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Il massiccio cornicione di neve scivolò giù dalla cima delle rocce per poi abbattersi su di loro alla velocità di un fulmine. Nora scattò in piedi nello stesso momento di Corrie, ma era troppo tardi: la valanga la colpì alle spalle, umida, fredda e terribilmente pesante, gettandola a terra e facendola capitombolare più volte. Si ritrovò travolta dalla terrificante furia degli elementi come non le era mai successo prima: sballottata, colpita, impotente, impossibilitata a respirare. Si ricordava vagamente di aver sentito da qualche parte che, in caso di valanga, si sarebbe dovuto provare a nuotare a rana verso l’alto. Ma dov’era l’alto? Quella furia improvvisa l’aveva lasciata stordita, disorientata e schiacciata per metà. Fu presa dal panico di star scavando la sua stessa tomba, una tomba di ghiaccio.
Poi, d’un tratto, tutta quella violenza si placò. Nora giaceva congelata sul posto, immobilizzata, le orecchie ostruite dalla neve, l’unico suono percepibile un ronzio ovattato. Per un momento, rimase dov’era, attonita, poi aprì gli occhi e non vide che un grigio indistinto. Tentò di inspirare, ma a riempirle la bocca fu solo un boccone di fango misto a neve che risputò fuori. Tentò di urlare, ma le mancava il fiato, e tutto quello che ne uscì fu un lamento ovattato e distante. A quel punto, il panico la pervase. Il panico di essere sepolta viva. Poteva sentire il suo cuore battere sempre più forte.
Provò a fatica a muovere braccia e gambe, e si rese conto che un braccio era, incredibilmente, libero. Doveva essere al di sopra del livello della neve, e questo alla fine le diede un’idea su come orientarsi. Affondò la mano libera nella poltiglia ghiacciata, ma si ritrovò solo fango e neve tra le dita. E iniziava a sentirsi in debito di ossigeno. Scavò ancora, ancora e ancora. Proprio quando pensava che non ce l’avrebbe fatta, i suoi polmoni si rianimarono, con le dita scostò disperatamente dalla bocca la neve e il ghiaccio e prese un lungo respiro affannoso.
Si fermò a riposare e a bere letteralmente quell’aria deliziosa, facendo entrare nuova forza nel suo corpo mentre gli occhi smettevano di vedere le stelle e il dolore al petto si attenuava. Dopo un minuto o due, iniziò a muoversi lenta, controllando di non essersi rotta nulla. Si sentiva un unico grumo di lividi, ma per il resto sembrava tutta intera. Ricominciò a scavare, liberando l’area intorno al viso, ruotando a destra e a sinistra per allentare il peso della tomba bianca in cui era sepolta. La neve era umida e densa, quindi era dannatamente difficile, ma in cinque minuti era riuscita a liberare il tronco, quindi si sollevò e strisciò fuori sulla superficie irregolare.
«Corrie!» gridò, guardandosi intorno. «Corrie!»
La valanga si era sparsa su almeno un terzo della superficie della valle, quei macigni di neve si mescolavano a ramoscelli, tronchi e frammenti di detriti. Non riusciva a scorgere traccia dell’agente dell’FBI.
«Corrie!» chiamò di nuovo, tossendo e barcollando nel tentativo di mettersi in piedi.
Cominciò a guadare freneticamente la fanghiglia, affondando a ogni passo, continuando a chiamare il nome di Corrie e cercando un segno, qualcosa, qualunque cosa, una mano, un piede, un lembo di vestito, che potesse indicarle dove fosse sepolta. Ma non c’era altro che un vasto campo di neve a grumi. Profonda ai piedi delle rocce, si diradava a mano a mano che si andava verso il centro della valle.
Aveva bisogno di qualcosa che fungesse da sonda. Si guardò attorno in maniera febbrile, estrasse un bastone di legno dai detriti e iniziò a camminare avanti e indietro, piantandolo nella neve.
«Corrie! Corrie!»
Il bastone continuava a incagliarsi in quella neve pesante e ghiacciata, e presto si spezzò. Lo gettò via con un’imprecazione e iniziò a cercarne un altro.
«Che spettacolo coraggioso» disse una voce.
Nora si girò di scatto. Era Clive, il fucile puntato contro di lei.
«Sei stato tu!» gridò. «Hai fatto cadere quella cornice di proposito!»
Clive annuì. «Sapevo che mi stavate seguendo, quindi vi ho teso una trappola. Peccato che non ci siate cadute entrambe. Adesso, via da quel cumulo di neve.»
«Ma Corrie… Lei è…»
«Morta, ovviamente. Sono passati… dieci minuti? Sarà soffocata cinque, forse sei minuti fa.»
«Bastardo…»
Clive sollevò il fucile e sparò un colpo al di sopra della sua testa. «Sta’ zitta o ti ammazzo seduta stante.» Abbassò la canna e gliela puntò di nuovo contro.
Nora ammutolì.
«Ora, muovi il culo e fa’ come ti dico.»
Nora si mosse nella neve con difficoltà fino a toccare una superficie solida. Era orribile pensare a come Corrie dovesse aver sofferto. Non era riuscita a sfuggire a quell’orrendo, opprimente, soffocante candore.
La mente di Nora vacillava, a malapena in grado di elaborare lo shock e la tragedia degli ultimi minuti.
Ma Corrie aveva ragione. Aveva avuto ragione fin dall’inizio. Si trattava di Clive. Clive che portava una scatola di reperti blu legata allo zaino.
«Quindi, alla fine, si trattava solo dell’oro» fu la sua amara considerazione.
Clive scoppiò a ridere. «Ah, l’oro!» Fece un cenno in direzione della scatola. «La sai una cosa? Non avrebbe potuto fregarmene di meno, dell’oro. Quando tutti l’hanno saputo, il mio compito si è fatto dieci volte più complicato: Maggie con le sue orecchie bioniche, gente che se ne andava in giro di notte… Come Wiggett. Non riesco a credere a quanto velocemente abbiate trovato il corpo: forse, dopotutto, c’era davvero un dannato fantasma ad aiutarvi. Comunque, alla fine l’oro si è rivelato utile. Vi ha portate qui, giusto? Hai finito per credere alla stessa storia della tua amica morta.»
Agitò la canna del fucile. «Basta chiacchiere. Muoviti.»
«Da che parte?»
«Allo scavo.»
Stava per ucciderla, lo sapeva. Come mai non l’aveva già fatto? Avrebbe dovuto morire sotto la valanga, come Corrie. Spararle avrebbe potuto sollevare troppe domande e lasciare delle prove: probabilmente, avrebbe sbrigato la faccenda in qualche altro modo, facendolo passare per un incidente. Cercò di allontanare i sentimenti di paura… di terrore, e si chiese come sfuggirgli. Ma la sua mente era svuotata.
Proprio in quel momento, scorse un movimento. Pochi secondi dopo, dagli alberi ai margini della radura vide venire nella loro direzione un cavallo montato da qualcuno ancora nascosto. Il cuore di Nora fece un balzo. Burleson? Per forza. Era venuto ad assicurarsi che stessero bene, esattamente il tipo di cosa che avrebbe fatto uno come lui.
«Attento!» urlò. «Ha un fucile!»
Clive scosse la testa. «Povera idiota» disse, niente affatto preoccupato da quella presenza in procinto di manifestarsi. Aspettò, il fucile ancora puntato su Nora.
Il vento era aumentato e gli alberi ora si agitavano mentre la pioggia cadeva forte. Nora era scossa dai brividi e cominciava a sentirsi la testa leggera e inspiegabilmente calda. Ipotermia. Forse il piano di Clive era semplice: lasciarla morire di freddo, esposta alle intemperie. Quando finalmente la figura a cavallo fu visibile, Nora si rese conto con grande stupore che si trattava della dottoressa Fugit.
«Che cosa ci fa lei qui?» chiese Fugit a Clive, facendo un cenno verso Nora.
«Dottoressa Fugit!» esclamò Nora, senza capire. «Che sta succedendo?»
Clive le lanciò l’ennesimo avvertimento con il fucile. «Chiudi quella fottuta bocca.»
Fugit fermò il cavallo e sorrise freddamente a Nora. «Sei una brava archeologa, Nora. Quando però si tratta di capire come va il mondo, è esattamente come ha appena detto Clive: sei una povera idiota. Mi dispiace per te.» Tolse una pistola da una fondina da spalla e la puntò su Nora.
Nora notò distrattamente, come in sogno, che indossava guanti di nitrile.
«Non dovevi occupartene?» chiese la dottoressa Fugit a Clive.
«È stata fortunata. È riuscita a tirarsi fuori. L’agente dell’FBI, però, è morta.»
«Bene, smettila di gongolare e dammi la scatola. E metti giù il fucile, penso io a Nora. Solo… fa’ attenzione.»
Clive posò il fucile, si tolse lo zaino e slegò la scatola dei reperti. Poi la consegnò con cautela alla dottoressa Fugit. Ancora in sella, lei si infilò la rivoltella sotto il braccio e aprì la scatola, guardò dentro per un momento, poi la richiuse. La infilò in una delle bisacce da sella, richiuse anche quella e puntò di nuovo la pistola su Nora.
«La… sistemerai?» chiese Clive. «Stavo per buttarla nel laghetto, per farlo sembrare un incidente. Come ho fatto con Wiggett.»
«Un incidente… Hai già fatto casini a sufficienza. Mi occuperò io di lei, non preoccuparti.»
«Hanno detto che avresti fatto il bonifico. È tutto a posto?»
«Sta’ tranquillo, dottor Benton. Sarai liquidato. Per la verità, posso occuparmene subito.»
La canna della pistola passò da Nora a Clive. Poi risuonò un colpo, e la testa di Clive scattò all’indietro. Il resto del corpo rimase immobile ancora per un momento, poi si rovesciò a sua volta all’indietro e si accasciò a terra con un leggero tonfo. Ora giaceva immobile sotto la pioggia battente, a eccezione di un dito, che ebbe ancora qualche spasmo prima di fermarsi.
«Stupido bastardo» mormorò Fugit. La pistola tornò a puntarsi su Nora. Più rapidamente, ora, Fugit la sollevò, mirò e sparò.