16
«Tua moglie sta particolarmente bene stasera» osservò Anthony quando infine si fecero strada verso il salotto. «La maternità le dona.»
Gideon guardò la moglie, che era seduta accanto a Gwen e rideva per qualcosa che le aveva detto Lord Grayson. Era la stessa donna infelice che aveva incontrato a colazione? La maternità aveva di certo sviluppato la sua figura, che sembrava adorabile. Il gonfiore dei seni sporgeva dalla profonda scollatura e la carnagione scura era messa in risalto dal colore vivido dell’abito, ma lui non riusciva a dimenticare l’espressione abbattuta e leggermente triste di quella mattina. Fu roso da un piccolo tarlo di gelosia, così chiese all’improvviso: «Credi che abbia un amante?».
Con suo immenso sollievo, Lord Ribblestone scoppiò a ridere. «No, non penso. Credo che lo faccia solo per te.» Gli diede un colpetto sulla spalla. «Se Gwendoline usasse queste tattiche con me, amico mio, mi considererei un uomo molto fortunato. Di certo non perderei il mio tempo dietro alle sgualdrine a Green Park.» Gideon alzò la testa di scatto e Ribblestone annuì. «Ti ho visto lì questa mattina. Sai che passeggio spesso per il parco quando ho bisogno di riflettere prima delle riunioni difficili.»
«Non era... cioè, non è come sembra.»
«No?»
«In realtà ero lì solo per scoprire qualcosa a beneficio di mia moglie.»
«Mi sembra di aver già sentito questa scusa...»
«Non è una scusa» bofonchiò Gideon furioso. «La donna ha le prove che Martlesham sta cercando di defraudare Dominique della sua eredità.»
«Quindi Dominique sa dell’incontro?»
«Be’, no.»
«Hai intenzione di dirglielo?»
«Sì, certo, alla fine. Non voglio creare speranze, nel caso si dovessero rivelare infondate.»
«Credo che tu stia giocando col fuoco. Del resto, è tipico degli Albury non rendersi conto della fortuna che hanno con i loro compagni.»
Dominique e Gwendoline osservavano quella conversazione dal lato opposto della sala.
«Se non sbaglio, stai causando a mio fratello una considerevole confusione» mormorò Gwen. «Non sa cosa fare con te.» Scoccò un’occhiata alla cognata. «Era quello che volevi, no?»
«Credo di sì.»
«Non perdere il coraggio, mia cara, Gideon è chiaramente ammaliato da te stasera.» Poi si allontanò per mescolarsi agli altri ospiti e Dominique fu lasciata ai suoi pensieri, ma non a lungo.
Mr. Severn si stava avvicinando. Con una grave mancanza di buone maniere, Gideon lo superò e si sedette accanto alla moglie. L’attempato gentiluomo si fermò a metà strada, poi si girò e si allontanò, borbottando.
Dominique provò un impeto di ilarità. «Dimostri scarso rispetto per gli anziani, Gideon.»
«Avresti preferito la compagnia di quel vecchio libertino alla mia?»
La sua voce la avvolgeva, profonda e ricca come caldo velluto e il luccichio negli occhi le provocò un brivido di eccitazione in tutto il corpo.
Dominique aprì il ventaglio e sbirciò il marito. «Sarebbe contrario alla moda se fossi d’accordo.»
«E chi dice che dobbiamo essere schiavi della moda?» Si avvicinò a lei. «Possiamo fare le nostre scuse adesso? Voglio portarti a casa.»
Il cuore balzò in gola a Dominique, poi cominciò a batterle in modo furioso contro le costole... Di sicuro lui poteva udirlo. Mantenne il ventaglio sollevato mentre rispondeva con contegno: «È un lungo viaggio per Chalcots».
Lui si volse a guardarla, con un braccio appoggiato alla spalliera del divano. Le sfiorò con delicatezza la nuca, con un tocco delicato e sensuale. «Se restiamo ancora faremo maledettamente tardi.»
Deglutendo, lei si sforzò di usare un tono indifferente quanto il suo. «Gwen ha promesso le carte più tardi. Sei certo di non voler restare a giocare una mano?»
«C’è solo una partita che voglio giocare questa sera, mia cara» mormorò provocante. «Andiamo?»
Dominique poté solo annuire. Aveva gli occhi fissi sulle labbra di lui, incurvate in un sorriso devastante che quasi la fece sciogliere.
«Bene, vado a chiedere ad Anthony che mandi a chiamare la nostra carrozza.»
«Con quale scusa?»
All’improvviso lei divenne ansiosa e fu solo in parte sollevata dal sorriso malizioso del marito.
«Non c’è bisogno di scuse.»
Gwen vide il marito sul ballatoio e uscì per raggiungerlo. Notò che fissava la sala vuota, con un lieve sorriso sulle labbra, e gli sfiorò il braccio. «Non riesco a trovare Dominique o Gideon.»
«L’ha portata a casa.»
«Davvero?» Batté le mani, deliziata. «Lei era particolarmente incantevole questa sera.»
«Seducente.»
Il sorriso di Gwen si smorzò. «Sì, tutti gli uomini la fissavano. Compreso te.»
«Mi sorprende che te ne sia accorta, dal momento che eri impegnata a civettare con Arndale.»
«Sir Desmond?» Agitò il ventaglio. «Non stavo...»
«Non mentirmi, Gwen. Comincio a essere stanco dei tuoi giochini, mia cara.»
«Giochini?»
Lui le prese il ventaglio dalle mani e lo chiuse con le lunghe dita. «I tuoi amoreggiamenti e i tuoi intrighi sono durati abbastanza. Non voglio tornare a casa e sapere che sei andata a questa festa o a quell’altra. Ho bisogno di te qui, del tuo appoggio, sono stato chiaro?»
C’era qualcosa di implacabile nello sguardo serio di Anthony, che provocò a Gwen una intensa felicità. «Oh, milord, quanto siete imperioso questa sera. Se non la sapessi lunga, penserei che siete geloso.»
Lui non sorrise. «Se non correggerai il tuo comportamento, scoprirai quanto io possa essere imperioso.»
Le porse il ventaglio, poi girò sui tacchi e andò via.
«Oh, è stato davvero tremendo» sbottò Dominique mentre lei e Gideon erano nella carrozza, diretti a casa. «Sorridevano tutti quando ci siamo alzati per andar via! E, e... Cielo! Penseranno che noi, che noi...»
«E non è vero?» Le trattenne le dita in una calda stretta. «Ti volevo tutta per me. Volevo fare l’amore con te.»
Lei decise di essere onesta a qualunque costo. « Oh, Gideon. È ciò che voglio anch’io.»
Con un gemito l’attirò a sé e cercò la sua bocca, stuzzicandole le labbra, ottenendo una immediata reazione: quella era la prima volta, dalla notte delle nozze, che si facevano prendere dalla passione, e non si limitavano all’amplesso contenuto del talamo nuziale.
Strattonò i lacci del mantello di Dominique finché non scivolò via. Poi spostò la bocca nel punto sensibile sotto l’orecchio, dove il tocco delle sue labbra le fece accelerare in modo allarmante le pulsazioni. Le sfiorò il mento con baci leggeri e continuò a scendere lungo il collo, mentre lei gemeva piano. Le accarezzò le spalle, spostando la mussolina delle maniche e liberando la pelle per altri baci.
Dominique si allungò verso di lui, armeggiando con i bottoni del gilet e della camicia, poi fece scivolare la mano sotto la stoffa e accarezzò la struttura liscia e solida del suo torace.
La carrozza sobbalzò su un tratto di strada particolarmente dissestato e loro furono separati. Lei ricadde in un angolo, mentre lui scivolò sul pavimento. Dominique si aspettava che Gideon si rialzasse subito, invece rimase in ginocchio spostando con delicatezza le gonne fruscianti. Trattenne il fiato quando lui cominciò ad accarezzarle la morbida pelle all’interno delle cosce. Dopo l’esplorazione delle mani seguì quella della bocca, che divenne sempre più intima. E il dondolio del veicolo accresceva ancora di più il piacere.
Con un gemito Gideon si staccò e si sedette sul sedile. «Oddio, non posso resistere più a lungo.» Si sbottonò i calzoni e l’attirò sul grembo. «È ora che tu venga a me.»
Impaziente, lei gli si mise a cavalcioni e ansimò sentendolo scivolare nel suo centro caldo. Gli mise le mani sulle spalle per sistemarsi ed essere pronta al successivo affondo, poi assecondò il ritmo. Aveva quasi perso il controllo per il delizioso tormento, ma lui la trattenne ed entrò ancor più in profondità, sino all’ultima spinta vibrante.
Con la testa rovesciata e gli occhi chiusi, a stento udì l’urlo di Gideon, mentre anche lei fremeva, esplodendo in un milione di stelle.
Dominique crollò su di lui, che la tenne stretta, il respiro ansimante. Splendeva tutta, come i carboni ardenti dopo che il primo frenetico incendio si è estinto.
«Santo cielo» mormorò infine, con la testa appoggiata al suo petto, il cuore di Gideon che martellava contro la sua guancia. «Mi sono comportata in modo lascivo? Ti chiedo perdono.»
Lui strinse le braccia. «Sei stata una vera delizia stasera, anche se mi hai sorpreso.»
Essere tra le sue braccia era incantevole, ma lei voleva spiegarsi, così si spostò nell’angolo. «Volevo che ti accorgessi di me. Ho cercato tanto di essere una buona moglie, ma tu non vieni più nel mio letto. E... mi manchi.»
Gideon si sistemò i vestiti. «Ho mantenuto la distanza perché non voglio farti del male, Dominique. Non posso dimenticare quel che ha passato mia madre.»
«Tua madre ha avuto troppi figli troppo in fretta.» Aveva superato l’imbarazzo parlandone al dottore, e ora doveva dirlo al marito. «Sono in ottima salute, Gideon, lo sostiene il Dr. Bolton, e ha anche affermato che non abbiamo... non c’è bisogno che ci asteniamo.» Poi, con una vocina appena più intensa di un sussurro, aggiunse: «A meno che tu non mi desideri».
Scosso da una risata, lui si avvicinò. «Dopo quello che abbiamo appena fatto avrai capito che non è questo il caso.» Le sollevò il mento e la baciò. «Condividerò il tuo letto stanotte, Dominique, e ogni notte, se me lo permetterai. E con un po’ di attenzione possiamo evitare che tu resti incinta troppo spesso.»
La carrozza rallentò e svoltò.
Gideon guardò fuori. «Siamo a casa, mia cara.» Le sistemò il mantello sulle spalle e appena la carrozza si fermò saltò giù sul viale e si girò per porgerle la mano. «Entriamo?»
«Non sono sicura di riuscire a camminare» gli confessò.
«Allora ti porterò io, come avrei dovuto fare la prima volta che sei venuta qui.» La prese tra le braccia e spiegò allo sbalordito Thomas che Mrs. Albury si sentiva un po’ debole.
Dominique gli passò le mani attorno al collo e gli affondò il viso nelle spalle mentre lui la portava di sopra, sapendo che il colorito sulle sue guance avrebbe smentito quelle parole. In qualche modo lui riuscì ad aprire la porta della camera da letto e a congedare la cameriera.
«Ecco. Farai risuonare l’intera casa di congetture! Riesci a reggerti? Voglio guardarti.»
La mise in piedi, le fece scivolare il mantello dalle spalle e poi scorrere le mani lungo le braccia. Nel bagliore della candela il rosso dell’abito era scuro quasi quanto la magnifica chioma. Alcuni ricci lucidi erano sfuggiti e giacevano in ribelle abbandono sulla pelle dei seni, che si alzavano e si abbassavano rapidamente.
Il fuoco del desiderio ricominciò a bruciare in Gideon. Avrebbe voluto dirle quanto era bella, quanto la amava, ma quando la guardò negli occhi e vide la fiamma del desiderio nelle profondità smeraldine perse la capacità di parlare. In silenzio l’attrasse a sé e la baciò.
Lentamente le slacciò il corpetto e con un delicato sospiro il raso rubino cadde come una pozza scura ai piedi di Dominique. Lei era davanti a lui coperta solo di uno strato di stoffa impalpabile, che non copriva nulla, ma arricchiva solo le curve del corpo e i bei seni tondi, dalle punte rosate deliziosamente visibili.
Non si fermarono finché non ebbero rimosso ogni cosa. Erano in piedi davanti al fuoco e lui l’allontanò da sé, per poter fissare la perfezione del suo corpo, dorato alla luce delle fiamme. Lei scrollò il capo, lasciando che la scura cascata dei capelli le scintillasse sul corpo. Con dolcezza lui allontanò le ciocche brune dietro le spalle, poi le sollevò il mento con le dita per guardarla negli occhi.
«Mia moglie» mormorò e, incapace di resistere più a lungo, la prese tra le braccia e la portò a letto.
Quando Dominique si svegliò era sola. Si stiracchiò con lussuria, sentendo il fresco delle lenzuola sulla pelle, mentre la luce del sole riempiva la stanza. Aveva una nuova consapevolezza del proprio corpo e sorrise pensando che non fosse sorprendente, visto che Gideon ne aveva baciato ogni parte almeno due volte durante la notte.
Rabbrividì al piacevole ricordo. Stava proprio pensando di alzarsi e prendere la vestaglia quando la porta si aprì ed entrò Gideon. Era completamente vestito e, sentendosi timida all’improvviso, Dominique si tirò le lenzuola sino al mento.
«Buongiorn, mia cara!» Sedette sul letto e sorrise mentre le strappava via dalle mani le offensive lenzuola per scoprirle il seno. Abbassò il capo e la baciò, mandandole piccole scosse di eccitazione lungo tutto il corpo.
Con riluttanza lei lo spinse via.
«Che c’è, sei già stanca di me?» Il tenero luccichio dei suoi occhi privava di offesa quelle parole e Dominique gli sorrise di rimando.
«Mai» disse, allungandosi timidamente per accarezzargli il viso. «È solo che tua sorella viene questa mattina per portarmi a fare spese.»
«Ah, vorrà sapere cos’è successo dopo che abbiamo lasciato Grosvenor Square.» Rise, prendendole la mano e baciandole il palmo prima di scivolare via dal letto. «Benissimo, ti lascio. Farai colazione con me prima di uscire?»
«Ha promesso che sarebbe stata qui alle dieci quindi, sì, possiamo mangiare insieme se mi affretto.»
«Non ce n’è bisogno. Gwen non è mai stata una campionessa di puntualità. Non aspettarti di vederla almeno fino alle undici!»
Ma in quell’occasione Gideon si sbagliò, poiché l’orologio batteva le dieci in punto quando Gwen entrò nella sala della colazione, con le gonne dell’abito da passeggio di velluto color bronzo che le fluttuavano intorno e le piume di struzzo sull’elegante cappellino che ondeggiavano con violenza.
«Non ti alzare, mia cara, finisci il tuo caffè.» Diede un colpetto sulla spalla di Dominique, poi camminò attorno al tavolo per baciare Gideon. «Caro fratello! Cosa devo pensare del vostro prematuro abbandono della festa ieri sera?»
«Mia moglie era stanca» suggerì lui, le labbra che si sollevavano in un accenno di sorriso.
«Davvero?» Gwen socchiuse gli occhi e li guardò a turno, prima di scoppiare in una risatina trillante. «Santo cielo, sembrate entrambi molto colpevoli. Non ho bisogno di interrogarvi, miei cari, visto che c’è un’aria di felicità che circonda entrambi.»
«Allora state andando in città stamattina. Dove farete spese?» chiese Gideon cambiando argomento.
«In Bond Street, naturalmente.»
«Se avete tempo, forse potreste fare un salto da Irwin’s, in Oxford Street? Doveva fissare una banda sul mio miglior cappello di castoro e dovrebbe essere pronto.»
«Certo che possiamo andarci, Gideon. Non è troppo fuori strada, vero, Gwen?»
Lady Ribblestone scrollò le spalle con eleganza. «No, possiamo guardare le scarpe nei negozi lì intorno come da altre parti, suppongo, e dopo porterò Dominique a Grosvenor Square per un piccolo rinfresco, prima di rimandartela in tempo per la cena.»
«Ottimo.» Dominique spinse via la sedia. «Vado a prendere il soprabito.»
Mentre passava accanto al marito, lui le prese il polso. «Non ho obiezioni da fare su quanto spendi, mia cara, a patto che tu includa tra gli acquisti una sottoveste indecente come quella di ieri sera.»
Gwen rise, ma le guance di Dominique andarono in fiamme.
Gideon percorse le cinque miglia per arrivare in città con la mente rivolta più agli eventi di quella notte che all’impegno imminente. Trattenne una risata pensando a quanto la moglie lo avesse sorpreso.
Dal momento in cui l’aveva vista con quel vestito rosso così allettante, non era riuscito a pensare a nient’altro che a lei. Aveva persino dimenticato di avvertire sua sorella che avrebbe dovuto evitare di civettare, o avrebbe rischiato l’ira di Anthony. Forse ci sarebbe stato tempo per parlarle quella sera, dopo le loro compere.
Dominique. Riusciva persino a chiamarla col suo legittimo nome ormai. Come si era sbagliato a trattarla come una creatura fragile che si poteva infrangere al minimo soffio di vento, quando invece era carne e sangue, passionale come lui. Tutti quei mesi di autocontrollo, di lontananza, convinto che gli rispondesse solo per dovere...
Aveva pensato che la passione che avevano condiviso la prima notte di nozze fosse stata un errore, un miscuglio inebriante di rabbia, nervi e vino. Da allora aveva fatto il proprio dovere, mantenendo i desideri e i sentimenti ben nascosti, ma era da parecchio ormai che non pensava più a sua moglie come a un fardello, una seccatura – un errore.
Quando si era svegliato quella mattina e l’aveva trovata addormentata tra le sue braccia si era sentito sopraffatto da un’emozione primordiale, profonda che, se ne rendeva conto, era amore immenso e divorante. Gli era costato molto lasciarla lì addormentata, mentre invece avrebbe voluto svegliarla e raccontarle di quell’epifania...
Ci sarebbe stato il tempo per farlo più avanti. Prima aveva bisogno di incontrare Agnes, guardare quei documenti e capire se significavano davvero che Dominique e sua madre non erano squattrinate. Non gli importava affatto che sua moglie non avesse dote, ma sapeva che quello contava moltissimo per lei, e che la felicità e il benessere di lei avevano molto più valore dei propri.
Controllò l’orologio: le undici e mezza. Era in orario. Costeggiò Hyde Park ed entrò a Piccadilly dalla parte occidentale, sapendo che era improbabile che Gwen e Dominique deviassero tanto dal loro percorso, soprattutto visto che dovevano ritirare il cappello in Oxford Street.
Come la volta precedente, lasciò Sam con la carrozza ed entrò a piedi da solo in Green Park. Molte coppie passeggiavano, ma l’area con gli alberi in cui doveva incontrarsi con Agnes era deserta. Stava cominciando a chiedersi se fosse accaduto qualcosa che le avesse impedito di essere presente, quando lei lo raggiunse in fretta, il mantello grigio ben chiuso, nonostante la calura del sole di maggio.
«Vi chiedo scusa, sono stata trattenuta.» Tirò fuori un fascio di fogli. «Sono tutte qui. Compresa la lettera inviata dalla Coutts Bank. Spero che vi serva per far passare un brutto momento al conte. Rompetegli il naso da parte mia, Gideon.»
«Farò del mio meglio.» Diede un’occhiata alle carte. Avrebbe avuto bisogno di esaminarle, ma non in quel luogo. «Grazie. Che progetti avete adesso?»
«Non tornerò dal conte, questo è certo. Ecco perché ho fatto tardi. Questa mattina ho mandato via le mie cose e ho intenzione di seguirle.»
«Dove vi recherete?»
Agnes scosse la testa. «Meglio che non lo sappiate, mio caro. Dirò soltanto che sto per prendere la carrozza postale per Holyhead.»
Gideon aggrottò la fronte. «Parte dal Bull and Mouth, vero?»
«Già. Dall’altra parte di Piccadilly. Ho lasciato la carrozza del conte ad aspettarmi nella zona meridionale del parco. Quando si accorgerà che non farò ritorno sarò ormai andata via da parecchio.»
«È comunque pericoloso» considerò lui. «Se il conte scopre quello che volete fare, vi cercherà nelle stazioni di posta.» Pensò in fretta. «La prossima fermata quale sarebbe, Islington?»
«Sì, il Peacok.»
«Allora vi porterò io lì. Sarete più al sicuro fuori città.»
«Siete molto gentile.» Gli scoccò un’occhiata. «È in ricordo dei vecchi tempi?»
Gideon rise. «No, ma quando mi avete indotto con l’inganno a sposarvi, mi avete offerto la cosa migliore che potesse capitarmi, quindi meritate un premio! Venite. Allontaniamoci da qui.»