15
Se Dominique non fosse stata ben salda al braccio di Gideon sarebbe crollata, perché si sentì all’improvviso le ginocchia deboli. Si trovava faccia a faccia con la donna che suo marito avrebbe voluto sposare.
Poiché non aveva via di fuga, si costrinse a riconoscere ogni dettaglio della bellezza che aveva conquistato il cuore di Gideon. Agnes Bennet era alta, formosa e chiara quanto lei era bruna. I riccioli biondi formavano un’aureola attorno al suo capo e il pallore di quelle spalle nude rese Dominique consapevole del proprio colorito più scuro. Sperò che il suo volto non la tradisse, dato che Max la guardava con attenzione.
«Ah, dimenticavo, cugina» disse lui in tono mellifluo. «Voi non avete mai incontrato Mrs. Bennet, vero?»
L’attrice rise, un suono roco che Dominique trovò seducente in modo peccaminoso.
«È chiaro che non sono davvero Mrs. Bennet, come Mr. Albury già sa.» Gli occhi azzurri erano fissi su Gideon. «È una semplice convenzione per il palcoscenico. Non sono sposata.»
Dominique sentì che il braccio di Gideon era duro come acciaio.
«Credo che sia ora di ritornare ai nostri posti» dichiarò lui con voce glaciale e, dopo un impercettibile cenno del capo verso il conte, si volse e andò via, costringendola quasi a correre per restare al suo passo.
Maledetto Max, cerca di provocare guai! Gideon lottò per tenere sotto controllo la collera mentre si faceva strada tra la folla. Avrebbe dovuto aspettarsi qualcosa del genere.
Aveva individuato il conte nel palco all’altra estremità della sala, ma con le luci basse non aveve riconosciuto la sua compagna.
«Gideon, ti prego!» L’implorazione della moglie squarciò la nebbia rossa in cui era avviluppato e lo fece rallentare.
«Ti chiedo scusa.» Poi borbottò a denti stretti: «Come osa presentare quella donna a te!».
«A Max piace creare scompiglio. Dovremmo ignorarlo.»
«Certo, hai ragione. Vieni, torniamo nel nostro palco. Spero che Ribblestone non abbia commesso una follia!» disse nel tentativo di alleggerire la tensione.
Quando vi giunsero, Hatfield era in attesa fuori della porta.
«Sono lieto che siate tornato, Albury. Non volevo entrare da solo, sapete.» Fece una smorfia. «Dannatamente imbarazzante che Ribblestone sia saltato fuori in quel modo.»
«Perché mai?» Gideon inarcò le sopracciglia. «A meno che non aveste intenzioni sconvenienti verso mia sorella...»
«Oh, no, no, nulla del genere. Sono al servizio di Lady Ribblestone, naturalmente. È un piacere essere il suo accompagnatore, ma niente di più, ve l’assicuro!»
«Be’, allora non vi comportate in modo così colpevole.» Gideon aprì la porta e si ritrasse per far entrare Dominique. Fece cenno con la mano a Hatfield, ma quando gli passò accanto lo apostrofò. «Posso sapere come avete fatto ad assicurarvi questo palco con un preavviso così breve?»
Hatfield guardava Lord Ribblestone nel tentativo di comprenderne l’umore e rispose distrattamente: «Me l’ha fatto avere Martlesham. Mi ha detto di averlo prenotato mesi fa, ma di essere impegnato con un altro gruppo di amici.»
Era un piano di Max, dunque. Gideon sentì montare la rabbia mentre si sedeva per assistere allo spettacolo principale. Dal suo posto riusciva a vedere Dominique solo di profilo, ma quando Lady Grayson si piegò a sussurrarle qualcosa nell’orecchio, notò che il sorriso della moglie era forzato. Non aveva dimenticato l’incidente nel foyer.
Lo spettacolo si concluse, ma sebbene Dominique applaudisse calorosamente, non riusciva a ricordare una singola scena.
Lord Grayson si recò al club e Lady Grayson, inconsapevole della tensione nel palco, rammentò a Gwen che avevano programmato di proseguire la riunione a Baverstock House. «Saremo lì in tempo per la cena. Che ne dite, Mr. Hatfield?» Lady Grayson fissò il gentiluomo con sguardo interrogativo e lui annaspò, riluttante a impegnarsi.
Lord Ribblestone prese la tabacchiera. «Ho ordinato alla carrozza di aspettare e intendo ritornare a Grosvenor Square.» Guardò la moglie. «Venite con me, milady?»
Dominique trattenne il fiato, desiderando che Gwendoline tornasse a casa col marito.
«Mi sono impegnata ad andare alla riunione» disse lei scrollando il capo.
Per un lungo attimo nessuno si mosse. L’atmosfera era fragile come vetro. Lord Ribblestone mise da parte la tabacchiera e Dominique si accorse che serrava le labbra.
«Come vuoi, mia cara.»
Andò via e Mr. Hatfield emise un sonoro sospiro di sollievo.
Poiché Gwen non sembrò molto felice della propria vittoria, d’impulso Dominique le toccò il braccio. «Fai che Gideon corra dietro ad Anthony e gli dica che hai cambiato idea.»
«Ma non è così» protestò Gwendoline, scuotendosi via la mano. «Ah, dovrei rinunciare a una festa per il piacere di stare seduta a casa? Se siete pronta, Lady Grayson... Mr. Hatfield, si parte per Baverstock House.»
«Vorresti tornare a casa, mia cara?»
Gideon le mise il mantello sulle spalle e Dominique dimenticò subito i problemi di Gwen. L’incontro con Max e Agnes Bennet aveva dominato i suoi pensieri dall’intervallo e, anche se il volto del marito era una maschera di cortesia, non aveva dubbi che ci pensasse anche lui. Per lei era ben chiaro il motivo per cui Gideon avesse voluto sposare l’attrice. Lei era esattamente il suo opposto: alta, bionda e bella e, senza dubbio, versata nell’arte di compiacere un uomo.
Per tutta la durata della commedia aveva pensato a lei. Mentre gli attori recitavano, aveva udito la sua risata scura e roca, aveva ricordato la bellezza aggraziata, gli occhi cerulei e le labbra dipinte che si incurvavano in un sorriso irresistibile. Era inutile ricordare a se stessa di essere la moglie di Gideon e la madre di suo figlio. Se il suo stesso padre gli aveva consigliato di prendersi un’amante, perché non cedere alla tentazione?
Nell’oscurità della carrozza, mentre ritornavano a Chalcots, lui le prese la mano. «Sei molto silenziosa.»
«Sono stanca. È stata una lunga serata.»
«Spero che non ti stia agitando a causa di tuo cugino. O di Mrs. Bennet.»
«No, certo che no.» Era lieta che lui non potesse vedere il suo viso al buio. Incapace di trattenersi aggiunse: «È molto bella».
«Splendida.» Il cuore le sprofondò. «Ma tu non hai nulla da temere da lei, Dominique. Non ho intenzione di rinnovare quella particolare conoscenza.»
Belle parole, ma sarebbe stato in grado di resistere, dopo averla rivista? Solo il tempo poteva dirlo.
«Dominique?»
«Sì?»
«Mi credi, vero?»
«Sì, ti credo.»
«Bene.» Le baciò la mano e la strinse prima di lasciarla andare, in modo da circondarle le spalle col braccio. «Se c’è qualcosa che ti preoccupa, qualsiasi cosa, me lo devi dire. Capisci?»
«Capisco.»
Ma quando arrivarono a casa lui la baciò con delicatezza e la lasciò sulla porta della sua camera. Come sempre.
Gideon trovò la moglie molto silenziosa la mattina successiva. Si arrovellò se chiederle cosa non andasse quando il maggiordomo entrò per avvisarlo che la carrozza era appena tornata da Brook Street. «Ah, sì, grazie, Thomas.» Poi si rivolse a Dominique. «Rogers mi ha detto ieri che ha trovato un inquilino per la casa di mio padre, così ho chiesto a Mrs. Wilkins di togliere dalle stanze tutti i nostri effetti personali e di mandarli qui. Non dovrebbe esserci molto, ma forse ti piacerebbe dire ai servitori dove vorresti che fossero riposti.»
«Sì, certo.» Lei cominciò a piegare il tovagliolo.
«Non devi farlo subito, mia cara. Il bagaglio può attendere.»
«No, io... ehm, ho finito qui, grazie. Me ne occuperò adesso.»
Gideon la vide andare, preoccupato dai cerchi scuri sotto gli occhi. Certo non poteva essere a causa degli eventi a teatro, poiché le aveva assicurato che non aveva niente da temere. Vedere Agnes al braccio di Max era stato un colpo, ma lui si era sorpreso di quanto poco provasse per quella donna. Forse Dominique era in ansia per il bambino. Decise che avrebbe fatto una visita alla nursery subito dopo colazione, ma quando arrivò lì la balia lo rassicurò che il piccolo James non dava alcun motivo di apprensione.
Gideon andò nel suo studio, ancora accigliato.
Era per Gwen che Nicky era in ansia? Senza dubbio sua sorella si dedicava a un gioco pericoloso, ma lui non credeva che ci fosse di mezzo un amante. In ogni caso quel comportamento non avrebbe raggiunto l’obiettivo di far ingelosire Ribblestone. Quella sera avrebbero cenato a Grosvenor Square, quindi forse avrebbe potuto cercare di dare un piccolo avvertimento a Gwen. Anthony era stato il più tollerante degli uomini, ma non avrebbe sopportato certe assurdità ancora a lungo.
Cercò di pensare cosa avrebbe fatto se Dominique lo avesse stuzzicato allo stesso modo e fu sconvolto dalla rabbia che sentì montargli dentro.
Fu costretto a mettere da parte l’idea quando sedette alla scrivania e cominciò a scorrere la posta che Thomas aveva lasciato lì per lui. Se non ci fosse stato nulla di urgente avrebbe cercato Dominique e l’avrebbe invitata a uscire col calesse. La passeggiata l’avrebbe aiutata a dissipare le preoccupazioni che le avevano portato via il sorriso dagli occhi.
Le lettere erano poche: i conti di alcuni negozi, una nota da Rogers, che confermava le disposizioni per l’affitto della casa in Brook Street, e un piccolo biglietto che era stato consegnato a mano.
Ruppe il sigillo e dispiegò il foglio. La sua mascella si contrasse nel leggere le righe scritte ordinatamente.
Dominique era nella sala e guardava le scatole, le borse e i porta abiti davanti a sé. Relegò tutto in soffitta, con l’eccezione del baule malridotto che Max aveva mandato da Martlesham.
Si soffermò a guardare, pensierosa, la porta del salotto in cui Gideon stava finendo la colazione, poi, con un’improvvisa decisione, diede ordine ai servitori di portare il baule nella sua camera.
Attento alle istruzioni nella lettera, Gideon andò a Piccadilly e lasciò il calesse a Sam, poi si recò a piedi fino in Green Park. Camminò con passi lunghi e veloci verso l’area tra il laghetto e il Lodge.
Mentre si avvicinava, una figura incappucciata si voltò, scoprendo il bel viso di Agnes Bennet.
«Sarà meglio che continuiamo a camminare» mormorò lei. «Sembrerà meno sospetto se qualcuno dovesse vederci.»
C’era una inespressività nel suo tono di voce che lui non aveva notato prima: doveva essere perché non cercava più di fingere di essere una signora.
«Volevate vedermi.»
«Lord Martlesham l’ha ordinato.» Lei incrociò lo sguardo scettico di Gideon, poi abbassò gli occhi. «Ha minacciato di rompermi un braccio se non l’avessi fatto. Vuole che io semini zizzania tra voi e vostra moglie.»
«E voi credete di poterlo fare?»
Scrollò le spalle. «Non ci voglio neanche provare. Creare problemi tra un uomo e sua moglie non è nel mio stile. Martlesham vi ha presi entrambi in giro lo scorso anno quando ha organizzato il vostro matrimonio.» Fece una pausa. «Non l’ho fatto a cuor leggero, ma se non mi fossi prestata io, lui avrebbe trovato qualcun’altra. E mi pagava così bene che era impossibile rifiutare. Pensavo che sarebbe stata una piccola marachella innocua...»
«Innocua!»
Lei arrossì. «Non mi ero resa conto che avesse intenzione di portarla avanti fino alla completa cerimonia nuziale. Quando ho saputo... È stato uno scherzo crudele per voi e per la ragazza. Mi scuso.»
«È per questo che volevate incontrarmi, per alleggerirvi la coscienza? È questo l’affare importante di cui volevate discutere?»
«No! No, anche se sono lieta di potervi dire che sono pentita della parte che ho avuto.»
«Cos’è, allora?»
«Ho delle informazioni per voi. Circa la dote di vostra moglie.»
«Mia moglie non ha dote. Voi stessa me ne avete informato quando la impersonavate.»
«Questo è quel che Martlesham mi aveva detto e ciò che voleva farvi credere.»
«E ora vuole dirmi un’altra cosa.»
«No.» Sospirò. «Sarà meglio che mi spieghi. Quando Martlesham è tornato in città, questa primavera, è venuto a cercarmi. Voleva che diventassi la sua amante.» Sbottò in una risatina priva di allegria. «Sono consapevole delle mie attrattive, ma sapevo che non era tutto lì, perché quando ho rifiutato la sua proposta mi ha preso ugualmente a vivere con lui... ha reso impossibile un rifiuto, se volete sapere la verità. Lui crede che voi siate ancora innamorato di me – non avete bisogno di dirmi che non è vero perché ho potuto vedere abbastanza l’altra notte. Abbiamo goduto delle settimane trascorse insieme la scorsa primavera, ma non poteva durare, lo sapevo.»
Gideon si rese conto che, sebbene lei fosse ancora bella ai suoi occhi, i lineamenti perfetti e gli intensi occhi azzurri non riuscivano a risvegliare alcun desiderio in lui.
Il sorriso di Agnes divenne mesto, come se potesse leggergli nella mente. «Max mi ha sistemata nella sua casa di Londra, dove mi esibisce di fronte a tutti gli amici come la sua amante... non mi ha ancora avuta nel suo letto, ma ci riuscirà, col tempo.» L’attrice si massaggiò il braccio e rabbrividì.
Gideon aveva l’impressione che lei non fosse affatto felice della propria situazione. «Mi ha fatto rinunciare al palcoscenico e insiste che io rimanga a casa, anche quando lui è fuori a divertirsi. I servitori mi ignorano quando possono, il che mi va benissimo. Ho trascorso il mio tempo a esplorare la casa. Martlesham non mi piace. È un uomo crudele.»
«Allora perché non lo lasciate?»
«Intendo farlo, ma lui è potente e devo stare attenta. Ogni volta che sono sola a casa sua trascorro il tempo a sfogliare i suoi documenti, cercando qualcosa che mi dia un vantaggio su di lui.»
«E ci siete riuscita?»
Scosse il capo. «No. È molto cauto, oltre che malvagio, e tiene molte carte in cassaforte. Comunque, c’è un cassetto chiuso a chiave nella sua scrivania... ma è un giochino aprirlo.» Il suo volto si aprì in un largo sorriso. «Conoscevo uno scassinatore un tempo, e mi ha insegnato come fare. In fondo al cassetto ho trovato delle lettere dalla Francia, di Jerome Rainault.»
«Il padre di mia moglie. Ma di certo sono in francese.»
Agnes annuì e sorrise ancora. «Infatti, ma quella lingua è un’altra cosa che ho imparato grazie alla mia carriera! Le lettere sono state scritte anni fa, al padre di Max. Monsieur Rainault consegnava la moglie e la figlia alle cure del conte, ma era anche preoccupato che la piccola Dominique avesse una dote, così trasferì una grande somma di denaro da una banca francese alla Coutts Bank, nello Strand. Martlesham la teneva in custodia per Madame Rainault e sua figlia.»
«Di sicuro, adesso non hanno denaro.»
«Lo so. Il conte mi disse che Madame Rainault e sua figlia erano a suo carico.»
«È stato speso tutto, allora.»
«Avevo pensato così, finché non ho visto una lettera ieri mattina della Coutts Bank, che riguardava i fondi dei Rainault. Non sono mai stati toccati e Max vuole che vengano trasferiti sul suo conto.»
«Che demonio!» esclamò Gideon. «Devo vedere questi documenti. Non li avete portati con voi?»
«No. È stato solo dopo avervi visto con vostra moglie la scorsa notte che ho deciso di parlarvene, e non ho avuto la possibilità di tornare nello studio di Max.»
«Perché?» Gideon le scrutò il viso. «Perché adesso mi volete aiutare?»
Lei allargò le mani. «Ve l’ho detto, non difendo gli imbrogli del conte. Mi piace scherzare un po’, ma lui è andato oltre il limite, costringendo la povera ragazza a sposarvi. E voi non avete bisogno di dirmi che l’ha obbligata, perché conosco i suoi metodi. Inoltre... sarei felice di vedere Sua Signoria che assaggia la stessa medicina che somministra agli altri.»
«Credete di poter ancora prendere quei documenti?»
«Sì, il conte uscirà domattina per la sua lezione di pugilato. Sarà la mia chance. Mi ha dato l’ordine di incontrarvi, di ammaliarvi, quindi non sarà sorpreso se richiederò ancora la carrozza.» Si fermò e Gideon si accorse che avevano percorso un intero giro. «Incontriamoci qui, domani a mezzogiorno.»
Lui esitò. «Vi rendete conto del rischio, se Max dovesse scoprire cosa state facendo...»
Lei rise. «Non accadrà. Non vi preoccupate per me, caro. Ho dei fondi. Lui non conosce il mio vero nome, né che possiedo una casa a Covent Garden, che do in affitto. L’ho comprata col denaro ricevuto in cambio dell’interpretazione come sua cugina. Non resterò in giro dopo avervi dato i documenti. Ma prima lo voglio ripagare, almeno in parte.» Con un cenno del capo andò via, affrettandosi tra gli alberi, e non si guardò mai indietro.
Gideon ritornò a Chalcots senza quasi prestare attenzione alla strada. Se ciò che Agnes diceva era vero, Dominique non era povera come credeva e lui sapeva quanto ciò le avrebbe fatto piacere. Era un rischio, certamente. Poteva essere un altro elaborato piano di Martlesham per creare un distacco tra loro, ma l’istinto gli suggeriva che l’attrice era sincera.
Doveva parlarne a Dominique? Le aveva promesso che non avrebbe rinnovato la conoscenza con Agnes, ma certo quella questione era ben diversa. E poteva anche risolversi in un nulla di fatto.
Mentre si avvicinava a casa, decise di non dire niente finché non avesse avuto i documenti e li avesse reputati autentici. Se lo fossero stati, Dominique ne sarebbe stata deliziata e lui cominciava a rendersi conto di quanto la felicità di sua moglie contasse.
Dominique fissava il baule aperto nella sua stanza. Ricordava quando lei e Gwen avevano passato in rassegna il suo contenuto, tirando fuori corsetti e négligé, calze finemente ricamate e abiti di mussolina impalpabile. Tutti molto disdicevoli, del genere adatto a una cortigiana.
Sollevò un négligé trasparente. Era così sottile che vedeva le proprie mani anche attraverso due strati di mussolina. Con l’occhio della mente immaginò Agnes Bennet che indossava un abito del genere, mentre si offriva a Gideon. «No! Non lo avrà.»
«Mi avete chiamata, signora?»
Dominique lasciò subito ricadere l’indumento leggerissimo nel baule e stava per chiudere il coperchio quando la sua cameriera entrò nella stanza, con un abito scintillante tra le braccia.
«Stavo giusto cercando l’abito di seta verde, perché lo indossiate questa sera, ma se preferite qualcos’altro...»
«Preferirei qualcos’altro» dichiarò Dominique. «Portami l’abito di satin rubino, se non ti dispiace. Prima portami un bicchiere di ratafià, bello grande.»
Un’ora dopo Dominique scese, tenendosi salda al corrimano. Forse non era stato saggio bere un secondo bicchiere di liquore, ma l’idea di sedurre il marito era piuttosto inquietante e lei sentiva di aver bisogno di un piccolo sostegno.
Entrando nel salotto dovette resistere all’impulso di tirare su la scollatura.
Gideon era in piedi accanto al buffet e si versava un bicchiere di vino, ma il fruscio delle gonne gli fece sollevare lo sguardo.
Dominique provò non poca soddisfazione nel vedere i suoi occhi spalancarsi e la sua mano che tremava nel versare il vino, facendo cadere alcune gocce sul tovagliolo bianco del vassoio.
«È un vestito nuovo?» chiese con sguardo indagatore.
«No, l’ho già indossato dai Grayson.»
C’era un elegante specchio fissato sulla consolle di noce e lei si fermò a esaminare il proprio aspetto. L’ultima volta che aveva indossato quel vestito aveva messo anche una pudica sottoveste di satin bianco con maniche a palloncino e un’ampia bordura di pizzo a coprire con modestia la scollatura. Ora invece indossava uno dei corsetti del baule. L’effetto era notevole. Le spalle erano coperte da una stoffa così sottile che era quasi trasparente e il pizzo attorno al collo attirava lo sguardo sulla profonda scollatura e sulla curva del seno.
Gideon si posizionò alle sue spalle e incontrò i suoi occhi nello specchio. «Il colore ti dona» disse. «E anche il modo in cui hai sistemato i capelli.» Alzò la mano e toccò il ricciolo solitario che scendeva giù, le sfiorò la pelle e la sentì ansimare. «Dominique...»
Il colpo leggero alla porta li fece sobbalzare. «Signore, signora, la carrozza è pronta.»
«Ehm, sì, certo.» Gideon finì di bere il vino, poi prese il mantello della moglie e glielo sistemò sulle spalle. «Quasi non vorrei uscire questa sera.»
Quelle parole le procurarono un delizioso brivido lungo la schiena. Fino a quel momento il suo piano aveva funzionato alla perfezione. Sbirciò il marito attraverso le ciglia. «Non c’è bisogno che restiamo fuori fino a tardi.»
Gideon rimase in silenzio e l’accompagnò alla porta. Era evidentemente confuso. Mentre erano seduti nella carrozza le chiese: «È successo qualcosa oggi, mia cara? Hai ricevuto visite, forse? Sembri... diversa».
«No. Sono stata a casa da sola tutto il giorno.» Gli infilò la mano sotto il braccio. «Ecco perché sono contenta della tua compagnia, stasera.»
Gideon continuò a tenere la mano della moglie ben salda sotto il braccio, anche dopo che furono arrivati a Grosvenor Square.
Lady Ribblestone aggrottò la fronte quando li vide, ma molti ospiti erano già arrivati, così non ci fu occasione di parlare in privato, né in quel momento né durante la cena.
Solo quando le signore si ritirarono, Gwen riuscì a prendere Dominique da parte. «Mia cara, non ti ho mai visto con quella mussolina prima d’ora. È trasparente in modo oltraggioso. Cosa stai architettando, gattina maliziosa?»
«Sto lottando per mio marito, Gwen.»
«Se non stai attenta, sbaraglierai anche i mariti di tutte le altre» fu la schietta replica. Poi aggiunse, con l’ombra di un sospiro: «Anche Ribblestone non riusciva a toglierti gli occhi di dosso stasera».
Dominique aprì il ventaglio. «Non mi interessano gli altri uomini. Non voglio fare ingelosire mio marito; voglio solo che si accorga di me.»
«Be’, ci riuscirai, mia cara, credi a me. Gideon deve essere fatto di marmo se non si rende conto che stasera tutti gli uomini ti guardano.»
Se avesse udito le parole della sorella, Gideon l’avrebbe rassicurata che non era affatto di marmo. La visione di Dominique con l’abito rosso lo stava provocando alla follia. Trovava difficile conversare e, quando le signore si ritirarono, continuò a chiedersi cosa facesse sua moglie nel salotto e se pensasse a lui.
Spesso, nell’arco della cena, l’aveva sorpresa a guardarlo, sebbene lei fosse arrossita in modo adorabile e avesse distolto lo sguardo ogni volta che i loro occhi si erano incrociati. E non l’aveva notata soltanto lui. Tutti gli uomini nella sala l’avevano guardata; persino il vecchio Mr. Severn, che aveva settant’anni, se non di più, aveva sollevato il monocolo e le aveva lanciato uno sguardo lascivo.
Eppure non si poteva dire che Dominique si mettesse in mostra. Si era comportata con grande modestia e fascino per tutta la serata ma, per quanto i suoi occhi si soffermassero spesso su di lui, per Gideon non era abbastanza. Voleva rapirla e tenerla tutta per sé.