10. L’estuario più grande del pianeta

A malincuore lasciamo le piacevolezze di Rio de Janeiro e scendiamo lungo la costa, dove, secondo le carte in mio possesso, dovrebbe trovarsi il varco che ci farà superare l’America. In effetti dopo due settimane di navigazione sembra che il continente finisca e che la costa ricominci molte miglia più a sud.

È il 10 gennaio 1520. Abbiamo raggiunto quello che verrà chiamato Río de la Plata. Sulle due rive opposte di questo immenso estuario un giorno sorgeranno le città di Buenos Aires e Montevideo. Il tempo ci è favorevole, anzi qui è piena estate.

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È il braccio di mare che ci porterà in Asia?

È la via per le ricchezze dell’India?

Qualcosa non va. L’acqua è torbida e limacciosa.

I miei marinai dicono che è “color leon”, del colore del mantello dei leoni.

Invano le navi esplorano la costa, a nord, a sud e soprattutto a ovest. Dopo giorni e giorni di esplorazioni devo accettare la scomoda verità.

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Non è il desiderato passaggio, ma un enorme estuario dove confluiscono le acque limacciose di alcuni dei più grandi fiumi del Mato Grosso e delle pampas.

Le carte mi hanno tradito. Oppure le ho interpretate male.

Tra i comandanti e gli equipaggi della mia piccola flotta comincia a diffondersi una certa inquietudine.

Ma sono certo che il passaggio esista. Anche se forse è molto più a sud di quanto avessi mai immaginato.

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Dal Río de la Plata Magellano punta deciso verso il polo sud e naviga più a sud di quanto abbia mai fatto ogni altro navigatore europeo. Supera la foce del Río Negro, il fiume che divide la Pampa argentina dalla Patagonia. Incontra un clima via via più severo. La costa è popolata da leoni marini e pinguini. L’interno è una steppa arida e piatta, frustata da un vento incessante che comincia al mattino e si spegne di sera.

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