Cantico dei Cantici
Il Cantico dei Cantici celebra l’amore. Non l’amore platonico, ma l’amore carnale. Si parla di baci, di seni, di cosce. Si parla del corpo femminile e di quello maschile. È un capolavoro sublime. Un grande maestro dell’ebraismo, Rabbì Akiba, disse: “Tutto il tempo del mondo non vale il giorno in cui il Cantico dei Cantici è stato dato a Israele. Perché tutta la Scrittura è santa, ma “il Cantico dei Cantici è santo dei santi”, cioè è santissimo. Ecco, diciamo che la lontananza che ci separa dal mondo in cui questo capolavoro fu prodotto, ci impedisce di apprezzarne la bellezza in modo diretto, immediato. Cioè, nel Cantico ci sono frasi d’amore, ma sono frasi che, se tu sei un ragazzo e le dici alla tua innamorata… ecco, tu non le dire queste frasi, alla tua innamorata. È meglio.
Perché tu non puoi dire a una ragazza:
Bianchi sono i tuoi denti
come le pecore appena uscite dal bagno
Per carità, non metto in dubbio: saranno sicuramente bianchissime le pecore appena uscite dal bagno, però…
Cioè tu non puoi dire a una ragazza:
Bianchi sono i tuoi denti
come le pecore appena uscite dal bagno:
tutte procedono appaiate, nessuna è sola.
Ecco, “tutte procedono appaiate, nessuna è sola” vorrebbe dire che lei, la ragazza, dove ha il dente sopra, ha anche il dente sotto. “Non sei sdentata”, ecco, questo sarebbe il complimentone romantico, in parole semplici.
Ma tu te l’immagini una dichiarazione d’amore fatta così: “Che bei denti che hai! E li hai ancora tutti, eh!” Ecco, è meglio di no.
Tu non puoi dire a una ragazza:
Neri sono i tuoi capelli
come un gregge di capre…
Ci spiegano i filologi che all’epoca, in Palestina, le capre avevano il pelo nerissimo. Sì, ma come frase d’amore non va bene. Ma non solo non va bene come frase d’amore, non va bene neanche in un contesto più triviale. Non va bene neppure per una pubblicità. Ve la immaginate voi una pubblicità dello shampoo con le immagini patinate, la modella (bellissima) che scuote la chioma al rallenty e a voce suadente fuori campo: “Shampoo Jean Luc Garnier, per capelli sempre neri e lucidi come un gregge di capre”?
Poi, altrove, dove la pastorizia è lasciata un attimo da parte, il Cantico dei Cantici, invece, riesce ancora a trasmettere in modo immediato tutta la sua incredibile bellezza. E ha persino momenti di inaspettata modernità.
Prendete, per esempio, questi versi (sempre nella mia umilissima traduzione):
Chi è costei, che sorge come l’aurora,
bella come la luna, terribile come un esercito schierato in battaglia?
Eccoti, bella, amica mia.
Eccoti, bella, i tuoi occhi sono colombe.
Il nostro letto è un’oasi lussureggiante,
le travi della nostra stanza sono cedri
e le volte cipressi.
Mi ricorda qualcosa. Questo concetto che la stanza degli amanti sembra non abbia pareti, sembra abbia alberi… mi ricorda qualcosa. Ah, sì:
Quando sei qui con me,
questa stanza non ha più pareti, ma alberi.
Ci dispiace signor Gino Paoli (che, fra l’altro, ironia della sorte, è persino stato presidente della SIAE, Società Italiana degli Autori ed Editori) lei è uno dei cantautori più raffinati e ispirati che abbiamo avuto in Italia ma, – vede? – ci arriva con almeno 2400 anni di ritardo rispetto al Cantico dei Cantici!