17
Dominique passò il viaggio in carrozza per arrivare in città a schivare le domande della cognata.
«Non è molto generoso da parte tua» protestò Gwen con una risata. «Ieri sera, alla mia festa, eri così seducente che tutti gli uomini avevano occhi solo per te, poi te la sei svignata con Gideon prima che arrivasse il tè! Cosa dovrei pensare?»
«Quello che vuoi» replicò con un luccichio negli occhi. Poi, cedendo, rise e arrossì. «Oh, Gwen, è stato magnifico. Credo che ci tenga davvero a me.»
«Te l’ha detto lui?»
«Non a parole, ma spero che lo farà presto.»
«Sì, lo spero anch’io. Stamattina era sicuramente molto affettuoso con te.»
«Forse dovresti tentare la stessa cosa con tuo marito.»
«Ho rinunciato a tentare di conquistare Anthony anni fa. È più interessato alla politica che a sua moglie. Gli ho sbandierato i miei corteggiatori sotto il naso e non se n’è accorto.» Gwen fece una smorfia sconfortata, poi si scosse e sorrise, come sempre. «Ma questo è un discorso triste, dedichiamoci alle compere. Pensavo di andare prima da Madame Sienna, poi forse dovremmo visitare il magazzino di Bertram e cercare qualcosa per fare un altro abito conturbante per te!»
Dominique era stata felice di seguire Gwen nei suoi piani. La sua mente era ancora occupata da Gideon e dalla notte trascorsa, ma fu costretta a mettere da parte gli estatici sogni a occhi aperti quando uscirono dal negozio della modista.
«Oh, no!» esclamò Gwen. «C’è tuo cugino. Guarda, è appena arrivato da Clifford Street. E viene da questa parte.»
Non c’era modo di evitarlo e, a giudicare da come il suo viso si era illuminato quando l’aveva vista, Dominique capì che si sarebbe fermato a parlarle.
Gwen la prese sotto braccio per offrirle supporto. Quando lui sollevò il cappello, disse fredda: «Lord Martlesham».
«Lady Ribblestone. Cara cugina.»
Il saluto untuoso mise subito in allarme Dominique, che fece un cenno silenzioso col capo, nella speranza che si facesse da parte. Invece no.
«Siete così sdegnosa, Dominique, dopo tutto quel che ho fatto per favorire la vostra felicità» disse lui con aria addolorata.
«Per distruggerla sarebbe più preciso.»
«No, no, cugina. Il vostro benessere è stato il mio primo pensiero. Vostro marito lo sa che siete in città?»
«Certo» replicò gelida.
«Forse si è organizzato per incontrarvi più tardi.»
«No, è a Chalcots.»
Il sorriso di Max si allargò. «Penso di no.»
«Dovete concedere a Mrs. Albury di essere più informata, milord» intervenne Gwen. «Abbiamo lasciato mio fratello che faceva colazione.»
Max le guardò con un sorrisetto compiaciuto che fece venir voglia a Dominique di prenderlo a schiaffi. «Detesto contraddirvi, signore, ma credo che troverete... Ah, no.» Si bloccò e sospirò. «Se questo è quel che credete, allora lasciamo stare.»
Una morsa fredda strinse il cuore di Dominique, che rispose risoluta: «Non potete dirmi nulla che possa scuotere la mia fiducia incondizionata in Gideon».
«La vostra fiducia incondizionata» ripeté lui con lentezza. «Che brava mogliettina siete, mia cara. E come vi compatisco.»
«Non ho bisogno della vostra compassione. Ora, se ci volete scusare...»
«E se vi dicessi che ha un appuntamento con Mrs. Bennet?»
«Assurdo!» esclamò Gwen con veemenza.
Dominique si afferrò al braccio della cognata, le gambe improvvisamente debolissime. «Mentite!»
Il luccichio trionfante negli occhi del conte aumentò. «La incontrerà a Green Park a mezzogiorno.» Sollevò la testa nell’udire il rintocco provenire da una chiesa in lontananza. «Cioè adesso. Perché non venite con me e vediamo chi ha ragione?»
«Non abbiamo bisogno di venire a Green Park, milord. L’integrità di mio fratello è indubbia» ribatté Gwen glaciale.
Dominique avrebbe voluto appoggiarla. Avrebbe voluto correre via da quella risata beffarda, ma non poteva. «Verremo con voi» dichiarò. «Ma solo per dimostrarvi che vi sbagliate.»
Ignorando il braccio che il conte le offriva, Dominique si incamminò a passo di marcia verso Bond Street, finché non raggiunsero Piccadilly.
«Mia cara, è una follia» borbottò Gwen, affrettandosi accanto a lei. «Lascia che ti porti a casa, invece. Sono sicura...»
Le parole sfumarono quando Dominique si fermò nel riconoscere l’elegante carrozza con due cavalli che trottava verso di loro ad andatura rapida.
«Allora, l’integrità di Albury è indubbia, eh?» sbottò Max in tono canzonatorio.
Dominique guardò la carrozza che passava, con Gideon intento a districarsi nel traffico. Al suo fianco una figura ammantata a cui il vento fece gonfiare il voluminoso cappuccio, rivelando l’inconfondibile viso di Agnes Bennet.
Sentì Max sghignazzare come un demonio alle sue spalle.
«Be’, ha funzionato anche meglio di quanto mi aspettassi. Cugina, mi dispiace tanto per voi.»
«Dove stanno andando?» chiese Gwen. «Dove la sta portando? E in pieno giorno!»
«Non ne ho idea» rispose il conte. «Ma non fa differenza per me. Lei è servita perfettamente al mio scopo.»
«Lei è...» Gwen si interruppe, così indignata da non riuscire a parlare. Infine, con tono glaciale, disse: «Vi prego di scusarci, Lord Martlesham, devo allontanare mia cognata da qui».
«Certo, milady. Se c’è qualcosa che posso fare...»
«Avete già fatto abbastanza!» Mentre Dominique era immobile, lo sguardo fisso sul veicolo che si allontanava, Gwen le circondò le spalle con un braccio. «Vieni, tesoro. Lascia che ti porti alla carrozza.»
Lei cercò di mettere a fuoco il parco. Sembrava tutto così distante. Vide Max che andava via, facendo ondeggiare il bastone, spensierato. E anche tutti gli altri proseguivano come se tutto fosse normale.
«Ti porto a Grosvenor Square» disse Gwen.
Dominique scosse il capo. «No» riuscì a dire, con voce strozzata. «No, voglio andare a Chalcots, se non ti dispiace.»
«Benissimo, tesoro, se è ciò che desideri.»
«Sì, è ciò che voglio.» Entrò nella carrozza e crollò in un angolo, il suo mondo a pezzi.
Gideon lasciò Agnes alla Peacock Inn e tornò in città, diretto agli uffici della Rogers & Mitchell. Quando seppe che Mr. Rogers non era a Londra, fece rotta verso gli uffici da poco ristrutturati della Coutts Bank, nello Strand.
Un’ora più tardi era di ritorno a casa, soddisfatto della giornata di lavoro e ansioso di condividere le novità con Dominique.
Dopo la notte precedente si aspettava quasi che lei corresse ad abbracciarlo, ma quando si fermò davanti al portone di Chalcots non c’era segno di vita. Pazienza, forse l’avrebbe trovata nella nursery. Chissà come si sarebbe illuminato il suo viso quando le avrebbe detto che era l’erede di una considerevole fortuna!
Thomas aprì il portone e Gideon lo salutò con un sorriso. «Perbacco, sembra quasi che tu abbia perso una moneta da sei penny e non sia più riuscito a trovarla, Thomas. Cos’è successo? La cuoca si licenzia?»
«No, signore.»
«Dov’è Mrs. Albury?»
«È... è andata via, signore.»
«Vuoi dire che non è ancora tornata dalla città?»
«N... no, signore, voglio dire che è andata via. Partita.» Gideon restò immobile, i guanti a mezz’aria. Sotto il suo sguardo accigliato il maggiordomo proseguì con grande imbarazzo: «Mrs. Albury è tornata, signore, con Lady Ribblestone, ma subito dopo se n’è andata di nuovo, con la sua cameriera, la balia e il bambino».
«Cosa?»
Gideon volò sulle scale. Andò per prima cosa alla porta della stanza di Dominique, dove entrò senza bussare. Cassetti e armadi erano aperti e i vestiti sparsi ovunque, come se qualcuno fosse partito in fretta. Poi andò veloce nella nursery, che era all’incirca nello stesso stato. Stava ancora cercando di capire appieno la situazione, quando sentì un colpo di tosse discreto dietro di sé e trovò il suo valletto in piedi sulla soglia.
«Cosa è successo qui, Runcorn?»
«Questo non lo posso dire, signore. Mrs. Albury è arrivata con Lady Ribblestone poco dopo l’una e ha messo in subbuglio la casa.»
«Questo lo vedo» borbottò Gideon, esaminando cupo la stanza vuota.
«Da quel che sono riuscito a sentire» proseguì, «credo che abbiano incontrato Lord Martlesham a Piccadilly.»
«Che diavolo!» All’improvviso tutto aveva un senso. Si voltò di scatto. «Hai idea di dove siano andate?»
«Temo di no, signore, ma se vi può consolare sono andati via tutti con la carrozza di Lady Ribblestone.»
Imprecando per la propria stupidità, Gideon tornò giù sbraitando ordini lungo la scala.
Lord Ribblestone alzò lo sguardo dalla lettera che aveva in mano quando Albury fu introdotto nel suo studio.
«Mia moglie è qui?» Gideon non aveva perso tempo in convenevoli, ma quello non sorprese il suo ospite.
«No, e non c’è neanche la mia.» Anthony gli porse il foglio. «Sono appena rientrato anch’io e ho trovato questa ad attendermi. È molto ingarbugliata, ma sembra che Gwen abbia portato Dominique a Rotham.»
«Grazie a Dio!» Poiché Gideon si sedette di colpo, Anthony si avvicinò a un tavolino e riempì due bicchieri di liquore. Ne porse uno al cognato. «Problemi?»
«Oh, sì.» Si passò la mano sugli occhi e spiegò velocemente gli eventi delle ultime ore.
«Odio doverti ricordare che te l’avevo detto. Se avessi raccontato a Dominique cosa stavi per fare...»
«Lo so, ma è troppo tardi, ormai.»
«Be’, suppongo che dovremo seguirle.»
«Dovremo?»
«Anche mia moglie se n’è andata, sai?»
«D’accordo, ma c’è un affare che ha bisogno della nostra attenzione, prima.»
«Dove andiamo?» chiese Anthony, seguendolo fuori della stanza.
«Da White’s. Devo sistemare una faccenda con Martlesham e avrò bisogno di un secondo!»
Malgrado fosse presto, il club era in pieno fervore. Trovarono il conte a un tavolo di carte, circondato dai suoi compari, tra cui Carstairs e Williams, con la sua aria da damerino.
Max contava le vincite, ma alzò lo sguardo all’ingresso di Gideon. «Albury, siete venuto per sfuggire all’ira di vostra moglie?»
«Niente affatto» replicò lui, strappandosi via i guanti.
Martlesham guardò i suoi compari con un sorriso compiaciuto. «È stato un brutto colpo per lei vedervi in carrozza per Piccadilly con l’incantevole Mrs. Bennet al fianco. Dopotutto, appena un anno fa avevate intenzione di sposarla, no?»
Gideon sentì delle risatine trattenute, ma non ribatté mentre si avvicinava al suo obiettivo.
Max sogghignava ancora quando si alzò per fronteggiarlo. «Immagino che abbiate sistemato la puttana nel vostro piccolo nido d’amore.»
«Non giudicate tutti secondo i vostri standard, Max. Mrs. Bennet ora è al sicuro da voi, ma vi manda qualcosa.»
Senza preavviso il pugno di Gideon gli si schiantò sulla faccia e lo spedì al tappeto.
Seguì il putiferio. Tutti si accalcarono e vi furono alcuni borbottii riguardanti un comportamento scorretto, ma un gesto di Lord Ribblestone impedì che qualcuno mettesse le mani addosso a Gideon.
«Perbacco, mi affronterete in duello per questo!» Il conte si rialzò, il volto una maschera di rabbia mentre una mano era premuta sul naso sanguinante.
«Con piacere» ribatté Gideon. «Avete pianificato di imbrogliare mia moglie privandola della sua legittima eredità e io chiedo soddisfazione per questo. Hampstead Heath. Nove in punto, stasera.»
«Stasera?» William, il damerino coi denti da coniglio, alzò il monocolo per osservare Gideon. «Ma su, signore, fate domattina all’alba.»
«Ho delle faccende che non possono aspettare» disse sbrigativo. «Nove in punto, Martlesham. Venite, o verrete bollato come mascalzone e codardo.»
Il sole era tramontato dopo una giornata di maggio senza nuvole quando Gideon arrivò ad Hampstead Heath. Fermò il calesse dietro una carrozza chiusa, dalla quale stava uscendo un gentiluomo dall’aria sobria con una parrucca e una borsa di cuoio.
«Così avremo un medico a portata di mano, in ogni caso» commentò con leggerezza.
«Sei sicuro che sia saggio?» mormorò Ribblestone.
«No, ma è necessario. Avrei dovuto farlo l’anno scorso, piuttosto che costringere Dominique a portare avanti un matrimonio che non aveva scelto.» Alzò lo sguardo nel sentire un’altra carrozza in avvicinamento. «Ecco Martlesham che arriva con Carstairs come secondo. Facciamola finita.»
Gideon parlò al dottore, mentre Ribblestone conferiva con Mr. Carstairs. Esaminarono le pistole da duello – una coppia messa a disposizione da Anthony con cui Gideon si era esercitato in diverse occasioni – poi i duellanti presero posizione. La luce svaniva in fretta e si era alzato un vento freddo. Il fazzoletto bianco sventolò e cadde.
Il braccio di Gideon scattò verso l’alto e premette il grilletto, mentre si vedeva un simultaneo lampo di luce dall’altra arma. Martlesham crollò a terra con un urlo e Gideon rimase immobile per un attimo per accertarsi di non aver subito alcuna ferita. Poi, dopo aver lanciato la pistola a Ribblestone, si incamminò a lunghi passi verso la carrozza.
«Un colpo preciso» disse Anthony mettendo da parte l’astuccio delle armi sotto il sedile e arrampicandosi su. «E non è morto, quindi non c’è bisogno che abbandoni il paese.»
Gideon mise in movimento i cavalli, poi si guardò indietro una sola volta per vedere Max che veniva aiutato a montare in carrozza da Carstairs e dal dottore. «Non ho mai avuto intenzione di ucciderlo. La pallottola nella spalla è niente in confronto al dolore che dovrà soffrire domattina quando la banca lo informerà che non ha più speranze di impadronirsi della fortuna dei Rainault. Dominique e sua madre ne prenderanno presto il controllo.»
«E se ti avesse colpito?»
Sorrise cupo. «Max ha bevuto per tutta la giornata e con questa luce era già difficile che centrasse una casa, figuriamoci un uomo.»
«E adesso?» chiese Ribblestone, mentre sfrecciavano nell’oscurità sempre più fitta.
«Si torna a Chalcots per cambiare i cavalli e per una cena veloce, poi si va a Rotham.»
«Stanotte? Ma sono cinquanta miglia!»
«Che importa? Ci sarà la luna e io conosco la strada.»
«Quindi prevedi di arrivare allo spuntare dell’alba, sporco e con la barba lunga. Questo ti farà conquistare di sicuro tua moglie.»
La frecciata colse nel segno. «D’accordo, ci fermeremo lungo la strada per fare colazione e cambiarci la cravatta. Sei soddisfatto? Dannazione, amico, non aspettarti che attenda sino a domattina per partire, poiché non c’è possibilità che chiuda occhio stanotte. Voglio vedere Dominique appena possibile e mettere tutto a posto. E tu?»
«Quel che voglio io» disse Anthony con inconsueta brutalità, «è torcere il collo a Gwen!»
La carrozza dei Ribblestone arrivò a Rotham poco dopo le dieci, alla luce della luna nascente. C’era voluto un po’ di tempo per impacchettare tutto quel che Dominique riteneva necessario portare nel Buckinghamshire e avevano anche interrotto il viaggio per dar da mangiare con comodo al piccolo James, anziché tra i sobbalzi della carrozza.
La casa del visconte fu gettata nel panico dall’improvviso arrivo delle due signore, assieme al bambino, alla balia e alla cameriera di Mrs. Albury, ma non appena Lord Rotham ebbe rivolto un’occhiata all’espressione affranta di Dominique diede subito ordini per preparare in tutta fretta le stanze. Poi portò la nuora e la figlia nel salotto, dove le donne gli rivelarono l’intera storia.
«Non posso credere questo di Gideon.» Lord Rotham guardò con aria interrogativa Gwen, che scrollò le spalle.
Fu Dominique a rispondergli. «Mi ha detto, anzi assicurato, che non aveva nessuna intenzione di vederla, dopo averla incontrata per caso a teatro.» Strinse il fazzoletto bagnato tra le dita. «E quindi scoprirlo in carrozza con lei per le vie della città...»
Il visconte scosse la testa. «Mio figlio ha molti difetti, ma non avrei mai pensato questo di lui.»
«Io avrei voluto aspettare e vedere cosa avesse da dire Gideon a sua discolpa» intervenne Gwendoline. «Ma Dominique era impaziente di andar via.»
«Non potevo stare in quella casa» gridò balzando in piedi. «Non lì, dove... dove...» La voce rimase sospesa. Nascose il viso tra le mani, mentre calde lacrime le scorrevano tra le dita.
Gwen la circondò con un braccio e, con gentilezza, la aiutò a sedere di nuovo sul divano. «Shh, tesoro. Sei molto agitata e anche stanca, non dovrei stupirmene.»
«Sì, certo. È stato stupido da parte mia.» Dominique si asciugò gli occhi. «Ti chiedo scusa. E anche a voi, milord, per essere arrivata in questo modo, ma non sapevo dove altro andare.»
Il sorriso del visconte era pieno di gentilezza. «E dove saresti voluta andare? Sei la moglie di mio figlio e la madre del suo bambino. Mio nipote. Puoi rimanere qui finché vorrai.»
«E... e Gideon?»
«Senza dubbio arriverà qui a breve e, quando lo farà, ci darà la sua versione dei fatti. Potremmo scoprire che esiste una spiegazione ragionevole.» Dominique scosse la testa e lui continuò: «Be’, aspettiamo e vediamo cosa ci porterà il mattino. Per ora suggerisco una cena leggera e poi un bel sonno. Ho dato ordine di preparare anche la tua vecchia stanza, Gwendoline. È troppo tardi per andare a Fairlawns».
«Grazie, papà, ma non voglio essere un peso. Mrs. Ellis ha menzionato un altro visitatore...»
«Sì, Mr. Rogers è arrivato nel pomeriggio. Ma non pensiamoci stanotte.»
Il visconte le affidò alle cure della governante, che le portò con premura nel salotto di quercia e offrì loro minestra calda, pane e burro.
Dominique riuscì a mandare giù qualche boccone prima di ritirarsi nella sua stanza. Anche se l’infelicità l’avvolgeva tutta come un mantello, era così sfinita che, fortunatamente, non appena scivolò tra le lenzuola riscaldate, si addormentò.
Dominique si svegliò presto la mattina seguente, ma non era dell’umore adatto per stare in compagnia, così trascorse un’ora con il piccolo James prima di scendere a fare colazione.
Gwendoline e il visconte erano già seduti a tavola, in compagnia di un gentiluomo con la parrucca castana e una semplice giacca marrone.
«Mr. Rogers» lo salutò più allegramente che poté. «Sono molto lieta di vedervi, signore.»
«E io voi, Mrs. Albury» rispose. «Soprattutto perché i miei affari col visconte riguardano voi.»
Per il momento lei dimenticò le proprie preoccupazioni. «Avete notizie di mio padre?»
«Ti prego di non nutrire troppe speranze» la mise in guardia il visconte. «Ne discuteremo nel mio studio dopo colazione.»
«Oh, vi prego, ditemelo adesso» lo supplicò. «Non posso sopportare che mi lasciate nell’incertezza. E sono certa che non ci sia nulla che Gwendoline non dovrebbe sentire.» Appoggiò una mano sul braccio del suocero. «Vi prego, milord, ditemelo ora. Qualsiasi notizia sarà benvenuta dopo tutti questi anni.»
«Prima lascia che ti versi del caffè» disse Gwen, facendo seguire le azioni alle parole. «E prendi un po’ di pane e burro, Dominique. Potrai mangiare mentre Mr. Rogers parla.»
L’avvocato si picchiettò le labbra secche col tovagliolo. «Be’, se Lord Rotham non ha obiezioni...» Quando il visconte gli fece segno di proseguire, si rivolse a Dominique. «Ho informazioni su vostro padre, signora, e poiché sono piuttosto importanti, ho pensato che fosse meglio venire di persona a parlarne con Lord Rotham.»
«Monsieur Rainault è vivo!» gridò Gwen battendo le mani.
«Esatto, Lady Ribblestone, cioè, era ancora vivo al momento dell’ultima comunicazione» rettificò Mr. Rogers con la tipica cautela degli avvocati. Si volse di nuovo a Dominique. «Come sapete, Lord Rotham ha preso a cuore questo affare negli ultimi tempi e mi ha messo in contatto con alcune persone in Francia, parenti del suo defunto cognato, il Duca di Chailly. Abbiamo dovuto procedere con molta accortezza. La Francia è piena di spie pronte a smascherare chiunque sia sospettato di voler ribaltare il nuovo ordine. Comunque, con pazienza e perseveranza, abbiamo localizzato vostro padre. Era tenuto in una remota prigione e sotto falso nome. Possiamo solo supporre che avesse assunto questa identità nel tentativo di fuggire dal paese.»
«Questo spiega perché gli sforzi di maman di rintracciarlo siano falliti» disse Dominique e aggiunse cupa: «Quelli che non sono stati sventati da mio cugino».
«Esatto» annuì Mr. Rogers. «La mia ultima comunicazione con la Francia è arrivata lunedì mattina presto e sono partito direttamente per Rotham. I nostri amici in Francia hanno garantito il rilascio di vostro padre, signora, ma anche così non era sicuro rendere pubblica l’informazione. Le visioni moderate di vostro padre erano ben note e non sarebbero gradite all’attuale governo. Sono stato riluttante a fare richiesta dei documenti per far uscire vostro padre dalla Francia, perché ciò metterebbe le autorità in allerta.»
«Sì, sì, capisco» disse Dominique con impazienza. «Cosa possiamo fare, allora?»
«Lo faremo entrare di nascosto in Inghilterra» la informò il visconte. «Manderò un uomo in Francia a prenderlo. Ma sarà meglio mantenere il segreto su come agiremo. Adesso Mr. Rogers e io andremo a discutere tutti i dettagli e lasceremo te e Gwendoline a finire la colazione.»
«Bene, almeno questa è una buona notizia per te, mia cara» dichiarò Gwen quando se ne furono andati.
«A stento riesco a crederci, dopo tutto questo tempo.» Dominique scosse la testa. «Più tardi porterò il piccolo James al villaggio per dirlo a maman. Distoglierà la sua attenzione dalla mia situazione.»
«Ah, sì.» Gwen fece una pausa, sbriciolando un pezzo di pane tra le dita mentre sceglieva le parole. «Forse papà ha ragione e Gideon ha un buon motivo per quel che è successo ieri.»
«Credi che non ci abbia pensato e ripensato? Mi ha detto che non avevo nulla da temere da Agnes Bennet. E poi ti ricordi come ci ha chiesto, ieri a colazione, dove saremmo andate a far compere e se potevamo passare da Irwin’s? Perché non ci è andato lui, visto che doveva recarsi in città? No, era tutta una manovra per tenerci lontane da Piccadilly.»
«È tutta colpa di quel tuo orribile cugino.»
«Forse, ma lui non poteva costringere Gideon a incontrarsi con lei, no? E di certo lui non c’entrava col fatto che Gideon la portasse in giro con il suo calesse.» Dominique inspirò a lungo, con rabbia. «Pensavo che sarei riuscita a suscitare il suo amore, ma non è andata così. Può sfogare il suo piacere con me, di tanto in tanto, ma è Agnes la padrona del suo cuore, e non potrà mai dimenticare che sono la figlia squattrinata di un francese. E anche se potesse» disse, mentre le guance si colorivano per l’ira, «io non potrei mai perdonare lui per avermi ingannata.»
«E quindi cosa gli dirai quando arriverà?»
L’impeto di collera di Dominique si placò. «Non lo so, davvero» disse abbattuta.
«Be’, faresti meglio a pensarci subito» suggerì Gwen con uno sguardo alla finestra. «La carrozza di Gideon è alla porta. E... Oh, cielo! C’è Anthony con lui!»
Dominique era scattata in piedi alle parole di Gwen e ora era accanto alla cognata a fissare fuori dai vetri. Le si seccò la gola. Era fuggita da Gideon, portandosi via suo figlio. Lui sarebbe stato molto arrabbiato...
Il sangue le ribollì nelle vene. Se qualcuno aveva il diritto di essere arrabbiato, quel qualcuno era lei. Dopotutto, lui l’aveva ingannata, le aveva mentito e quello era imperdonabile.
Si sentì un basso brontolio di voci nell’atrio. Dominique prese la mano di Gwen e insieme le due donne fronteggiarono la porta.