*************************

 

Più o meno questo è stato l’andazzo di tutta la settimana. Sono rimasta defilata, nascosta in cucina, cercando di evitarlo in tutti i modi. Se proprio non riuscivo a eluderlo perché me lo trovavo davanti, facevo la cosa che negli ultimi giorni ho scoperto di saper fare con maestria: fuggire e far perdere le mie tracce.

Mia sorella me ne ha dette di tutti i colori, il succo del discorso è che sono un’idiota e probabilmente ha ragione. Sarei tentata di andare da lui, parlargli e scusarmi per il mio comportamento scellerato di lunedì sera e degli ultimi giorni.

Più volte mia figlia mi ha chiesto se potevamo fare merenda insieme al signor Hamilton e ho sempre trovato una scusa per fare in modo che caffè e biscotti glieli portasse Viola, insieme a mia madre. Non con me di sicuro.

È venerdì mattina e piove a dirotto, le temperature si sono di nuovo abbassate drasticamente e indosso un maglione caldo e comodo. Tra le mani ho una tazza di tè bollente ai frutti di bosco, mentre osservo il giardino e la pioggia battente. Sarebbe il caso che gli parlassi, affrontandolo per fargli capire che di solito non mi comporto in quel modo assurdo. A distanza di giorni la vergogna ha finalmente lasciato il posto alla ragione: devo scusarmi con David prima che si convinca che, oltre che matta io sia anche maleducata.

Soffio nella tazza, il rumore della pioggia è coperto dalla musica che sto ascoltando, il mio sguardo perso in un punto imprecisato del parco. A un tratto scorgo una figura attraversare il giardino di corsa. Presto più attenzione e lo riconosco, è lui che corre sotto il mal tempo dirigendosi al capanno degli attrezzi. Non si tratta di una semplice rimessa in realtà, Iain aveva fatto in modo di trasformare una parte di esso  in una piccola stanza confortevole con divano, angolo cottura e un bagno privato, per riposarsi durante la pausa pranzo.

Non so se siano i Red Hot Chili Peppers che suonano dal mio stereo a farmi prendere la decisione o più semplicemente un attimo di pura follia, fatto sta che poso la tazza di tè fumante sul bancone, apro la porta della veranda che dà sul giardino e inizio a correre sotto la pioggia.

Sento il cuore martellarmi nel petto, sto facendo una cazzata lo so, ma devo parlargli e voglio farlo prima che la sua opinione su di me sia irrimediabilmente distorta.

Cerco di evitare le pozzanghere ma dopo pochi metri sotto il temporale, ho già abiti e calze fradici. Arrivo al capanno, e come se l’acquazzone non bastasse vengo travolta da folate di vento gelido che mi ghiacciano persino le ossa. Maledetti temporali di maggio! Impaziente di trovare un riparo all’asciutto apro la porta della piccola rimessa in legno, senza bussare.

Entro richiudendola alle mie spalle, gocciolante di pioggia e tremante per il freddo. Alzo gli occhi e lui è lì, che mi sta guardando.

Apro la bocca per scusarmi ma le parole mi muoiono in gola, prima che possa pronunciare una sola sillaba.

Fermo, davanti alla piccola stufa accesa, la tuta da lavoro abbassata sui fianchi, è a torso nudo. Sono entrata un attimo prima che potesse sfilarsi completamente l’indumento di dosso e vengo travolta da un’ondata di imbarazzo come mai prima nella mia vita.

È fradicio anche lui, la pelle abbronzata bagnata di pioggia e i capelli gocciolanti gli ricadono sulla fronte e sul collo. Vorrei dire qualcosa ma sinceramente non ce la faccio. Sento un groviglio al posto dello stomaco e mi appoggio con la schiena alla porta.

Lui mi guarda, gli occhi verdi esprimono tutto il suo stupore. Come potrebbe essere altrimenti quando una ragazza bagnata dalla testa ai piedi ti sorprende alle spalle senza prima bussare? Aggiungiamo quest’episodio ai precedenti e sono certissima  che starà pensando a me come il perfetto prototipo della donna svitata e maleducata.

Ha un asciugamano in mano che appoggia sul divano accanto a lui.

Non si muove ma continua a guardarmi

Io ho il fiato corto e vorrei piangere per quanto mi sento inadeguata.

«Luisa…» pronuncia e il residuo della mia lucidità va in frantumi. Il cuore sta per esplodermi e non so se buttarmi tra le sue braccia o fuggire, sparendo per sempre.

«Io… Io devo scusarmi. Cioè, io…» riprendo a respirare e non so davvero cos’altro dire.

«Scusarti? Per cosa?» mi domanda avvicinandosi pericolosamente. Non voglio guardarlo in viso perché so che non riuscirei a sostenere il suo sguardo. Gli fisso il petto, l’addome piatto e muscoloso, concentrandomi sulla leggera peluria che si intravede appena sopra il bordo dei pantaloni della tuta. Forse non è stata una buona idea volgere l’attenzione su certi dettagli visto che adesso, nonostante gli abiti zuppi, incomincio a sentire caldo. È sempre più vicino, tanto che adesso me lo trovo davanti, alzo lo sguardo ma non riesco a superare il collo e la gola. So che se puntassi le sue labbra capirebbe quanto desideri baciarlo.

Sento la gola secca e il corpo in fiamme.

Devo andarmene, subito.

«Scusami. Io… Io vado via.» Mi volto per fuggire ma lui mi blocca afferrandomi un polso. Non dice niente, sento solo il calore del suo corpo vicino al mio. Non ci tocchiamo ma ho voglia di premermi contro di lui, di stringerlo e sentirlo contro di me.

Alzo la testa, mi faccio coraggio, lo guardo in viso ed è un attimo. Le sue labbra sulle mie, il suo corpo premuto contro il mio, proprio come desideravo dal primo momento in cui quest’uomo è entrato nella mia vita. Mi schiaccia contro la porta, nonostante in confronto a lui sia minuta, non mi fa male, è  una sensazione che mi stordisce. Mi bacia con una passione che avevo dimenticato poter esistere, le sue labbra e la sua lingua sono il tormento più dolce che potessi desiderare. Il suo corpo, muscoloso e possente mi eccita, ho voglia di toccarlo e farmi toccare, David sta risvegliando quella parte di me che credevo morta per sempre. Anzi, sta facendo di più, mi sta portando a perdere il controllo di me, come non mi era mai successo prima.

Con le forti mani, mi stringe le natiche e mi solleva, istintivamente gli cingo la vita con le gambe, stringo le cosce e spingo il bacino contro i suoi fianchi. Lo avverto duro, eccitato contro di me e questo contatto mi basta per sentirmi travolta da una sensazione come di calore liquido, un fuoco che mi attraversa il corpo e si concentra lì, in mezzo alle mie cosce.

Geme e si stacca da me quel tanto che basta per poterci guardare in viso. Sono ancora avvinghiata a lui e vorrei rimanere così per sempre. Mi accarezza una guancia passandomi il pollice sulle labbra che reclamano ancora la sua bocca e la sua lingua.

«Luisa…» ripete il mio nome con una voce roca che mi scioglie. Lo fisso negli occhi nella speranza di capire a cosa stia pensando e nel suo sguardo leggo puro, semplice e selvaggio desiderio.

Credo che nessuno mi abbia mai guardato in questo modo. Ora lo so. Ora comprendo che ciò che ho conosciuto e provato fino a ora, non è nulla in confronto a quello che David Hamilton  può darmi.

Lo capisco dai suoi occhi e lo voglio. Ora.

Questa volta sono io a prendere l’iniziativa, lo stringo a me con forza, gli bacio le labbra, il viso, il mento. Ci stacchiamo dalla porta e mi ritrovo sdraiata sul divano, le nostre labbra di nuovo unite e le sue mani sul mio corpo. Mi toglie gli abiti bagnati, mi guarda e capisco che mi vuole quanto io voglio lui. Bacia ogni centimetro del mio corpo, il collo, le braccia, il ventre e quando mi slaccia il reggiseno e mi prende un capezzolo tra le labbra sento che potrei venire così, in questo momento, per il semplice tocco della sua lingua sul mio seno.

Si solleva sui gomiti, mi guarda, i nostri visi vicini. Il suo respiro in sintonia con il mio.

Ho paura di quello che sto per fare.

Sarei stupida a non averne.

Non faccio sesso da quasi sei anni. Mi sono ripromessa che nessun uomo avrebbe più potuto farmi del male e l’unico modo per difendermi è stato quello di mantenere le distanze, indossare una corazza e tenere il genere maschile lontano da me e dalla mia vita.

Adesso però… sento che sto consegnando il mio cuore a quest’uomo su un piatto d’argento e anche se ho paura che lo ridurrà in pezzi anche lui, non riesco a fare a meno di desiderarlo con tutta me stessa. Cuore e corpo.

«Se vuoi che mi fermi… Dillo ora, Luisa, ti prego» mi dice.

Non riesco a rispondergli, non a parole almeno.

Gli poggio le mani sulle spalle e lo scosto da me.

Lo faccio sedere sul divano e mi inginocchio vicino a lui. Si passa una mano sul viso e tra i capelli.

 

«Luisa, scusami, io…» comincia, ma non gli lascio finire la frase. Non l’ho scostato da me per dirgli di no. Mi siedo a cavalcioni sopra di lui e adesso sono io a guardarlo dall’alto. Alza la testa, punta i sui occhi nei miei, mi prende il viso con entrambe le mani, baciandomi con una dolcezza e un’intensità indescrivibili Mi muovo lentamente, sopra di lui che sposta le mani sui miei fianchi e mi spinge ancora di più contro il suo bacino. Indossa ancora i pantaloni e so che lo sto torturando per il piacere. Mi solleva leggermente e bacia, morde e succhia i miei capezzoli. Mi inarco all’indietro, mentre lo sento scostarmi le mutandine che ancora indosso.

Mio Dio… le sue dita… sto per esplodere, mi tocca in punti talmente sensibili che ho quasi voglia di piangere. Gli prendo le spalle affondando le unghie nella pelle e mi muovo sulla sua mano, in perfetta sincronia con il suo tocco. Non vedo più niente, non sento più nulla se non la mia voce che pronuncia il suo nome… che urla il suo nome. Mi abbandono contro il suo petto, la sua mano ancora tra le mie gambe e quasi mi vergogno a guardarlo.

Mi sollevo e gli accarezzo il viso, le guance ruvide per un accenno di barba, la mascella squadrata e labbra che sognerò su di me da qui all’eternità. Lo bacio, e lui mi fa sdraiare mettendomi un cuscino dietro la testa. Non smette di baciarmi e accarezzarmi, sembra voler rendere omaggio a ogni centimetro del mio corpo. Si alza, continuando a guardarmi negli occhi, mentre lo osservo spogliarsi. Si toglie i pantaloni, rimanendo un attimo fermo, in piedi, con in dosso solo i boxer che svelano una vistosa erezione da cui non riesco a distogliere lo sguardo. Mi mordo le labbra, voglio fare l’amore con lui, sentirlo dentro di me.

Il rumore della pioggia è un sottofondo perfetto per questo venerdì mattina che so mi segnerà nell’anima.

Si libera anche dei boxer e si china sopra di me poggiando un ginocchio su divano, sovrastandomi con il suo corpo e io ho voglia di toccarlo. Non so dove sia finito il mio senso del pudore, fatto sta che lo accarezzo sul torace e scendo sugli addominali. Trattiene il fiato e socchiude gli occhi quando stringo la mano intorno al suo membro duro, lui l’afferra, mi ferma e mi posa un bacio sul palmo. Quando riapre gli occhi, il suo sguardo da verde sembra un pozzo nero, oscurato dal desidero.

«Fai l’amore con me, David…» gli dico.

È tutto ciò che voglio in questo momento.

Mi toglie le mutandine, non mi vergogno più, non provo più nessun timore di farmi vedere completamente nuda da lui, perché mi guarda in un modo che mi fa sentire splendida.

Allargo le gambe in un esplicito invito che lui subito raccoglie sdraiandosi sopra di me e, con un unico affondo, lo sento finalmente dentro di me. Rimane così, immobile, per qualche istante, trattenendo il respiro.

Sento che sto per venire di nuovo.

Poi inizia a muoversi, lentamente, con un ritmo che mi provoca ondate di piacere sempre più intense.

«Luisa…» mormora al mio orecchio stringendomi a sé.

Mi bacia, mi accarezza, mi fa sentire come non mi sono mai sentita in vita mia. A ogni suo affondo mi sento più vicina a perdere il controllo e vorrei che questo momento durasse per sempre. Vorrei non dovermi pentire di quello che sto facendo né avere paura di quello che succederà quando dovrò uscire da questo capanno, e affrontare me stessa e i miei sentimenti…