18. Ritorno a casa. Senza di me
La mia presunzione è stata punita. La flotta dovrà proseguire senza di me. Ma succede una cosa ancora più terribile. I miei compagni sono diventati avidi e prepotenti. Avvengono furti e violenze, anche contro le donne. La popolazione e il Re di Cebu sono indignati.
Il castigo è atroce. I capitani e i piloti sono invitati a un banchetto che finisce con il massacro degli ospiti.
Le tre navi lasciano l’ormai nemica Cebu, a bordo i soli superstiti.
Al massacro sono sopravvissuti solo centoquindici uomini. Il vascello più malridotto, la Concepción, viene affondato volontariamente dopo aver trasbordato tutto il materiale utilizzabile.
Le due navi rimaste proseguono il viaggio commettendo clamorosi errori di rotta e perdendo tempo prezioso.
Toccano anche le isole dove si era ritirato il mio amico Serrão, e che nei miei sogni ho sempre voluto raggiungere.
Qui caricano uccelli del paradiso, chiodi di garofano, polvere d’oro e perle. E qui i marinai della Trinidad decidono di non affrontare l’oceano Indiano e di tornare indietro puntando verso Panama.
Di questa nave non si saprà più nulla.
La Victoria invece, con Pigafetta e il capitano Elcano, parte verso Siviglia, stracarica di spezie. Ma è una nave spagnola e non può contare su porti amici.
Ridotta allo stremo si ferma a Capo Verde, dove alcuni membri dell’equipaggio vengono imprigionati.
Qui Pigafetta scopre una stranezza che lo manda in confusione: a bordo risulta che sia mercoledì, invece a terra è giovedì. Ha ragione: ha perso un giorno durante il viaggio.
Infine la Victoria, malconcia e scricchiolante, il 6 settembre 1522 arriva a Sanlúcar. Il giorno dopo viene rimorchiata fino a Siviglia con a bordo diciotto sopravvissuti, laceri e affamati.
Il primo viaggio intorno al mondo – progettato e voluto da me – finisce così.