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Arrivo in albergo e filo dritta in cucina. Incrocio mio padre, scambiamo quattro chiacchiere e grazie al cielo non fa domande sul mio aspetto – occhiaie e colorito grigiastro – né mi chiede se mi sono data alla pazza gioia con Hamilton. Cosa che invece ha già fatto mia sorella mandandomi un messaggio esplicito su WhatsApp e che so mi ripeterà mia madre appena le capiterò a tiro. Quindi ne approfitto per chiudermi in cucina, mi preparo un altro caffè e butto giù un elenco di cose da comprare e commissioni da fare.

Indosso la giacca, è una giornata soleggiata ma fredda, il vento dal nord ha ricominciato a soffiare su Inverness e le temperature sono notevolmente calate rispetto ai giorni scorsi. Ciò significa che le occasioni per vedere David lavorare in maglietta o a torso nudo si ridurranno drasticamente…

Prendo la borsa e le chiavi della macchina ed esco dalla cucina. Attraverso la hall a passo svelto, saluto i clienti che incrocio lungo la strada e ringrazio di non essermi ancora trovata davanti lui. Mi vergogno troppo per affrontarlo e temo che sul suo viso leggerò tutto il disappunto per la mia condotta da “alcolista anonima in libera uscita”.

Percorro in fretta il viale d’ingresso e apro la mia macchina parcheggiata nell’area riservata agli ospiti dell’hotel. Butto la borsa sul sedile anteriore della mia Mercedes Classe B e mi siedo al posto di guida. Metto la cintura di sicurezza, alzo lo sguardo e lui è lì, dall’altra parte del parcheggio, intento a sistemare un angolo incrinato della recinzione che delimita l’area.

Ma con tutto il parco a disposizione e due piani d’albergo, dovevo trovarlo a lavorare nell’unico posto dove ritenevo non avrei mai corso il rischio di incontrarlo?

Sto arrossendo, appiattendomi sul sedile nel tentativo di nascondermi, ma mi ha notato, quindi sento che la figura di merda quotidiana sta per arrivare.

Mi sta guardando e temo che quel sorriso che intravedo, voglia dire “Eccoti, ti ho beccata, Luisa l’ubriacona folle”. Mi vergogno da morire…

È accucciato a terra e si alza per venirmi incontro. Oggi niente jeans e felpa, indossa una delle tute verdi e blu da lavoro con il nome dell’albergo stampato sulla schiena che ho sempre visto sfoggiare a mio padre e Iain e mai avrei creduto che potessero donare tanto a un uomo. Mentre viene verso di me sembra che stia sfilando in passerella.

No, non ce la posso fare. Agisco nel modo più vigliacco che mi passa per la testa per non doverlo affrontare direttamente: saluto con la mano, metto in moto e fuggo.

Benissimo, ora penserà anche che sono pazza, ma davvero, mi vergogno troppo all’idea di doverlo affrontare senza sapere cosa abbia combinato ieri sera. O almeno da una certa ora in avanti…

Meglio che vada a fare la spesa e non ci pensi.