18
Dominique sobbalzò quando Gideon entrò a grandi passi nella stanza, con Anthony alle sue spalle. Entrambi gli uomini apparivano stanchi e tirati, ma la furia accendeva i loro occhi.
Gideon ruppe il silenzio. «Bene, signore. Ci avete fatto fare un piacevole giro di ballo.» Aveva la voce dura, la collera mantenuta a malapena.
Dominique raddrizzò le spalle. «Non direi piacevole. Non sono venuta qui di mia scelta, te l’assicuro.» Fece un passo indietro, come per nascondersi dietro a Gwen, quando lui diede segno di volersi avvicinare. «Lord Rotham dice che non devo parlarti, a meno che non desideri farlo.»
«Perbacco, sei mia moglie e...»
«Sì, sono tua moglie e faresti bene a ricordarlo!» scattò. Poi girò sui tacchi e uscì di corsa dalla stanza.
«Dominique, fermati!» Gideon le corse dietro. «Per amor del cielo, ascoltami!»
Mentre la sua voce svaniva, Anthony chiuse la porta e vi si appoggiò con la schiena. «Vedo che stai insegnando alla piccola Dominique i tuoi modi volubili.»
«Non le ho insegnato niente, milord.» Gwen lo guardò con cautela. C’era qualcosa di diverso in Anthony, una tensione da predatore pronto a scattare. La rabbia gli lampeggiava ancora negli occhi, ma lei notò anche le ombre scure sotto di essi. «Avete viaggiato tutta la notte?» chiese all’improvviso.
«Come credi che saremmo riusciti ad arrivare qui così in fretta, altrimenti? E il calesse non è adatto per riposare, te l’assicuro.»
«Suppongo che ti aspetti che torni con te a Londra.»
«Non subito. Spero che tu non abbia dimenticato la nostra ultima conversazione.»
«No, certo. E ho davvero intenzione di sostenerti. Apprezzo il duro lavoro che hai fatto nelle ultime settimane, con la pace che sta per crollare e Bonaparte che fa di tutto per prendere tempo con i suoi trucchi e stratagemmi, ma devi renderti conto che questa era un’emergenza.»
«Non mi sembra affatto. Ti avevo detto che non avrei più accettato i tuoi giochetti.»
«Li hai chiamati amoreggiamenti» rispose lei, cercando di mascherare il disagio. «Ma questo non c’entra niente, stavo solo cercando di aiutare mia cognata...»
«Sì, la stavi aiutando a lasciare suo marito. Sarebbe stato meglio per tutti se tu l’avessi incoraggiata a sistemare le cose con Gideon a Chalcots.»
«Ah, ma come sei diventato critico! Non resterò...»
«Tu resterai, cara, finché non avrò finito con te.»
Gwen indietreggiò, con gli occhi spalancati per il timore. «Cosa hai intenzione di fare?»
«Qualcosa che avrei dovuto fare molto tempo fa.» Girò la chiave nella serratura e le si avvicinò.
I servitori balzarono di lato per evitare uno scontro con Dominique, che uscì di corsa dalla sala della colazione. Lei era già arrivata alle scale prima che Gideon la raggiungesse.
«Dominique, ascoltami!» Le afferrò il braccio, ma la furia che le ardeva negli occhi glielo fece lasciare.
«Perché dovrei ascoltarti, quando mi dici solo menzogne?»
«Credimi...»
«Mi hai detto che non avresti rivisto Agnes Bennet, invece l’hai incontrata in segreto. Ti ho visto, Gideon, a Piccadilly.»
«Sì, ma era perché aveva delle notizie su Max.»
Lei congedò quelle parole con un gesto della mano e si mise a salire in fretta le scale cosicché lui fu costretto a correrle dietro.
«Mi vuoi ascoltare? L’ho fatto per te!»
Dominique aveva raggiunto il ballatoio, ma quelle parole la fecero voltare, con una smorfia d’incredulità sul viso. «Oh, certo, è una bella scusa! Ti incontri con la donna che ami, la donna che volevi sposare, per il mio interesse!» Si passò le mani sugli occhi. «Non avresti mai dovuto continuare con questo matrimonio, Gideon.»
«Ho dovuto farlo, dopo la prima notte di nozze.» Appena pronunciò quelle parole si rese conto dell’errore. Vide un lampo d’infelicità attraversare il viso di sua moglie e allungò le braccia verso di lei. «Dominique, non intendevo...»
Lo respinse. «Oh, lo so benissimo cosa intendevi. Non puoi dimenticare che sono per metà francese, vero? Tu disprezzi quella parte di me, anche se forse desideri il mio corpo. Ma gli uomini sono così, no? Non possono resistere alle tentazioni della carne. Il nostro matrimonio non è mai stato altro che una catena per te, un giogo di cui vuoi liberarti.»
«No!»
«Eri troppo onorevole per mettermi da parte in silenzio» continuò lei. «Ma come avrei voluto che lo avessi fatto, perché sarebbe stato molto meglio di questo!» Prese un respiro per rendere ferma la voce, poi in tono gelido dichiarò: «Non dovete temere, signore. So cosa ci si aspetta da me. Vorrete avere altri figli, ma, vi prego, datemi un po’ di tempo per… abituarmi ai vostri svaghi prima di esigere che riprenda il mio ruolo di moglie». Rabbrividì. «E non vi aspettate che ne ricavi gioia. Avete ucciso quel sentimento. Non posso amare un uomo che pensa così male di me.»
Intontito, Gideon rimase immobile mentre lei entrava in fretta nella sua stanza. Sentì la chiave che girava nella toppa e il suono dei singhiozzi strazianti dall’altra parte della porta.
Le ultime parole di Dominique gli si erano conficcate nel cuore. Sollevò un braccio per bussare, ma si rese conto dell’inutilità del gesto. Lentamente andò nel salotto vuoto, dove crollò su una sedia e si mise a fissare il nulla.
Non aveva idea di quanto tempo fosse rimasto lì. Un’ora, forse due. Poi sentì una porta che si apriva e si volse per vedere Anthony e Gwendoline che entravano mano nella mano.
Torvo, fissò la sorella che sembrava inspiegabilmente felice. Si rivolse al cognato e disse con amarezza: «Avevi ragione, Anthony. Le avrei dovuto confessare che dovevo incontrare Mrs. Bennet».
«Le hai spiegato le circostanze?» chiese Anthony, alzando la mano per far tacere la moglie.
«Ci ho provato, ma non vuole ascoltare. Vede solo che ho infranto la mia promessa. Crede che io consideri il nostro matrimonio un peso.»
«E non lo è?»
Gideon si prese la testa tra le mani. «All’inizio è stato... difficile. Ma ora...» Tirò un profondo respiro per affrontare la realtà. «Ora non riesco a immaginare di vivere senza di lei.»
«Oh, Gideon!...» L’espressione di simpatia di Gwen fu interrotta dalla porta che si apriva e dall’ingresso del visconte.
Lord Rotham fece un cenno col capo alla figlia e al genero e si rivolse a Gideon. «Ah, ragazzo mio, sono stato informato del tuo arrivo.»
«Eccomi, padre.» Si alzò e fece un cenno di saluto all’avvocato che seguiva il visconte nella stanza. «Mr. Rogers, vi ho cercato nei vostri uffici ieri, ma stavate già venendo qui. Prima che torniate in città, vi sarei grato se andaste a trovare Madame Rainault e vi faceste nominare suo incaricato, in modo che possiate operare per suo conto presso la Coutts Bank nello Strand, che ha in custodia una considerevole somma di denaro della signora, e la dote di mia moglie.»
«Una dote!» esclamò Gwen. «Ma perché? Come...?»
«Martlesham» disse Gideon secco. «Jerome Rainault aveva mandato delle lettere al vecchio conte, con istruzioni di tenere il suo patrimonio in custodia per la famiglia. Max progettava di impadronirsene.»
«Naturalmente Rogers eseguirà le tue istruzioni, figlio mio.» Il visconte andò a sedere nel solito posto accanto al fuoco. «Ma prima ha delle novità per te.»
«E così Jerome Rainault è vivo» disse Gideon quando gli fu detto tutto.
«Crediamo di sì» disse l’avvocato. «Lord Rotham spera di farlo arrivare in Inghilterra presto.»
«Come? Bonaparte non lo lascerà andar via.»
Lord Rotham annuì. «Hai ragione, bisogna farlo con grande attenzione. Sto per mandare un corriere.»
«Andrò io.» L’annuncio di Gideon fu accolto dal silenzio.
«Fuori questione. È troppo pericoloso» dichiarò il visconte alla fine.
«Rainault è mio suocero. Chi altri dovrebbe andare?»
«Chiunque» gridò Gwen, col viso pallido. «Come puoi anche solo pensare di farlo, sapendo quel che è successo a James?»
«Proprio per quello che è successo a James» replicò Gideon. «Mio fratello era l’erede di Rotham. Sarei dovuto andare io a Parigi allora.»
«No, avevo ordinato a entrambi di restare in Inghilterra. James ha disobbedito.» Il visconte sospirò. «A modo suo, era testardo e impetuoso come tutti gli Albury.»
Gideon incontrò lo sguardo del padre. «Lo devo fare, anche solo per dimostrare a mia moglie che non nutro un odio implacabile verso tutti i francesi.»
«No, non puoi.» Gwen si alzò di scatto dalla sedia e corse dal fratello. «Pensaci, caro. Ora sei l’erede di Rotham.»
La bocca di Gideon si atteggiò a un sorriso sarcastico. «E il mio erede in questo momento sta dormendo nella sua culla, al piano di sopra. La successione è salva.»
Gwen sbuffò e si rivolse al marito. «Ribblestone, ti prego, digli che non può farlo.»
«Lo farò, ma non per le ragioni che hai addotto. Da oggi le difficoltà di far entrare o uscire qualcuno dalla Francia si sono centuplicate.» Anthony studiò per un attimo la compagnia. «Non fa differenza ormai se ve lo dico, dato che domani lo verrete a sapere dai giornali. Oggi abbiamo dichiarato guerra alla Francia.»
Dopo un istante di silenzio inorridito, Gideon scosse il capo. «Non cambia niente, ci andrò lo stesso.»
La discussione continuò a infuriare, ma alla fine Gideon riuscì a convincere tutti che la propria decisione era irrevocabile e suggerì al padre di accordarsi sulle modalità per organizzare il viaggio.
Mr. Rogers si alzò. «Il mio lavoro qui è finito, milord. Se volete scusarmi, andrò a trovare Madame Rainault e ad avvisarla delle novità.»
Ribblestone consultò l’orologio. «E noi non possiamo fare più niente qui, quindi andremo a Fairlawns.» Con un inchino scortò la moglie alla porta.
Quando Gideon accompagnò il padre a cena, i piani erano stati fatti. Era apparecchiato solo per due: Colne li informò che Mr. Rogers era partito per prendere la carrozza postale della sera e che Mrs. Albury aveva chiesto che le venisse mandato un vassoio in camera.
Non appena furono soli, Gideon spiegò al padre l’incontro con Agnes Bennet. «Avrei dovuto parlarne subito con Dominique, padre. Il mio è stato un grave errore di valutazione.»
«Siamo entrambi colpevoli per quel che riguarda tua moglie» replicò con tristezza Lord Rotham. «Tua madre non è mai stata forte e mi sarei dovuto prendere meglio cura di lei, ma il mio errore è stato convincerti che tutte le donne sono delicate. Quando hai portato Dominique a Rotham, lei mi ha rapito il cuore e sono diventato ansioso in maniera esagerata per la sua salute. Se, in qualche modo, sono io la causa di questo allontanamento tra voi, mi dispiace moltissimo.»
Gideon ascoltò in silenzio, e si rese conto di quanto gli fosse costato chiedere scusa. I loro sguardi si incrociarono. «Non è colpa vostra, padre. Sono stato uno sciocco, ma farò meglio in futuro, quando tornerò dalla Francia.»
Se tornerò.
Quelle parole erano sospese tra loro, ma Gideon sapeva che entrambi erano consapevoli dei rischi della sua missione.
Non avevano ancora finito il loro porto, che Colne annunciò un altro visitatore.
«L’ho fatto entrare nello studio, milord, secondo le vostre istruzioni.»
«Il mio messaggero» spiegò il visconte quando il maggiordomo uscì. «Ti accompagnerà sino alla costa, ma dopo viaggerai da solo finché non incontrerai il tuo contatto a Parigi. Com’è il tuo francese?»
«Un po’ arrugginito, ma basterà.»
Un’ora più tardi Gideon, che si era cambiato per il viaggio, andò verso la porta di comunicazione con la camera di Dominique e, dopo un breve colpo, vi entrò. La trovò che cullava il bambino, in piedi accanto il fuoco, e cantava una ninna-nanna. Lanciò un’occhiata alla domestica. «Vi prego di lasciarci.»
La balia esitò, poi guardò incerta la signora.
Dominique le porse il bambino. «Porta il piccolo James nella nursery, per cortesia. Verrò da lui più tardi.» Il suo tono era gentile, ma non appena furono soli fissò il marito con sguardo duro. «Cosa vuoi?»
«Parlarti.»
«Non c’è niente da dire.» Gli volse le spalle. «Ti prego, va’ via.»
«Sto andando via. Parto. Stanotte.»
«Bene.»
Le mani di Dominique stringevano la colonnina del letto, come a cercare supporto.
Gideon continuò con calma: «Agnes ha trovato la prova che Max stava trattenendo il patrimonio di tuo padre. Volevo assicurarmi che fosse vero, di poter garantire il denaro per te e per tua madre, prima di dirtelo. Ho sbagliato a mantenere il segreto. Ti chiedo perdono per questo».
Non ci fu reazione, nessun movimento dalla figura silenziosa davanti a lui.
«Sto andando in Francia a cercare tuo padre, tenterò di portarlo qui. Forse questo ti proverà che non ti odio, né odio il tuo sangue francese.» Si fermò, sollevò lo sguardo al soffitto ed espirò lentamente. «No, è più di questo. La mia rabbia è stata indirizzata male per anni. La usavo per mascherare l’odio che provavo per me stesso. Sai, ho sempre parlato il francese meglio di mio fratello. Io sarei potuto sopravvivere.» Si massaggiò il viso con la mano. «Non passa giorno in cui non desideri aver disobbedito a mio padre ed essere andato in Francia al posto di James. Pensavo che essere trattenuto qui fosse una punizione per aver permesso a mio fratello di morire. Invece mio padre lo faceva perché temeva di perdere anche me. Lo capisco adesso, perché finalmente so cosa significhi amare una persona tanto da non poter sopportare di prendere in considerazione una vita senza di lei. Dici di non potermi amare, Dominique. Lo capisco. Ti giuro che non ti costringerò mai a ricevere le mie attenzioni, se non sono benvenute, ma spero, quando tornerò, che potremo recuperare qualcosa da questo pasticcio.»
Fece una pausa, gli occhi fissi sulla schiena rigida e immobile.
«Non vuoi darmi la tua benedizione?» Attese, ma quando lei non si mosse si girò e lasciò la stanza.
Dominique sentì lo scatto della porta che si chiudeva. Le sue mani erano strette così forte alla colonnina del letto che gli intagli le ferivano la pelle. Avrebbe voluto correre da lui, gettarsi sul suo petto e pregarlo di stare attento, ma la collera la trattenne. Riuscì a sentire i passi di Gideon nel corridoio, quella camminata sicura e familiare, lo sbattere degli stivali sulle assi del pavimento che pian piano si smorzava.
Con un singhiozzo attraversò la stanza e aprì la porta di slancio. «Gideon, aspetta!»
Corse per il corridoio e lungo le scale. Dalla gradinata centrale riuscì a vedere solo le code svolazzanti del soprabito che scomparivano nell’atrio sottostante. Disperata scese a precipizio gli ultimi gradini. Sentì il brontolio di voci, ma quando raggiunse l’ingresso udì il rumore sordo di porte che si chiudevano.
«Colne, Colne, digli di aspettare!» gridò.
Il maggiordomo aprì di nuovo il portone e lei lo superò di slancio e uscì sul vialetto.
La luna le mostrò una figura già a cavallo e Gideon con un piede in una staffa. Quando lui la vide, lasciò l’animale e la accolse tra le braccia.
«Oh, Gideon, mi dispiace proprio tanto! Ero così... gelosa quando ti ho visto con lei e ho perso le staffe. Ti prego, non andartene senza dirmi che mi perdoni.»
Lui fu scosso da una risata. «Non c’è niente da perdonare, amore mio.» Le sollevò il mento con un dito e la costrinse a guardarlo. Con la luna alle sue spalle, il viso di Gideon era in ombra, ma lei poté scorgere il luccichio nei suoi occhi, che le provocò la ormai familiare scossa di desiderio. «Aspettami.»
«Devi proprio andare?» mormorò tra un bacio e un altro.
«Sì, lo devo fare. Per te, per i miei zii. Per James.»
«Non lo fare per me! Ti prego, non potrei sopportare di perderti adesso. E nessuno può incolparti di aver obbedito a tuo padre.»
«Solo io. Come minimo sarei dovuto andare con James... non potrò mai perdonarmi di averlo lasciato solo.»
«Così tuo padre avrebbe perso entrambi i figli e io non ti avrei mai conosciuto.» Gli prese il volto tra le mani. «Ti amo, Gideon. Tantissimo. Promettimi che farai attenzione.»
«Certamente.» Il suo sorriso lampeggiò alla luce della luna. «Ho tanti motivi per cui vivere.»
Le diede un ultimo lungo bacio prima di montare a cavallo. Mentre attraversava il cancello al galoppo, alzò la mano in un affettuoso saluto.
Dominique restò sul viale e guardò finché i cavalieri non scomparvero, poi ritornò lentamente nel salotto per raggiungere il suocero.
Quando lui la vide si avvicinò al buffet e le versò un bicchiere di madera. «Vi siete riappacificati. Ne sono lieto.»
«Sembrava tutto così insignificante quando mi ha detto dove stava andando.»
Le porse il bicchiere. «Credimi, mia cara, lo avrei fermato se avessi potuto.»
«Lo so, milord, ma lui è determinato, anche di fronte al pericolo.» Qualcosa nello sguardo dell’uomo la mise in allerta. «C’è qualcosa che dovrei sapere?» chiese crollando sul divano.
«Sarà pericoloso, mia cara. Molto pericoloso, perché siamo di nuovo in guerra con la Francia.»