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Gideon pronunciò le parole con allegria, mentre entrava nella stanza e si chiudeva la porta alle spalle. Era stato pronto alla rissa, ma quando aveva spalancato l’uscio e aveva visto la moglie che brandiva un attizzatoio per tenere a bada l’aspirante seduttore, le sue peggiori paure si erano placate. Anzi, aveva provato un irrefrenabile desiderio di ridere. «Credo che tu possa mettere l’arma da parte, mia cara.»

Lei abbassò l’attrezzo. «Come facevi a sapere dove trovarmi?»

«Una semplice deduzione.» Guardò Lamotte, che lo fissava in silenzio, con cipiglio colpevole. «Quale incentivo avete utilizzato per attirare qui mia moglie?»

«Mi ha detto di potermi aiutare a ritrovare mio padre» si affrettò a rispondere Nicky.

Gideon alzò un sopracciglio. «E potete farlo, monsieur? Direi di no.» Lamotte fece spallucce. Gideon raccolse lo scialle da terra e lo porse a Dominique. «Ecco, cara. Mettilo e indossa anche il cappotto. Ti accompagno a casa.»

Lei prese la sciarpa dalle sue mani, ma non accennò a indossarla. Restò ferma, torcendola tra le mani con sguardo ansioso. «Sono stata vista qui. Il padrone di casa e i camerieri che sono venuti a portare la cena...»

«Il padrone di casa ormai crede che tu sia venuta a cercare me e i camerieri... Credo che il nostro amico qui sia in grado di metterli a tacere.» Si voltò verso Lamotte e gli puntò l’estremità del bastone sul panciotto. «Lasciate che mi spieghi con chiarezza» disse in tono glaciale. «Se la presenza di mia moglie qui darà adito al minimo accenno di scandalo, monsieur, avrò il grande piacere di sfidarvi a duello e liberarmi di voi. Mi capite?»

Lamotte scosse il capo. «Credetemi, non ho mai voluto fare del male alla signora.»

«No. Siete stato spinto a farlo da qualcun altro, non è vero?» Il lampo di paura che attraversò il viso del francese diede la risposta a Gideon. Fece una smorfia di disgusto, poi spinse il bastone e fece barcollare Lamotte all’indietro.

Dominique aveva indossato il soprabito e li stava guardando.

Gideon aprì la porta e disse ad alta voce: «Vi sono molto grato, monsieur, per esservi occupato di mia moglie fino al mio arrivo. Ma non vi tratterremo oltre dal cenare. Adieu, signore!». Fece un inchino ostentato e tese la mano a Dominique. Lei prese un foglio di carta da una delle poltrone e lo infilò nella borsetta prima di attraversare la stanza per unirsi a lui.

«Sono le informazioni su mio padre» disse per rispondere allo sguardo indagatore del marito. «Ormai non servono più.» Indirizzò uno sguardo rovente di rimprovero a Lamotte, che ebbe il buongusto di chinare la testa.

«Vi chiedo scusa, madame

Gideon le prese un braccio. «Vieni, mia cara.»

Quando si allontanarono dagli appartamenti, Dominique singhiozzò. «Mi dispiace così tanto, Gideon. Sono stata una stupida ad andare lì da sola. Avrei dovuto dirtelo...»

«E perché non l’hai fatto?»

«Perché lui ha detto che il successo nella ricerca di papà dipendeva dalla massima segretezza.»

Gideon fissò il capo chino della moglie. «Ma non è solo questo, vero? Pensavi che avrei rifiutato di accettare questa indagine.»

«Sì.» La risposta fu a malapena udibile.

Lui sospirò. «Sono così orco, Nicky?»

«Oh, no, no!» Si bloccò e si volse verso di lui. «Non sei affatto un orco, ma la tua avversione per tutto ciò che è francese...» Si morse le labbra. «In questo caso avevi ragione a essere così sospettoso nei confronti di Monsieur Lamotte e... e ti chiedo perdono.»

Lui le strizzò la mano. «Non è stata soltanto colpa tua, Nicky.»

Lei tacque per un po’, ma mentre entravano in St. James’s Street gli chiese: «Hai detto che dietro a questa storia c’era qualcun altro. Pensi che si tratti di mio cugino?».

«Non solo lo penso, mia cara, ne sono sicuro.»

Dominique era furiosa. «Oh! Di tutte le cose più odiose...» Si bloccò. «Eccolo lì, dall’altra parte della strada, con i suoi compari! E ci ha visti. Affrontiamolo. Mi piacerebbe cavargli gli occhi!»

«Io ho un’idea molto migliore» disse Gideon sollevandole il mento. «Gli mostreremo che il suo piano per creare discordia tra noi non ha funzionato affatto.» Piegò il capo e la baciò.

Con il cuore in tumulto, Dominique dimenticò di essere in collera con Max. Dimenticò ogni cosa, tranne il piacere crescente che la invadeva. Si alzò in punta di piedi per prolungare quel momento di delicata passione. Quando infine lui sollevò il capo, le stava sorridendo con un tale luccichio negli occhi che lei avrebbe voluto afferrarlo e tirarlo giù per poterlo baciare di nuovo.

«Ci sta ancora guardando?» mormorò Gideon.

«Chi?» Dominique si passò la lingua sulle labbra, cercando di distogliere i pensieri dalla fossetta nel mento del marito e dalla curva seducente delle sue labbra.

Lui rise, sistemò per bene la mano di lei sul proprio braccio e riprese a camminare. «Tuo cugino è sul marciapiede opposto e ci fissa come se non credesse ai propri occhi. Guarda di là e sorridi, mia cara, mentre io gli faccio un cenno di saluto. Così. Ecco, non è molto più soddisfacente che, ehm, cavargli gli occhi

Dominique ridacchiò e fece cordiali cenni di saluto a Max, che li fissava in cagnesco dall’altra parte della strada. «È divertente vederlo così sbigottito» concordò, «ma sono così arrabbiata con lui! È fortunato se la prossima volta che ci vedremo non lo prenderò a schiaffi!»

«Che creatura violenta sei!» si meravigliò Gideon, con voce che celava l’ilarità. «Ti ho trovata che brandivi un attizzatoio contro Lamotte e ora vuoi assalire tuo cugino.»

«Quando vado su tutte le furie è difficile che riesca a ragionare» confessò con una certa mestizia.

«No, vero?»

Lei lo guardò con occhi ridenti, ma l’espressione imperscrutabile di lui le spense il sorriso sulle labbra. Lo aveva fatto arrabbiare, forse? «Puoi davvero perdonarmi per la mia stupidaggine di oggi? Ti prometto che non ti nasconderò più nulla.»

Lo sguardo serio scomparve e Gideon sorrise, dandole un buffetto sulla guancia. «Certo che ti perdono» le disse con leggerezza. «Ora sbrighiamoci a rientrare a casa. Tutte queste emozioni mi hanno fatto venire appetito!»

Passò quasi un’ora prima che Gideon si sedesse a cena con la moglie, ma malgrado le precedenti dichiarazioni piluccò soltanto i cibi che gli vennero presentati. I suoi pensieri ritornavano continuamente agli eventi di quella serata. I tentativi di Max di screditare sua moglie lo avevano reso furioso, ma quella non era l’unica ragione del turbamento che provava. Era sconvolto per la gelosia che l’aveva divorato quando aveva sospettato la presenza di un amante.

La gelosia era stata sostituita dal timore per la sicurezza di Nicky quando si era reso conto del coinvolgimento di Max, ma più di tutto era confuso dal desiderio irresistibile che l’aveva sopraffatto durante il bacio che si erano scambiati.

Baciare sua moglie in piena luce e in un luogo pubblico come St. James’s Street lo aveva scosso nel profondo. Aveva ben mascherato le proprie emozioni, certo, ma poi, mentre tornavano a casa e lei aveva fatto allusioni alla propria natura passionale, il ricordo di quella prima, importantissima notte lo aveva colpito con una forza tale che non era più stato capace di parlare.

Da quella notte a Elmwood, Gideon aveva cercato di trattarla come va trattata una moglie. Era andato a trovarla nel suo letto con l’unico scopo di generare un erede e aveva mantenuto tutti gli altri sentimenti sotto controllo. Per quel motivo era turbato nello scoprire che avrebbe voluto sollevarla di peso e portarla nella propria camera, strapparle i vestiti e fare l’amore con lei in modo violento e appassionato, come nella prima, impetuosa occasione.

Non era possibile, certo. Ora lei aspettava suo figlio e lui non aveva scuse per fare l’amore con lei. Il padre gli aveva suggerito di prendersi un’amante, ma Gideon sapeva di non volere un’altra donna, solo Nicky.

Fece fatica per tutta la cena, cercando di conversare e di intrattenere la moglie con aneddoti divertenti, mentre riusciva a pensare soltanto alla morbidezza della sua pelle e al calore del suo corpo. Quando lei si ritirò in salotto, lui si attardò col porto, chiedendosi se le emozioni della giornata l’avessero resa troppo stanca per attenderlo, ma quando la raggiunse udì la delicata melodia dell’arpa.

La osservò dalla porta, la concentrazione sul suo volto e la leggerezza delle mani sulle corde. Si ritrovò a pensare alla delicatezza con cui quelle stesse mani gli accarezzavano il corpo. Si mosse a disagio. Non andava bene. Lei era incinta e non avrebbe accolto le sue avance. Anzi, sapeva che sarebbe stato molto pericoloso. Guardando la figura piccola e delicata davanti a lui, decise che non avrebbe rischiato che le accadesse qualcosa.

Eppure ci volle tutta la sua determinazione per separarsi da lei quella notte e per non attraversare il camerino e raggiungerla in camera.

«Credo che dovremmo andare a Rotham» annunciò Gideon a colazione, la mattina successiva. «È tempo che tu conosca mio padre.»

Dominique continuò a versare il caffè. Non che non se lo aspettasse, ma le parole che seguirono le procurarono una fitta al cuore.

«Resterai lì finché non nascerà il bambino.»

«Resterai anche tu?» chiese, cercando di sembrare indifferente.

«Per un paio di settimane.»

Quindi era giunto il momento. Si era stancato di lei; e come poteva biasimarlo, dopo la follia del giorno precedente? Non poteva neanche obiettare, era logico che lui volesse che il figlio nascesse a Rotham, soprattutto se si trattava di un maschio. «Quando partiamo?»

«Fra tre settimane.»

«Gwen ci ha invitati ad andare con lei a Brighton.»

«Impossibile» fu la brusca replica. Poi aggiunse in tono più gentile: «Forse il prossimo anno. Il Dr. Harris è molto bravo, ma mi piacerebbe che tu ricevessi le cure del medico di mio padre, un dottore di grande esperienza. Ha fatto nascere entrambi i figli di mia sorella. La residenza di campagna di Ribblestone, Fairlawns, è ad appena cinque miglia da Rotham e Gwen garantirà per lui, ne sono certo. Cioè, se le hai detto che sei in attesa».

«Sì, ma le ho chiesto di mantenere il segreto.»

Lui sorrise sarcastico. «Dubito che rimarrà un segreto a lungo, allora.» Spinse la sedia indietro. «Se sei d’accordo, scriverò oggi stesso a mio padre e gli dirò che saremo a Rotham per metà luglio.»

Cosa poteva dire Dominique? Era stato generoso da parte di Gideon fingere che lei avesse una scelta.

Quando Gwen seppe che sarebbero andati a Rotham fece una smorfia di disgusto.

Dominique batté gli occhi per trattenere una lacrima che minacciava di sfuggirle. «Gideon dice che dovrò restare lì finché il bambino non sarà nato.»

«Sei mesi! Poverina.» Gwen si affrettò ad aggiungere: «Sono certa che stia pensando al tuo benessere, mia cara».

«Sostiene che il dottore è molto bravo.»

«Oh, sì, certo. Ti piacerà il Dr. Bolton, ne sono sicura. Gideon ti ha detto che ha fatto nascere i miei bambini? Forse, se fosse stato il nostro medico quando mamma aspettava l’ultimo figlio...»

«Cosa accadde?» chiese Dominique.

Gwen sospirò. «Quando eravamo piccoli, la mamma non stava mai bene. Era sempre incinta o si riprendeva da un aborto. Ebbe altri sei figli dopo Gideon, ma morirono tutti dopo poche ore. Non che si lamentasse mai. Credo che amasse appassionatamente mio padre. Ma l’ultima volta che fu confinata a letto non si riprese. Papà era distrutto. All’epoca non riuscivo a capire perché incolpasse se stesso, ma ora che sono sposata comprendo che un uomo possa essere troppo... passionale.» Arrossì.

«E quando è morta?»

«Oh, sono passati più di dodici anni. È stato un brutto periodo, eravamo tutti a Rotham, sapevamo tutti delle sue sofferenze.»

«Povera donna» mormorò Dominique. «Forse Gideon è preoccupato davvero per la mia salute.»

«Come potresti pensare altrimenti? Ti stai ancora preoccupando per le parole di tuo cugino, non è così? Temi che Gideon voglia tornare a fare lo scapolo. Io non credo che ne abbia intenzione.»

«Ha detto che è ormai cresciuto e non riesce più ad apprezzare la compagnia di Max e della sua cricca» disse Dominique speranzosa.

«Ne sono certa. La sregolatezza di Gideon negli ultimi anni era più una ribellione verso papà, credo. Sai, dopo che la mamma morì, papà cambiò. All’epoca io ero fidanzata con Ribblestone e quindi non soffrii molto per il suo stato malinconico, e anche James era maggiorenne e trascorreva la maggior parte del suo tempo in città, ma il povero Gideon... Papà cercò di trasformarlo in un figlio modello. E fu anche peggio quando James fu ucciso a Parigi e tante Gwendoline e suo marito furono ghigliottinati. Gideon rimase a Rotham. Papà diceva che era suo dovere, dato che era diventato l’erede, ma la costrizione lo irritava parecchio. Non c’è da meravigliarsi che abbia colto l’opportunità della eredità ricevuta per fuggire in città. Spendeva con noncuranza e sembrava determinato a commettere ogni follia immaginabile...» Sorrise. «Quindi vedi, mia cara, il matrimonio con te potrebbe essere la fortuna di mio fratello!»

Dominique si aggrappò a quel tenue filo di speranza mentre si preparava a lasciare Londra. Non si aspettava che il suo stato interessante sarebbe rimasto un segreto, sebbene Gwen le avesse assicurato di averlo rivelato solo agli amici più intimi. In realtà all’inizio di luglio tutta la città ne era a conoscenza e lei si dovette abituare a sorrisi e sguardi d’intesa.

Vedeva Raymond Lamotte di tanto in tanto, ma non gli permetteva di avvicinarla. Era ancora molto arrabbiata con Max ma, per fortuna, l’unica volta che si incontrarono aveva Gideon al proprio fianco.

Si trovavano a un incontro musicale e lei stava uscendo dalla sala da pranzo al braccio del marito quando il conte apparve davanti a loro.

«Martlesham.» Nel vedere Gideon che si inchinava, lei fece una riverenza.

«Buonasera, Albury. Cugina.» Il conte le trattenne la mano dopo averla baciata. «Ho saputo che mi devo congratulare con voi.»

«Grazie, Max.» Ritrasse la mano e gli rivolse un sorriso sfavillante.

Lui rispose con uno altrettanto falso. «Questo spiega come mai ora come ora non potete fare nulla di male agli occhi di vostro marito.»

«Vi riferite al nostro abbraccio in St. James’s Street.» Gideon prese la mano di Dominique e se la rimise sul braccio, con un buffetto. «Un’oltraggiosa esibizione pubblica d’affetto, certo, ma non ho potuto evitarlo.»

«Mmh... Non avete potuto?» Max gli rivolse una smorfia. «Pensavo che fosse a mio beneficio.»

«Santo cielo, no!» esclamò Gideon ritraendosi studiatamente. «Cosa mai vi ha dato quest’idea?»

«Oh, non lo so. Credo che sia stato qualcosa che mi ha detto Lamotte.»

Dominique rimase raggelata. Una replica furiosa le salì alle labbra, ma Gideon la trattenne stringendole la mano.

«Ah, sì, Monsieur Lamotte.» La voce di Gideon era tranquilla, vellutata, ma non meno minacciosa. «Strano che voi abbiate detto di non conoscerlo e ora vi siate contraddetto.»

«È una conoscenza.»

«Un giovane affascinante» ribatté Gideon con leggerezza. «Ma è francese. Ha poca familiarità col modo di fare inglese, soprattutto se riguarda i mariti. Possono essere delle creature imprevedibili, sapete.»

«Davvero?» Max sembrava diffidente.

«Oh, sì. Non me n’ero mai reso conto finché non sono entrato anch’io nella schiera, ma ora mi sembra che se qualcuno dovesse fare del male a mia moglie, o anche solo turbarla, mi sentirei in dovere di infliggergli la più terribile vendetta. Non potrei farne a meno.»

Nonostante il rumore e il chiacchiericcio della sala, un silenzio minaccioso avvolse i due uomini. Dominique poteva percepire la tensione e rimase immobile, per non scatenare violenza.

Infine Max fece un sorriso tirato. «Mi devo congratulare, cugina, avete trovato un ammirevole protettore. Vi auguro di godervi il vostro cane da guardia.» E con un brusco cenno del capo si allontanò.

«Credi che abbia capito?» chiese lei mentre ritornavano nella sala della musica.

«Oh, sì» mormorò Gideon. «Penso che mi abbia compreso fin troppo bene. Non ci infastidirà più.»

Ma lei non riusciva a tranquillizzarsi. «Gideon...»

«Shh! Abbiamo dedicato a tuo cugino fin troppo tempo questa sera. Ascoltiamo la musica, invece. Dicono che il prossimo soprano sia davvero impareggiabile.»

L’ultima settimana in città fu densa di impegni.

Dominique si intristì quando venne il momento della partenza di Gwen per Brighton, ma la cognata le lasciò una lunga lista di cose che considerava necessarie per un lungo soggiorno nel Buckinghamshire.

«Compra gli abiti ampi prima di partire, perché c’è una sola sarta al villaggio e avrai bisogno di più vestiti di quanti lei riuscirà a farti. E assicurati di avere delle sottogonne calde, di flanella, mia cara, perché i corridoi di Rotham possono essere gelidi d’inverno! Poi avrai bisogno di libri» continuò Gwen, contando le voci dell’elenco sulle dita. «Ho lasciato un romanzo o due a Rotham, ma dubito che mio padre abbia qualcosa di nuovo, ed è una tale seccatura mandarli a prendere a Londra ogni volta. Se hai voglia di dipingere, dovresti trovare tutto l’occorrente nella vecchia nursery.» Fece una smorfia. «Povero papà, ha insistito che avessimo il meglio: precettori, materiali, colori, carboncini, album da disegno... ma io sono stata una vera delusione, priva di qualsiasi abilità artistica. Ah, e compra almeno due paia di stivali robusti. I vialetti diventano terribilmente fangosi...»

Continuò a parlare per un po’ e, quando ebbe finito, Dominique rise con una certa esitazione. «Fai sembrare Rotham come un luogo uscito da un romanzo gotico, tutto ombre minacciose e sale vuote ed echeggianti.»

«Be’, lo è. Da quando Gideon è fuggito, papà ha ciondolato tutto solo in quella grande casa, con soltanto un anziano vicino a fargli visita.» Gwen si accorse dello sgomento della cognata e si affrettò ad assicurarle che la casa avita non era poi così tetra. «Le famiglie locali saranno liete di darti il benvenuto, ne sono certa, e Ribblestone e io torneremo a Fairlawns a dicembre, e saremo a poche miglia da voi.»

A Dominique dicembre sembrava lontanissimo, ma mise da parte le preoccupazioni e si dedicò al trasferimento nella casa di famiglia del marito.

Facendo tappe brevi, impiegarono due giorni per raggiungere Rotham. Una carrozza per i bagagli era stata presa a nolo per seguirli con il tetto carico di bauli e la preziosa arpa di Dominique all’interno.

Lei viaggiava nell’elegante calesse coperto inviato da Rotham affinché fosse comoda. Il suo unico disappunto era che Gideon preferisse cavalcare ma, dato che Kitty stava con lei, non era sola.

Quando si fermarono per la notte in un’elegante locanda, cenarono in un salottino privato e furono serviti da personale efficiente e discreto.

Ciononostante, Dominique mantenne la conversazione su argomenti innocui fino a quando non furono soli. «Dimmi di tuo padre» chiese, lasciando il marito stupefatto. Poi, con un sorriso aggiunse: «Gli somigli molto?».

«Nell’aspetto, forse, ma in quanto al carattere... mio padre è molto riservato.»

Lei ripensò ai lunghi silenzi del marito, ma preferì soprassedere e invece domandò: «È debole di salute? Per questo vive così tranquillo?». Gideon la guardò con aria interrogativa. «Gwen mi ha detto che Lord Rotham riceve molto di rado» spiegò.

Scoppiò a ridere. «Di rado? Mio padre non riceve mai. Comunque questo dovrà cambiare se tu vivrai lì. Potrai invitare chi vorrai.» Tacque per un attimo. «Non devi essere spaventata da mio padre, Nicky. Può sembrare freddo, ma ha un cuore molto generoso.»

«Dovrà averlo. Non ho dote» mormorò lei.

«Questo non deve preoccuparti.»

«Invece mi preoccupa, Gideon.»

«Credo che papà sarà talmente sollevato nel sapere che mi sono sistemato da non preoccuparsi affatto per la tua mancanza di dote. Sai, è stato amaramente deluso quando sono andato a Londra. Non mi sono comportato bene, lo ammetto. E poi, in città ho iniziato a frequentare tuo cugino e i suoi amici. Non vado fiero di quel periodo.»

Dopo la soffocante disciplina di Rotham, i festeggiamenti sfrenati di Max erano sembrati molto affascinanti. Gideon aveva partecipato volentieri a scherzi e burle, non solo all’interno del gruppo di amici ma anche nei confronti di perfetti sconosciuti: fare sberleffi alle sentinelle, rubare la parrucca a un vecchio gentiluomo, combattere finti duelli... Era sembrato un divertimento innocuo all’epoca, ma ripensandoci anche molto infantile.

Quando aveva soffiato quella sgualdrinella a Max avrebbe dovuto capire che la vendetta sarebbe giunta, inevitabile. Ma costringere addirittura la sua cuginetta innocente a sposarlo!

Gideon notò lo sguardo ansioso di Nicky e si affrettò ad aggiungere: «Non è una critica nei tuoi confronti, mia cara. Non potevo trovare una moglie migliore».

«Forse ne avresti voluta una di cui essere innamorato.»

Gideon si accigliò. «Non ne discutiamo, per piacere. L’attrice che Max ha ingaggiato per impersonarti non sarebbe stata accettabile per la mia famiglia.»

«E io, invece, sono accettabile?»

Il gelo nello sguardo fu rimpiazzato da una traccia di calore. «Con la tua grazia, la tua dignità e il tuo spirito indomabile... sì, lo sei, mia cara.»

Dominique fu contentissima di quella risposta e provò una profonda attrazione per l’uomo che le sedeva di fronte. Lo sguardo di Gideon sembrava penetrare attraverso l’abito decoroso e lei sentì che il corpo rispondeva. Provava un indescrivibile e struggente desiderio di sentire il suo abbraccio e avrebbe voluto dirglielo, ma non trovò le parole. Il silenzio tra loro si prolungò e si tramutò in imbarazzo.

«È... è stata una bellissima giornata» mormorò Dominique, infine, guardando fuori dalla finestra. «Che peccato che l’abbiamo trascorsa in viaggio.»

«Io, per lo meno, ne ho beneficiato con la cavalcata. Tu sei rimasta chiusa nel calesse per tutto il tempo. Ti piacerebbe fare una piccola passeggiata con me adesso e godere degli ultimi raggi di sole?»

«Mi piacerebbe moltissimo» disse prendendo subito lo scialle.

La locanda affacciava su una strada trafficata, ma Gideon aveva notato un viottolo su un lato. Dopo aver camminato per un po’ si lasciarono dietro la confusione e il chiasso. Procedettero l’uno accanto all’altra, in un silenzio socievole. Il vialetto confinava su entrambi i lati con ampi campi di granturco, dorato e brillante alla luce del sole al tramonto.

«Quanto resterai a Rotham?» gli chiese Dominique.

«Finché non ti sarai sistemata. Poi andrò a Brighton a trovare Gwen, quindi a Chalcots a vedere cosa fare per renderla abitabile. Ho pensato di farne la nostra residenza.»

«È la casa della tua madrina, vicino a Hampstead? Mi piacerebbe tanto vederla.»

«La vedrai, non appena avrai portato a termine la gravidanza. Troppi viaggi ti stancherebbero e io non voglio rischiare la tua salute.» La voce era gentile, ma Dominique pensò che non desiderasse la sua compagnia. «Ti scriverò. Mi darai la tua opinione sull’arredamento e le decorazioni.»

Da lontano. «Grazie.» Non riuscì a trattenere la nota di delusione nella voce e Gideon se ne accorse.

«Credimi, è meglio se rimani a Rotham, dove il Dr. Bolton sarà disponibile se ne avrai bisogno.»

«Tuo padre non mi vorrà.»

«Sei la madre di suo nipote, certo che ti vorrà a Rotham.»

Lei annuì. Doveva pensare innanzitutto al nascituro. Rabbrividì. «Il sole è tramontato. Rientriamo alla locanda?» Cercò di sistemare lo scialle che le era scivolato lungo le braccia.

«Lascia fare a me.» Gideon la aiutò e quando le sue mani si fermarono sulle spalle, Dominique fremette al tocco familiare.

Abbracciami, lo pregò in silenzio. Baciami.

Le mani di Gideon si fermarono. Riusciva a percepire le ossa delicate della moglie attraverso le pieghe sottili dello scialle. I capelli erano legati in un nodo, ma alcuni ricci sfuggivano e si stagliavano, scuri, contro il pallore della pelle del collo.

Lui ebbe l’impulso di baciarla in quel punto preciso, ma temeva che quel gesto li avrebbe spinti verso effusioni più passionali, così represse il desiderio crescente e sistemò lo scialle un po’ più in alto.

«Ecco. È più caldo?»

«Sì, grazie, Gideon.» Lei appoggiò la mano su quella di lui, accanto al proprio collo, e si voltò a sorridergli.

Lui si ritrovò senza fiato. Quand’era diventata così bella? Quegli occhi verdi, con la rigogliosa frangia di ciglia scure, il piccolo naso dritto e le labbra piene e morbide... Fece di tutto per non attrarla bruscamente a sé e prenderla all’istante, lì, in quel viottolo appartato.

Si ritrasse di colpo. A cosa stava pensando? Quella doveva essere un’ebbrezza estiva, la vicinanza di una bella donna combinata con gli effetti del vino, di una buona cena e dell’aria balsamica della serata.

In uno sforzo di placare il desiderio, rammentò a se stesso che quella non era la donna che aveva scelto. Ma, nel pensare all’ammaliante attrice, Agnes Bennet, riusciva a malapena a ricordarne il viso.

Dominique vide gli occhi del marito farsi più scuri e sentì la sferzata dell’attrazione reciproca, ma il desiderio bollente nello sguardo di Gideon fu subito rimpiazzato dal turbamento e dal suo ritrarsi.

Fece del proprio meglio per ignorare il gelo che le aveva pervaso l’anima. Poteva essere sua moglie, ma non era il suo amore.

Nascondendo la delusione, suggerì di tornare alla locanda e si avviò subito in quella direzione, a testa alta. Ormai quella era la sua vita e si sarebbe dovuta accontentare.