Finalmente la flotta alza le ancore dalla baia di San Julián e fa rotta verso sud. Abbiamo abbandonato i due ribelli a terra, al loro destino, e abbiamo imbarcato due giganti patagoni. Sono stati incatenati.
Non avevano la minima intenzione di venire con noi.
Li capisco. Neppure io so come procederà il viaggio e come andrà a finire.
Ci fermiamo per qualche tempo alla foce del fiume Santa Cruz. Infine superiamo un capo oltre il quale comincia uno stretto canale del quale non si vede la fine. Il mitico continente australe, freddo e sconosciuto, sembra essere vicinissimo.
Forse abbiamo imboccato un fiordo come tanti altri. Ma speriamo che non lo sia. L’acqua è scura e misteriosa. Per molte miglia il braccio di mare, largo dai sei ai venti chilometri, attraversa una arida pianura oltre la quale si intuiscono vette alte e minacciose. Poi le montagne della terra più a sud si fanno più vicine alla riva, più boscose e più alte.
Infine quando è notte… meraviglia! Si accendono di centinaia di fuochi. Sono accesi dagli indigeni, forse per salutare le nostre navi, forse per loro abitudine...
I Fuegini, ovvero gli antichi abitanti della Terra del Fuoco, non ci sono più. Sono scomparsi da tempo.
Lo stretto scoperto da Magellano ora è territorio cileno. Parte della Terra del Fuoco invece è territorio argentino.
Lo stretto è lungo più di cinquecento chilometri.
Forma una curva a “u” circondata da colline e da montagne sempre più alte man mano che ci si allontana dall’oceano Atlantico. Magellano pensa che il polo sud sia vicino e che la Terra del Fuoco sia parte dell’Antartide. In realtà è una grande isola che nella parte sud si frammenta in una quantità d’isolette e pericolosissimi scogli, il più famoso è Capo Horn.