lui, ma ogni volta che mi era vicino succedeva. Forse si sarebbe reso conto che non ero la brava fidanzatina di un tempo e si sarebbe fatto da parte. Quando girava l’alcol, poteva succedere di tutto.
«Sei pronta?», chiese Eli affacciandosi e passandomi un bicchiere di vino. Lo accettai con entusiasmo. Avevo bisogno di allentare la tensione – stava già succedendo, ma sentivo comunque un nodo allo stomaco.
«Quasi».
«Sei uno schianto», mi disse con un sorrisetto. Anche lui stava bene con i pantaloni di pelle e la maglia nera aderente con scollo a V. I capelli erano perfettamente sistemati e il suo eyeliner non aveva nulla da invidiare al mio.
Con la mano libera, mi scompigliai di nuovo i capelli. Avevo scelto un vestitino rosso stretto e mi ero messa abbastanza prodotti sui capelli da assicurarmi un look disordinato e sexy per una notte intera di ballo. Ripassai l’eyeliner, l’ombretto e il mascara, prendendo mentalmente nota di controllare durante la serata che non si creasse l’effetto panda.
«Scommetto che Cameron non ti ha mai vista vestita per andare a ballare».
Ignorai il commento e indossai un paio di orecchini a cerchio.
«Che succede tra voi? Facciamo ancora finta che non siate cotti l’uno dell’altra?», chiese fissandomi.
«Non riusciamo a toglierci le mani di dosso. Sta andando tutto troppo in fretta».
«Non ti sei mai lamentata, prima».
Alzai gli occhi al cielo.
«Scusa, ma davvero non ti ho mai vista tormentarti per un ragazzo. Mai».
«Perché nessuno era Cameron», soffiai giocherellando con il mascara. «Stavo per picchiare l’insegnante di yoga in palestra. Ha una cotta per lui e ci sono rimasta malissimo. Non ci stiamo neanche frequentando ufficialmente e sono pronta a far fuori quella stronza. È troppo».
«Qualsiasi cosa succeda tra voi sarà molto più intensa perché siete già stati insieme».
«Lo so, ma pensavo di riuscire a tenere tutto sotto controllo. Però non è così. Sto già iniziando a provare qualcosa per lui, ed è troppo presto».
«Hai sempre provato qualcosa per lui».
«Non sono sempre stata innamorata di lui, e almeno per ora preferirei andare avanti così».
«Non vorresti una seconda occasione per… be’, riavere quello che c’era tra voi?»
«Una parte di me sì, lo ammetto». Sospirai e mi si strinse il cuore per ciò che stavo per dire. «Ma se mi concedessi il lusso di innamorarmi di nuovo di Cameron e non dovesse funzionare, di me non rimarrebbero neanche i cocci da rimettere insieme».
Lo sguardo di Eli si addolcì e mi prese la mano, stringendomela leggermente. Il suo silenzio diceva tutto. Già ero un disastro normalmente, non sarei riuscita a trascinarmi di nuovo via da quel genere di dolore e sopravvivere. Non l’avrei lasciato avvicinare al mio cuore, non potevo.
«Cos’hai intenzione di fare?»
«Non lo so. La tensione sessuale sta seriamente minando la mia capacità di pensare lucidamente alla situazione».
«E…».
«Forse mi ubriacherò di prepotenza e andrò a letto con lui, stasera. Ma finirà lì. Mi disintossicherò e andrò avanti». Mi avvicinai allo specchio e misi il rossetto. Cos’era stata quella settimana, se non una serie di occasioni per aumentare la già intensa attrazione fra noi? Fare sesso con Cameron sembrava inevitabile. Se mi fossi ubriacata e l’avessi trascinato nel mio letto, amen.
«Cavolo, ma ti ascolti? Stai parlando di lui come se fosse una storia di una notte, e sappiamo entrambi che non è così. L’hai detto tu stessa».
Scrollai le spalle. «Forse dovrei iniziare a pensarlo, forse è proprio su quello che mi sono sbagliata. Ecco perché non frequento nessuno, Eli. È questo il cazzo di motivo. Per quello che avevamo. Ho abbassato la guardia e ho creduto ci potesse essere di più. Ma, sinceramente, non riuscirei a gestire più di questo. Forse è meglio per entrambi se non ci impegniamo».
Chiusi gli occhi e odiai quell’ondata di emozioni. Perché cavolo non riuscivo a essere obiettiva? Ero riuscita a tenere lontani gli uomini dal mio cuore per cinque anni.
Suonò il citofono.
«Dev’essere Vanessa», disse piano Eli.
Mi guardai un’ultima volta allo specchio e finii il vino. Andrà tutto bene, mi rassicurai. Ma, come ogni altro sabato sera, non avevo idea di come sarebbero state le ore successive.
Cameron
Io e Darren avevamo occupato un divanetto ad angolo nel pub davanti alla discoteca. Bevemmo le nostre birre in silenzio mentre io rimuginavo sulle sue parole della sera prima. Non volevo dargli meriti, ma aveva detto esattamente ciò che volevo sentire.
Non avevo idea di come sarebbe andata la serata, ma volevo che Maya sapesse quello che provavo. Con un po’ di fortuna, saremmo andati a casa mia e gliel’avrei anche dimostrato. Forse era rischioso, ma a volte i nostri corpi parlavano meglio di noi. Non mi ero mai pentito di una notte nel suo letto, e non credevo che, da quel punto di vista, fosse cambiato qualcosa. La mia mente fu offuscata da pensieri di lei sotto di me e mi eccitai.
Darren mi diede una gomitata e tornai alla realtà. Maya si avvicinò con Eli e una bellissima ragazza alta con i capelli rossi. Se Maya non fosse stata vicino a Eli, avrei rischiato di non riconoscerla. Era stupenda, ma non l’avevo mai vista così. Tutta in tiro, i capelli scompigliati, il vestito rosso aderente. La squadrai da capo a piedi, ben consapevole che non sarei stato l’unico a farlo. Già non pensavo ad altro che ad alzarle la gonna e farle avvolgere le gambe alla mia schiena.
Il silenzio tra me e Darren diventò un chiacchiericcio entusiasta. Scacciai i pensieri da allupato e mi alzai per salutarla. Le posai una mano sulla vita e la avvicinai per darle un bacio sulla guancia.
«Sei stupenda».
«Ti piace il vestito?»
«Lo adoro. Ma non so bene come sentirmi sul fatto che tutti quanti ti vedano con quello addosso».
Mi fece un sorriso storto, il suo corpo si piegò facilmente nell’abbraccio. C’era qualcosa di strano. Sollevò il braccio e indicò la rossa.
«Cam, Darren, lei è la mia amica Vanessa».
Darren si alzò in fretta e le strinse la mano, sfoderando il suo sorriso da seduttore. «Piacere».
«Piacere mio», rispose lei ricambiando il sorriso e arrossendo leggermente. I suoi occhi verdi si illuminarono mentre passavano da me a Darren, soffermandosi su di lui.
Maya scivolò via dalla mia stretta e si sedette sul divano di fronte, trascinando Eli e Vanessa di fianco a lei, uno per lato. Offeso da quel dispetto, mi risedetti vicino a Darren e continuai a bere la mia birra.
Eli e le ragazze si consultarono sul menu dei cocktail. Non riuscivo a staccare gli occhi da Maya. Il suo vestito lasciava poco all’immaginazione. Immaginai di farle scivolare una mano sulla coscia fino agli slip neri che ero sicuro di aver intravisto un attimo prima.
Darren fischiò piano. «Cavolo, quello sì che è un bello spettacolo», sussurrò sottovoce perché solo io sentissi.
Aveva gli occhi incollati su Vanessa. Mi rilassai, grato che fosse lei ad aver avuto la sua approvazione. Sembrava ignara della valutazione lasciva di mio fratello, concentrata sull’ordinare quando arrivò il cameriere. Forse Darren non sarebbe stato una grande spalla, quella sera. Non che me ne servisse una, ma andare a ballare sembrava più sopportabile con lui nel gruppo. Eppure, prevedevo che sarebbe andato tutto a rotoli velocemente.
Abbassai la voce per farmi sentire solo da lui. «Che ne dici se non ti fai la migliore amica di Maya, così eviti di complicarmi le cose?».
Mi guardò infastidito. «Davvero? Mi stai mettendo i bastoni tra le ruote?». La squadrò di nuovo e serrò la mascella. «Ha altre amiche?»
«Fatti un giro, Darren. Sono sicuro che troverai qualcuna abbastanza ubriaca da scoparti».
Sembrò offeso dal mio commento. «Ehi, fottiti. Non sono così superficiale né così disperato».
Eravamo due facce della stessa moneta, a volte. A me non piaceva sentire i racconti delle sue conquiste inutili, e non mi aspettavo che lui capisse la mia determinazione nel voler salvare l’unico rapporto che per me era contato qualcosa.
I suoi occhi non si staccarono mai dalle gambe toniche di Vanessa. «E se faccio il bravo?».
Esitai, cercando di capire cosa intendesse. «Che vuol dire? Farle perdere la testa per te e poi scaricarla quando ti renderai conto che non ti è permesso andarci a letto?»
«No, sarò affascinante come al solito ma ci divertiremo in amicizia. È accettabile per te, vecchietto?».
Lo fissai, scettico riguardo ciò che stava proponendo. Non l’avevo mai visto passare del tempo con una donna senza che avesse in testa uno scopo ben preciso.
«Mi comporterò bene, okay? Lo capisco, neanche a me piacciono i drammi, e se vuoi stare vicino a Maya non voglio che ci siano imbarazzi». Si fermò in attesa che gli dessi il via libera. «Sono in grado di interagire con le donne senza portarmele a letto, lo sai?». Si stava innervosendo, il che era una buona cosa. Volevo sapesse che ero serio.
«Va bene». Sperai che tenesse fede alla sua parola.
Quando gli altri tre finirono il primo giro di bevute e un vassoio di shottini, iniziai a capire cosa c’era di strano in Maya: era sbronza. Si appoggiava a Vanessa e Eli, ben attaccata a quest’ultimo. Rideva forte e, per quanto adorassi il suono della sua risata e il luccichio nei suoi occhi quando sorrideva, non riuscivo a scacciare la preoccupazione.
«Andiamo?». Forse sarei riuscito a farla tornare sobria in discoteca. Dichiarò di avere una gran voglia di ballare per tutta la notte.
«Forza!», esclamò tirandosi su con un salto.
Attraversammo il pub e arrivammo dall’altra parte della strada. All’entrata del locale si era formata una fila notevole. Mugugnai mentalmente. Stare fuori in coda per ore non era la mia idea di sabato sera. «Immagino non abbiamo fretta».
«Tranquillo, io non faccio la fila. Vieni». Maya attirò l’attenzione di uno dei ragazzi all’entrata che le fece un cenno col capo.
Andò dal buttafuori, saltandogli al collo per abbracciarlo. «Ciao, Paul».
«Ciao, tesoro. Come va?»
«Bene».
Quando mi avvicinai, mi fece un cenno del capo e mi porse la mano. Gliela strinsi solo perché così si sarebbe staccato da lei. «Sono Cameron», dissi a denti stretti.
«Piacere. Sei un amico di Maya?».
Mi limitai ad annuire. Qualcosa del genere.
«Benissimo. Potete entrare, ragazzi».
«Grazie, Paul». Maya sorrise e gli mise in mano una banconota prima di sparire tra la folla del locale.
La seguii. Volevo tenerla d’occhio. Il posto era rumoroso e si riempì velocemente. Maya fece strada e trovammo una zona abbastanza grande da far sedere tutto il gruppo. Darren si sistemò subito tra Eli e Vanessa. Eli sembrò capire il piano di Darren e sparì pochi minuti dopo.
Una cameriera si avvicinò e si chinò verso Maya per prendere le ordinazioni.
«Cosa prendi?», mi chiese.
«Una Coca Light va bene».
Si girò verso la cameriera. «Due Jack & Cola e uno shottino di Jager».
Inarcai le sopracciglia. «Iniziamo alla grande, eh?»
«Non posso farti bere analcolici in discoteca».
Ci sedemmo sul divano, vicini. Le cinsi le spalle con un braccio, sfiorandole la pelle. Lei si appoggiò a me, disegnandomi cerchi sul ginocchio. Sembrava che la sua energia si stesse spegnendo.
Le strinsi un po’ di più le spalle, avvicinandola a me. «Che succede in quella testolina?».
Alzò gli occhi su di me.
Prima che potessi incalzarla, distolse lo sguardo, che si posò stranito su Darren e Vanessa, incollati l’uno all’altra. Vanessa stava ridendo e Darren le stava dicendo chissà cosa all’orecchio. Alla faccia del contenersi.
«Che succede lì?».
Mi grattai il mento ansiosamente. «Niente, si spera. Mi ha assicurato che si comporterà bene».
Le scappò una risatina ironica. «Mi scuserai se non prendo sul serio la sua parola».
«Ti capisco, ma me l’ha promesso».
Prima che potesse ribattere, la cameriera ci portò da bere. Maya fece fuori il suo shottino e mi passò uno degli altri due bicchieri. Da quando eravamo lì, mi aveva a malapena guardato negli occhi. Non avrei continuato così per tutta la notte.
«Sei arrabbiata per qualcosa?».
Le labbra di Maya si contrassero. «No, mi sto divertendo. È così che mi diverto». Finì il suo cocktail prima che io potessi assaggiare il mio. Fece vagare lo sguardo nel locale, senza mai fermarlo su qualcuno o qualcosa per troppo tempo. Le presi il mento e le girai il viso verso di me. Aveva gli occhi lucidi, la sua pelle era arrossata e calda.
«Non so mai a cosa pensi».
Si scostò. «Forse dovresti smetterla di cercare di entrarmi nella testa. Probabilmente neanche ti piacerebbe quello che c’è dentro».
«Ti sbagli».
Abbassò lo sguardo sulle sue mani e giocherellò con la piega del vestito. «Nessun altro si impegna così, non capisco perché tu lo stia facendo».
«Non sono come gli altri, credevo che a questo punto l’avessi capito».
«Forse non è quello che voglio».
«E cosa vuoi?».
Sospirò e si mordicchiò il labbro. «Dovremmo evitare di impegnarci, così nessuno ne uscirà scottato».
«Quindi non vuoi che la nostra relazione abbia un significato, dico bene?».
Alzò lo sguardo, ipnotizzandomi. «Cinque anni fa per te non era abbastanza importante da portarla avanti, quindi perché dovrei volerlo io ora?».
Le sue parole mi colpirono come un pugno nello stomaco.
Serrai la mascella. «Potrei dire la stessa cosa, Maya. Non sei stata l’unica ad avere sofferto».
Si alzò di scatto. «Vado a prendere da bere».
«Forse dovresti darti una regolata».
«Forse dovresti farti gli affari tuoi», rispose, prima di sparire tra la folla.
Maya
Jia si appoggiò al bancone del bar mentre il barista le metteva davanti il suo Martini. Le avevo mandato un messaggio appena mi ero separata da Cameron. Era comparsa poco dopo, grazie al trattamento VIP di Paul. Ero grata per quella compagnia, visto che il mio rapporto con Cameron si era raffreddato man mano che la serata progrediva. Forse era una buona cosa. Eli era in giro per il locale a divertirsi e Vanessa era tra gli artigli di Darren. Grazie alla mia notevole sbronza, me ne importava sempre meno. Quella era la mia serata, e non avrei permesso a lui né a nessun altro di rovinarmela.
«Sei venuta da sola?», le chiesi.
«Sì, l’amica con cui ero mi ha dato buca. Nessun problema, questo posto sembra fantastico. Ci vieni spesso?»
«Sì, è uno di quelli che frequento abitualmente».
«Stai molto bene». Mi sorrise e passò un dito sulla stoffa del mio vestito.
«Grazie, anche tu».
Indossava una camicetta senza maniche e dei jeans attillati, i capelli erano sciolti e le incorniciavano il viso. Vederla così mi sembrò strano, addirittura sbagliato. E mi sembrò strano anche che lei vedesse il mio look del fine settimana. Era come se mi stessi mostrando a un mondo che non mi aveva mai vista così. Anche se stavamo diventando amiche, Jia rappresentava quel mondo.
«È un po’ strano vedere i colleghi fuori dal lavoro», dissi. «Mi sono sempre immaginata che tutti si svegliassero e andassero a dormire con i loro completi».
Rise. «Ti capisco. Rimarresti sorpresa da quello che si può trovare sotto quei completi». Inarcò un sopracciglio e sollevò un angolo della bocca.
Non riuscii a non ridere. Non ero neanche lontanamente interessata a nessuno dell’ufficio, e il pensiero di vedere cosa c’era sotto il completo di persone come Dermott mi faceva venire la nausea, se non altro perché odiavo quello stronzo.
«Sei venuta con il tuo ex?».
Alzai gli occhi al cielo e gemetti come un’adolescente arrabbiata perché la madre l’aveva seguita al centro commerciale. Grazie al cielo, il mio verso fu smorzato dalla musica del locale. Una parte di me desiderava non essere andata lì con Cameron. Era dall’altra parte della discoteca, e probabilmente pensava la stessa cosa.
«È qui».
«Non ne sembri felice».
«Non impazzisco esattamente di gioia, no».
«Quindi il riavvicinamento non sta andando benissimo».
Scossi la testa. «Non lo so. È complicato». In quel momento non mi andava di analizzare tutta la situazione con Jia. «Detto sinceramente, non voglio neanche pensarci. Stasera non voglio pensare a niente», dissi sventolando una mano. «È stata una settimana faticosa e voglio solo divertirmi».
«Direi di brindare».
Sollevammo i bicchieri e li facemmo tintinnare, poi tracannai quel liquido paradisiaco.
Mi sedetti e mi guardai intorno. Il bar era illuminato da neon blu, i clienti parlavano e ridevano. La musica era forte, faceva vibrare ogni angolo del locale. Nonostante mi fossi separata da Cameron, mi ritrovai a sorridere. Ecco, stavo vivendo quel momento perfetto in cui sembrava che la notte avesse infinite possibilità da offrire, e volevo che durasse per sempre. La felicità liquida e l’entusiasmo si mescolarono con la promessa di perdermi nella musica, nella notte. Ecco qual era la mia libertà.
«Balliamo», urlai.
Jia sorrise e annuì. Finì di bere, mi prese per mano e mi condusse sulla pista. Ci facemmo largo tra la folla, immensa e vivace. A un certo punto, le spinte della gente diminuirono. La musica cambiò e iniziò a suonare una canzone di Lady Gaga, che chiedeva a qualcuno di fare quello che voleva con il suo corpo. Canticchiai, mi piaceva quello che stava dicendo. Magari mi sarei portata Cameron a letto. Tanto cosa importava? Almeno l’avrei fatta sudare a Raina. Avrei dato a Cameron qualcosa per cui ricordarsi di me, perché poi sarebbe finita lì. Altrimenti mi sarei innamorata di lui, era sicuro.
Mi sentivo euforica, il corpo e l’anima leggeri come non lo erano da giorni. Cristo, giorni. Chiusi gli occhi, alzai una mano e lasciai che i fianchi ondeggiassero a tempo di musica.
Qualcuno mi urtò da dietro, interrompendo il momento e facendomi andare addosso a Jia. Non persi l’equilibrio, ma lei mi cinse la vita con un braccio, protettiva. Avrei potuto spostarmi ma lei mi teneva lì, come se avesse voluto che restassi dov’ero. I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, le gambe intrecciate mentre ci muovevamo, creando il nostro ritmo. Le sue mani scivolarono sul mio vestito, disegnando leggermente la sagoma della mia gamba.
Aveva gli occhi fissi su di me, e mi sentivo senza respiro come quando sapevo che stava per succedere qualcosa di incredibile.
«Baciala!».
Lanciai un’occhiataccia alla mia destra. Un ragazzo con una camicia bianca sbottonata sul collo e i pantaloni eleganti ci fissava inebetito. Non era male, ma grondava di sudore ed era circondato da un branco di ragazzi vestiti come lui.
Jia mi voltò il viso verso di lei, passandomi delicatamente il dito sulla guancia e poi sul labbro inferiore. Si leccò le labbra in modo allusivo e capii: stava per baciarmi. E io gliel’avrei permesso. La notte era mia, e l’occasione era davanti a me. Sembrava giusto e sbagliato allo stesso tempo, ma abbastanza giusto da riuscire a isolare le grida intorno a noi mentre le nostre labbra si toccavano.
Bacio! Bacio! Bacio!
E successe. La sua bocca morbida era premuta contro la mia. Feci un respiro profondo. L’odore del suo profumo costoso coprì quello della folla intorno a noi. Una mano scese sul mio petto, sfiorandomi il seno; l’altra trovò l’orlo del mio vestito e lo sollevò di qualche centimetro mentre le dita mi scivolavano sulla coscia. Quel movimento provocò altri ululati eccitati. Sorrisi contro le sue labbra. Mi venne da ridere a pensare che stavamo mettendo su un bello spettacolo per i nostri nuovi ammiratori. Ma l’entusiasmo si spense appena sentii delle mani umide sulle cosce e un’erezione che premeva dietro.
Spalancai gli occhi. Prima che riuscissi a reagire e spingerlo via, lo sentii gridare. Gridarono anche i suoi amici e poi si allontanarono.
Cameron
Dovetti ricordarmi di moderare la forza quando staccai quello stronzetto da Maya. Lui e i suoi amici scattarono ma solo per un attimo, il tempo necessario a rendersi conto che ero il doppio di ognuno di loro. Insieme sarebbero stati una scocciatura, ma comunque non una minaccia.
Poi c’era la ragazza, con il corpo avvinghiato in modo indecente a quello di Maya. Ma non sembrava una deficiente ubriaca. Aveva un’aria astuta, e i suoi occhi scuri mi stavano studiando. Lasciò lentamente la presa.
Afferrai Maya per il polso e la feci girare verso di me.
«Cosa stai facendo?». Ero furioso che si fosse messa in quella situazione, con degli estranei che le mettevano le mani addosso. Era inaccettabile.
«Potrei chiederti la stessa cosa». Si guardò il polso che le stavo stringendo.
Si divincolò e mollai la presa, ma l’adrenalina era ancora in circolo.
Feci un respiro profondo che mi allargò il petto; la rabbia, pur diminuita, non se ne andava. «Possiamo parlare?»
«Sto ballando. Ci vediamo al tavolo tra un po’». La sua voce era dura e l’irritazione era evidente nei suoi lineamenti.
Non avevo intenzione di lasciarla andare. «Allora balliamo». Le posai una mano sul fianco, avvicinandola a me.
La sua irritazione diventò qualcos’altro, un’emozione che non sapevo definire. Sembrò prendere in considerazione la proposta mentre mi fissava. I suoi ammiratori erano spariti dopo averci lanciato occhiatacce e gesti offensivi.
Maya distolse lo sguardo, dicendo qualcosa alla ragazza, che annuì e mi lanciò un’ultima occhiata fredda prima di sparire tra la folla. Approfittai della sua assenza e attirai Maya a me, i nostri corpi più vicini di quanto non lo fossero state loro poco prima.
Mia.
Maya mi cinse il collo, giocherellando con i miei capelli. Ci muovemmo lentamente, trasformando la musica house in un lento che solo noi sembravamo sentire.
Le avvolsi la vita, abbassandomi per farmi sentire solo da lei. «Chi era?». Serrai la mascella, un senso di possessività mi pervase.
«Non importa».
Pensai di aver visto un lampo di imbarazzo prima che distogliesse lo sguardo, facendo scivolare le mani sul mio petto. I suoi occhi tornarono a incontrare i miei.
«Sei piena di sorprese, Maya, davvero».
«Geloso?». Mi fece un sorrisetto impertinente che mi innervosì e allo stesso tempo mi fece venire voglia di baciarla.
«Dovrei esserlo?»
«No, non ne hai il diritto». Alzò la testa, decisa. Che stronzetta sfacciata.
«Voglio averlo».
«Allora abituati a restare deluso».
«E se ti facessi cambiare idea?». Le scostai i capelli dal collo e posai le labbra su quella pelle calda. A quel gioco si poteva giocare in due.
La sentii cedere leggermente. «Non puoi».
Sorrisi all’incertezza nella sua voce. «Mettimi alla prova». Schiusi la bocca, facendo uscire la lingua per assaggiarla. La sentii gemere quando le strinsi i glutei premendola contro la mia gamba.
Il suo petto si alzava e si abbassava al ritmo dei respiri veloci. Fece vagare le mani sul mio petto. Incapace di fermarmi, mi avventai sulla sua bocca, canalizzando ogni goccia di possessività in quel bacio. Artigliò la mia camicia e, al ritmo lento del ballo, mosse il corpo flessuoso contro il mio. Di colpo desiderai che non fossimo in mezzo a una sala gremita. La volevo nel mio letto. Non avrei aspettato ancora, e non avrei chiesto.
«Ti porto a casa».