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Dominique non era stata convinta da quel discorso coraggioso, ma ormai avevano raggiunto la loro destinazione e non c’era tempo per discuterne ancora. Quando Judd le informò che il padrone era nel soggiorno, andarono a cercarlo.

«Mio caro Gideon» lo salutò la sorella con un bacio. «Ci hai aspettato? Che tenero da parte tua. Siamo davvero esauste.»

«E il mio credito si trova in una situazione analoga?» chiese con un lieve sorriso. Invitò Dominique a sedere sul divano e prese posto accanto a lei, mentre Gwendoline si lasciò cadere con eleganza su una poltrona.

«Cielo, no. Ho fatto mettere tutto sul conto di Ribblestone e sistemeremo ogni cosa dopo.» Gwen fece una pausa mentre venivano serviti il vino e i dolci. «Ora, Gideon» disse scegliendo un manicaretto dal piatto, «abbiamo iniziato a dare una sistemata a tua moglie con abiti adatti alla Stagione. Mi hanno promesso che il primo vestito verrà consegnato domattina. E che ne dici di un abito ufficiale? La presenterai a corte?»

«Oh, preferirei di no» mormorò la giovane, allarmata.

«Sciocchezze. Tuo marito sarà il prossimo Visconte Rotham. Devi essere presentata.»

«Non è ancora il momento» affermò Gideon. «Credo che papà debba incontrare Nicky, prima. Questa visita in città è solo una... ehm... cosa informale.»

«E quando hai intenzione di andare a Rotham?»

«A tempo debito.»

Gwen si accigliò. «Non puoi rimandare per sempre, fratello. Papà non ti rinfaccerà nulla di quel che è stato detto in un lampo di rabbia, lo sai. I vostri temperamenti sono troppo simili perché lui non comprenda. È solo, Gideon, e per quanto le sue parole possano essere state dure ti vuole molto bene.»

«Lo so. Andrò da lui, quando sarà il momento» replicò, passandosi la mano sugli occhi.

Dominique sorseggiò il vino e ascoltò la conversazione, consapevole della tensione tra fratello e sorella. «È a causa mia? Lord Rotham sarà in collera con te perché mi hai sposata?» domandò.

«Certo che no!»

Gideon sollevò la mano per troncare la smentita della sorella. «Non sarà contento, ma la sua ira ricadrà su di me, Nicky, non su di te. Non ti porterò a Rotham senza la sua assicurazione che sarai ricevuta con il rispetto che ti è dovuto.»

Rispetto! Sembrava davvero sconfortante. Dominique fu lieta che suo marito non avesse progettato di portarla immediatamente alla tenuta di famiglia. Forse, una volta che avesse avuto degli abiti adatti, si sarebbe sentita più coraggiosa. Dopo la conversazione avuta con Gwen, sarebbe stata una stupida ad aggrapparsi alla speranza che Gideon potesse mai provare per lei qualcosa di più che una tenue amicizia. Tuttavia, forse, poteva guadagnarsi il suo rispetto. In quel preciso momento decise che non lo avrebbe mai imbarazzato con esibizioni d’affetto. No, avrebbe dimostrato – a lui e al visconte – che malgrado la discendenza francese poteva essere una moglie esemplare, una consorte adeguata a un lord inglese.

Dominique si calò con naturalezza nel ruolo di padrona di casa. Cominciò a fare piccoli cambiamenti, come ordinare di mantenere un fuoco acceso nel soggiorno e chiedere a Judd di rimuovere alcune pesanti suppellettili d’argento dal tavolo da pranzo, in modo da poter almeno vedere il marito quando cenavano insieme.

Non capì se Gideon li avesse notati, ma si rincuorò quando lui chiese che apparecchiassero per lei alla sua destra, anziché continuare a sedere distanti, e fu intimamente lieta che ricercasse la sua compagnia per un bicchiere di vino prima di andarsi a cambiare per la cena.

La prima settimana in Brook Street lei restò a casa e uscì soltanto per fare spese con Lady Ribblestone, ma alla fine della seconda Gwendoline dichiarò che era giunto il momento di una presentazione in pubblico.

Facevano colazione quando la gentildonna suggerì di fare una passeggiata in carrozza nel parco, a un orario alla moda.

«Mi piacerebbe uscire» ammise Dominique, «ma Hyde Park... non sarà affollato?»

«Oh, parecchio» replicò l’amica, allegra. «Ci saranno proprio tutti.»

«Davvero?» sbottò la giovane con sgomento. «Non sono sicura di essere pronta...» Si interruppe all’ingresso di Gideon.

«Be’, che state complottando voi due?» chiese sorridendo. «Avete intenzione di uscire a spendere altro denaro?»

«No. Vorrei che Dominique mi accompagnasse al parco. Promette di essere un bel pomeriggio e potremmo andarci col carrozzino scoperto» rispose Gwen.

Gideon sedette al tavolo e si versò una tazza di caffè.

La sorella lo guardò sorpresa. «Questa è una novità, fratello. Credevo bevessi solo birra leggera a colazione» disse, momentaneamente distratta.

«Un’abitudine da scapolo. Ora sono un uomo sposato.»

«Ecco, allora convinci tua moglie a uscire con me. È stata rinchiusa abbastanza in questa casa.»

«Concordo, ma non sono sicuro che andare in giro con te su quella carrozza antiquata sia il miglior modo per fare un ingresso in società.»

«Non c’è nulla di antiquato nella carrozza dei Ribblestone» ribatté la sorella, piccata.

«Forse no, ma preferirei accompagnare Nicky col mio calesse.»

Era la prima volta che lui suggeriva di uscire insieme e Dominique sentì le guance imporporarsi di piacere.

«Non posso competere con questa proposta.» Gwen agitò il dito verso la cognata. «Accetta subito, mia cara. Mio fratello non ha mai portato una donna nel suo calesse, che io sappia!»

«È così, Gwen.» Gideon si volse alla moglie con un sorriso. «Dunque, signora, mi concedete l’onore di accompagnarvi al primo incontro con il ton

Dominique era nel panico. Cosa avrebbe indossato per uscire con Gideon? Il primo abito da amazzone non era ancora arrivato e, sebbene il nuovo abito da passeggio fosse elegante, era stato acquistato per i mesi più caldi.

Uscì per testare la temperatura. Il sole splendeva, ma soffiava un vento gelido e lei non voleva fare la sua prima apparizione in pubblico avvolta in uno scialle. Dopo molte considerazioni, decise che avrebbe indossato il nuovo soprabito di seta cremisi, completo di cuffietta. Gwendoline l’aveva convinta a farla orlare di pelliccia e decorare à la hussar, presagendo correttamente che le fredde giornate di primavera non fossero ancora finite. Aveva anche aggiunto che non tutte potevano permettersi di indossare quel colore acceso, soprattutto non una bionda rubizza.

All’ora stabilita Dominique scese e trovò Gideon che l’attendeva nell’atrio. Notò che, sentendo i suoi passi sulle scale, aveva alzato lo sguardo e si stava soffermando a osservarla. Lesse sorpresa ma anche ammirazione nei suoi occhi. Trovò il coraggio per chiedergli se stava bene.

«Stai molto bene» mormorò lui con lentezza. «Quel colore ti dona particolarmente.»

Lei gli regalò un sorriso sollevato. «Allora ricordami di ringraziare tua sorella per avermi convinta ad acquistarlo.»

Un calesse luccicante era in attesa davanti al portone. Vi erano imbrigliati due splendidi cavalli grigi e uno stalliere con la caratteristica livrea a strisce nere e arancioni ne teneva le redini.

«Questo è Sam, il mio tigre» disse Gideon, la voce che tradiva un sorriso. «E la ragione per cui sembra doppiamente feroce è che non abbiamo l’abitudine di portare donne con noi.»

«No, se devono strillare e spaventare i cavalli» borbottò Sam, scrollando la testa in direzione di Dominique.

«Tieni a freno la lingua, uomo!»

«No, ha ragione» replicò lei, rivolgendo un sorriso allo stalliere. «Spero di sapere come comportarmi in una carrozza aperta e penso di poter promettere che non strillerò, a meno che non ci troviamo sul punto di ribaltarci, certo.»

«Non c’è pericolo» contestò Sam. «Quando guida, Mr. Albury è il migliore.»

«Ah, allora capisco perché sei contento di essere al suo servizio» disse Dominique mentre Gideon l’aiutava a prendere posto. «E dal momento che tu hai fiducia nella guida di Mr. Albury, io sarò ben felice di andare con lui.»

«Credo che tu abbia fatto una conquista» mormorò Gideon quando il garzone saltò giù dal posto di guida e si arrampicò sul seggiolino posteriore. «Non è stato per niente contento di scoprire che mi ero fatto mettere in trappola.»

Dominique tacque, ma fu lieta di aver superato un altro piccolo ostacolo.

Il sole primaverile aveva invogliato tutti a uscire e il percorso fino al parco fu lento. Gideon fu accorto a destreggiarsi nel traffico e Dominique ebbe molto tempo per ammirare la sua abilità.

Se sperava di godersi una passeggiata tranquilla, fu delusa. Non appena varcarono i cancelli, vide la folla. Signore coi parasoli e gentiluomini coi bastoni sfilavano su e giù, accanto a una processione di carrozze e di persone a cavallo. Procedevano lentamente, perché sembrava che tutti volessero fermarsi ed essere presentati alla nuova Mrs. Albury.

All’inizio Gideon era un po’ preoccupato per come Nicky avrebbe reagito a quell’attenzione, ma scoprì che i timori erano infondati. Nonostante la timidezza, i suoi modi erano impeccabili e le permisero di ignorare i commenti e le domande impertinenti con una silenziosa dignità.

«Come facevano a sapere che ero a Londra?» si domandò Dominique quando ripresero a muoversi dopo l’ennesima presentazione.

«Sarà apparso qualcosa sulle pagine mondane.»

Gideon non aggiunse altro. Dopo aver letto il primo riferimento subdolo alla loro vicenda, aveva ordinato espressamente a Judd di non portare il giornale mentre facevano colazione la mattina.

L’Onorevole Mr. A. ha condotto la sposa novella in città, ma alcune voci sostengono che non si tratti della moglie che lui si aspettava, poiché colei che era stata scelta è stata sostituita proprio davanti all’altare da un’altra. La cerimonia si è svolta nei possedimenti di un noto burlone, il Conte di M.

Gideon aveva riconosciuto la mano di Max dietro quel trafiletto e non dubitava che ce ne sarebbero stati altri, ecco perché era stato così ansioso che sua moglie facesse la prima apparizione in sua compagnia. Sapeva che ci sarebbero state moltissime speculazioni, ma non si aspettava una fila di carrozze con gli occupanti in attesa di parlare con loro.

«Una sposa novella attira sempre l’attenzione» commentò dopo una pausa.

«Senza dubbio, ma temo che mio cugino si sia dato da fare per pubblicizzare la situazione» disse lei con perspicacia.

Gideon percepì una nota di insicurezza e le diede la mano. «Lo avrà fatto senz’altro.» Maledetto Max. «Non ti preoccupare. Se ci presentiamo come un fronte unito, smorzeremo le chiacchiere.»

«Certo, ma...»

Lui la guardò e vide la fronte corrugata dall’ansia. «Cosa c’è, Nicky?»

«Max e i suoi amici sono ancora a Martlesham. Perché farci il dispetto di diffondere la notizia fino a Londra?»

«Dovresti sapere che a tuo cugino non piace essere contrariato.»

«È vero, e tu l’hai spiazzato quando hai deciso di non chiedere l’annullamento. Temo che cercherà di crearti problemi se potrà.»

Si preoccupava per lui e non per se stessa? Scrollò le spalle per rassicurarla. «Cosa può fare? Quando tutti vedranno quanto siamo felici insieme, metteremo a tacere i pettegolezzi.»

«Temo che sarà una terribile seccatura per te.»

«Per me?»

«Be’, sì, se ti devi mostrare dappertutto con me, invece di goderti la vita come sei abituato a fare.»

Gideon fu colto di sorpresa e anche piuttosto allarmato dal tono pratico di Dominique. Sembrava che tutte le preoccupazioni della moglie fossero rivolte al suo benessere, mentre lui era stato felice di lasciare che la sorella si prendesse cura di Nicky e che si occupasse del guardaroba. Sapeva che molte spose lo avrebbero considerato negligente. Non che Nicky desiderasse le sue attenzioni – era stata molto riservata dopo la prima notte. Sì, allora era sembrata assai disponibile, ma la profondità della passione che avevano condiviso doveva averla spaventata almeno quanto aveva scosso lui.

Era una delle cose su cui suo padre aveva insistito ripetutamente: le spose erano creature fragili e delicate e dovevano essere trattate con molta attenzione e gentilezza. Gideon non aveva più fatto visita al suo letto e Nicky non aveva dato segni di desiderarlo. Avrebbe avuto bisogno di un erede, naturalmente, ma per quello ci sarebbe stato tanto tempo quando avessero avuto più familiarità.

Da quando erano arrivati a Londra lui le aveva dato modo di sistemarsi e aveva preferito progettare di vedersi soltanto a colazione e alcune sere a cena. Si diceva che era nell’interesse di Nicky, in realtà, quando restava a lungo in compagnia della moglie, provava un’attrazione che temeva di non riuscire a controllare. All’improvviso la situazione gli apparve incredibilmente egoista.

«Chiedo scusa» disse, consapevole delle sue manchevolezze. «Sono stato molto occupato. Ma tu hai tutti i diritti di essere in collera con me per le mie scarse attenzioni. Molte spose novelle darebbero una lavata di capo ai mariti per un comportamento del genere.»

«Il nostro è un matrimonio piuttosto anomalo. Non mi aspetto che tu viva appiccicato a me.» Si sistemò sul sedile e lo guardò, con gli occhi verdi scuri e sinceri. «Voglio essere una buona moglie per te, Gideon.»

Lui non sapeva come rispondere, ma fissò in silenzio il piccolo viso serio, incorniciato dai riccioli scuri. Nessuna meraviglia che il ton fosse così interessato al suo matrimonio. Erano in città da tre settimane circa e quella era la prima volta che uscivano insieme. Bene, pensò risoluto, le cose sarebbero cambiate. I suoi amici lo avrebbero atteso invano quella sera. Sarebbe rimasto a casa con sua moglie.

Non si era reso conto di fissare ancora Nicky, finché non sentì la voce burbera di Sam che lo avvertiva di prestare attenzione i cavalli.

«Sì, controlla la guida» lo ammonì Dominique, con un timido luccichio negli occhi. «Stai deviando dal percorso.»

Quando Gideon la informò a cena che quella sera non sarebbe uscito, Dominique non riuscì a nascondere la propria sorpresa. Sarebbe stata la prima volta che lui avrebbe trascorso con lei l’intera serata da quando erano arrivati a Londra.

«Quelli che hanno fatto la tua conoscenza al parco oggi, ti manderanno senza dubbio degli inviti al più presto» le disse, sistemando le posate. «Questa potrebbe essere l’ultima opportunità di goderci una serata tranquilla insieme.»

Quando finirono di cenare, Dominique lasciò il marito al suo porto e si ritirò nel salotto. In un primo momento camminò su e giù per la stanza, sprimacciando cuscini, mettendo a posto soprammobili, fino a quando non si rimproverò per il proprio eccessivo nervosismo. Quella era anche casa sua. Cosa le sarebbe piaciuto davvero fare? Il bel pianoforte all’angolo della stanza luccicava allettante, così sedette e iniziò a suonare.

Era così persa nella musica che non si accorse del passare del tempo finché non alzò lo sguardo e vide Gideon che la fissava dalla porta.

«Va’ avanti» la incoraggiò mentre si sedeva accanto al fuoco.

Dominique terminò la sonata di Haydn e, quando le ultime note sfumarono, Gideon applaudì.

«Molto bene, Nicky. E per suonare senza spartito devi essere molto esperta.»

«Grazie, mi sono esercitata ogni giorno da quando ho scoperto questo splendido strumento. Suono anche l’arpa. Mia madre ama moltissimo la musica e ha insistito che imparassi. Quando siamo arrivate in Inghilterra, ha voluto che il conte mi trovasse un insegnante. Le lezioni sono andate avanti fino alla morte dello zio, tre anni fa.»

«E sai anche cantare?»

«Sì, un po’.»

«Ti va di cantare per me?»

Un rossore di piacere le soffuse le guance. «Certo. Cosa ti piacerebbe? Una canzone popolare inglese?»

A un cenno d’assenso, Dominique suonò un’introduzione, poi aggiunse la voce, dapprima un po’ esitante, poi lasciò che la musica la trasportasse, chiuse gli occhi e cantò con più sicurezza.

Era una delle ballate preferite di sua madre; parlava dell’amore tormentato di una giovane donna che aspettava il ritorno dell’innamorato. Il pensiero di sua madre che scriveva infinite lettere e rifiutava di rinunciare alla speranza, arricchiva la canzone di significato. E quando, giunta al termine, lei aprì gli occhi, per un attimo non riuscì a ricordare dove si trovasse.

«Bellissima.» Gideon si avvicinò. «Ci sono tante cose che non so di te.» La fissò, gli occhi scuri e intensi alla luce delle candele.

Lei fu percorsa da un brivido e sentì un guizzo di desiderio. «Sappiamo così poco l’uno dell’altro» mormorò, cercando di non pensare alla notte che avevano trascorso insieme. Lui aveva esplorato il suo corpo intimamente, allora, eppure erano ancora degli estranei.

«Nicky...»

«Ho chiesto a Mrs. Wilkins di portare l’occorrente per il tè» si affrettò a interromperlo. «E forse dovrei chiamare Judd per chiedergli di alimentare il fuoco.»

Le prese la mano e sentì che le dita tremavano. «Hai paura di me.»

«No, non è paura.»

«Cos’è, allora?»

«Lo hai detto tu stesso. Non ci conosciamo.»

«Dobbiamo porvi rimedio, dunque.»

Lei sentì il suo respiro caldo che si avvicinava, forse Gideon voleva baciarle la pelle nuda della spalla. Se lo avesse fatto, l’esile controllo che aveva mantenuto fino a quel momento si sarebbe spezzato e lei si sarebbe gettata tra le sue braccia senza vergogna.

Ricordava le accuse contro la defunta regina di Francia: era incapace di controllare la lussuria. Aveva visto molte donne di quel genere a Martlesham da quando Max era diventato conte, non solo attrici e prostitute, anche mogli dei cosiddetti amici, tutte desiderose di elargire i loro favori. Sua madre l’aveva mantenuta ben distante da quelle riunioni sfrenate, ma Dominique aveva udito i commenti di Max e sapeva che i servitori guardavano certe donne con disgusto. Gli uomini disprezzavano quei tipi sfrontati e lei era terrorizzata al pensiero che Gideon la disdegnasse ancor più di quanto già non facesse.

«Potremmo raccontarci le nostre storie bevendo una tazza di tè» disse con forzata leggerezza.

«Sì, certo. Ed ecco appunto Judd, col vassoio. Vuoi che accenda il fornelletto per il bollitore?»

Dominique lo ringraziò dentro di sé per il tono amichevole.

Conversarono con facilità, ma anche con una cauta moderazione, per timore che un commento potesse provocare offesa o imbarazzo.

«Tua sorella mi ha invitata alla serata musicale di giovedì» gli comunicò quando lui le porse la tazza perché la riempisse di nuovo. «Mi piacerebbe andarci, se tu non hai obiezioni.»

«Certo che no. Posso venire con te?» chiese Gideon, poi aggiunse con aria interrogativa: «Perché sembri così sorpresa? Preferiresti di no?».

«Gwendoline pensava che non saresti... Ha detto di non aspettarmi che mi accompagnassi dappertutto.»

«Credo che sia normale che prenda parte alla festa di mia sorella. Cioè, se ti fa piacere che venga con te.»

Dominique non chiedeva di meglio e avrebbe voluto farglielo sapere, ma ciò che Gideon disse dopo la frenò.

«Non siamo d’accordo di mostrare al ton che siamo in ottimi rapporti? Dobbiamo assicurarci che qualcuno lo riferisca a Martlesham.»

Era così, dunque. Dovevano mostrare a Max che il suo scherzetto era fallito. Dominique si costrinse a sorridere. «Esatto.»

Chiese scusa e si ritirò non appena poté, aspettando a malapena che Gideon le baciasse la punta delle dita prima di rifugiarsi nelle sue stanze. Poco più tardi sentì nel corridoio i passi del marito, che non si soffermarono neanche un istante davanti alla sua porta.

«Dominique, mia cara, benvenuta alla mia piccola riunione musicale. Ribblestone è alla Camera dei Lord, ma tornerà più tardi per incontrarti.» Gwendoline la avvolse in un abbraccio profumato, le piume di struzzo del turbante che tremolavano mentre aggiungeva con un sussurro eccitato: «Non ho mai avuto tanta gente prima. Nessuno ha rifiutato il mio invito. Deve essere grazie a te, tesoro mio».

«Non mettere mia moglie in imbarazzo prima ancora che sia entrata, Gwen.»

«Oh, Dominique sa che qui è tra amici.» Attirò Gideon a sé e lo baciò sulla guancia. «Come stai, fratello? Sei molto elegante stasera.»

Anche Dominique lo pensava. Lanciò un’altra occhiata furtiva al marito, che indossava una marsina nera dall’elegante taglio e una camicia di un bianco abbagliante con una cravatta annodata ad arte; nessun gioiello, fatta eccezione per l’anello col sigillo e il monocolo, assicurato attorno al collo con un nastro di velluto nero. Considerò che era, senza dubbio, l’uomo più bello nella sala – notò anche che sembrava suscitare l’invidia di molti – e rimase colpita soprattutto dai capelli, che luccicavano di scintille ramate alla luce delle candele.

«Amore mio, posso presentarti...» disse lui.

Dominique si ritrovò circondata da gentiluomini. Il suo istinto era di restare attaccata al marito, ma non era opportuno. Gli permise di fare le presentazioni, accettò i complimenti con un sorriso timido, ma fu sollevata quando, dopo una breve conversazione, Gideon la prese per un braccio e la condusse via.

«Non posso lasciarti tra le grinfie di quei libertini stasera» mormorò nel portarla dall’altra parte della sala.

«Sono così malvagi?» Lanciò un’occhiata verso di loro. «Sembrano molto rispettabili, a parte, forse, Sir Desmond, che stava sussurrando parole molto sconvenienti a Gwen. Gli altri mi sembravano perfetti gentiluomini.»

«Ed è così, finché ci sono io accanto a te, ma a lasciarli soli con una bella donna...»

Dominique sentì le guance infuocate. «Oh, lo pensi davvero? Mi ritieni veramente bella?»

«Come un dipinto» rispose, sollevandole la mano e portandosela alle labbra.

Lei sapeva che era un gesto studiato, senza importanza, eseguito senza dubbio centinaia di volte con altre donne, ma non riusciva a impedire al proprio cuore di battere più rapido. Rispondeva con il corpo a ogni sguardo e a ogni tocco di Gideon, ma aveva imparato a nascondere la propria reazione, cosicché era l’unica a sapere quanto fremesse la sua pelle quando lui le era vicino.

Gli uomini si dispersero, ma le signore non furono così facili da sfuggire. Si raggrupparono attorno alla coppia, cercando di separare Dominique dal marito, nel tentativo di conoscere le circostanze del matrimonio.

Lei si aggrappò al braccio di Gideon, il quale declinò ogni invito, dicendo con un sorriso di voler tenere per sé la moglie, quella sera.

Quando infine sedettero, lei mormorò un ringraziamento e non poté fare a meno di chiedergli se restasse accanto a lei soltanto a beneficio dei pettegoli.

«Santo cielo, no. Sono venuto per stare in tua compagnia. Inoltre, voglio sapere che cosa ne pensi di coloro che si esibiscono. Molti degli ospiti di Gwen non hanno orecchio e riempiono tutti di complimenti, anche quando la prova è misera.»

Si fida del mio giudizio!

Dominique era stata in ansia, ma con Gideon accanto cominciò a rilassarsi e a divertirsi. Assistettero ad alcune esibizioni scadenti al pianoforte e a terribili declamazioni poetiche, ma quando andarono a cena Dominique non fu d’accordo col marito nel ritenerla una serata sprecata.

«Ho fatto moltissime conoscenze e mi sarà davvero utile in futuro. Inoltre» aggiunse con un luccichio nello sguardo, «ora che ho un’idea più precisa del livello considerato accettabile in città, non avrò paura a suonare in pubblico.»

«Sono lieto di sentirlo. Questa sera è stato particolarmente scadente. Dovrò scambiare due parole con mia sorella.»

Più tardi, alla fine della cena, Gwendoline non mostrò contrizione. «Sono amici, mio caro, e farebbero qualsiasi cosa pur di esibirsi. Me ne sbarazzo subito, così dopo possiamo rilassarci tutti e goderci il resto della serata.»

«Già. Per questo non ci sono mai all’inizio» assentì Lord Ribblestone con un tono serio, in netto contrasto col luccichio malizioso dei suoi occhi. Era arrivato da poco. «Gwen ha il cuore troppo tenero quando si tratta di incapaci e le fa sempre piacere dare una mano a evidenziare la loro inettitudine. Imparerete a non arrivare alle riunioni di mia moglie prima di cena, Mrs. Albury.»

«Tu, di certo, non lo fai» lo rimbeccò Gwen.

«Concedimelo, amore mio. Almeno questa sera sarei voluto tornare prima, se avessi potuto» replicò con un sorriso.

«Avete discusso il trattato, Anthony?» chiese Gideon.

Ribblestone gli rivolse una smorfia. «La pace con la Francia non supererà l’anno.»

«Oh, spero che vi sbagliate, milord.» Dominique arrossì per quelle parole impetuose.

«Il padre di mia moglie è francese» spiegò Gideon.

Lord Ribblestone era esterrefatto. «Francese? Perdinci! Ma credevo...»

«Santo cielo, Anthony, se prestassi più attenzione a me e meno alle tue polverose scartoffie, lo ricorderesti!» fu rapida a interromperlo Gwendoline. «Ti ho spiegato tutto, non c’è bisogno che te lo ricordi ancora. Ora, mio caro, abbiamo ancora un bel po’ di ospiti che vogliono suonare per noi questa sera, quindi mi devi aiutare a riportare tutti nel salone.» Lo portò via, regalando un sorriso cordiale a Dominique. «Ti avevo assicurato che i musicisti più bravi dovevano ancora esibirsi. Non credo che resterai delusa, mia cara.»

Lei cercò di rispondere, ma riusciva a pensare soltanto allo stupore di Lord Ribblestone nell’apprendere che Gideon aveva sposato una francese.

«Mio cognato ha molte qualità, ma il tatto non è una di queste» commentò lui. «Non deve sorprendere che il governo si trovi allo sbando, se Ribblestone è un esempio delle capacità dei suoi membri.» Poi proseguì con gentilezza: «I tuoi legami di parentela con la Francia non sono un segreto in città, mia cara, ma dubito che qualcun altro farà dei commenti in proposito». Si alzò e le tese la mano. «Ci prepariamo ad ascoltare altra pessima musica?»

Dominique lo accompagnò nel salone, ma lo stupore del cognato aveva minato la sua sicurezza. Sentiva che tutti osservavano la francese squattrinata e priva di attrattive che aveva persuaso Gideon a sposarla. Si sforzò di mettere da parte l’ansia e divertirsi dal momento che le esibizioni sembravano davvero migliorate.

Un ottimo duetto d’arpa e pianoforte le strappò un applauso entusiastico, come anche una canzoncina molto divertente eseguita da Sir Desmond Arndale.

«Bravo» gridò Gwendoline, mentre si avvicinava per congratularsi. «Uno splendido finale per la nostra serata, signore. Ora che tutti si sono esibiti...»

«Non tutti» la interruppe Sir Desmond. «Deve suonare ancora Mrs. Albury.»

Dominique era stata troppo impegnata ad applaudire per prestare attenzione a quelle parole, poi si accorse che tutti la fissavano.

«Cosa? Oh, no, cioè...»

«Su, signora, sono certo che tutti vogliano ascoltarvi.» Sir Desmond la invitò con un sorriso raggiante.

«Mi piacerebbe moltissimo sentirti, ma se preferisci dirò loro che non suonerai» disse Gideon.

La comprensione negli occhi del marito la incoraggiò. «No, sono stata lieta di ascoltare gli altri, e ora è giusto che sia il mio turno.»

Un applauso di incoraggiamento percorse la sala e Dominique si alzò e raggiunse il pianoforte. Sir Desmond aggiustò le candele e chiese se avesse bisogno di un particolare spartito dalla pila sul tavolo.

«Forse Mrs. Albury ci suonerà una ballata francese» disse sghignazzando una persona tra il pubblico.

Lei finse di non aver udito, ma fu rincuorata quando Gideon rispose con una risata. «Forse, ma qualunque sia la sua scelta, sono certo che sarà eccellente. Cosa suonerai, mia cara?»

«Un brano di Mr. Mozart» dichiarò.

La Fantasia non era lunga e neanche particolarmente difficile. L’aveva eseguita molte volte per sua madre e sapeva che poteva suonarla bene, ma la sua fiducia vacillò quando si accorse di quante persone ci fossero. Poi il suo sguardo si fissò su Gideon, che le sorrise. Allora dimenticò gli altri e si impegnò solo per lui.

Non appena ebbe eseguito con sicurezza l’ultimo accordo, Dominique sorrise, consapevole di aver dato una buona prova. L’applauso fu immediato e il primo brava che le giunse all’orecchio fu quello di Gideon. Fu richiesto il bis, ma lei scosse il capo, arrossendo. Sarebbe tornata a sedere accanto al marito se Gwendoline non l’avesse portata via a ricevere i complimenti degli ospiti.

«Gideon ti riavrà subito. Non devi permettergli di monopolizzarti, mia cara.»

«No, perdinci, è tempo di condividere la vostra compagnia anche con gli altri, signora» dichiarò Sir Desmond che le accompagnava.

Gideon le fece un cenno d’assenso prima di avvicinarsi a un gruppo di gentiluomini riuniti attorno a Lord Ribblestone, e Dominique lasciò che Gwen la portasse presso alcuni ospiti che stavano bevendo l’ultimo bicchiere di vino prima di mandare a chiamare le carrozze.

«Credevo che non saremmo mai riusciti a parlare con voi!» esclamò Mrs. Innis, una matrona prosperosa avvolta in seta viola. «Albury vi ha fatto la guardia per tutta la sera.»

«Non mi ha fatto la guardia» protestò Dominique con un sorriso. «Mi piace la sua compagnia.»

«Ah, signora, vi prego di non dire certe cose!» gridò Sir Desmond, alzando le braccia in aria.

«Per lo meno, non davanti a Gideon, lo renderebbe terribilmente tronfio» aggiunse Gwen.

«Sì» dichiarò Mrs. Innis. «Un marito va tenuto sulla corda. Non vi deve dare per scontata.»

«Dovresti trovarti un corteggiatore come ho fatto io» sussurrò Gwendoline. Si volse a Sir Desmond che si aggirava attorno a lei. «Mio caro, vorreste essere un angelo e portarmi un altro bicchiere di vino? Sono proprio assetata questa sera.»

Mentre si allontanava, Mrs. Innis fece una risatina sguaiata. «Non tutte siamo tanto fortunate da poterci permettere un cagnolino così fedele.»

«Desmond è molto dolce» concordò Gwen, sorridendo.

«Ma Lord Ribblestone non ha niente da obiettare?» si informò Dominique.

Il sorriso di Gwen si spense un po’. «Dubito addirittura che l’abbia notato.»

Mrs. Innis diede un colpetto al braccio di Dominique col ventaglio chiuso. «Santo cielo, Mrs. Albury, un uomo non vuole che sua moglie gli stia sempre attaccata alle code della marsina, non è vero, Lady Ribblestone?»

Gwen si scosse dal suo sogno a occhi aperti. «No, certo. Ti prego, non fare quell’aria sconvolta, mia cara. Avere un cicisbeo è la moda del momento, te l’assicuro.»

«Ma io non voglio un... un...»

«Non conta ciò che volete voi» intervenne un’altra signora, che guardava con occhi nostalgici un gentiluomo coi baffi dall’altra parte della sala. «Grayson sembra interessarsi a me solo quando crede di avere un rivale.»

«Forse, però, è un po’ presto per Mrs. Albury» disse Mrs. Innis meditabonda. «Non è neanche un mese che è sposata.»

«Certo che è presto, e intendo essere una moglie esemplare» dichiarò Dominique con enfasi.

«Davvero ammirevole, mia cara, ma dovete stare molto attenta» replicò la donna con fare nostalgico. «Niente disgusta un uomo più di un’eccessiva esternazione d’affetto da parte della moglie. Sono delle creature contraddittorie, sono attratti proprio da ciò che non possono avere.»

E cioè dalla bella attrice, pensò Dominique, sforzandosi di continuare a sorridere.

«Verissimo, Lady Grayson» confermò Mrs. Innis, le piume del turbante che annuivano con vigore. «Non dovete mai sembrare troppo ansiosa delle sue attenzioni: questo porta solo al disastro.»

Dominique si volse a guardare Gwendoline, in attesa di sentirle affermare che erano sciocchezze, invece la cognata annuì e disse lentamente: «Sai, mia cara, credo che Gideon sia come un cane con un osso. Potrebbe non desiderarti affatto, finché qualcun altro non dimostrerà interesse».

La giovane fece una smorfia. «Non sono un pezzo di carne, Gwen.»

«Nooo, ma poiché sei sua moglie potrebbe credere di non doversi sforzare per conquistare il tuo affetto.»

«Forse gli dovrei parlare...»

«Errore fatale, mia cara. Devi mantenere Gideon a distanza se vuoi conservare il suo interesse.»

«Ma certo...»

«Solo una sgualdrina si getterebbe tra le braccia di un uomo» dichiarò Mrs. Innis schietta, ignorando le obiezioni di Dominique. «Donategli i vostri sorrisi, mia cara, ma mai i vostri sospiri. Lasciate che vi baci e che vi ami, ma non lasciategli mai capire che ci tenete o se ne approfitterà. Si prenderà un’amante e tratterà voi come la sua schiava. Vi dominerà e farà il prepotente finché non diventerete l’essere più infelice al mondo, e a lui non importerà neanche.»

«A chi non importerà?» chiese Sir Desmond che tornava in quel momento. «Se parlate di Lady R. mi importa moltissimo.»

«Il che prova proprio ciò di cui parlavamo. Gli uomini vogliono sempre l’unica cosa che non possono avere» rispose Gwendoline con leggerezza.

«Che sciocchezze state raccontando a mia moglie?» chiese Gideon, arrivando mentre tutti ridevano.

«Solo alcune inconfutabili verità, fratello, su come preservare la felicità.»

«La felicità di mia moglie è, chiaramente, la mia principale preoccupazione.» Fece un piccolo inchino e le porse la mano. «La carrozza ci aspetta, mia signora, credo sia il momento di augurare la buonanotte.»

«Penso che sia andata molto bene» commentò Gideon mentre rientravano a casa percorrendo le strade buie. «Mia sorella ti ha presentata ai suoi amici?»

«Sì, compreso Sir Desmond Arndale. È... ehm, il suo amante?»

«Ne dubito, ma gran parte del tempo di Anthony è occupata da affari di governo e Arndale è utile quando Gwen ha bisogno di un accompagnatore. Un innocuo perdigiorno.»

«E Lord Ribblestone è geloso di lui?»

«Cielo, no! Perché questo improvviso interesse per Arndale?»

«Sono curiosa di sapere come si comportano le donne sposate a Londra.»

«Molte si comportano in maniera scandalosa.» Si avvicinò e allungò la mano per prenderle il mento tra le mani. «Ma non intendo permettere a te di comportarti così, o almeno devi farlo solo con me.»

Il cuore di Dominique cominciò a martellare quando lui la baciò e alzò la mano per accarezzarle la guancia.

Gli uomini vogliono proprio ciò che non possono avere.

Non doveva mostrargli quanto lo desiderava, ma il cuore le batteva tanto forte che lei non riusciva quasi a respirare. La carrozza cominciò a rallentare e Gideon alzò la testa.

«Siamo a casa» mormorò. «Preparati, questa sera verrò nella tua stanza.»

L’attesa fu quasi insopportabile. Dominique lasciò che Kitty la vestisse con una delle morbide camicie di lino che aveva scelto con Gwendoline, poi la congedò e sedette sul bordo del letto, con la sola luce del fuoco e di una candela.

Il baule che aveva portato da Martlesham sbucava dall’oscurità, e quando un improvviso guizzo della candela luccicò sulle borchie del coperchio lei si avvicinò e lo aprì. Dopo aver frugato, tirò fuori un capo trasparente. Agnes Bennet avrebbe indossato qualcosa del genere. Ma Agnes sapeva benissimo come tentare un uomo per sottometterlo, lei stessa era testimone di come aveva incantato Gideon sino a ottenere una proposta di matrimonio.

Indossalo, sussurrò una voce ammaliatrice nella sua mente. Metterà in mostra il tuo corpo e lo farà impazzire.

Ma Dominique sapeva che la sua figura snella non poteva competere con le forme voluttuose di Agnes Bennet. Gideon avrebbe potuto trovarla ripugnante, o peggio... ridicola. Rapida mise via l’indumento sottile. Doveva far spostare il baule, che era per lei un continuo ricordo della donna che Gideon avrebbe voluto sposare.

Dominique sentì un rumore ovattato da qualche parte nella casa silenziosa e tornò di corsa a letto. Quando tese le orecchie, udì il suono di passi che si avvicinavano e unì le mani, nervosa.

Gideon non entrava in quella stanza da quando era bambino. Era stata la camera della madre e lui, dopo aver ordinato che venisse ridecorata per la sposa, non ci aveva più pensato. Nel dare quelle disposizioni aveva supposto che sua moglie avrebbe trascorso la maggior parte delle notti nel suo letto. Ma la donna che nella sua immaginazione avrebbe condiviso la sua vita non somigliava affatto a colei che aveva sposato.

Qualcosa si rimescolò in lui quando vide la creatura pallida davanti al letto, con i capelli sciolti sulle spalle come una nuvola scura. Non era il desiderio bollente della prima notte di nozze, ma piuttosto un impulso a proteggerla, a renderla felice.

Ricordò come aveva suonato bene alla riunione di Gwen, il proprio orgoglio per l’esibizione, la possessività che aveva provato quando gli uomini si erano riuniti attorno a lei. Una punta di desiderio lo attraversò e le disse: «Hai suonato come un angelo stasera».

Incoraggiato dal suo sorriso, si avvicinò, tendendo le mani. «Non sapevo di avere una moglie così abile.»

Dominique le prese con cautela. «Sono felice di esserti piaciuta, Gideon.»

«Tu mi piaci.» Mentre l’attirava tra le braccia, si rese conto che era vero. «Mi piaci moltissimo.»

Lei alzò il viso e accettò timidamente il bacio.

Gideon la amò quella notte. Dominique gli restituì le carezze, ma tenne a freno le emozioni e cercò di rispondere come pensava che avrebbe dovuto fare una moglie, arrendevole e condiscendente.

Fu un amplesso delicato e contenuto, come se lui temesse di poterla spezzare, ma lei trovò immensamente soddisfacente averlo accanto a sé, almeno finché non scivolò via nel gelo delle ore prima dell’alba.