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Si racconta che un tempo, durante una difficile discussione, alcuni maestri non riuscissero a trovare un accordo. La discussione si stava protraendo ormai da molto tempo, ma senza arrivare a una conclusione. E si racconta che fra questi maestri ci fosse anche Rabbì Eliezer. Ora, di Rabbì Eliezer si diceva che, se si fossero messe sui due piatti di una bilancia, da una parte la sapienza di Rabbì Eliezer e dall’altra la sapienza sommata di tutti gli altri sapienti di Israele, la bilancia avrebbe segnato in favore di Rabbì Eliezer. Quindi, lui da solo ne sapeva più di tutti gli altri messi assieme. A un certo punto, allora, Rabbì Eliezer sbotta: “Ma insomma, basta! Ho ragione io! Come potete pensare di discutere con me? Come potete pensare che non abbia ragione io? Io sono Rabbì Eliezer! Guardate qua!”
Al che Rabbì Eliezer fissa un carrubo e il carrubo – pem! – si sradica dal suolo e schizza in cielo come un razzo. Gli altri maestri rimangono esterrefatti per il prodigio. Lo acclamano: “Straordinario! Straordinario Rabbì Eliezer!”
“E tuttavia – afferma uno di loro – i miracoli non sono prove. Se Rabbì Eliezer avesse ragione, avrebbe ragione anche senza sradicare il carrubo. Se avesse torto, avrebbe torto anche adesso, che ha sradicato il carrubo. Quindi, per favore, rimettiamoci a discutere secondo le regole (cioè a colpi di citazioni)”.
Perciò la discussione prosegue. Continua, continua, continua. Finché Rabbì Eliezer, sempre più esasperato, sbotta una seconda volta: “Scusate. Sì… è molto bella questa cosa che i miracoli non sono prove. È molto bella anche questa cosa che tutti possono dire la loro. E anche che non si possa fermare il dialogo. Sì, mi piace molto. Però… voglio dire… mi spiego meglio… io sono Rabbì Eliezer! Guardate qua!”
Rabbì Eliezer indica un torrente. Il torrente rallenta, rallenta, rallenta, si ferma. Poi comincia a scorrere alla rovescia. Verso l’alto!
Di nuovo gli altri maestri rimangono esterrefatti e lo acclamano: “Straordinario! Straordinario!”
Di nuovo qualcuno fa notare: “Tuttavia i miracoli non sono prove. Se Rabbì Eliezer avesse ragione… etc. Se avesse torto… etc. Quindi rimettiamoci a discutere”.
E afferma la tradizione che molti altri miracoli compì Rabbì Eliezer. E molte altre volte gli fu risposto che i miracoli non sono prove. E la discussione continuava. Ancora e ancora e ancora.
Finché Rabbì Eliezer, definitivamente esasperato, con gli occhi sbarrati e iniettati di sangue, i capelli ritti in testa, quasi barcollando per la tensione disse: “Scusate. Io non volevo arrivare fino a questo punto. Ma voi mi ci avete costretto. Scusate… io chiamo Dio a mio testimone”
Brooooom! Si squarciano i cieli. Si affaccia Dio. E Dio dice: “Sì, ha ragione Rabbì Eliezer.”
E a questo punto… a questo punto… a questo punto i maestri sono davvero esterrefatti.
E tuttavia uno di loro grida: “Lo bashamaym!”
Ecco Lo bashamaym, in ebraico significa “non è in cielo”. “Non è in cielo” di per sé, non vuol dire nulla. Allora bisogna capire una cosa. Che anticamente la Bibbia non era divisa in capitoli e versetti. Perciò l’unico modo per citare un versetto era ripetere le parole iniziali. Un po’ come noi oggi diciamo “chi va con lo zoppo…” per intendere “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”, un po’ come diciamo “tanto va la gatta al lardo…” per intendere “tanto va la gatta la lardo che ci lascia lo zampino”, allo stesso modo un maestro antico poteva dire “Lo bashamaym” per intendere i versetti 12, 13 e 14 del capitolo 30 del Deuteronomio, quinto e ultimo libro della Torah.
E cosa dicono quei versetti?
La Torah (cioè la Verità, la Legge) non è nei cieli, perché tu dica: chi salirà per noi in cielo, per prendercela e farcela udire? Non è al di là del mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare, per prendercela e farcela udire? No, è molto più vicina a te, è sulla tua bocca e nel tuo cuore.
Citare questo passo sta a voler dire: “Dio ci ha fatto uomini. E vuole che da uomini cerchiamo la verità. Da uomini in mezzo agli uomini. Con il nostro cuore, con la nostra intelligenza, con la parola, insieme alle altre persone. Insieme alle altre persone con cui dialogare, dialogare fino all’esasperazione, magari. Ma cercando la verità da uomini insieme agli altri uomini.
E se ci fosse una verità non umana, che viene dall’alto, se per assurdo, si squarciassero i cieli, si affacciasse Dio e Dio ci dicesse quale è la verità, noi quella verità non umana, quella verità che viene dall’alto, da uomini, per amore di Dio, non dovremmo accettarla”.
Sottinteso: “Quindi, per favore, rimettiamoci a discutere!”
Immenso.