Capitolo 15
Entro in cucina seguita da Viola. Ancora pochi giorni e comincerà la scuola, il suo secondo anno di scuola primaria. È incredibile come cresca tanto in fretta. L’ho già detto e ripetuto, non è così?
Appoggio le borse della spesa sul bancone da lavoro, tolgo la giacca poggiandola su una sedia, e comincio a sistemare gli acquisti, aiutata da mia figlia. La ascolto chiacchierare e nel frattempo accendo lo stereo dove avevo lasciato un CD di Madonna che fa da sottofondo alle nostre chiacchiere. Sì, non ascolto solo musica rock, per Madonna ho sempre avuto un debole sin da bambina. Metto sul fuoco un bollitore per il tè e torno al bancone dove mi siedo per controllare la mia agenda e gli impegni per questa giornata.
Devo ancora andare in pescheria e fare un salto dal fornitore di frutta e verdura, ma ho tutto il tempo per una pausa con un bella tazza di tè.
Viola sbircia i miei appunti, come sempre l’idea di accompagnarmi a fare altre commissioni la entusiasma.
Il bollitore fischia sul fuoco, l’acqua sta bollendo e mi alzo per spegnere il fornello.
Sto per domandare a mia figlia se vuole qualcosa da mangiare o da bere quando mia madre entra in cucina.
«Nonna!» esclama Viola contenta di vederla.
«Mamma, prendi una tazza di tè con noi?» le domando dandole le spalle, mentre riempio una tazza d’acqua fumante.
«No, tesoro. Vorrei parlarti» dice e dal tono di voce, intuisco che qualcosa non va.
Mi volto lasciando perdere la bustina di infuso che stavo aprendo e osservo mia madre con aria interrogativa. Strano che rifiuti una tazza di tè e la prospettiva di qualche biscotto, ma la cosa ancora più strana, è l’espressione preoccupata che le leggo in viso.
«Cosa succede, mamma?» domando avvicinandomi al bancone della cucina, dove intanto Viola ha tirato fuori dal suo cassetto l’occorrente per colorare.
Sospira e mi sembra in imbarazzo, un atteggiamento ambiguo da parte sua.
Si siede e vedo che si tormenta le mani nervosa
«Mamma!» la esorto, voglio sentire cosa ha da dire.
Infine parla.
«Luisa, tu hai sentito David questa mattina? O l’hai visto?» domanda guardandomi negli occhi.
David?
Ieri sera ho lavorato fino a tardi e dopo non ci siamo visti. L’ho salutato alle cinque quando, prima di andare a casa, abbiamo preso un caffè insieme.
«L’ho sentito al telefono ieri sera, appena sono rientrata a casa. Perché?» chiedo senza capire il senso di queste domande.
«Questa mattina invece? L’hai sentito?» incalza mia madre.
Non rispondo subito, gli ho mandato un messaggio prima di venire in albergo dicendogli che avevo delle commissioni da fare ma che mi sarebbe piaciuto pranzare insieme. Ora che ci penso non ho ricevuto subito risposta e ho messo via il telefono. Mi guardo intorno e prendo la mia borsa, recupero il telefono e mi rendo conto che non c’è nessun messaggio da parte sua.
«No, gli ho mandato un messaggio su WhatsApp ma non ha risposto. E non l’ha nemmeno letto…» affermo incrociando lo sguardo di mia madre che annuisce.
«Luisa, questa mattina David non si è presentato al lavoro. Subito ho pensato a un semplice ritardo ma lui di solito, le rarissime volte in cui ha ritardato, si è sempre premunito di avvisare» si interrompe come se non trovasse le parole per proseguire.
È preoccupata e comincio a esserlo anche io.
«L’hai chiamato?» domando e, senza aspettare risposta faccio partire una chiamata.
Niente. L’utente risulta non raggiungibile o con il telefono spento.
Poso l’iPhone sul tavolo e guardo mia madre.
«Ho provato più volte, Lu. Il telefono è sempre spento» dice.
Guardo l’ora. Le undici. Riprovo a chiamare. Nulla.
Mi mordo il labbro inferiore nervosa e sempre più preoccupata.
Possibile che non si sia svegliato?
No, non è da lui. Ormai lo conosco sufficientemente bene, lui come le sue abitudini e so che se ha un impegno lo rispetta. Soprattutto se si tratta di lavoro.
Deve essere successo qualcosa.
Provo ancora a richiamarlo, non so per quale ragione, ma ho come la speranza che sia sufficiente insistere per far sì che risponda al telefono.
Mi sento sciocca, ma l’ansia aumenta di secondo in secondo. Vado avanti e indietro per la cucina con il telefono attaccato all’orecchio. Viola ha smesso di colorare e mi sta osservando.
«Cosa c’è?» chiede curiosa.
«Nulla, tesoro. Continua a disegnare» la rassicura mia madre accarezzandole i capelli.
Nel frattempo, anche mia sorella, fa il suo ingresso in cucina.
«Allora? Sai dov’è?» domanda diretta a mia madre, mentre mi rendo conto che è preoccupata tanto quanto lei.
Temono gli sia successo qualcosa.
Scuoto la testa, non riesco a parlare.
«Conosci qualche suo amico? Qualcuno da cui possiamo avere notizie?» domanda sedendosi a fatica accanto a Viola.
Mi stanno guardando tutte e tre, anche mia figlia non riesce più a concentrarsi sul disegno e aspetta che io dica qualcosa.
«No, non conosco nessuno» riesco a rispondere con un filo di voce. Che io sappia David non frequenta nessuno, va in palestra di tanto in tanto dopo il lavoro o a nuotare in piscina, ma per quanto ne so non ha stretto legami con nessuno.
«Hai il numero di telefono dei suoi genitori?» domanda ancora Laura, sebbene conosca già la risposta. Sa che David non ha rapporti con la sua famiglia, così come sa che non parla volentieri di loro.
«No» rispondo.
«Bene» dice infine mia sorella alzandosi dalla sedia.
«Bene cosa?» le chiedo perplessa.
«Andiamo a casa sua, Lu. Prendi il telefono e la borsa e muoviamoci. Guida tu perché io non ce la faccio» dice, mentre io sempre più attonita, la osservo uscire spedita dalla cucina.
Ha ragione, se non risponde l’unica soluzione è andare a casa sua.
Al diavolo il pescivendolo e il fruttivendolo, in questo momento ho cose più importanti a cui pensare.
«Mamma, ti affido Viola» pronuncio baciandole entrambe.
Ho un nodo allo stomaco e sento che sto tremando.
Non è successo niente.
Non deve essere successo niente, cazzo!
Con ogni probabilità lo troveremo addormentato, questa mattina la sua sveglia non ha suonato, magari perché si è dimenticato di impostarla, o più semplicemente perché il suo telefono si è scaricato.
Ecco, le cose staranno sicuramente così.
Prendo la borsa, esco dalla cucina, e correndo raggiungo Laura. Camminiamo svelte verso la mia auto, non riesco a dire niente.
Ho solo voglia di piangere…