Capitolo 4

 

 

«E così hai rovesciato il tè addosso a Hamilton.»

Non faccio in tempo a varcare la soglia di casa sua, che mia sorella Laura mi accoglie con queste parole. Alzo gli occhi al cielo tra il rassegnato e l’esasperato. È mai possibile che nella mia famiglia non si riesca a fare qualcosa senza che necessariamente debbano saperlo anche gli altri? Suppongo che la talpa sia Viola, che l’ha detto a sua nonna che ovviamente ha riportato a mia sorella.

«Ciao Laura, come ti vedo bene oggi. Hai già vomitato, vero?» domando a mia sorella appoggiando la borsa sul mobile dell’ingresso e togliendomi la giacca. Ieri giornata quasi estiva, oggi pioggia e temperature autunnali; la Scozia è così, non vale la pena prendersela contro il meteo avverso.

Mia sorella mi rivolge una smorfia tra le migliori del suo repertorio e si alza dal divano dove era sdraiata. Ha una faccia spaventosa e un colorito tra il verde e il grigio, i capelli biondi, più chiari dei miei, legati in una lunga treccia mezza sciolta e un orribile pigiama leopardato addosso. Non è malata né moribonda, è soltanto incinta del suo terzo figlio. La pancia da quarto mese di gravidanza comincia a intravedersi anche se temo che queste nausee la uccideranno. Le vado vicino toccandole la fronte per sentire se sia calda. Di solito a quest’ora del mattino sta già meglio, oggi invece la vedo proprio male.

«Vuoi sentirmi anche il polso, Lu?» mi apostrofa con tono sarcastico scostandomi la mano, poi mi dà un bacio sulla guancia.

«Avresti dovuto fare l’infermiera, non la cuoca» mi dice andando a raccogliere dei giocattoli sparsi sul tappeto.

«Che fai? Lascia stare quei giocattoli. Lasciali lì, tanto Marco e Sara butteranno di nuovo tutto per aria appena entreranno dalla porta!» le faccio notare, andandomi a sedere su una poltrona. Ma pare non voglia darmi ascolto.

Mi piace casa di mia sorella. L’ha arredata lei e ha fatto un ottimo lavoro mescolando più stili che insieme si armonizzano perfettamente. È dotata di buon gusto sia nell’arredare gli interni che nel vestire… pigiami maculati a parte, si intende. Non si capisce perché abbia scelto di laurearsi in biologia alla University of Aberdeen, vista la sua passione per il design e l’architettura, fatto sta che la laurea non le è mai servita granché, dato che poi ha scelto di lavorare in albergo con mamma e papà, dando sfogo alla sua creatività arredando stanze e riallestendo completamente interi ambienti, come ad esempio il mio ristorante.

«Marco e Sara quando arriveranno faranno a pezzettini ciò che rimane di me» replica continuando a raccogliere peluche e macchinine, buttandoli dentro un borsone. Marco e Sara sono i miei nipoti, due adorabili gemelli di tre anni e mezzo che vanno d’accordo con tutti, tranne che tra loro, facendo diventare matta mia sorella. Ne ha avuto di coraggio per voler mettere al mondo una terza creatura, ma mi guardo bene dal dirglielo!

«Viola è con mamma e papà?» mi domanda raddrizzandosi e tenendosi la schiena all’altezza dei reni come se fosse già al nono mese.

È sempre molto melodrammatica quando ha qualcosa che non va ma il trucco sta nell’assecondarla.

«Dai, siediti, donna gravida. Ci penso io» pronuncio alzandomi dalla poltrona. La costringo a prendere il mio posto e riordino velocemente il salotto anche se in realtà a parte qualche gioco sul pavimento, la stanza ha un aspetto ordinato e pulito. Non esattamente come casa mia, io sono un disastro con i lavori di casa.

«Viola è con loro, sì» dico infine tornando a sedermi sul divano, sistemando i cuscini per stare più comoda.

«Malcom e i bambini staranno per tornare. Sono solo andati in centro a fare un giro al Victoria’s Market» spiega per poi tornare alla carica con l’argomento con cui mi aveva accolta appena arrivata.

«Allora, dimmi di Hamilton» insiste.

La guardo di traverso, cosa c’è da dire su David Hamilton dopotutto? Cosa vuole sapere esattamente? Ci penso un momento poi, come sempre, capisco che a mia sorella non posso nascondere nulla, così sospiro e mi rilasso.

«Tu lo sapevi?» le domando senza tanti giri di parole.

«Sapere cosa, Lu?» mi chiede sgranando gli occhi ma con un’aria maliziosa appena stemperata dal colorito bianchissimo.

I suoi occhi sono marroni, diversi dai miei, anche se si può dire che fisicamente ci assomigliamo molto.

«Che fosse così dannatamente bello!» esclamo e lei mi riserva un’occhiata stupita, come se fossi un’aliena.

«Ovvio che lo sapevo! Io c’ero martedì mattina quando ha iniziato a lavorare. Io mi sono presentata. Io gli ho parlato a differenza tua che te ne sei stata rintanata in cucina tutta la settimana, cara mia» ribatte sarcastica. Anche se in effetti ha ragione, dovrei mettere il naso fuori dalla cucina un po’ più spesso.

«Io, io, io! Ho capito, sono stata maleducata, va bene ma voi potevate dirmelo. Anche tu! Sei moglie, madre e pure incinta, questo però non ti doveva impedire di avvisarmi di che genere di uomo avessero assunto mamma e papà» le faccio notare e Laura non riesce a non ridere.

«Certo, sarò anche moglie, madre e pure incinta ma non sono cieca e un bell’uomo non mi sfugge di certo. Mi stupisce però che l’abbia notato tu, Luisa» risponde con espressione divertita. Mi osserva attentamente e capisco dove voglia arrivare.

«Oh no, Laura. Non farti idee strane. Il fatto che ti stia dicendo che sì, riconosco i suoi pregi, non significa che mi senta attratta da lui» replico indignata, in realtà però capisco di non risultare convincente, la verità mi si legge in viso e mia sorella non è cieca né cretina.

Continua a osservarmi con un mezzo sorriso stampato in faccia, mentre io non so se mettermi a ridere oppure fingere di sentirmi indignata.

Alla fine non resisto alla tentazione di confidarmi con mia sorella e dire apertamente quello che penso da quando David Alexander Hamilton è entrato nella mia cucina.

«Laura, ma cazzo! Io credevo di essere sessualmente morta e invece… Santo cielo, quando l’ho visto non ho capito più niente» confesso e mi sembra di essere tornata ad avere quindici anni, quando i miei discorsi ruotavano intorno Brad Pitt e alla sua indiscutibile bellezza.

Laura ride.

«Luisa ma è fantastico! È la prima volta in cinque anni da quando tu e…»

La interrompo prontamente prima che le scappi il nome del padre di Viola che continuo a non voler sentir pronunciate  per il resto dei miei giorni.

«Dicevo…» riprende mia sorella, incrociando le gambe nel tentativo di mettersi più comoda in poltrona «è un buon segno, Lu. Con gli altri uomini con cui sei uscita non sei arrivata mai oltre a una fase più spinta del bacio!» afferma. L’argomento deve essere di particolare interesse per lei, visto che improvvisamente sembra aver ripreso un colorito umano e una vivacità che fino a dieci minuti prima sembravano sepolti.

Guardo l’ora, le undici del mattino. Sì, di solito le nausee le passano intorno alle dieci e mezza quindi siamo in fase di recupero.

«Quando gli chiederai di uscire?» mi domanda e mi pare di rivedere la ragazzina curiosa ed eccitata con cui ho condiviso la vita e la stanza per lunghi anni. Credo che io e Laura in fondo rimarremo adolescenti tutta la vita, almeno quando siamo insieme.

«Non gli chiederò di uscire, scema! Manco morta.» ribatto indignata, «Figuriamoci se rischio una figura di merda facendogli una richiesta simile. Un uomo del genere non guarda quelle come me. E poi cosa ne sappiamo noi? Potrebbe essere sposato!» In effetti è un’eventualità a cui avevo pensato, anche se, non ricordo nessuna fede nuziale all’anulare della mano sinistra, visto che mi ci era casualmente caduto l’occhio. Ma non significa nulla: può averla tolta per lavorare, oppure essere semplicemente fidanzato.

«No, non lo è» afferma mia sorella con un sorrisetto.

«Vedo che ti sei informata» noto in tono acido.

«Ovviamente. Luisa, io a differenza tua con le persone ci parlo. A maggior ragione se lavorano per noi e ho una sorella single da sistemare» ribatte.

D’accordo, mia sorella è entrata in modalità agente matrimoniale.

Sono rovinata…

«Laura, l’ultima volta che mi hai combinato un appuntamento è stato un tale disastro che, ancora oggi, evito di frequentare certe zone della città per non rischiare di incrociare quel poveretto.»

«Non esagerare, Lu. Tendi sempre a ingigantire le situazioni.» replica e poi aggiunge «Dopotutto non ti  ha  detto lui che gli devi una cena?»

Bene. Conosce pure certi dettagli… Mia figlia è totalmente inaffidabile quando le si dice “non dire niente a nonna e zia”, meglio che me ne ricordi per il futuro!

«Stava scherzando, Laura!» È impossibile che parlasse sul serio.

Mia sorella alza le spalle e si tira su dalla poltrona stirandosi, sbadiglia senza ritegno e poi si massaggia la pancia. Era terrorizzata dall’idea che potesse aspettare di nuovo due gemelli ma fortunatamente questa volta è uno soltanto! Il nonno ha un fratello gemello, e se è vero che da un punto di vista genetico si salta una generazione, mi ritengo fortunata a essere stata graziata. Già è stata dura essere abbandonata con una figlia, non oso pensare con due… Rabbrividisco al pensiero e torno a guardare mia sorella.

«Vado a cambiarmi. Ci facciamo dei popcorn?» mi domanda all’improvviso.

«Laura ma non ti sentivi male fino a un minuto fa?» Non sto più dietro a tutte le voglie di mia sorella, giuro. Adesso i popcorn, ieri si è presentata in cucina prima di pranzo, in cerca di cereali al cioccolato e il giorno prima voleva pane fresco e peperoni grigliati.

«Ne ho voglia, Lu. Non ho chiesto un bicchiere di whiskey e una sigaretta. Rilassati» mi dice divertita.

Non mi resta che assecondarla, andare in cucina e prepararglieli. Laura dopo pochi minuti riappare e si siede al tavolo vestita, truccata e pettinata di tutto punto. Incredibile come possa trasformarsi da straccio a principessa nel giro di cinque minuti. Mi siedo accanto a lei e sgranocchiamo popcorn in silenzio. Malcom e i bambini stanno per arrivare, poi tutti insieme andremo a pranzo da mamma e papà. Come me, Laura ha scelto di abitare con la sua famiglia vicino alla Guest House, nello stesso isolato. Da casa mia vedo la sua, e per recarci in albergo impieghiamo a piedi massimo cinque minuti. I nostri genitori invece vivono nella mansarda dell’albergo, che è occupata per intero dal loro appartamento dove per qualche tempo abbiamo vissuto anche io e Viola.

L’anno scorso, però, ci siamo trasferite in un piccolo cottage, dove praticamente andiamo soltanto per dormire, visto che passiamo la maggior pare del tempo in hotel. Mia figlia chiama il nostro appartamento “il dormitorio” e in effetti non si sbaglia…

«Allora, quando glielo chiedi?» domanda mia sorella rompendo il silenzio e distogliendomi dai miei pensieri.

«Scusa? Chiedere cosa? A chi?» chiedo senza capire.

Laura sbuffa e mi tira un popcorn colpendomi in fronte.

«Luisa io ti voglio bene ma a volte mi sembri proprio limitata. Quando chiedi a Hamilton di uscire» continua.

I popcorn mi vanno di traverso e comincio a tossire. Potrei morire in questo istante, ma mia sorella è compassionevole e mi batte la mano sulla schiena, porgendomi prontamente un bicchiere d’acqua.

Bevo e la guardo come se fosse matta.

«Ma io non glielo chiedo! Mi vergogno troppo e poi… lavora per noi, Laura! Che figura ci farei se rifiutasse?»

«Potresti continuare a fare quello che fai abitualmente: rimanere chiusa in cucina. Non cambierebbe nulla, non vedo dove sia il problema.»

«No, davvero» dico risoluta.

«Domani sera va bene per te?» mi chiede come se io non avessi parlato. Possibile che la mia opinione venga ignorata così palesemente in questa famiglia?

«Domani sera cosa?» domando, ma ho capito dove vuole andare a parare.

«Domani sera Malcom non è di turno in ospedale, lavora al mattino, quindi possiamo venire con voi» afferma con nonchalance, come se avesse già organizzato tutto.

Non so cosa ribattere. Mi oppongo? La lascio insistere? Accetto?

«Parla con il tuo aiutante, il sous chef come lo chiami tu… Anthony. Il lunedì il ristorante non è mai pieno e per una sera lui e le ragazze se la caveranno alla grande.»

Giuro, mi ha quasi convinto.

«Io… Non so, Laura.»

Mia sorella sbuffa, sta per perdere la pazienza.

«Oh, Lu! Potrai prenderti un giorno di svago dalla tua cucina? Usciamo in quattro, mangiamo qualcosa e torniamo a casa presto, una  serata senza pretese, ma almeno è un’occasione per conoscere meglio Hamilton e vedere se potrebbe nascere qualcosa tra voi. Il tutto senza sentirti in imbarazzo a uscire da sola con lui, perché ci saremo anche noi.»

Il ragionamento di mia sorella non fa una piega.

«E i bambini?» domando.

«Li lasciamo con mamma e papà.»

Forse potrei dire di sì…

«Domani mattina gli parlo io, Luisa. Ma dopo le undici, non voglio proporgli di uscire con la faccia verde e i conati di vomito. Tu non devi fare nulla, solo accordarti con Anthony e sistemare le faccende per la sera, poi, cosa più importante, pensare a farti bella per uscire con Hamilton.»

«Io non esco con Hamilton, esco con voi!» ribatto.

«Io e Malcom siamo una scusa, un contorno, un di più. La prossima volta sarete tu e lui, soli» afferma convinta che tutto andrà secondo i suoi piani.

«Se ci sarà una seconda volta…» preciso a denti stretti.

Cos’altro posso fare? Va bene, accetto, ma se sarà la serata più imbarazzante della mia vita, giuro che mi richiuderò definitivamente in cucina, cancellando dalla mente il ricordo di chi ci taglia l’erba e si occupa delle riparazioni. Sospiro ormai rassegnata e tolgo la ciotola dei popcorn da sotto il naso di mia sorella.

«D’accordo, Laura. Facciamolo» dico e non mi rimane altro che riempirmi la bocca di popcorn, già pentita di aver assecondato la folle idea di una donna incinta e in preda a una tempesta ormonale.