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Quando Dominique riaprì gli occhi, il primo sole del mattino si stava affacciando nella stanza. Era sola nel letto a baldacchino. Presto avrebbe dovuto alzarsi e affrontare la giornata – e Gideon – ma preferì rimanere immobile ancora qualche istante e lasciare che i ricordi le affluissero alla mente. Forse si era sbagliata nell’assecondare il piano del cugino, ma se in tal modo aveva garantito l’indipendenza della madre non poteva rammaricarsene.

E la notte di passione con Gideon? Quella l’avrebbe rimpianta, ne era certa, ma era stata inevitabile. Dal primo momento in cui l’aveva spiato attraverso il pesante velo nuziale e lo aveva visto all’altare, alto e aitante, con i raggi di sole che colpivano i suoi capelli ramati, accendendo scintille dorate, era stata perduta: con il cuore in tumulto, aveva desiderato che i suoi sorrisi fossero davvero per lei e non per la persona che credeva fosse.

La sua collera, quando lui aveva scoperto l’inganno, era stata spaventosa, ma lei poteva perdonarlo, come l’avrebbe perdonato se l’avesse presa con la forza, in un impeto di rabbia. Dopotutto, che diritti aveva ormai, dal momento che era sua moglie? Però credeva davvero che lui avesse voluto proteggerla. Se non fosse stata così ostinata, avrebbero potuto trascorrere la prima notte di nozze in camere separate, e quella mattina lei sarebbe stata casta e pura.

Invece, il comportamento prepotente di Gideon l’aveva irritata. Nel corso degli anni aveva imparato a tenere sotto controllo l’ira, tranne che nelle circostanze più difficili, e non si poteva negare che il giorno precedente fosse stato alquanto logorante.

Una volta persa la pazienza, non era stato più possibile rimediare e, quando Gideon l’aveva baciata, aveva reagito d’istinto, cogliendo l’occasione per possederlo, anche se solo per una notte. Si era arresa alla pura, sconsiderata dissolutezza, e ora ne doveva pagare le conseguenze.

Dominique impiegò un po’ di tempo a vestirsi. Gli abiti erano sparsi per la stanza: una calza pendeva dalla maniglia dell’armadio e le giarrettiere erano scomparse. Frugò nel baule offerto da Max, ma ben presto si rese conto che il crudele senso dell’umorismo di suo cugino l’aveva seguita anche lì. La diafana camicia da notte e gli abiti di mussolina inconsistente erano adatti a una cortigiana e, con tutta probabilità, erano stati lasciati a Martlesham da una delle numerose amanti del conte. Le sarebbe toccato indossare di nuovo l’abito da passeggio.

Comunque, nella cassa trovò una sottoveste pulita di lino immacolato finissimo e un paio di giarrettiere di seta per rimpiazzare quelle ricamate. Valutò se tagliar via le nappine dorate, poi decise di lasciarle. Dopotutto, nessuno le avrebbe guardato sotto le gonne... a meno che Gideon non volesse ripetere l’incontro appassionato della notte precedente.

Oh, se solo avesse voluto! Un fremito di desiderio le contrasse lo stomaco al ricordo delle sensazioni provate tra le sue braccia.

Amore. Come poteva trattarsi di amore? Gideon non aveva alcuna ragione per avere una buona opinione di lei. E lei, invece, lo aveva guardato soltanto mentre corteggiava l’attrice, ma non gli aveva mai parlato prima del giorno precedente. Poteva essere solo un’attrazione selvaggia e primitiva, ammissibile in un uomo, di certo non il genere di legame che una giovane donna rispettabile avrebbe ammesso.

Quando Dominique scese, trovò la governante nel salotto che stendeva una tovaglia sul tavolino.

«Buongiorno, Mrs. Albury. Sto apparecchiando per servire la vostra colazione. Mr. Albury ha pensato che avreste preferito mangiare qui piuttosto che nella sala da pranzo, dove ci sono spifferi quando il vento proviene da est, come oggi.»

Dominique annuì distrattamente e le chiese se aveva visto Mr. Albury.

«Sì, signora. È andato a fare una passeggiata all’incirca un’ora fa, visto che è una mattinata così bella. Volete mangiare adesso, o preferite attendere il ritorno di vostro marito?»

«Un po’ di caffè adesso, se non vi dispiace. Farò colazione quando mio... marito rientrerà.» Incespicò sulle parole, ma fu lieta di avere ancora un po’ di tempo prima di incontrare di nuovo Gideon.

Non dovette aspettare a lungo. Il tonfo del portone d’ingresso, i passi e il rimbombo di voci nell’atrio la avvertirono del suo arrivo. Restò a tavola, cercando di sembrare calma. Lui entrò a grandi falcate nella stanza, col pastrano che ondeggiava aperto, il volto acceso a causa dell’aria fresca e dell’esercizio fisico. La salutò con gentilezza, ma lei notò il luccichio svanire dai suoi occhi, sostituito da un’espressione indecifrabile.

Distolse lo sguardo, cercando di non sentirsi ferita, poi gli mostrò il tavolo. «C’è il caffè, signore, ed è ancora caldo, se lo desiderate.»

«Sì, grazie. Mrs. Chiswick ne sta portando una caraffa, ma immagino che ci vorrà un po’ di tempo.» Gettò il pastrano su una sedia e si accomodò, poi accettò il caffè in silenzio.

Lei si domandò se avrebbe dovuto dire qualcosa e fu sollevata quando l’ingresso dell’affaccendata Mrs. Chiswick rese superfluo parlare, almeno per un po’. Riuscirono a terminare la colazione scambiandosi delle semplici frasi di circostanza, ma quando la tavola fu sparecchiata e si ritrovarono da soli il silenzio divenne pesante.

«Dobbiamo parlare» disse Gideon infine.

Dominique si guardò attorno, alla ricerca di una via di fuga da quella stanza diventata all’improvviso soffocante. «È... è una mattinata così piacevole e non ho ancora visitato i giardini. Vi dispiacerebbe se facessimo una passeggiata fuori?»

«No, affatto.»

Lei prese il mantello e insieme si incamminarono verso le siepi, che gli alti muri di cinta riparavano dal tagliente vento dell’est. Camminarono l’uno accanto all’altra, stando attenti a non sfiorarsi. Proprio l’opposto della scorsa notte, pensò Dominique, quando toccarci non ci bastava mai. Bisognava parlarne.

Si lanciò nel discorso. «Riguardo a quanto è successo...»

«Un errore» la interruppe lui. «Un errore di cui mi rammarico. Vi chiedo umilmente scusa, signora.»

Lei gli ripose con risolutezza. «La responsabilità è mia quanto vostra.»

«Forse, ma le conseguenze sono disastrose per entrambi.» Fece una pausa. «Vi rendete conto che adesso il matrimonio non potrà essere annullato.»

«Se torniamo a Martlesham, di certo...»

La fermò con un gesto della mano. «Pensate che qualcuno crederà che il matrimonio non è stato consumato? Chiederanno ai servitori. Mrs. Chiswick ci ha preparato la camera nuziale, suo marito mi ha visto mentre vi portavo in braccio e sono pronto a scommettere qualsiasi somma che la cameriera controllerà le lenzuola!» Diede un calcio a un sasso. «No, la follia della scorsa notte è stata la nostra rovina.»

Follia! Ecco come lui considerava la più fantastica esperienza della sua vita. Lacrime cocenti le pungevano gli occhi, ma Dominique non le avrebbe lasciate cadere.

Deglutì e serrò la mascella per impedire che la voce le tremasse. «Cosa suggerite?»

Lui scrutò il cielo, lasciandosi sfuggire un sospiro che sembrò quasi un sibilo. «Mio padre suggerirà il divorzio. Disprezza i francesi quanto me e si opporrà con forza all’unione. Immagino che sopporterebbe addirittura l’ignominia di vedere il nostro nome trascinato in tribunale.»

Dominique rabbrividì. Doveva essere questa la punizione? Vedere la propria lascivia ostentata pubblicamente?

«Potrebbe sistemare tutto» continuò Gideon pensieroso. «Ma voi dovreste trovare un amante che io possa citare in giudizio. Un affare umiliante per entrambi e una vergogna permanente per voi. Non lo permetterò.»

«E allora cosa? La separazione? Potrei tornare a Martlesham e vivere con mia madre.»

Lui scosse il capo. «No, troppa gente conosce le circostanze del nostro matrimonio. È impensabile che tutti tacciano.»

«È vero. Max ha sempre goduto nel vantarsi dei suoi scherzi» concordò lei con amarezza.

«E la possibilità di farmi diventare uno zimbello sarebbe irresistibile.»

«Cosa dobbiamo fare, allora?»

«Continuare con la massima faccia tosta.» Si volse a guardarla. «Porteremo avanti il matrimonio.»

Lei lo fissò, con la sensazione che il mondo si inclinasse pericolosamente. «Ma...» Deglutì e si sforzò di pronunciare le parole. «Sarà una finzione. Amate un’altra donna.»

Non le interessava che un’attrice sarebbe stata una moglie ancora più inaccettabile per il futuro Visconte Rotham, ma soltanto che lui amava la bella bionda.

Gideon troncò le sue obiezioni. «Ci sono tanti matrimoni di questo genere nel nostro mondo. Non significa che debba essere infelice. Dobbiamo solo presentare un fronte unito per alcuni mesi, forse un anno, fino a quando le chiacchiere non cesseranno.»

«Non ho dote.»

Lui rise con amarezza. «Il denaro è l’unica cosa che gli Albury hanno in abbondanza.»

«Allora vostro padre dirà, a maggior ragione, che siamo male assortiti.»

Lui scrollò le spalle. «Mio padre cambierà opinione, soprattutto quando avrete generato un nipote che porti avanti il nome di famiglia. Dopodiché, se vorrete un amante non sarò irragionevole, ammesso che siate discreta. Il che non dovrebbe essere un problema per voi, dato che siete cresciuta in Francia. Questi accordi sono ammessi lì.»

Non nel suo mondo. Dominique pensò a sua madre, ancora innamorata di un solo uomo dopo tutti quegli anni.

«Be’, signora, che ne dite? Siete pronta a continuare il matrimonio?»

Dopo un’impercettibile esitazione, lei annuì. «Sì. Sì, certo.»

In fondo, che alternative aveva?

Era appena calata la sera quando la carrozza di posta giunse nel villaggio di Martlesham e si avvicinò a una fila di cottage.

Gideon aiutò la moglie a scendere, poi la seguì verso la prima porta. Era troppo alto per passare senza chinarsi, ma fu sollevato quando, entrando nel piccolo soggiorno da uno stretto corridoio, scoprì che il soffitto era molto più elevato.

La cameriera che li aveva fatti entrare andò a prendere un rinfresco. Aveva riservato a Gideon uno sguardo corrucciato e silenzioso prima di andar via. Era evidente per lui che quella donna aveva preso parte alla burla ed era impaziente di scoprire come stessero le cose.

Se sua moglie voleva dirglielo, lui non aveva obiezioni. Anzi, gli interessava molto poco, dal momento che stava per fare la conoscenza della suocera.

Il piccolo salotto era arredato in modo confortevole, anche se modesto. Un paio di poltrone erano presso il camino, dove un allegro fuoco scoppiettava, e un tavolino era accanto alla finestra, disseminato di carte. Un calamaio d’argento si ergeva al centro di quel caos, come un’isola in un mare turbolento, e da un lato sedeva una signora con un abito di lana pesante e una giacca attillata, che, curva a scrivere con impeto, non sembrò accorgersi del loro ingresso.

«Maman

Madame Rainault sollevò lo sguardo.

Gideon notò una leggera somiglianza con la figlia, ma la carnagione e gli occhi chiari gli ricordarono di più Martlesham, sebbene la donna non avesse nulla dell’arroganza del conte. La signora indossava una cuffia di mussolina sui ricci spruzzati di grigio e gli occhi avevano un’espressione distratta, come se i suoi pensieri fossero altrove.

Fece infatti uno sforzo per metterli a fuoco mentre poggiava la penna e sorrideva. «Dominique, mia cara, sei tornata così presto da Martlesham Abbey? Credevo che avrei finito di scrivere tutte queste lettere prima del tuo ritorno.»

«Maman, devo dirti una cosa.» Gideon si sentì trascinare ben in vista da una mano piccola ma insistente. «Questo è Mr. Albury, maman. Lui... noi...»

Mentre le parole si smorzavano, Gideon si avvicinò e prese la mano di Madame Rainault. «Enchanté, madame.» Nell’inchinarsi sulle dita sottili, si accorse che era trascorso moltissimo tempo dall’ultima volta in cui aveva parlato francese e fu costretto a tenere a bada le dolorose reminiscenze prima di riuscire a sorridere. «Ciò che vostra figlia sta cercando di dirvi è che mi ha fatto l’onore di diventare mia moglie.»

Madame Rainault ritrasse la mano e lo guardò sbigottita. «Vostra moglie? Ma come, quando?»

Gideon sentì un lieve tocco sul braccio. «Forse, signore, dovrei parlare a mia madre da sola.»

«Sì, certo. Io andrò a Martlesham Abbey. Devo organizzarmi perché il resto del mio bagaglio venga preparato e mi sia inviato.» Ebbe un’esitazione. «A meno che non vogliate vedere vostro cugino...» Dominique gli riservò uno sguardo torvo, a cui lui rispose con un sorriso ironico. «Immaginavo di no. Sarò di ritorno il prima possibile.»

Il suo arrivo a Martlesham non causò la minima costernazione. Era ora di cena e Gideon disse al maggiordomo di non disturbare il padrone, ma di mandare subito Runcorn nella sua stanza. Pochissimo tempo bastò per spiegare la situazione al suo valletto e per dargli istruzioni.

Mezz’ora dopo era pronto a partire e trovò Max che lo aspettava nell’atrio.

«Albury, già di ritorno dalla luna di miele? Mia cugina non è con voi?»

«L’ho lasciata con la madre» rispose Gideon infilandosi i guanti.

Le porte della sala da pranzo si aprirono e gli ospiti cominciarono a uscire.

«Ah, vi siete già stancato di lei?» Il conte fece una smorfia. «Non posso dire che ne sia sorpreso. Lei è troppo composta e formale per piacere a un uomo.»

Gideon era già furioso con Max per lo scherzo. Quando sentì il conte fornire quella descrizione offensiva della fanciulla, provò un intenso desiderio di fargli sputare i denti. Ma aveva deciso di battere Max al suo stesso gioco, così nascose ogni traccia di collera e si limitò a inarcare le sopracciglia.

«Davvero? Parliamo della stessa donna, Martlesham?» Notò l’occhiata incerta di Max e sorrise. «Stiamo andando a Londra. Devo comprare a mia moglie un nuovo guardaroba prima di andare nel Buckinghamshire.»

L’incertezza fu rimpiazzata dallo stupore. «La porterete a Rotham?»

«Certo. Quello è il suo posto.»

«Il visconte odia i francesi. Si rifiuterà di accettarla.»

La possibilità era venuta in mente a Gideon, ma il tono scandalizzato di Max lo irritò, quindi rispose con alterigia: «Sarà obbligato a farlo, poiché è la moglie del suo erede».

Williams si avvicinò con il monocolo sollevato. «Suvvia, Albury, lo sappiamo tutti che il matrimonio è una farsa. Non era previsto che si arrivasse a tanto. Riportate qui la ragazza e lasciate che Martlesham si occupi di tutto...»

«Non c’è nulla di cui occuparsi» replicò con un sorriso. «Sono felicissimo e per questo devo ringraziare voi, Max.» Diede una pacca sulla spalla del conte. «Ora, se volete scusarmi, vado a riprendere mia moglie. Ho prenotato delle stanze al Globe e domattina partiremo presto per la città.»

«Il Globe!» Williams lasciò cadere il monocolo. «Ma è tremendamente...»

«Caro, sì. Solo il meglio per Mrs. Albury.» Gideon andò via, lasciandoli ammutoliti.

Quando ritornò al cottage, Lucy, la cameriera, gli concesse una riverenza riluttante e un’occhiata un po’ meno ostile, da cui lui comprese che era stata messa al corrente della situazione. Trovò sua moglie in salotto con la madre, sedute in poltrona l’una accanto all’altra.

Quando Gideon entrò, Madame Rainault si alzò. «Dominique mi ha spiegato tutto, Mr. Albury, compreso il ruolo di mio nipote nel vostro matrimonio. È stato uno scherzo molto malvagio, signore, ma ho capito che intendete restare con mia figlia. Però, se non doveste riuscire a essere amichevole nei suoi confronti, vi prego di lasciarla qui con me.»

«Maman, lo sapete che è impossibile!»

«Madame, vi do la mia parola che vostra figlia riceverà tutta la gentilezza e la considerazione che riuscirò a darle. Come mia moglie non le mancherà nulla.»

Gli occhi ansiosi di Madame Rainault gli scrutarono il viso. Infine, soddisfatta, la donna gli tese la mano. «Credo che farete del vostro meglio per lei, signore, e la affido alle vostre cure. Metti il mantello, Dominique, il Globe è a poche miglia di distanza, ma si sta facendo buio e questa sera non c’è luna.»

Madre e figlia si baciarono. «Maman, vorrei...»

«Va’, mia cara, starò benissimo qui con Lucy. Inoltre, ho molte cose da fare. Ora che è stato firmato il nuovo trattato con la Francia, sono fiduciosa che comincerò a fare progressi. Finalmente ho avuto notizie da uno dei miei vecchi amici, e adesso gli sto scrivendo per avere novità su tuo padre. Lucy porterà la lettera all’ufficio postale. Le faccio spedire a lei, adesso, invece di chiederlo a mio nipote. Non ero mai sicura che le inviasse, sai...»

Madame Rainault parlava ancora quando li salutò. A Gideon sembrò di scorgere il luccichio di una lacrima sulla guancia di sua moglie. Per distrarla dai pensieri disse: «Quali novità di vostro padre? Credevo che fosse morto».

Dominique scosse la testa. «È scomparso, subito dopo averci mandate in Inghilterra nel 1793. Voleva proteggere il re e la regina, ma la rivoluzione si era spinta oltre. Molti girondini moderati sono stati giustiziati o imprigionati in quel periodo. Quando abbiamo perso i contatti, maman ha cominciato a scrivere a tutti quelli che conosceva in Francia, cercando di scoprire cosa fosse successo. È quel che continua a fare da allora.»

«Quasi dieci anni e non avete ancora avuto notizie?»

«No. Max pensa che papà sia morto, ma mia madre non ci crede.»

«E voi?»

Il viso di Dominique era poco più che un ovale pallido nella luce morente, ma lui le vide sollevare il mento. «Io non perdo mai la speranza.»

Il Globe era una prestigiosa locanda e Gideon aveva prenotato un appartamento con due camere da letto. Quando lei chiese il motivo, le rispose: «È de rigueur per le coppie sposate, nessuno penserà che sia strano. E poi non volevo disturbarvi».

«Siete molto gentile, signore.»

«Gideon» la corresse con delicatezza.

«Gideon.»

I lacchè si erano ritirati e loro erano di nuovo soli, una situazione che Dominique trovava sconcertante, malgrado l’intimità che si era creata la notte precedente. Gideon si avvicinò, sollevò la mano, quasi ad accarezzarle la guancia, poi la lascò ricadere.

«Voglio che vi sentiate a vostro agio. C’è qualcosa che posso fare per renderlo possibile, signora?»

«Ci sarebbe una cosa.»

«Sì?»

Lo fissò negli occhi. «Se... se poteste chiamarmi Dominique...» Sentendo il suo silenzio, si affrettò ad aggiungere: «Non mi avete mai chiamata per nome... be’ una volta soltanto». Arrossì violentemente al ricordo. «Non credo che saremo a nostro agio se voi continuerete a rivolgervi a me in modo formale.» Abbassò lo sguardo e notò che serrava i pugni.

«Temo che questa sia una richiesta che non posso soddisfare, mia cara.»

«Oh.» Lei si sforzò di ricacciare le lacrime. «Se... senza dubbio voi pensate che Dominique sia quella... bella attrice.»

Lui non la contraddisse, ma dopo un attimo di silenzio teso dichiarò: «Non è solo quello. È perché è un nome francese».

«E... ed è così grave?» gli chiese.

Lui ebbe un’esitazione. «Sì, mia cara, temo che lo sia.» Si volse a lei con un sorriso gentile, ma il suo sguardo era indecifrabile, irraggiungibile.

Quella notte si ritirarono nelle loro camere.

Dominique non dormì, ma giacque immobile al centro del letto, in ascolto. Temeva che lui potesse bussare alla porta ma, quando non avvenne, ne fu delusa.

Cosa pretendeva? Gideon non aveva mai avuto intenzione di sposarla, era innamorato dell’attrice che aveva recitato la sua parte. Tanto innamorato da non riuscire neanche a chiamare lei col suo nome.

A colazione, la mattina successiva, Gideon era pieno di riguardi. L’accompagnò alla sedia, le versò il caffè e le servì i muffin appena sfornati, prima di accomodarsi a mangiare.

«Hai ragione» dichiarò. «Non posso continuare a non darti un nome.»

Lei si adombrò subito. «Io ho già un bellissimo nome, grazie.»

«Sì, è vero, ci ho pensato.»

La rabbia di Dominique sbollì. «Ci avete pensato?»

Era rimasto sveglio a ricordare la notte passata insieme, come aveva fatto lei? Il piccolo guizzo di speranza morì subito.

«Sì, possiamo accorciarlo in Nicky. Un vezzeggiativo, per così dire.»

«Mio nonno, il vecchio conte, mi chiamava così.»

«È deciso allora. Ti chiamerò Nicky, col tuo permesso, naturalmente.»

Lei sorrise timidamente. «Mi farebbe molto piacere, si...» Vide l’improvviso cipiglio e si corresse. «Mi farebbe molto piacere, Gideon.»

Quando raggiunsero Londra, Dominique pensò che cominciavano a intendersi magnificamente. Ridevano per le stesse cose, condividevano l’amore per la musica e la poesia, parlavano per ore, come veri amici. Ma non innamorati. Gideon era cortese e pieno di riguardi, null’altro, e lei, che temeva di mettere a repentaglio il tenue legame tra loro, restava sveglia nel letto solitario, struggendosi nella speranza che lui la raggiungesse.

Ma poiché non poteva ammettere quel desiderio, lo nascondeva dietro un sorriso e accettava tutta la compagnia che il marito era disposto a darle.